Autobiografia
di Ulisse Aldrovandi


Analisi di Elio Corti
24 novembre 2008

Totale parole  9.713
Totale caratteri spazi esclusi  49.963

Fin da ragazzino è fuori casa: Santiago de Compostela, Roma, Loreto (?) – Il padre Teseo era morto quando Ulisse aveva 6 anni.

Primo matrimonio con Paula Macchiavelli: parole 202 – caratteri 1.075.

Secondo matrimonio con Francesca Fontana: parole 174 – caratteri 871. – Non cita il nome dei figlioletti ma si premura di riferire il nome dei 2+2 = 4 padrini, probabilmente di battesimo, per cui i figlioletti verosimilmente avevano ufficialmente un nome.

Figlio naturale XY (Achille): parole 40 – caratteri 223. – Non ne riferisce il nome, omologandolo così ai fratellini morti, né fornisce quello della madre. Una prostituta?

Fratelli: ne vengono citati i nomi (Floriano e Achille). Sorelle: sono 3, ma ne omette i nomi.

Gregorio XIII viene da Ulisse battezzato non Ugo, ma Christoforo Boncompagni.

Teriaca: parole 1.653 – caratteri 8.760.[1]

Non parla assolutamente dell'Inquisizione che nel 1549 dal carcere di Bologna lo trasferisce a Roma dove viene dichiarato innocente. Narrando di Roma adduce solo dati ittiologici (Rondelet) e artistici.

Prefazione di Lodovico Frati

L'autobiografia di Ulisse Aldrovandi è la fonte principale delle notizie raccolte da Giovani [sic!] Fantuzzi nelle sue Memorie della vita del sommo naturalista[2]. Ciò non toglie però che la pubblicazione di sì notevole documento sia egualmente del massimo interesse, non solo perchè queste memorie autobiografiche furono rivedute e corrette dallo stesso Aldrovandi, che vi fece molte e notevoli aggiunte; ma anche perchè il Fantuzzi ommise [sic!] molte parti dell'autobiografia assai importanti e specialmente quelle che si riferiscono alle lezioni date dall'Aldrovandi ed al metodo e all'ordine seguito nel suo insegnamento universitario. Nelle Memorie del Fantuzzi troviamo infatti che di questo periodo della vita dell'Aldrovandi è fatto cenno brevemente a pag. 16, ed anche non senza qualche inesattezza; poichè vi si legge che nel 1554 l'Aldrovandi fu promosso dal Senato bolognese alla lettura della logica in concorrenza di due Dottori: Reto e Zibetti; mentre deve leggersi: Nicolò Turchi e Ovidio Zibetti o Gibetti, il primo de' quali lesse logica e filosofia dal 1554 al 1587, l'altro pure fu lettore di logica e medicina dal 1554 al 1564.

Assai notevoli e diffuse sono le notizie che seguono nell'autobiografia aldrovandiana relativamente al suo insegnamento durante trentatrè anni, cioè fino al 1586, come pure quelle che riguardano la composizione dell'Antidotario e la controversia che l'Aldrovandi ebbe a sostenere col Collegio di medicina e filosofia.

Nelle appendici autografe si trovano importantissime notizie dei viaggi scientifici fatti dall'Aldrovandi con alcuni suoi amici e scolari a Montegibbio, a Sassuolo, a Sestola. a Fiumalbo, all' alpi di S. Pellegrino, e poscia a Lucca, al Monte dell'Angelo, a Monte S. Giuliano e a Pisa.

Da ultimo troviamo una diffusa e importante relazione della visita fatta .nel 1577 dall'Aldrovandi al museo di storia naturale raccolto dal Duca di Toscana e dell'amichevole accoglienza che ebbe da questo illustre mecenate delle scienze e delle arti.

L'autobiografia dell'Aldrovandi trovasi nel volume miscellaneo n. 97 (car. 647-670), e pare fosse scritta allorchè l'autore era in età di 64 anni, cioè circa il 1586. Parecchie notizie furono poi aggiunte, in forma di appendici, dallo stesso Aldrovandi, che si riferiscono specialmente agli anni 1552, 1553, 1569 e 1577.

Nella pubblicazione del documento originale indicherò in caratttere [sic!] corsivo tutto ciò the è autografo dell'Aldrovandi, e richiamerò in nota quei volumi dei suoi manoscritti che possono essere utilmente consultati per meglio conoscere alcuni fatti accennati nell'autobiografia, od alcune opere ivi menzionate del filosofo e naturalista bolognese.

Lodovico Frati.

Riedizione corretta dell'autobiografia di Ulisse Aldrovandi pubblicata a cura di Lodovico Frati, in occasione delle celebrazioni per il III centenario dalla morte del naturalista bolognese, nel volume miscellaneo Intorno alla vita e alle opere di Ulisse Aldrovandi. Studi, Bologna, 1907, pp. 3-27. L'originale, stilato da un amanuense, con note autografe di Aldrovandi, qui indicate in carattere corsivo, si trova nel ms. Aldrov. 97, cc. 647-670, conservato presso il fondo Aldrovandi della Biblioteca Universitaria di Bologna.

La vita d'Ulisse Aldrovandi cominciando dalla sua natività
sin' a l'età di 64 anni vivendo ancora

Ulisse Aldrovando nacque in Bologna nobilissima città de la Gallia Cisalpina l'anno 1522 a dì 11 settembre a hore 11 in Mercurdì, giorno dedicato da la santa chiesa a' SS. Proto e Jacinto martiri. Il padre fu Teseo Aldrovando, huomo delle lettere humane et eloquenza volgare molto intelligente, che prima fu eletto tra' secretarii dell'illustre Senato di Bologna; indi a poco fu creato segretario maggiore dell'istesso Senato; morse d'anni 33. La madre fu Veronica nata d'Antonio Marescalchi, nobile famiglia, et de la sorella di suo padre nacque Christoforo Boncompagni padre Gregorio XIII Papa di santissima memoria. Nel battesimo suo hebbe per compatri quattro Senatori, cioè... Hebbe, per nutrice una giovane di moderata e bona vita, sana, et di bona complessione, che lo allevò sanissimo et così nel resto de la sua infantia si conservò. Morto il padre et lasciatolo d'età di sei anni, la madre presa la cura et tutella de la casa et de' figli (imperocchè ne restò vedova con tre figli maschi e tre femine, et primo Floriano, il secondo Ulisse, e'l terzo Achille), prese in casa sua un precettore acciò che li dovesse insegnare quelle lettere et costumi, che si richiedono a tal'età; ma il precettore conosciuta la bella et bona indole di Ulisse, et la grand'espettatione che porgeva da si tenera età, lo ammirava; essendo che non come sogliono i fanciulli era inclinato a' giochi e altri essercitii puerili, ma in tutto sprezzandoli, si ritirava con i libri a leggere e studiarli.

Essendo cosi pervenuto sino alli 12 anni con molto frutto del suo ingegno, gli venne in pensiero di veder Roma, et così, senza saputa de' suoi, si partì senza danari, con animo ardito, et giunse a Roma; nè mai li mancò cosa veruna nel viaggio, essendo alloggiato per tutto volontierissimo.

Inteso la madre che Ulisse era in Roma, scrisse all'Ill.mo Cardinale Campeggi suo parente, pregandolo a pigliare la protettione del suo figliuolo et penetrare l'animo suo se è desideroso di stare a la Corte, overo se non, lo supplicava a rimandarlo a Bologna a studiare, et ne diede carico ancora per lettere al sig. Filippo Maria de Rossi, che allora stava a Roma[3].

Il Cardinale lo accomodò con un Vescovo di Sardegna per paggio da Camera, et vi stette quatro mesi, perchè, non conferendo a l'animo suo la vita aulica, si deliberò tornarsene a Bologna. Si diede a imparare l'aritmetica, de la qual ne prese tanto gusto che in otto mesi apparò quello che altri in cinque anni sogliono fare: perchè giorno e notte mai faceva altro che far ragioni, et hebbe per precettore Aniballe dalla Nave dottissimo mattematico et arithmetico, che per consiglio suo fu posto in una botega di mercantie in Bologna a tener conti et scriver lettere. Si risolse poi la madre sua e lo zio, vedendo l'inclinatione del figliuolo, che era allhora di anni 14, a questa professione di mercante et l'animo suo d'andar fuori, lo diede a un mercante di molte faccende in Brescia, perchè l'insegnasse la prattica de le mercantie et trafichi per diverse città del mondo, et perciò li dava salario, il quale tanto restò satisfatto dell'industria d'Ulisse, che non poteva desiderar meglio, perchè il giovanetto era talmente dedito et atto a far conti che non solo nella sua botega; ma i mercanti di Brescia molte volte si servivano di lui in far conti di grandissimo momento.

Ma il giovane dedito a cose maggiori, si partì di Brescia et venne a Bologna, dove stette alcuni mesi; poi con pensiero ancora di mercante si risolse tornare a Roma, et così fece, senza dire cosa alcuna a li suoi, et solo con un servitore v'andò, nè havendo trovato cosa a suo gusto, e a preghiere de la madre, che lo essortava a li studii, deliberò tornare a Bologna, et partitosi, andò prima a Loreto[4] a visitare la Beata Vergine; di poi inviatosi per Bologna quando fu a Castel S. Piero trovò a caso un peregrino siciliano d'età di 45 anni, che andava a S. Jacopo di Galitia, il quale fermatosi a ragionar seco lo animò ad andar con lui a S. Jacomo. Ulissse accettò l'invito, che era d'età. di 16 anni, senza entrar dentro a Bologna, tacitamente passò per di fuori, et in Modena prese un habito da peregrino. Andò a la volta di Genova, poi a Savona, poi a Nizza di Provenza, et passato il fiume Varro[5] che divide la Francia da l'Italia, con pericolo d'annegarvisi, andò a Grasso[6] città Provenzale, et essendo allora stata gran guerra tra Carlo quinto et il Re di Francia, et essendosi fatta gran strage di Francesi, non si andava sicuri per Italiani e Spagnoli, perciò s'accampò col Principe di Melfi capitano generale del Re di Francia et con lui andò a Taies[7]. Poi passato il Rodano entrò nella Lingua d'Oca a Mompelieri[8] et Narbona, et passato i monti Pirenei, passò in Spagna nel Reame di Catalogna, a Perpignano prima città di Spagna et nel passare la montagna del Mal Pertugio lui solo con il compagno peregrino, furono assaliti da assassini et spogliati di tutti i denari et vestimenti, solo lasciandoli a' prieghi il bordone, le scarpe e le bolle, li lasciarono andare. Andò a Barcellona, dove provvedutosi di vestimenti, andò a S. Maria di Monserrato, dove stette tre giorni a visitare i dodici romiti; poi entrarono in Aragona a Saragozza, indi nella Navarra; poi nel reame di Castiglia, a Burgos, a Sturgos[9] a S. Salvadore di Viede[10] nella Sturia[11] poi per Galitia costeggiando l'oceano giunse a S. Jacomo di Galitia, nel qual loco si comunicò la prima volta. Andò poi a S. Jacopo il Padrone[12], et finalmente a S. Maria in Finibus terrae[13]. Tornò poi indietro per non poter andar più innanzi, venne a la volta de l'Alpi de la Galitia, dove stette due giorni senza mangiare non potendosi haver pane per suoi danari. Arrivò poi a Valledoli[14], poi a Burgos et per la Navarra et Francia, per l'Aquitania et Roncisvalle, per Tolosa, dove vide li serpenti, et per la Lingua d'Oca passò il Rodano et venne a Marsiglia. Indi s'imbarcò per Genova, et in mare furono per far naufragio; scampati per gratia d'Iddio, ecco di novo che appresso Ventimiglia, dove è un mal passo di Corsali, fu perseguitato sino a la spiaggia del mare da coloro, furono ammazzati tre della sua nave con archibusi, et a Ulisse bisognò pigliare un remo in mano, si come anche gli altri, per salvar la vita a lui e ai compagni de la nave. Finalmente arrivati a Genova l'animo suo era d'andar ancor vagando qualche mese per il mondo, essendo assuefatto a questa sorte di vita tanto curiosa e dilettevole per la varietà delle cose che osservava et vedea, non solo per le sante reliquie de' corpi santi che visitò devotamente; ma anchora molte altre cose naturali che in quell'età desiderava di sapere osservò, sì come si può conoscere nelle sue historie naturali, nelle quali spesse volte si fa mentione d'alcune piante osservate in quelle peregrinationi; et particolarmente havea fisso nel pensiero d'andare in Hierusaleme; ma, parte mosso da travagli et pericoli passati per terra e per mare, parte persuaso dal suo compagno, si risolse di tornare a Bologna a quietare per alcuni giorni, poi tornare in Hierusaleme. Venuto a Bologna et trovato il suo fratello maggior Floriano morto, fu ricevuto da sua madre con grandissima allegria, chè l'aveva pianto per morto et visitato da molti gentilhuomini per meraviglia de l'animo suo grande in quell'età cosi giovane.

Le persuasioni poi de li suoi maggiori poterono farli muover il pensiero di porsi in viaggio et cominciò a studiar in lettere humane sotto Giovanni Gandolfo[15] humanista non vulgare, quali avea intermisse, et tanto valse che in un anno fu atto a udir Logica et Instituta, e vi attese d'età di 17 anni sotto l'Alciato et Socino[16], et Berò[17], et nelle lettere humane sotto Romulo Amaseo et Achille Bocchio arrivò al termine di adottorarsi in legge in sette anni, in che aveva fatto tanto frutto che leggeva in casa I'Instituta a scholari per farsi la schola, havendo animo quello anno di dottorarsi in legge civile e canonica per allhora.

Ma conoscendo poi che la logica era una facultà senza la quale le altre scienze non si possedono perfettamente, lasciò le leggi et si diede totalmente a li studii de la logica et poi di filosofia sotto Mons. Lucatelli[18] et il Sig. Claudio Betti, et dall'istesso udì filosofia in publico e in privato. S'innamorò in tal maniera di questi studi che non volse più gustare se non quei dolci studi di filosofia, non però senza dispiacere de' suoi e particolarmente del sig. Aldrovandi havendone già data nelle leggi tanta aspettatione, argumentando spesse volte et al Socino et ad altri dotti che ne speravano grand'utile et honore a la casa. Studiò in Padua l'anno 1548 et 49 sotto il Tornitano[19] in logica, in filosofia il Genua[20] in medicina, il Montano[21], in matematiche Pietro Catena.

Nel medesimo tempo si diede a le matematiche scienze e ne fece frutto, come si può vedere nei suoi commentari sopra la sphera, sopra 2°, 7° ed 8° et 9° d'Euclide, sopra Vitruvio, che emendò, lesse et delucidò, et lesse in casa poi la theorica de' pianeti e l'Astrolabio a molti studiosi. Di più conoscendo che la vera filosofia consisteva nella cognitione de le specie sublunare, i cui individui continuamente s'appresentano al senso, si risolse d'attendere a queste belle historie delle piante animali et fossili, et cosi ne fece tanto frutto havendo tanto vagato et havendo havuto tante et diverse cose da varie parte, da tanti Principi, signori et persone letterate, che ha fatto un teatro di natura in casa sua, che con meraviglia d'ognuno vien visitato; sì come ne fanno fede molte opere di scrittori stampate, et un suo libro scritto di man propria dei signori Cardinali, Vescovi, Imbasciadori et Principi, che l'hanno visto et vedono tutto giorno, sottoscrivendosi in detto libro[22].

Ritornando all'ordine de' suoi studi, conosciuto che la medicina cominciava dove finiva la filosofia, volse compire ancora la medicina sì per desiderio di sapere tante facultà utili et necessarie delle cose, si anco conoscendo che la poteva acquistare con gran perfettion, havendo cognition di tutti l'istrumenti de' quali si servono in medicare i corpi et conservarli sani; i quali sono minerali, piante et animali, et parte loro, non tralasciando d'udire la anotomia, facendone fare in casa sua innanzi che s'addottorasse. Non ostante i continui studi, mentre visse come scolare andò vagando ogn'anno nelle vacanze in varie parti d'Italia con grandissima spesa, salendo l'altissime alpi dell'Apennino, di Monte Baldo[23], pigliando seco in compagnia Aloise Anguillara e Francesco Calceolari[24], a cui per opera sua dedicò le sue opere il Mattioli, et l'alpe della Sibylla per trovare cose naturali. Et ancora passò all'isola d'Elba, a Pisa dal Ghino et a Padova dal Fallopio per indagare varie piante, pesci ed altre cose naturali, con gran pericoli et travagli della sua vita.

Finalmente, essendo morto l'anno 1553 l'eccellente sig. Panfilo Monti bolognese primario medico prattico del Collegio d'artisti, da questa occasione mosso il sig. Giacomo Aldrovandi Senatore gli persuase che si dovesse adottorare in filosofia et medicina, conoscendolo esercitatissimo in quei studii, et attivissimo a leggere, ancorchè non havesse l'animo d'adottorarsi per essersi cominciato il studio, nondimeno per la successione del Sig. Panfilo al Collegio, s'accinse all'adottorarsi in filosofia et medicina l'anno de l'età sua di 31 anni, il giorno di S. Clemente, havendo, siccome in legge, studiato sett'anni, l'anno 1553.

Gli diede le insegne l'eccellente Mainetto dei Mainetti[25] suo precettore e fu preferito al dottor Reato, benchè prima di lui dottore.

Quel medesimo giorno che s'adottorò entrò numerario nel duodecimo loco per la vacanza del Monti, e fu tanto improvviso questo suo dottorato che appena potè haver tempo quattro o cinque hore a studiar li punti, essendo il solito al nascer del sole, inoltre che il giorno era breve. Ancora che il Studio fosse cominciato, nondimeno piacque a li Senatori di proponerli la lettura secondo il solito; ma lui non la volse per all'hora accettare per volersi far i scolari particolari, leggendo in casa logica tutto quell'anno et esercitandosi. L'anno seguente passò il partito per la logica di lire ducento, non essendo mai nè prima, nè poi stato alcuno Bolognese artista e philosopho che habbia hauto cotal stipendio la prima volta. Et al studio di leggi sono stati due zoè l'Ecc.m° Castello[26] et Paleotto[27], hora Cardinale et Arcivescovo di Bologna.

Avanti il principio del Studio nel 1554 fece il suo principio presente l'Arcivescovo Sauli[28] genuese, molti Senatori, Dottori, scolari del Studio, da la cui oratione conobbero quei signori che doveva riuscire gran cathedratico, e ottimo lettore. Et havendo letto un anno intiero logica nella scola maggiore al primo loco, con gran numero et applauso di scolari, a concorrenza dell'eccellente Turco[29] et Zibetti[30]; dove ne i circoli contra suoi concorrenti mostrò di qual valore e giudicio fosse e arguto nel disputare, e quanto bene possedesse la dialettica. Cosa miranda si scorgea ne' suoi discepoli, quali privatamente esercitava nella loica, in casa leggendola, che in pochissimo tempo con stupore di tutti riuscivano... principalmente per il metodo che li insegnava delle Instituzioni. L'anno seguente fu posto nel ruotolo a la filosofia estraordinaria, zoè la Meteora d'Aristotile, per propria voluntà del Senato; attento che è costume di non transferire da la logica a la filosofia alcuno se non passato il triennio. Ancora che gli fusse graditissimo il carico, nondimeno perchè s'era già per l'anno conseguente provveduto, quel poco di tempo che gli era sopravanzato da la malattia d'una febre tertiana a legger il 2° de la Posteriore n'hebbe improvviso timore, con tutto ciò si pose al studio di far le lettioni, sopra la Meteora d'Aristotile, che in quello anno per il rotolo era determinato et assegnato dal pubblico reggimento per haversi a leggere da philosophi straordinarij.

Quanto al suo leggere in pubblico e in privato spiegava i testi di Aristotile con grandissima facilità e facondia, riducendo tutti i testi a forma scolastica con le debite resolutioni.

Si risolse avanti che cominciasse a leggere la meteora di fare una oratione avanti il principio del Studio per la trasmutatione da la lettura di logica alla meteora, invitando l'uno e l'altro Studio, insieme con tutti li studiosi, nobili e Senatori, fra quali vi fu Mons. di Macerata Governatore di Bologna. Mostrò singolarmente quanta fusse l'eccellenza de la cognitione de la meteorologia. In questa lettura hebbe per concorrente il sig. Scipion Fava[31], et quantunque havesse hauto esso Fava questa lettura prima di lui, nondimeno lo superò di gran lunga nel leggere, nel disputare e nel numero de' scolari.

Il terzo anno della sua lettura fu deputato a leggere i parvi naturali et ne scrisse le questioni et micrologie di sua mano, sì come ancor li commenti, siccome nel suo studio tra l'altre opere sue si vede; e doppo quelli lesse la fisica, sopra la quale scrisse commentarii di sua mano[32]. Non tacerò che il medesimo anno che lesse i libri del cielo, del mare, fu richiesto dai Riformatori del Studio di Roma a legger filosofia ordinaria al primo loco, con stipendio di 400 scudi d'oro l'anno, et parimente nel medesimo Studio conchiuse il priore di S. Pietro in Vincola (Don Teseo Aldrovandi fratel suo prudentissimo pieno di singolari doti), che appresso a questo stette appresso il Cardinal di Napoli per suo filosofo. Mentre che si trattavano queste cose, vi si venne ad interporre la morte del Somme Pontefice.

Nel medesimo anno fu richiesto Mons. Cesis Governatore di Bologna, hora Cardinale, da' Riformatori dello Studio di Roma delle qualità sue, et Ulisse con questa occasione pregò detto Governatore che non dovesse dar relatione a Roma di lui insino a tanto che non l'havea ascoltato pubblicamente, havendo egli determinato farli sentire prima una sua oratione del valore della natural professione.

Andò in questo tempo al mese di Maggio, havendo impetrato licenza dal Senato per causa pubblica, con molti scolari, vedendo prima tutte le valli da Padusa insino a Ravenna, nelle quali osservò la maggior parte delle piante degli antichi e molte non da loro descritte.

Si partì poi da Ravenna per Rimini, da Rimini all'Avernia, dove habitò S. Francesco, et ivi trovò molte piante non descritte dagli antichi. Ritornato a Rimini vide il giardino di Giulio Moderati, celebrato dal Matthioli, et andò sino all'Alpi de la Sibylla[33], ne' quali monti trovò infinite cose, fra le quali il Nardo montano, e la Tragachanta. Venne poi a Loreto e per Ancona nel Monte Sirolo celebrato per il vino sireo da Plinio. E poi costeggiando la marina osservò molte belle piante: indi a Pesaro et Bologna, portando rarissimi semplici ad utilità publica.

Nel medesimo anno che lesse i parvi naturali avanti il principio del Studio furono fatti alcuni Assonti del Studio, i quali riferirno a nome del Senato pregandolo che si contentasse d'esser posto nel ruotolo per leggere l'historia de' semplicii, a concorrenza del Eccellente M. Cesare Odone, che nella scola maggiore gia da dieci anni, dopo la partita dell'eccellente M. Luca Ghino, haveva sempre letto: et sapendo il Senato quanta fatica haveva fatta Ulisse non solo nell'historia delle piante, ma animali et sotterranei, determinarono farlo concorrente all'Odone; e Ulisse, havendo applicato l'animo a li studii di filosofia naturale, fece resistenza a quei signori che non voleva accertare il carico per la gran somma che era di legger due lettioni pubbliche diverse. Pure a' preghi del R.mo Governatore et Senato tolse l'impresa, di che lo riconobbero l'anno adherence con augmento di ducento lire, et li diedero impresa di legger, et egli si deliberò di legger il primo libro di Discoride, molto utile e necessario ai medici[34]. Et al suo principio invitò il Governatore, il Senato et tutto il Studio, nella qual mostrò l'utilità et necessità di quella lettura, et la causa perchè non era stata per i secoli adietro letta, per l'ignoranza ed oscurezza delle cose naturali.

L'anno 1558 lesse publicamente il primo libro Del cielo, et ne scrisse commentarii che si serbano[35].

Il medesimo anno lesse il primo de generatione animalium Aristotelis.

L'anno 1559 fu eletto dal Senato all'ordinaria "de sero”, a concurrenza dell'eccellente Fava, Mainetto et Betto[36]; ma essendo concurrente allhora il Fava, a lui, il qual per modestia non gli pareva conveniente andare a concorrenza del Fava, prese temperamento che leggesse a l'ordinaria de la mattina, con l'eccellente M. Scipione da la Fava, et così fu introdotta l'ordinaria de la mattina, come fu introdutta al tempo di Ludovico Boccadiferro nella persona dell'Eccellente Pier Francesco Fava, et secondo il solito suo fece una oratione, et vi fu presente il Governatore di Bologna, il Senato e gli studiosi. Nell'istesso anno lesse per seconda lettura il sesto di Paolo Aeginetta.

L'anno 1560, essendo stato posto di novo a la lettura ordinaria della sera da' Reformatori dello Studio, mosso da la medesima causa del Fava, si contentò per quell'anno ad altra hora, et lesse il primo del cielo un'altra volta[37]. Per seconda lettura lesse Theophrasto: "De causis plantarum"[38], et così fece avanti il principio dello Studio una oratione et quattro lettioni: ne la quale oratione, presente il governatore Cesis et Senatori e l0uno e l'altro Studio venne ad ascoltarlo, et disse dell'utilità che dava a' studiosi la lettura de le piante, ponendo in prattica tutta la filosofia naturale[39].

Nelle quattro seguenti lettioni mostrò tutti i generi delle cose naturali, sotto le quali si riducono le sue specie; di modo che gli scolari, mossi da quelle lettioni e infervoriti, domandorno che questa lettura straordinaria per utilità grande che portava al Studio fusse fatta ordinaria, perchè non era il giusto che Ulisse fusse aggravato di due lettioni al giorno. Fatti li Assonti, lo pregorno che si dovesse contentare di lasciar l'Ordinaria "de mane" et legger solo per l'avvenire ordinariamente la filosofia delle piante, già straordinaria. Egli fece grandissima resistenza, massime per l'affettion che gli havevano gli scolari et utili de le lettioni publiche et private; finalmente fu conchiuso, per preghi del Governatore et Senato, con promissione d'augmentarlo honoratamente a la prima occasione, et fu notato il partito, così servorno di poi l'anno seguente.

Il giorno di S. Nicolò, congregato il Senato, fu posto partito del Dottor Aldrovandi non ricercandolo, et perchè a ottenerlo bisognano 25 suffragii, non furono più che 22: di modo che il partito fu nulla, et la causa fu che l'Eccellentissimo Odone concorrente suo, con li suoi intrinseci fece tal prattica che destrusse, parendogli ragionevole per l'antianato, et voleva anchor esser fatto ordinario, et studiò questa prattica con alcuni scolari al Senato; ma sempre n'ebbe repulsa.

Hora vedendo l'Ill.mo Governatore destrutto il partito, lo volse fare di propria autorità, cosi mandò un precetto all'Aldrovandi sotto pena di mille scudi d'oro dovesse cominciare a leggere la lettura ordinaria, destinata alla mattina, de l'historia delle piante, animali et fossili. Il dottore, ambiguo sopra questo tra il Governatore et Senato, si presentò dinanzi a li Senatori acciocchè o li levassero tal precetto da dosso, overo che si saria absentato da Bologna, volendo sopra il tutto obedire a loro di quanto li comandariano. Loro, ringratiato il dottore, parlarono al Governatore, pregandolo che di novo si ponesse il.partito, sicuri che passarebbe; ma perchè non c'era numero, nè si poteva porre insino che si fussero cominciate le lettioni, acciò si potesse esseguire quanto desiderava il Governatore, pigliorno partito di condurlo come li forestieri, et ne fu rogato maggior secretario; il qual rogito fu ratificato nel Confalonier intrante. Così alli 22 febbraio 1561 fece il suo principio publico in questa nova ordinaria letione, presente il Governatore. Senatori et il Studio et l'Arcivescovo Beccateli[40], il Vescovo Bovio, Mons. di Feltrio et molti altri prelati, et quell'anno si risolse di legger il libro "De Theriaca ad Pisonem".

Per veder minerali si risolse andar a Trento col sig. Camillo Paleotti et il sig. Antonio Anguisciola, invitato dall'Ill.mo Paleotti all'hora Auditore di Rota nel Concilio di Trento et si trovò alla prima sessione con suo gran diletto. Vide il contado Tridentino molto ameno insieme col Paleotti et molti altri prelati, et indi andò a le fodine di Pergine[41] et tutti quei cunicoli dove si cavano le marchesite et vide quelle resolutione metalliche et altri parti causati dal fuoco, come le varie specie di Cadmie descritte da Dioscoride, variamente generate, la pompolige in altissimo come più leggiera et il spodio nella più balsa. Vide l'agarico nobilissimo simplice nato nel larice comune. Et in Mantova vide il giardino del Bursatti[42]. Nell'andare a Trento passò per la montagna di S. Ambrogio di Verona, dove si cavano tante belle misture di marmi. Essendo giunto a S. Benedetto da Mantova, non potendosi passare il Po per la sua grossezza, si risolse la mattina seguente di passare il fiume in una barca, e per esser molto vecchia, posto che fu il cocchio nella nave, i cavalli coi piedi ruppero il fondo della barca mentre si slegava, et subito si gittò l'Aldrovandi a terra, con grandissimo pericolo della vita.

Si partì da Trento coll'Anguisciola, se n'andò a Padova a trovar il Fallopia et da lui hebbe in dono varii metalli et nel giardino pubblico dal dottissimo Melchior Guilladino osservò moire belle piante. Di là partitosi andò a Venetia et vi stette da otto giorni. Ivi vide cose naturali marine infinite e terrestri; finalmente ritornò a Bologna.

L'anno 1562 et 63 lesse il 3° di Dioscoride[43]. Nell'istesso anno, per soddisfare a la madre, al suo fratello, all'hora Abbate di Ravenna, et al sig. Giovanni Aldrovandi, i quali, mossi dalla successione et conservatione della famiglia, lo persuasero a pigliar moglie et l'haver hauto tanto -bon governo da la madre to fece diferire. Et essendoli proposti diversi partiti, si risolse di pigliare una donzella seguendo in questo il Levitico, cap. 4°, che parlando del matrimonio: "Virginem ducet uxorem, viduam autem et repudiatam et sordidam argue meretricem non accipiet; sed puellam de populo". Nè senza causa disse la scrittura che debba esser vergine per la certezza della castità, delle sue genti, affinchè sangue dell'uno sia a l'altro conforme. Vieta la vedova come licenziosa, et poco mansueta al secondo marito, mostrandosi sempre ritrosa col raccontare la bontà del primo; proibisce la repudiata per la superbia, o per qualche altra imperfettione che 'l divortio gli fa presumere che ella habbia.

La donzella che egli pigliò fu Paula figlia di Raffaello Macchiavelli, famiglia nobile et antica, giovane bellissima di corpo e d'animo. Visse col marito mesi disnove, d'età sua di anni disnove, morse alli 5 d'aprile 1565, nel qual'anno egli lesse il quarto di Dioscoride. Seguita la morte di sua moglie, per fuggire le tribulationi, si ritirò a Ravenna col fratello per alcuni giorni, non però ozioso, raccolse insieme molti marmi orientali per esser la città antichissima, e stata ornata di edificii di marmi orientali di molta bellezza. Et ancora che egli avesse statuito nell'animo di non pigliar più moglie, dubitando di non trovare una consimile a la prima, secondo il cor suo, di novo pure, infestato dal Sig. Camillo Paleotti, sig. Giovanni Aldrovandi Senatori et Padre Abbate di Ravenna suo fratello, si risolse per la medesima causa di sopra et per la vecchiezza della madre di consentire di novo a congiungersi in matrimonio con Mad.ª Francesca figlia del sig. Vincenzo Fontana Cavaliere, et la madre sua fu la sig. Dorothea Ghiselli, aggiungendovi appresso a questo che fu giovane di bellezza et saviezza incomparabile, atta col suo ingegno ad ogni disciplina ed arte, de la quale se ne serviva alle volte nelle aggregationi del suo "Epistemonicon" et altre pratiche delle lettere[44]. Di .quella hebbe due figli un maschio et una femmina; ma non piacque al sig. Dio che vivessero, morendo il maschio d'età di due mesi; la femmina visse sei mesi. Il compare della femmina fu l'Ill.mo Card. Sforza e il sig. Annibale Gozzadini; del maschio il Card. Ursino et l'Ecc.mo Pendasio. Ebbe parimente, avanti che pigliasse moglie l'anno 1560 un figlio naturale, qual visse sino a disdott'anni, molto ben fondato nelle lettere humane parimente (nel) principio di lettere greche, et per male infortunio cadde giù dal corridore della casa e s'ammazzò.

Nel medesimo tempo, predicando in S. Petronio un Monaco eccellentissimo, pose in consideratione all'Ill.mo Governatore et Senatori che era gran vergogna d'una città di studio come Bologna non havesse suoi Protomedici, che si dovessero trovar presenti alle cornpositioni medicinali, et che non havessero antido[ta]rio, come hanno molte altre città per norma e regula da seguire per i speciali; sapendo, come gli era stato riferito, che molti fra questi speciali componevano "ad subitum" et non havevano i medesimi medicamenti, et facevano errori nei sustituti, essendo impresa del medico di correggere ed ammonire gli speciali dove è necessario. Nè senza causa quelli antichi medici, come testifica Galeno, nelle proprie case preparavano medicamenti, acciò non fussero da questi speciali ingannati. Puotè tanto questo predicatore che il Governatore si risolse di voler fare questa bona spesa, e parendogli l'Aldrovando molto atto a questo Proromedicato, sì per haver la lettura pubblica che tratta di queste materie, sì anco per la sua sufficienza, mandò a chiamare il sig. Giovanni et l'Aldrovando, et lo pregò a pigliare questo assunto, che li faria honorato stipendio. Egli con modestia ricusò questo carico, conoscendo al sicuro che il Collegio de' Medici se gli opporrebbe, per ciò che per l'adietro in cose importantissime, come nella triaca et mitridato, s'erano trovati presenti et havevano ancora disputato fra loro di semplici dubii, et così erano quasi in possessione. Il Collegio havendo presentito la mente del Governatore, fece congregare il Collegio, et espose il Priore il fatto in questa guisa che l'Ill.mo Governatore, per non accennare l'Aldrovando che era presente, havea statuito di far un protomedico forestiero. Quando toccò all'Aldrovandi dire il parer (suo), disse che non era comunicato che alcuno forestiero havesse questo carico, nè manco alcuno del Collegio particolarmente: ma che doveva esser universale, et per obviare che non si potesse creare alcuno particolare, facendo di mestieri che 'l Collegio de' medici di Bologna componesse un Antidotario eruditissimo, non inferiore al Fiorentino et d'altre città, essendo essa stata la prima che ha insegnato a l'altre, et fece prima d'ogni altra la teriaca in Italia, con tanto splendore, dottrina et apparato, che fu l'anno 1551 il Mitridato.

I Dottori del Collegio conchiusero che si dovesse comporre un Antidotario et fecero alcuni assonti sopra ciò, fra' quali fu eletto il dottore Aldrovandi, come principio a questo fatto, per la sua professione, la qual trattava di questa materia, et perchè il più vecchio del Collegio era l'Ecc.mo Fava, era ancora il giusto, che la congregatione si facesse in casa sua. Ma tutti a una voce et consenso determinorno che si dovesse congregare in casa dell'Aldrovando per poter vedere di congregatione in congregatione tutte le cose sensate delle quali s'havea dubio, havendole congregate nel suo Museo con tanta diligenza. Non pareva il giusto al sig. Giovanni Aldrovandi et sig. Camillo Paleotti che s'avesse a scriver questo Antidotario con egual premio con li altri, havendo dato intentione il Senato darli ogni anno lire 200, et parendo a li Dottori cosa ragionevole che l'Aldrovandi si dovesse approbare nella sua professione, ancor che essi studiassero li antidoti che di giorno in giorno havevano esaminati, conchiusero finalmente i Senatori con li principali del Collegio che per cinque anni continui havesse ad havere il stipendio concessoli dal publico per questa nobil fatica. Stabilito questo fatto da' Senatori con li Ecc.mi Favi, Garzoni, Dugliola, Reati, etc. si riducevano ogni giorno a la casa de l'Aldrovando, et durò questa fatica da due mesi. Finalmente il sig. Gio. Aldrovando et sig. Camillo fecero instanza col Collegio che si dovesse far questo appuntamento et scrittura, acciò fusse certo il dottore di conseguire il premio promessoli dal pubblico. Essi risposero a' Senatori ritrahendosi da quanto havevano promesso, con allegare che l'Aldrovando era stato augmentato honoratamente et che quello gli doveva bastare, et che ogni huomo del Collegio fusse eguale. Vedendo l'Aldrovandi che gli era stato mancato di quant'era stato promesso, fuggì con quella modestia che puotè scusandosi non poter più attender al negotio et che essi erano huomini da poter seguire et far ciascuno altretanto quanto haveva fatto egli. Distrutta questa congregatione, stette tre anni che non si fece cosa alcuna di momento, ma solo fecero elettione di quei compositi che ora sono stampati nell'Antidotario, non havendo fatto nè scholii, nè comentarii, in detto Antidotario, come era necessario. Et ancora che in detto tempo l'Aldrovando fusse da Dottori et Senatori richiesto che dovesse seguire l'impresa, esso sempre ricusò, parendoli haver fatto assai de la pane sua. Il Senato stabilì di non volere dar stipendio in alcun modo se non si stampava l'Antidotario. Finalmente si risolsero stampare nel miglior modo che poterono, pregando il dottore che dovesse far le epistole, una dedicatoria al Senato, et l'altra ad seplasarios[45]. Egli per ubidire non mancò di fare quanto gli fu imposto. Lette le epistole nel Collegio, furono lodate et accettate; ma tutti a una voce ripugnavano che la prefatione non doveva haver titulo del Aldrovando, ma il nome del Collegio. Egli rispose che titolo haveva posto per honor del Collegio, per esser suo membro. Stando in questo proposito il Collegio per sei mesi, finalmente conchiusero che l'Aldrovandi facesse l'epistola acciocchè potesse conseguire il stipendio per tre anni di lire 200 l'anno notateli, et per non lo stampare così secco, li giunsero tutti li sostituti che havea notato brevemente per ordine alfabetico; ma i comentari che sopra li antidoti haveva fatti, et parimente i scholii fatti sopra i sustituti volse tenere appresso di sè, siccome si può vedere ne li suoi amplissimi commentarii, i quali aveva destinato porre in luce a nome del Collegio.

Fu adunque il Dottore Aldrovandi principal causa che il Collegio entrò nel possesso del Protomedicato, qual di poi fu confirmato passato il triennio ed aumentato di novo sotto Gregorio XIII la seconda volta di scudi 100 et la terza sino scudi 200, e avendo ogni tre mesi due protomedici numerari con obligo di visitare tutte le spetiarie et punire et spurgare le cose inutili, et certo è stata questa una opera santissima, perchè le cose camminano molto bene.

L'anno 1566 lesse il quinto libro di Dioscoride dove tratta de' succhi concreti, pietre, marmi, sassi et metalli. L'anno 1567 insino al 1571 lesse la metodo divisiva di tutte le cose principali sublunari e loro differentie; cioè inanimati, piante et animali, mostrando realmente le cose, dopo il legger che haveva trattato nella lettione[46]. Nell'istesso anno 1571, a dì 7 d'ottobre si partì per far un viaggio per causa de li suoi studii con un gentiluomo lucese[47] scolare et con un giovane suo scrittore et diligentissimo chiamato Annibale Baratti d'Hadria, che hora è frate cappuccino et andò a Ferrara dove presso a M. Alfonso Panza vide molte belle cose naturali. Di poi per Po andato a Mantova, dove appresso M. Ippolito Serena vide molte belle pitture di piante ed uccelli, delle quali alcune li prestò per dipingere nelle sue historie, et vide il giardino dell'Ecc.mo signor Francesco Borsatti di notabil dottrina nelle leggi.

D'indi a Verona, accettato da Mons. Valerio hora Cardinale di Verona, et appresso l'inquisitore generale di S. Domenico, che fu poi Vescovo di Chioza pia memoria, vide molte cose petrificate. Oltre di ciò il ricco Museo di M. Francesco Calceolari, la bellezza et copia del quale lo puotrà vedere chi leggerà il suo Museo stampato[48].

Indi si partì per Vicenza e Padua et fu accettato dall'Ecc.mo Mercuriale et Pendasio[49], et vide un'altra volta il giardino di Padua[50]. Visite il studio di M. Jacopo Cortusio[51] il qual'altre volte haveva veduto perchè era degno per le cose rare che vi ha d'esser riveduto; come lo loda Pietro Andrea Matthioli et Bernardino Scardeone.

In Venetia stete tredeci giorni, dove in detto tempo appresso a diversi nobili et altri virtuosi vide et raccolse molte cose rare[52], come da la cortesia del M. Leone Fogliano, già altre volte provata, et dal sig. Agostino Trivisano et sig. Costantino Molino, homini clarissimi et appresso a Mons. Barbaro vide infinite belle cose; fra l'altre un libro de' pesci dipinto eccellentissimamente, che fu già de la bona memoria del sig. Daniel Barbaro molto suo amico et conosciuto per lettere, et in faccia in Trento, in una cena dove era l'Ill.mo Card. Paleotti sig. Camillo, suo fratello et altri signori.

Partito di 'Venetia venne a Ferrara; ivi appresso li signori Alfonso et Alessandro Panza fratelli osservò molte belle cose naturali et se ne serbò d'alcune come appare nelle sue historie[53]. Giunse poi a Bologna la mattina che doveva leggere, et lesse all'improvviso; ne la qual tertiaria cominciò (a) trattare la materia de la pharmaceutica, cominciando da le cose inanimate, come terre, succi concreti, metalli, etc. che s'usano in medicina. Così insino al 1581 inclusive trattò et lesse non solo queste cose inanimate, ma le piante ancora; de le quali è l'uso appresso a' medici; cominciando prima da le radici, poi le foglie, nel terzo trattato de' fiori, nel quarto de' semi e frutti, nel quinto de legni come del Balsamo, Aloe et finalmente di tutti gli escrementi, come resine et gomme. Nell'ultima pane trattò di tutti li animali sanguinei et essangui, ovipari et vivipari, insecti, serpenti, crustacei, testacei, et d'ogni specie d'animali specialissima, ancora di zoophiti; di modo che in dieci anni compiutamente in più di 700 lettioni di materie diverse assolse tutta questa parte farmaceutica, siccome nelle sue lettioni epitomali, dette così in comparatione ai suoi gran comentari sopra Dioscoride.

Dall'anno 1581 sino al 1586 di novo cominciò a interpretare il primo di Dioscoride, il qual in tre anni e mezzo dottissimamente esplicò, havendogli inserte molte varie piante, et altre cose naturali che in quei primi anni non trattò per haver di continuo osservato cose nove, delle quali molte non sono state note a li antichi.

Nel resto del tempo dopo il primo di Dioscoride insino a S. Giovanni dell'anno 1586 lesse il 2° libro insieme a li capitoli che trattano delli medicamenti, che facilmente si preparano, dove nella prima parte ragionò di vari animali da' quali si pigliano diversi medicamenti; nella seconda parte delle biade, nella terza delli hortaggi, nella quarta et ultima parte delle piante di sua facultà acri, fra quali molte bulbose, come cipolle; e, così arrivò sino al capitolo "de cochleis", havendo parimenti quel medesimo anno cominciato il terzo libro che parla de le piante sino al capitolo "de sambuco", leggendo quando il secondo, quando il terzo per sodisfatione di studiosi, determinando di voler finire tutti li commentarii sopra Dioscoride.

Certo è cosa degna d'ammiratione che in trentatre anni che ha letto habbia letto tante varie materie, così in logica come in filosofia, et queste historie naturali poco conosciute da li antichi et moderni, et habbia con così gran diligenza illustrate.

Di qui si può facilmente conoscere che in 33 anni che ha letto, eccettuando solo il 79, come si vedrà di sotto per una lunga malattia per sei mesi continui da Novembre sino a Maggio, ha per spatio di 27 anni letto varie materie, et ancora che havesse riprese le medesime lettioni, come il cielo, fisica, il 1°, 2°, 3° e 4° di Dioscoride, nondimeno sempre ha detto cose nove et ampliato et rinovato i suoi concetti et che quanto sia grande meraviglia ciascuno lo può vedere, sapendo che in tutti i studii d'Europa è questa consuetudine che ogni lettore ogni terzo anno legga le medesime materie, tornando al circulo et altri ogni 6° anno, cominciando i filosofi da la fisica, et finendo ne' parvi naturali, et poi tornano a la fisica. I legisti ogni quarto an no finiscono il suo circulo. L'anno 1573 dal Senato fu aumentato di lire 300 l'anno, ponendolo al pari d'ogni eminente lettore bolognese.

L'anno 1574 essendo Protomedico del Collegio de' medici, si fece la teriaca nella speciaria di S. Salvatore, et essendo stata fatta con quella maggior diligenza che fusse possibile con manchi sustituti che mai per avanti fussero fatti, trovandovi l'Aldrovandi il costo vero e l'amomo. L'apparato di questa theriaca si fece pubblico per quattro o sei giorni che ogni huomo lo puote vedere et fu visitata et approvata da Protomedici et da tutto il Collegio.

Doppo l'approbatione, sedendo il Collegio "pro tribunali" fu composta con ordine legitimo et sottoscritta da Priori et Protomedici, ancora che alcuni speciali della Compagnia per proprii interessi avanti si componesse havevan congregato il Collegio con persuaderli che l'amomo e 'l costo, era stato in questa theriaca senza consenso del Collegio. L'Aldrovandi mostrò con vive ragioni che quelli erano legitimi e veri simplici, e così tutti l'approvorno. Non ostante l'approbatione fatta da Priori et protomedici et sottoscrittione, fra due mesi hebbero ardire alcuni speciali della compagnia di persuadere ad alcuni del Collegio che dovessero inter dire e prohibire quella theriaca per non esser fatta legitimamente, et tanto puotè la loro essortatione, che persuasi al Priore loro di S. Salvatore et al sig. Confaloniero, et essendo il dottore Aldrovandi in villa, fu chiamato per questo effetto; il qual'andò subito in Collegio et mostrò con molte ragioni che non dovevano prohibire quello che una volta havevano provato, et così mandarono a S. Salvatore che si dovesse vendere come bona. Con le medesime ragioni mostrò l'Aldrovando al Confaloniere et Senato che questa era stata pura emulatione et poi venne in tanto prezzo che nel tempo de la peste fu comprata da forestieri di Genova et di Venetia et ne fan fede reccellentissimo Michele Mercator prefetto de l'horto di N. S. et Baldassare Pisanelli nelli loro trattati "de peste".

L'anno 1575 Jubileo determinò la Compagnia de' speciali a concorrenza de la theriaca di S. Salvatore farla ancora ei, et essendo allhora protomedico l'Aldrovandi insieme con l'Alberghino et Zibetti et Reato, Priori, alli 11 di Giugno furono chiamati i Priori et Protomedici alla speciaria del Melone per i trocisi delle vipere. L'Aldrovando non vi si volse trovare a provare, sapendo che non era il tempo convenevole d'ucciderle, et essendo congregati in detto loco, mandarono a far in stanza a l'Aldrovando che venisse, nè mancò d'andarvi per gratificarli. Havendo già in bona parte amazzate di quelle vipere, subito fu giudicato da tutti che le femine erano pregne et ch'alcuni erano maschi; aggiunse l'Aldrovando la inconvenienza del tempo, et così di comun consenso prohibirono di fare i trocisci.

I speciali vedendo che non successe come speravano, andarono a persuadere a' Priori del Collegio che dovesse giudicare questo fatto attento che le vipere erano bone. Congregato il Collegio, l'eccellente Alberghetti, Zibetti et Aldrovandi fecero fede al Collegio che le vipere erano pregne, soggiunse l'Aldrovando che in alcun modo non si doveva concedere, primieramente perchè Galeno prohibisce le vipere pregne, per esser la loro carne placida, cattiva, il che si conosceva facilmente da la grossezza de l'ova. La seconda ragione che lo moveva fra quelle havevano uccisi de' maschi prohibiti da Andromacho, aggiungendo per terza ragione che era no da Ravenna et conseguentemente maritime, che parimenti sono prohibite da i suddetti autori come salse et che generano gran sete; che le pigliano per Alexipharmaco chiara cosa e secondo li precetti de li antichi che devono esser montane. Di più addusse un'altra ragione che Andromacho vole che le vipere s'ammazzino quando il sole è in tauro, di modo che tempo non conveniva in alcun modo a far li trocisci; et molte altre ne addusse che ora taccio; aggiungendo appresso che il Collegio sarebbe riputato haver concesso cosa che altre volte ha vietato, attento che in disdotto et disnove theriache che si sono fatte l'anno passato tutti havevano conchiuso che si dovessero fare i trocisci al fin d'aprile, et essendo ora conchiuso che si facesse a Giugno, mostra che si siano fatte male l'altre, il che non è verisimile, nè da dire che tante theriache si siano fatte male. Addutte che furono quelle ragioni, fu determinato dal Collegio che si soprassedesse sino a la mattina seguente, et congregati l'Alberghino, Zibetti et l'Aldrovando, continuarono la sententia loro passata et l'Aldrovando particolarmente con molte ragioni; ma li priori dissero che questa materia non si dovesse disputare e che si venisse al partito, et così di 12 fave ne furono 9 in favore di speciali che si dovessero fare i trocisci. Si meravigliò l'Aldrovando che le fave si dovessero preferire a la ragione.

Dopo questo successo penetrò questo fatto all'orecchio d'alcuni Senatori come il sig. Camillo Paleotti et sig. Tomaso Cospi et altri, meravigliandosi che 'l Collegio, che non haveva veduto le vipere, havesse a determinare contra il magistrato, et tanto più conoscendo che sempre i trocisci s'erano arnazzati d'Aprile; nè è verisimile che 'l magistrato che rappresenta il Collegio sia da detto Collegio dannato; tanto più gli sapeva strano che l'Aldrovando di tale professione havesse a terminare cose che l'altre più che le sue havessero a esser provate; essendo che il Collegio di Napoli e Fiorenza altre volte suscitò questa lite fra il Collegio e speciali. Et li Collegi scrissero a l'Aldrovandi, il qual gli rispose che in alcun modo non si doveva passar l'aprile et loro seguitorno la sua opinione.

Il Cardinale Paleotti volse intender questo fatto, sapendoli molto strano che 'l Collegio repugnasse a l'Aldrovando; finalmente mosse il sig. Camillo Paleotti[54] da per le ragioni che gli pareano bone, et a Mons. Arcivescovo di Nazaret Governatore di Bologna li persuase che per beneficio publico non si doveva tolerare farsi questa theriaca, et così mandò commandamento che non si dovesse procedere più oltre in farla.

I speciali subito hebbero ricorso al Collegio pensando che l'Aldrovando fusse stato autore di questa prohibitione, de la quale era totalmente innocente; anzi essendo chiamato dal Governatore et impostoli per macieri le ragioni che l'havean mosso contro il Collegio. Comparse esso dinnanzi al Governatore et disse che non voleva esser sforzato a dar sue ragioni in scritto, perchè conosceva che Collegio havria a male questo, et tanto più ch'era determinato nel Collegio che si dovesse far la theriaca, et che questo era andar contro a' statuti che prohibiscono che non si possa contrariare a quello che ha determinato il Collegio sotto pena d'esser sospeso. Mentre seguitava questa prohibitione del Governatore il Collegio ad instanza de' speciali congregato, non citato l'Aldrovando, nè l'Alberghino, pensando loro che l'Aldrovando fusse stato autore di questo, lo sospesero "per quinquennium" et l'Alberghino "per biennium''[55].

Inteso questo Aldrovando, andò dal Governatore mostrandoli il successo, subito commesse che fusse citato al Collegio et Aldrovandi, a dire le sue ragioni et ivi presente l'una e l'altra parte di propria bocca commesse il Governatore che fra tre giorni dovessero dar in scritto le loro ragioni et promisero di farlo.

L'Aldrovandi portò le sue presentate al Governatore et questo trattato era inscritto Echidnologia[56]. La qual letta con suo gran gusto, passato il termine al Collegio, non comparendo scrittura alcuna, li fa chiamare di novo; domandandoli la causa di non haver produtte le sue ragioni. Risposero che lo farebbero, che non havevano hauto tempo. Si contentò l'Aldrovando che 'l Governatore desse la copia delle sue a' dottori, et si contentò che rispondessero; ma essi rivolti si congregorno; nè mai vennero a rispondere cosa alcuna. Finalmente agitata la lite dinanzi all'Auditore Arnolfino fu intimato al Collegio et facto precetto che il Dottore Aldrovando ritornasse in Collegio.

Non si volse congregare per non venire a ciò per quattro mesi continui.

Fu scritto dal Governatore al Beatissimo Papa che era gran danno che questo Studio stesse rinchiuso. Papa rescrisse che si dovesse aprire, et che il Governatore non s'impazzasse più di questa causa, che lui voleva vedere, et così il Collegio mandò un Ambasciatore a Roma, essendosi appellati della sententia datagli contro, nè mai parlò al Papa. Il Papa fece scrivere che si componesse il negotio, ma mai si venne a conclusione alcuna, perchè volevano che l'Aldrovando confessasse che le ragioni del Collegio erano superiori, a che non consentiva, non ne havendo loro scritte alcune. Mentre che pendeva la lite, si risolse per l'onor suo l'Aldrovando d'intender il parere di varii Collegi d'Italia, mandando a ciascuno le sue ragioni in scritto, et da tutti fu approvata con sottoscrittione et bolle che furono di Roma, Napoli, Fiorenza, Ferrara, Mantova. Di più dall'eccellentissimo Mercuriale, dall'eccellentissimo Cardano et Andrea Baccio[57].

Armato della verità con consulti de' signori Card. Paleotti et sig. Giovanni Aldrovandi andò a Roma a dì 2 marzo 1577, si presentò a' piedi di Gregorio XIII et narrò tutta l'historia veracemente, con tutte le ragioni et confirmationi di altri Collegii. Finalmente il Papa li diede la ragione, et domandò se voleva giustitia et conchiuse per motu proprio che fusse l'Aldrovando reintegrato "ad omnes honores et dignitates". La seconda volta andò da S. S. a ringratiarla, et perchè per i debiti della gabella di motu proprio non si poteva agumentare alcuno, S.S. però cocesse al Senato che gli fussero pagati per l'avvenire cento scudi d'oro per la cura del giardino, di più pregava che gli pagassero 600 scudi d'oro de' sei anni decorsi, et così fu esseguita tutta la mente di S. S. con grandissima gloria del dottore Aldrovandi.

Nè occorse favore del Gran Duca di Toscana, il qual, intese le sue ragioni, scrisse al Duca di Sora, all'Ill.mo S. Sisto et Guastavillani che per giustitia fusse favorito l'Aldrovando; ma questo non fu bisogno, essendo chiare le ragioni et delucidate.

Venuto a Bologna, presentò le lettere di S. S. al Governatore, ch'era l'Arcivescovo Rossano hora Cardinale e poi creato Papa, il qual per vigore del motu proprio intorno al Collegio che, "intuitu Summi {Pontificiis} <Pontificis>", il giorno seguente alle 20 hore si dovesse congregare, et subito esseguire la mente di N. Signore.

Entrato in collegio et letto il breve, finalmente abbracciorno et accettorno il Dottore con suo grand'honore et si fece la pace.

L'anno 1579 si infermò nel fine di agosto di una grave malatia di febre terzana dopia e poscia gli sopravenne una febre quartana. Al fine di Decembre cessò, ma parte da le hemorroidi, parte da difficultà di orina per esser stato tanto supino havea infiammate le reni e gli si era formato un calcolo della grandezza d'un grano di frumento, del quale con mezza oncia di terebentina si liberò; ma avanti potesse riaversi per la lunga malattia stette infino a mezzo Maggio. Nell'Ottobre comenzò a leggere con grande desiderio de' scholari che erano stati privati dal principio del Studio infino allora. Nè è a meraviglia che havesse hauto così gran malattia e con tali sintomi e accidenti; perchè era stato da ventiquattro anni che non havea male veruno. Però s'erano congregate molte materie che causarono questa infirmità fastidiosa la quale fu molto perigliosa.

E in quello principio che si infermò Monsignor Theseo Aldrovandi commendatore di S. Spirito suo fratello carnale, essendo stato ai bagni di Lucca per guarir della gotta che lo infestava, si trasferì a Bologna per godere qualche giorno il sig. Dottor suo fratello; ma lo trovò infermo con gran febbre et si partì da lui che era stato da un mese ammalato et ebbero l'uno e l'altro gran dispiacere di non si poter godere.

Nel medesimo anno essendo stato quello morbo che infestò tutta l'Europa anchora a Bologna pochi furono che non si trovassero assaliti da quello, et essendo imposto dall'Illustre Senato al Collegio che gli desse avvertimenti e provvisioni da poter ovviare al contagio, così il Dottor Aldrovandi fu deputato a questo e scrisse bellissimi avvertimenti et a nome del Collegio li diede al Senato acciò facesse le debite provvisioni[58].

L'istesso Aldrovandi scrisse un libretto delle cause di questo morbo del Matone, volgarmente detto del Castrone, mostrando che era stato altre volte, e lo mandò a Roma, dedicandolo a  Mons. Commendator di S. Spirito suo fratello, et fu letto con grande gusto da varii medici.

Nel medesimo anno dell'80 fu fatta dalla Compagnia de' speciali la theriaca nelle schole publiche con grandissimo apparato, e fu protomedico il Dottor Aldrovandi insieme con altri.

Appendice del 1569

Viste le cose di Ferrara si trasferì a Ravenna, dove stette quattro giorni colla compagnia del Rev. Abbate D. Theseo Aldrovandi abbate di S. Giovanni il quale haveva governato que' luoghi con grande prudentia.

In quella città essendo abbate fu fabbricato un monastero vastissimo da fondamenti, sì come anche restaurò la chiesa. Nel qual monastero alloggiò di poi già due volte l'Ill.mo Card. Paleotti allora Vescovo di Bologna, ora Arcivescovo. Ivi vide molti marmi rari, ed avendo vagato egli per quei luoghi marittimi raccolse molte cose rare per il suo Museo.

Appendice al 1552

Nel mese di Giugno di quell'anno con molti scholari si trasferì alle Alpi di Sestola, Fiume- Albo[59], Fiagnano e Monte Santo, e non lasciò alcuno di quegli alpestri luoghi che non indagasse con gran diligenza, e trovò molte cose rare, come si può vedere nel terzo e quarto libro de le sue erbe agglutinate.

Appendice all'anno 1553

Essendo tanto grande il desiderio che haveva d'indagare cose nove si risolse quello anno nelle vacanze di Giugno di andare di novo a cercare con gran diligentia le Alpi et si trasferì a Monte Zibio[60] dove scaturisse in più luoghi l'olio di sasso, scrivendo l'historia di quello diffusamente, come si può vedere ne' suoi commentarij; e non contento di vedere queste fonti bituminose, trovò molte pietre e terre che mostrano al sicuro quei monti essere molto metalliferi. D'indi partito con alcuni scholari, quai volontieri gli faceano compagnia per poter imparare queste scientie recondite, se n'andò a Sassuolo, Fiume Albo, Lagho Sal Rio[61] e l'Alpi di S. Pellegrino e all'alpi della Pania sul Lucchese, e in tutti questi luoghi cerchò con gran curiosità e trovò molte piante parte descritte dagli antichi, parte non conosciute e compose e agglutinò il quinto, sesto e settimo libro delle piante agglutinate, essendo egli stato primo in Europa che trovò il modo di essicare le piante verdi fra le charte strazze e a tal forma e figura le ridusse che pareano dipinte, essicate che sono le agg,lutinò a perpetua memoria nelle charte, che è un utile grande per quei che attendono a queste scientie, che difficilmente per questo ordine mai se le scordano.

Partito da queste Alpi andarono a' Bagni di Luccha per esaminare la virtù di quelle acque et al borgho di Luccha, nel qual era alhora la bona memoria di M. Lucha Ghini ritirato per le vachanze del Studio di Pisa. Nel qual luogho a quei bagni concorrevano molti ammalati come ad Esculapio per curarsi e domamdar consigli. Vaghò con quel sig. Ghini per quei monti, dove hebbe occasione di veder molte belle cose per augumento de' suoi studii. Non contento di questo si volse trasferire a Luccha e al Monte dell'Angelo sopra Luccha dove è un monastero, nel quale luogo era alhora priore D. Theseo Aldrovandi suo fratello, quale era stato da otto anni in Luccha nel suo monastero della S. Maria ed in quel chiostro osservò un Cephalione molto grande, del quale mandò all'Ecc.mo Mathioli un ramo con frutti annessi, che poi dipinse ne' suoi comentari sopra Dioscoride. In quello si vedea per tutto copiosamente nascere il Stechas Arabica et altre cose rare. Da Luccha si trasferì al Monte S. Giuliano, nel quale trovò alcune sorti di pini e molte altre piante. Di poi andò a Pisa dove con gran diligentia pigliò e descrisse tutte le herbe rare collocate in quel giardino dall'Ecc.mo M Lucha Ghino prefetto di quell'horto de' semplici, construtto prima da lui per commissione del Gran Ducha Cosmo, al quale hanno da havere obbligho tutti li studiosi di queste belle cose, essendo stato S. Altezza Serenissima il primo che fece costrurre horto publico di semplici, acciò l'Ecc.mo Ghini potesse mostrare dopo le lettioni pubbliche li semplici alli scholari. Sì come poi a esempio del Pisano horto fu construtto dalla signoria di Venetia l'horto publico, nel quale prima fu prefetto Aloisio Anguillara, che fu scolaro dell'Ecc. mo Ghini in Pisa; havendo imparato questa scientia da S. E., di poi fu condotto a Pisa con scudi trecento all'anno per questo effetto, et hora v'è honoratamente già molti anni Messer Melchiorre Guilandino Borusso homo veramente polhistorico e bonissimo philosopho.

In Bologna del 68 fu construtto in presenza delli scholari dell'Aldrovandi, di Mons. Doria Governatore, (un orto) del quale l'Aldrovandi ne è prefetto mostrando al tempo del studio a' scholari la sera del mese d'Aprile, Maggio e Giugno, e ad altri tempi, le piante.

Dopo che ebbe vedute tutte le cose naturali che potè in Pisa, si trasferì a Livorno e a Montenero nellElba, ove oltre le piante, trovò alcuni minerali et altri pesci e animali osservò, sì chome si può vedere ne' suoi commentarij et historie: de admirandis naturae rebus.

Appendice al 1577

Ne l'anno che andò a Roma visitò il Gran Ducha di Toscana, dal quale fu accarezzato infinitamente, essendo stato introdotto dalla bona memoria del Rev.mo Monsignor Bolognetti bolognese Nuncio a S. A. R.[62]. Si intrattenne il Dottor Aldrovandi due giorni e gli volse mostrare il primo giorno tutte le cose recondite del Casino, dove stette tre intere hore, presente Monsign. e molti medici che S. A. haveva fatti chiamare, e di tutte le cose che mostrò volse intendere il parere dell'Aldrovandi, havendogli fatto mostrare anchora tutte le pitture dipinte al vivo dal sig. Jacomo Ligozzi, alle quali non mancha se non il spirito; e lo pregò che la mattina seguente non si partisse per Roma, ma che venisse al palazzo suo hove haveva tutte le cose metodiche. Non manchò di obedire a S. A. e la mattina seguente ivi si trasferì, e per cinque hore continue mostrò tutte le cose naturali come pietre, gioie, terre, etc. e molte pitture di pesci al vivo ritratti, e nel medesimo tempo commesse al sig. Cavalier Gaddi che mostrasse tutte le medaglie d'oro, d'argento e di rame antiche a M Giulio de Veli bolognese, molto versato in quelli studii delle anticaglie, et attorno ove era il studio di medaglie erano attaccati al muro più di cento legni di uccelli dipinti dal mio pittore M Gian Triulxi[63], da noi cavate et estratte da miei esemplari avanti che '1 Gran Ducha havesse condotto il sig. Jacomo Ligozzi, che è un altro Apelle, sì come si può vedere in alcune figure mandatemi da S. A. Serenissima per mano del predetto pittore.

Non è da tacere, oltre gli altri favori che fece S. A. al Dottor Aldrovandi, che gli donò molte belle e rare cose[64], promettendogli per l'avvenire che di tutte le cose che gli capiterebbero alle mani peregrine gliene farebbe parte, e ogni volta che n'avesse due gliene darebbe una; siccome sempre ha fatto da quel tempo in poi, avendogli mandato piante, semi, metalli, uccelli dipinti al vivo, et altre cose; siccome si può vedere net Museo del Dott. Aldrovandi e parimenti nelle sue istorie, dove ne fa memoria, siccome fa di tutti gli altri che hanno usato verso di lui liberalità et arricchito il suo Theatro di Natura.

Appendice della vita d'Ulisse Aldrovandi

Nel 1536 ch'andai[65], a Bressa, dove stetti un anno et partitomi da Bressa tornai a Bologna, e da Bologna a Roma e da Roma in Spagna. Essendo poi ritornato di quel viaggio nel 1539, nel qual tempo poi cominciai a studiare in humanità, e in legge insin'a '47, nel qual'anno poi cominciai a studiare logica. Nel principio del '48 n'andai a Padova, dove stetti venti mesi, havendo havuto per precettore il Tomitano in logica, Genua in filosofia, in medicina il Montano. Poi ritornato a Bologna, andai a Roma dove stetti diciotto mesi, attendendo ancora nel studio di filosofia e medicina. In quel medemo tempo, in giorni straordinari, per mio spasso volsi veder tutte l'antiquità di Roma, havendo verificato molte di quelle per scrittori antichi e moderni, e fattone alcune osservationi, le quali comunicai e donai a Lucio Mauro[66] scrittor dell'antiquità di Roma. Nè contento di quello, scrissi un libro delle statue che si ritrovano in Roma e lo donai a Giordano Ziletto stampador publico in Roma, il qual poi lo stampò nel 1553[67], nel qual'anno m'(ero) dottorato havendolo egli composto nel 1550. La qual'opera congiunsi con l'opera di Lucio Mauro, essendo in Roma quando morse Paulo III Farnese, e nella coronatione di Giulio III nell'anno del Jubileo. In questo medesimo tempo ch'era in Roma cominciai a dar opera a questa cognitione sensata delle piante, et particolarmente ancor delli animali essiccati, della varietà de' pesci, che nella piscaria io vedeva spessa volta, desiderando di conoscergli et particularmente havendo lume di Paulo Jovio, il qual un tempo haveva scritto de piscibus Romanis: nel qual tempo ancor hebbi occasione di far amicitia col Guilelmo Rondoletio ch'era venuto a Roma col suo Cardinale Tornone.


[1] A causa di una disputa con i farmacisti e dottori di Bologna sulla composizione di una medicina popolare, nel 1575 fu sospeso da ogni carica pubblica per cinque anni. Nel 1577 ottenne l'aiuto del Papa Gregorio XIII (cugino di sua madre), il quale scrisse alle autorità bolognesi ingiungendo loro di reintegrare Aldrovandi alle proprie cariche pubbliche, e diede il proprio aiuto finanziario alla pubblicazione delle sue opere.

[2] Memorie della vita di Ulisse Aldrovandi. (Bologna, Lelio dalla Volpe, 1774, in-8).

[3] Suo zio fratello di sua madre M.a Isota figliola del sig. Mine de' Rossi senatore. (Nota autografa).

[4] Nel ms. leggesi: all'Oreto.

[5] Varo.

[6] Grasse.

[7] Rietz, secondo G. Fantuzzi, Memorie della vita di Ulisse Aldrovandi, Bologna 1774.

[8] Montpellier.

[9] Astorga, presso Leon.

[10] D'Oviedo.

[11] Correzione: nell'Asturia.

[12] Padron, presso Santjago.

[13] Finistella.

[14] Valladolid.

[15] Giovanni Gandolfi fu professore di rettorica e poesia dal 1535 al 1541.

[16] Mariano Soccini juniore nei Rotuli si trova solo all'a. 1542 quale Lettore di Diritto civile. Quindi Aldrovandi avrebbe avuto 20 anni invece di 17.

[17] Agostino Berò.

[18] Mons. Gio. Ant. Locatelli incominciò a leggere logica nel 1545.  Nello stesso anno incominciò pure a leggere Claudio Betti.

[19] Bernardino Tomitano.

[20] Marcantonio Genova de' Passeri.

[21] Gio. Battista Montano.

[22] Fra i manoscritti di Aldrovandi questo vol. ha ora la collocazione ms. Aldrov. 41.

[23] Secondo Fantuzzi questo viaggio ebbe luogo nel 1551

[24] Calzolari.

[25] Lesse logica e filosofia dal 1539 al 1542 e dal 1549 al 1556.

[26] Gio. Battista Castelli.

[27] Il card. Gabriele Paleotti.

[28] Girolamo Sauli, vice-legato di Bologna.

[29] Nicolò Turchi, che lesse logica e filosofia dal 1554 al 1587.

[30] Ovidio Giberti o Zibetti lesse logica e medicina dal 1554 al 1564.

[31] Il ms. di questa lezione è nel ms. Aldrov. 64 (XII).

[32] Il ms. di queste lezioni è nel ms. Aldrov. 64 (I).

[33] Cfr. ms. Aldrov. 136 (Observationes), XIV, c. 200v.

[34] Il ms. di questa lezione è nel ms. Aldrov. 77.

[35] V. il ms. Aldrov. 63.

[36] Claudio Betti, che nel 1559 leggeva filosofia ordinaria, con Scipione Fava nominato, qui appresso.

[37] V. il ms. Aldrov. 98, I (Epitome lectionum).

[38] V. il ms. Aldrov. 78.

[39] V. i mss. Aldrov. 64 (IV) e 77, cc. 103-140.

[40] Lodovico Beccadelli.

[41] Il ms. riporta: Perdine.

[42] Francesco Borsati.

[43] V. il tomo IV dell'Epitome lectionum, ms. Aldrov. 98.

[44] In fine al ms. Aldrov. 96 (Lexicon rerum inanimatarum) e annotato: "Francisca Fontana uxor Exmi Ullisis Aldrovandi aglutinavit hos libros observationum de rebus inanimatis. Nil adeo vile et abiectum ex quo non percipiatur quandoque lucrum".

[45] Farmacisti. L'Antidotario fu pubblicato nel 1574. Ha una prefazione di Aldrovandi ad Pharmacopaeos e una lettera dedicatoria del Collegio dei modici e filosofi al Senato.

[46] V. i tomi III, IV, V dell'Epitome delle lezioni (ms. Aldrov. 141) e il ms. Aldrov. 82, cc. 192-277.

[47] Lucchese.

[48] V. anche la vacchetta delle Observationes, V, c. 179v..

[49] Federico Pendasi.

[50] V. il ms. Aldrov. 40, c. 82, e ms. Aldrov. 136 (Observationes), IV, c. 119v., V, cc. 145 e 188, IX, c. 185; ms. Aldrov. 137 (Catal. peregr. rer.), III, c. 140.

[51] Observ., I, cc. 13 e 30v.; XIX, c. 243.

[52] V. ms. Aldrov. 136 (Observ.), II, c. 187v.; V, cc. 221, 227-229; ms. Aldrov. 137 (Catal. peregr. rer.), I, c. 79; rns. Aldrov. 143, II, c. 75; III, c. 78.

[53] V. ms. Aldrov. 136 (Observ.), V, c. 235; VI, cc. 184 e 211v.; I, cc. 251 e 257.

[54] Nel ms. Aldrov. 35 (XIV) leggesi una lettera al Senatore Camillo Paleotti "de causis quibus U. Aldrovandus adversatus est Collegio medicinae circa confectionem antidoti, Andromachi senioris" (con postille autografe).

[55] V. in ins. Aldrov. 21, III, pp. 133, 221 e segg.; ms. Aldrov. 97, cc. 352-357, molte lettere ed altri manoscritti relativi a questa controversia.

[56] Si trova in ms. Aldrov. 21, III, pp. 212 e 343, e in ms. Aldrov. 100.

[57] V. ms. Aldrov. 21, IV, cc. 349 e segg.

[58] V. i mss. Aldrov. 6 (vol. II) e 69, che contengono il trattato De Peste e l'Historia del Mal Mattone.

[59] Fiumalbo.

[60] Montegibbio.

[61] Lagosanto.

[62] Cfr. ms. Aldrov. 136 (Observ.), VIII, c. 83; IX, 307v.; XI, 32; e ms. Aldrov. 137 (Catal. Peregr. rer.), II, c. 96v., Itinerarius seu rerum in itinere Florentino, Romano et Tyburtino collectarum catal.

[63] Questo nome è cancellato.

[64] V ms. Aldrov. 136 (Observ.), X, c. 8v.; XI, c. 79; XII, c. 135v.

[65] Il ms.: andò.

[66] Il ms. ha: Fauno.

[67] Rectius: 1556.