Epigrammi ruspanti
di Attilio Canaletti


La osservo quando becca e saltarella
fra i sassi e le zollette di un prato riposante.
Mi accorgo allora in quell'istante
che la gallina è tenera perché non si arrovella.

Nell'animo di una gallina
c'è un fondo di vera umanità.
Lo sguardo poi alla mattina
è quello di un politico che parla di onestà.

Ad ogni età la gallina ripete il suo verso
spargendo nell'aria allegri: «Coccodè, coccodè»,
mentre l'uomo che da vecchio si sente perso
sospira tristemente: «Povero me! Povero me!»

La gallina in sé non coltiva
il mito del danaro esoso.
L'amicizia nel pollaio per lei giuliva
è il bene più prezioso.

Una gallina fa le uova regolari
nei giorni di lavoro e delle messe.
Zelante mantiene le sue promesse
non come i più dei nostri parlamentari.

Se una gallina si mettesse a scrivere
di certo impiegherebbe le sue penne.
E forse comporrebbe versi in modo più solenne
di tanti poetastri afflitti dal mal di vivere.

La gallina rifugge gli slanci spirituali
non si è inventata come l'uomo un al di là.
Lei crede solo nella propria gallinità
essendo la più laica fra tutti gli animali.

Dal web: "Ho scovato, per caso, sfogliando uno schedario a soggetto della Biblioteca Nazionale di Firenze, un tipico esemplare di autore di quarta dimensione, un certo, poeta grossetano, agricoltore di professione e animalista per passione, fondatore nel 1951 dell'AAVV - Associazione Amici dei Volatili e Vegetali (come si legge nella sua nota biografica), che ha pubblicato nel 1956, a proprie spese, presso la tipografia dei fratelli Marini di Grosseto, un libretto contenente 134 epigrammi, da lui chiamati «ruspanti», perché interamente dedicati alla gallina, animale domestico vittima, come si sa, di ingenerosi luoghi comuni. Leggendo gli Epigrammi ruspanti del Canaletti non si può fare a meno di pensare alle deliziose storielle raccontate da Luigi Malerba ne Le galline pensierose (1980), o alla famosa canzone di Cochi e Renato. Gli epigrammi del Canaletti, metricamente non omogenei (oscillano dai due ai quattro versi), tutti rigorosamente in rima (gli schemi ricorrenti sono ABBA e ABAB), si risolvono in un divertente capovolgimento dei ruoli, dove il confronto fra l'umanità della gallina e la stupidità dell'uomo (specie l'uomo politico) ha il sapore di un'amara denuncia, vagamente ispirata a idee socialisteggianti."

Segnalazione di Giulia Grazi