Aristopullus
Il pulcino di Aristotele



Aristotele - Opere biologiche
a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti
UTET - Torino - 1971

Historia animalium
a cura di Mario Vegetti

VI, 558b

Gli uccelli sono tutti ovipari, ma la stagione dell’accoppiamento e le modalità della posa non sono uguali per tutti. Alcuni infatti si accoppiano e depongono le uova per così dire in ogni momento. È il caso ad esempio della gallina e della colomba; la prima anzi genera tutto l’anno ad eccezione dei due mesi del solstizio invernale. Certe galline, anche di razza, depongono prima della cova una quantità di uova che può arrivare fino alla sessantina; e tuttavia le galline di razza sono meno prolifiche di quelle comuni. Le galline adriatiche sono di piccole dimensioni ma depongono uova ogni giorno; hanno cattivo carattere e spesso uccidono i pulcini; i loro colori sono assai variati. Certe galline di cortile depongono uova anche due volte al giorno, ed è accaduto talvolta che morissero in poco tempo per aver fatto troppe uova.

Le galline dunque, come s’è detto, depongono uova senza soluzione di continuità. La colomba, come pure le femmine del colombaccio, della tortora, del torraiolo, depongono solo due uova per volta, ma le colombe lo fanno fino a dieci volte all’anno.

VI, 559a-562b

2. L’uovo di tutti gli uccelli ha sempre un guscio duro — se risulta da una fecondazione e non è guasto, perché certe galline depongono uova molli — ed è bicolore, risultando bianco alla periferia, giallo all’interno[1]. Le uova degli uccelli che vivono presso i fiumi e i laghi differiscono da quelle degli uccelli di terraferma: le uova degli uccelli acquatici contengono infatti una maggior proporzione di giallo rispetto al bianco. Anche i colori[2] delle uova differiscono secondo i generi di uccelli: in effetti le uova di alcuni uccelli, quali il colombo e la pernice, sono bianche, quelle di altri gialle, come nel caso degli uccelli lacustri, quelle di altri ancora maculate, ad esempio le uova delle faraone e dei fagiani; quelle del falcone sono rosse come il minio.

L’uovo presenta una differenza, perché da una parte è appuntito, dall’altra più largo, ed esce presentandosi con la parte larga. Le uova allungate e appuntite danno femmine, quelle arrotondate, cioè con l’estremità circolare, danno maschi[3].

Le uova si schiudono in seguito alla cova da parte degli uccelli; [559b] possono tuttavia farlo anche spontaneamente al suolo, come in Egitto, se vengono immerse nel letame. E dicono che a Siracusa un ubriacone, messe delle uova in terra sotto la sua stuoia, continuò a bere ininterrottamente per tanto tempo che fece schiudere le uova. Ed è anche capitato che delle uova, poste in vasi caldi, maturassero e si aprissero spontaneamente.

Lo sperma di tutti gli uccelli è bianco, al pari di quello degli altri animali. Dopo il coito, la femmina lo fa salire verso il diaframma[4].

All’inizio l’uovo appare bianco e piccolo, poi si fa rosso e sanguigno, e accrescendosi il colore si attenua e diviene tutto quanto giallo; quando è ormai quasi maturo, si differenzia, e all’interno viene a trovarsi il giallo e attorno a esso, all’esterno, lo strato del bianco. Quando è giunto a termine, si stacca ed esce, diventando duro da molle che era in modo così istantaneo che quando vede la luce non è ancora consolidato, ma appena uscito si consolida e diventa duro a meno che non sia espulso già malato.

È accaduto di osservare formazioni simili all’uovo in un certo stadio del suo sviluppo (cioè tutto uniformemente giallo, come lo sarà più tardi il vitello[5]), anche in un gallo sezionato sotto il diaframma, laddove le femmine hanno le uova; queste formazioni sono interamente gialle d’aspetto, e grandi come le uova. Vengono tenute in conto di mostruosità.

Coloro che affermano che le uova sterili sono residui delle uova precedentemente prodotte in seguito a copulazione, non dicono il vero: vi sono ormai sufficienti osservazioni relative a giovani galline e oche che hanno deposto uova sterili senza essersi mai accoppiate[6]. La uova sterili sono più piccole, meno gradevoli e più liquide di quelle fecondate, ma vengono prodotte in maggior quantità. Anche se le si pone sotto la femmina, il liquido non si condensa affatto, e sia il giallo sia il bianco rimangono immutati. Molti uccelli depongono uova sterili, ad esempio la gallina, la pernice, la colomba, il pavone, l’oca, il germano reale.

Le uova covate d’estate si schiudono più rapidamente che in inverno: infatti d’estate le galline le fanno schiudere [560a] in diciotto giorni, mentre d’inverno ne occorrono loro talvolta anche venticinque.

Del resto gli uccelli differiscono tra loro anche per la maggiore o minore attitudine alla cova. Se tuona durante la cova, le uova si rovinano.

Le uova che alcuni chiamano kynosoura o «sterili»[7] compaiono più spesso d’estate. Certi poi chiamano le uova sterili «zefirine», perché è in primavera che le femmine degli uccelli recepiscono i venti tiepidi; si ha lo stesso effetto anche quando le si palpa con la mano in un certo modo.

Le uova sterili diventano feconde, e quelle che già risultano da una copulazione mutano dall’uno all’altro genere, se prima che il giallo si sia trasformato in bianco, la femmina che porta le uova sterili oppure quelle concepite per fecondazione riceve il coito di un altro uccello: allora le uova sterili diventano feconde, e quelle feconde preesistenti assumono il genere dell’uccello che ha effettuato il coito per ultimo. Se però la trasformazione nel bianco ha già avuto luogo, non avviene alcun mutamento: né le uova sterili diventano feconde, né quelle concepite per fecondazione assumono il genere del maschio che ha montato per ultimo. E se la copulazione è interrotta quando le uova sono piccole, quelle che già esistono non si accrescono più; ma se la copulazione riprende, le loro dimensioni aumentano rapidamente.

Il giallo e il bianco dell’uovo hanno natura opposta non solo per il colore ma anche per le loro proprietà. Il giallo infatti viene coagulato dal freddo, mentre il bianco non si coagula, anzi tende piuttosto a liquefarsi; sotto l’azione del fuoco il bianco coagula, il giallo no, anzi rimane molle a meno che non venga interamente bruciato, e viene condensato e disseccato più dalla bollitura che dal fuoco vivo.

Il bianco e il giallo sono tenuti separati l’uno dall’altro da una membrana[8]. Le calaze che si trovano alle estremità del giallo non contribuiscono per nulla alla generazione, come alcuni suppongono[9]; sono due, una in basso e una in alto. A proposito del giallo e del bianco, avviene anche [560b] questo: toltine un certo numero dai gusci e versatili in un recipiente, se li si fa cuocere lentamente, a fiamma bassa, tutto il giallo si concentra in mezzo, e il bianco lo avvolge tutto intorno.

Le gallinelle giovani incominciano a deporre uova subito all’inizio della primavera[10], e ne fanno più delle vecchie; le uova delle più giovani, però, risultano più piccole.

In generale, le femmine degli uccelli si consumano e si ammalano se non covano. Dopo l’accoppiamento esse arruffano le piume e si scuotono, e spesso gettano festuche tutto attorno (la stessa cosa fanno talvolta anche dopo la posa), mentre le colombe trascinano al suolo la coda e le oche si tuffano in acqua.

Il concepimento delle uova feconde e la formazione di quelle sterili hanno luogo rapidamente nella maggior parte degli uccelli, per esempio nella pernice quando essa desidera il coito: se infatti sta nel vento del maschio, concepisce e diventa subito inutile alla caccia. Sembra in effetti che la pernice disponga di un notevole olfatto[11].

Lo sviluppo dell’uovo dopo la copulazione, e poi lo sviluppo del giovane uccello dall’uovo concotto[12], non hanno luogo in periodi di tempo uguali per tutti gli uccelli, bensì differiscono secondo le dimensioni dei genitori. L’uovo della gallina si forma e giunge a termine per lo più in dieci giorni dopo l’accoppiamento; l’uovo della colomba in un tempo leggermente minore.

Del resto la colomba può trattenere l’uovo anche quando esso si trova già nella fase dell’espulsione: infatti se le si arreca un qualche fastidio, disturbando il nido o strappandole una piuma o dandole qualche altro motivo di dolore o di inquietudine, essa trattiene e non depone l’uovo che stava per fare. L’accoppiamento dei colombi presenta anche queste peculiari caratteristiche: quando il maschio sta per montare la femmina, essi si beccano a vicenda, senza di che il primo non effettuerebbe il coito; il maschio anziano lo fa all’inizio, poi monta la femmina anche senza averla beccata, mentre i più giovani si accoppiano sempre con questi preliminari. Questo è appunto un comportamento peculiare dei colombi. Inoltre le femmine si montano fra loro, quando non c’è un maschio, beccandosi come fanno i maschi. Pur non eiaculando nulla l’una nell’altra, [561a] tuttavia depongono più uova di quante vengono concepite per fecondazione: da tali uova non nasce alcun pulcino, e sono tutte sterili.

3. Lo sviluppo a partire dall’uovo ha luogo nello stesso modo per tutti gli uccelli, ma, come s’è detto, differiscono i tempi necessari perché esso giunga a compimento.

Nelle galline, dunque, un primo segno[13] compare dopo tre giorni e tre notti; negli uccelli più grandi di queste occorre più tempo, in quelli più piccoli meno.

In questo periodo il giallo viene risalendo verso l’estremità appuntita, là dove si trova il principio dell’uovo e dove esso si schiude, e nel bianco appare il cuore, delle dimensioni di una chiazza sanguigna. Questo punto palpita[14] e si muove come se fosse animato, e da esso si dipartono due condotti venosi pieni di sangue e avvolti a spirale, che si estendono, con l’accrescersi dell’embrione, verso entrambe le tuniche che lo avvolgono[15]. E una membrana provvista di fibre sanguigne racchiude ormai in questa fase il giallo, a partire dai condotti venosi. Poco tempo dopo incomincia a differenziarsi anche il corpo, all’inizio piccolissimo e bianco. Si distingue chiaramente la testa, e in essa gli occhi che sono molto prominenti; questo stato perdura a lungo, perché essi diventano piccoli e si contraggono molto tardi. Nella zona inferiore del corpo non si distingue all’inizio chiaramente alcuna parte, se la si confronta con quella superiore.

Dei condotti che si dipartono dal cuore, l’uno porta alla membrana periferica[16], l’altro verso il giallo, come se fosse un cordone ombelicale. Il pulcino deriva dunque il suo principio dal bianco, l’alimento dal giallo attraverso il cordone ombelicale[17].

Giunto al decimo giorno il pulcino è ormai tutto quanto visibile in ogni sua parte. Esso ha ancora la testa più grande del resto del corpo, e gli occhi più grandi della testa; e tuttora privi della vista. In questo periodo gli occhi sono prominenti, più grandi di una fava e neri; se si asporta la pelle, vi si trova all’interno un liquido bianco e freddo[18], assai risplendente in piena luce, ma nulla di solido. [561b] Tale è dunque la situazione degli occhi e della testa.

In questa fase anche i visceri sono ormai evidenti, sia la regione dello stomaco sia l’insieme degli intestini, e le vene che si vedono diramarsi dal cuore giungono ormai all’altezza dell’ombelico. Dal cordone ombelicale una vena si estende verso la membrana che avvolge il giallo (che dal canto suo in questo momento è fluido e più abbondante di quanto comporti la sua natura), e un’altra verso la membrana che racchiude sia la membrana in cui è contenuto il pulcino, sia quella del giallo, sia il fluido che si trova fra queste[19]. Via via che il pulcino cresce, poco per volta una parte del giallo si sposta in alto, un’altra in basso, e in mezzo resta il fluido bianco; il bianco dell’uovo si trova sotto la parte inferiore del giallo, come lo era fin dall’inizio.

Al decimo giorno il bianco si porta all’estremità, ed è ormai scarso, viscoso, denso e giallastro. Ogni parte si trova così disposta nel modo seguente: in primo luogo, all’estrema periferia presso il guscio c’è la membrana dell’uovo, non quella del guscio ma quella al di sotto di essa[20]. In questa è contenuto un fluido bianco, poi il pulcino, e attorno a esso una membrana che lo isola[21], affinché non sia immerso nel fluido; sotto il pulcino è sito il giallo, a cui porta una delle vene menzionate, mentre l’altra va al bianco circostante. Il tutto è poi avvolto da una membrana che contiene un liquido sieroso[22].

Poi c’è un’altra membrana, che già racchiude lo stesso embrione, come s’è detto, isolandolo dal fluido. Sotto di esso si trova il giallo avvolto in una diversa membrana (quella a cui porta il cordone ombelicale che si diparte dal cuore e dalla grande vena), in modo che l’embrione non sia immerso in nessuno dei due fluidi.

Verso il ventesimo giorno, il pulcino ormai pigola muovendosi all’interno, se lo si tocca dopo aver spezzato il guscio, ed è già coperto di peluria, quando, dopo i venti giorni, ha luogo lo schiudimento dell’uovo. La testa è ripiegata sopra la gamba destra all’altezza del fianco, e l’ala è posta sopra la testa. In questa fase è ben visibile la membrana simile al corion[23], cioè quella che viene dopo la membrana più esterna del guscio e a cui porta uno dei [562a] cordoni ombelicali (e il pulcino si trova allora avvolto tutt’intero in essa), come pure l’altra membrana, anch’essa simile al corion, che sta attorno al giallo e a cui va il secondo cordone; entrambi i cordoni erano connessi al cuore e alla grande vena.

A questo punto il cordone ombelicale che raggiunge il corion esterno cade e si stacca dall’animale[24], mentre quello che porta al giallo è attaccato all’intestino tenue del pulcino: all’interno di questo si trova ormai molto giallo, che si deposita nel suo stomaco. In questa fase il pulcino emette inoltre il residuo in direzione del corion esterno, e ne ha nello stomaco: il residuo emesso all’esterno è bianco, e pure all’interno v’è qualcosa di bianco. Da ultimo il giallo, che è andato sempre diminuendo, finisce per essere del tutto consumato e assorbito nel pulcino, tanto che, se si seziona il pulcino dopo ben dieci giorni dall’uscita dall’uovo, si trova ancora un poco di giallo rimasto attaccato all’intestino; però è separato dal cordone ombelicale e non ve n’è più nel tratto intermedio, perché è stato interamente consumato.

Nel periodo di cui s’è detto prima, il pulcino dorme, ma se viene scosso si sveglia, guarda e pigola; e il cuore pulsa insieme con il cordone ombelicale come se respirasse[25]. Lo sviluppo degli uccelli a partire dall’uovo presenta dunque questi caratteri.

Gli uccelli depongono alcune uova sterili anche fra quelle che risultano da una copulazione, e da esse, nonostante la cova, non nasce prole alcuna: questo si può osservare soprattutto nei colombi.

Le uova gemelle presentano due tuorli; in certi casi vi è un sottile diaframma di bianco per evitare che i gialli si saldino fra loro, mentre in altri questo diaframma manca e i gialli sono in contatto. Vi sono certe galline che fanno solo uova gemelle, ed è nel loro caso che sono state condotte le osservazioni su ciò che accade nel tuorlo. Una di esse depose diciotto uova e ne fece nascere dei gemelli, tranne che da quelle che risultarono sterili; le altre comunque erano feconde, a parte il fatto che uno dei gemelli [562b] era più grande e l’altro più piccolo, mentre l’ultimo uovo conteneva un mostro[26].

De generatione animalium
a cura di Diego Lanza

III, 749b-754a

Negli uccelli si formano anche prodotti spontanei[27], che sono chiamati da alcuni «ventosi» e «di zefiro»[28]. Essi si [749b] hanno negli uccelli che non volano e non hanno le unghie ricurve, ma sono prolifici, perché sono dovuti all’abbondanza del residuo (negli uccelli dalle unghie ricurve invece siffatta secrezione è volta alle ali e alle piume, e il loro corpo è piccolo, asciutto e caldo) e perché la secrezione mestruale e lo sperma sono un residuo. Dal momento che anche la natura delle piume e quella del seme provengono da un’eccedenza, la natura non può contribuire cospicuamente a entrambi. Per questa stessa causa gli uccelli con unghie ricurve non si montano frequentemente, né sono prolifici, mentre lo sono quelli pesanti e, di quanti volano, quelli che hanno un corpo massiccio, come il colombo e gli altri siffatti.

Negli uccelli pesanti e che non volano, come nei polli, nelle pernici e in tutti gli altri di questo tipo, siffatto residuo si produce abbondantemente; per questo i maschi sono propensi al coito e le femmine emettono abbondante materia. Alcuni di siffatti uccelli depongono molte uova, altri di frequente: molte la gallina per esempio, la pernice e lo struzzo, mentre i colombidi non ne depongono molte, ma frequentemente. E ciò perché essi si trovano tra gli uccelli con unghie ricurve e quelli pesanti: sono infatti in grado di volare come quelli a unghie ricurve, ma sono massicci di corpo come quelli pesanti. Di conseguenza: poiché sono volatili e il residuo è volto qui, depongono poche uova, ma ne depongono spesso sia a causa della massa corporea, sia perché hanno lo stomaco caldo e molto atto a operare la cozione, e oltre a ciò per la facilità di procurarsi l’alimento, mentre gli uccelli a unghie ricurve hanno difficoltà[29]. Anche gli uccelli di piccole dimensioni, come talvolta anche le piccole piante, sono propensi al coito e prolifici. Ciò perché quello che servirebbe all’accrescimento del corpo diventa residuo seminale. Perciò le galline adriatiche sono molto feconde: per la piccolezza del corpo l’alimento è destinato alla deposizione delle uova. E le galline comuni sono più prolifiche di quelle di razza perché il loro corpo è più umido e massiccio, mentre quello delle altre più magro e asciutto; l’aggressività della razza si produce più in questo tipo di corpi.

Inoltre anche la sottigliezza e la debolezza delle gambe concorre a che la natura di questi uccelli sia propensa al coito e prolifica, come è per gli uomini: l’alimento destinato [750a] agli arti è volto in costoro in residuo seminale, perché ciò che la natura toglie di là aggiunge qui.

Che negli esseri prolifici l’alimento si volga in seme è chiaro da ciò che accade. La maggior parte degli alberi che hanno prodotto troppi frutti dopo aver fruttificato si disseccano, se non è rimasto alimento per il corpo; e le piante annuali, come per esempio le leguminose, il frumento e le altre siffatte, sembrano subire lo stesso processo: riconvertono nel seme tutto l’alimento, perché il loro genere è ricco di semi.

Anche alcune galline che hanno deposto troppe uova, persino due al giorno, dopo questa ricca produzione muoiono.

Sia gli uccelli sia le piante sono completamente consumati e questa affezione consiste nell’eccesso di escrezione del residuo.

Siffatta affezione è anche causa della tardiva sterilità della leonessa: dapprima essa partorisce cinque o sei cuccioli, poi, nell’anno successivo, quattro, successivamente tre e quindi il numero successivo fino a uno, e poi nessuno, come se ci fosse sottrazione del residuo, e se col declinare dell’età si consumasse anche il seme.

[750b] Si è dunque detto in quali uccelli si producano le uova sterili e anche quali di essi siano prolifici, quali poco prolifici e per quali cause.

Le uova sterili si formano, si è anche già detto, perché nella femmina è presente la materia seminale, ma negli uccelli non si produce la secrezione mestruale come nei sanguigni vivipari. In tutti questi si produce, in alcuni più, in altri meno, in altri ancora in quantità tale da costituire un semplice segno.

Non vi è omogeneità tra i pesci come non vi è per gli uccelli: per questo in essi come negli uccelli vi è, senza copula, una formazione di prodotti, però è meno evidente, perché la loro natura è più fredda.

La secrezione mestruale che si ha nei vivipari si concentra negli uccelli nei tempi adatti al residuo, e poiché la regione in corrispondenza del diaframma è calda arriva a compiutezza per quanto riguarda le dimensioni, ma agli effetti della riproduzione senza il seme del maschio sono incompiute sia queste uova sia ugualmente quelle dei pesci.

La causa di ciò è già stata trattata. Gli uccelli che volano non hanno uova sterili per la stessa causa per la quale non sono neppure multipari: il residuo degli uccelli dalle unghie ricurve è scarso ed essi necessitano del maschio che ecciti l’escrezione del residuo. Le uova sterili si producono più abbondantemente di quelle feconde e sono più piccole di dimensione per una sola e identica causa: poiché sono incompiute sono di dimensione più piccola, e poiché sono di dimensione più piccola sono in maggior numero. Sono anche meno dolci perché sono meno cotte, e in tutte le cose ciò che è cotto è più dolce[30].

Si è dunque osservato a sufficienza che né le uova degli uccelli né quelle dei pesci giungono a compimento agli effetti della riproduzione senza i maschi, ma sul formarsi anche nei pesci di prodotti senza i maschi non si è ugualmente certi; si è visto che questo accade soprattutto per i pesci di fiume: alcuni infatti risultano avere uova direttamente, come si è scritto di loro in Historia animalium.

In generale, almeno tra gli uccelli, neppure le uova che si formano per mezzo della copula sono per lo più atte a conseguire un accrescimento, se l’uccello non subisce continuamente il coito. La causa di ciò è che, come per le donne la frequentazione dei maschi provoca la secrezione delle regole femminili (l’utero riscaldato infatti attira l’umidità e [751a] l’imboccatura dei condotti si apre), così accade anche per gli uccelli in cui il residuo mestruale avanza a poco a poco. Esso non è secreto esternamente perché è scarso e perché l’utero è posto in alto, in corrispondenza del diaframma. Tuttavia si raccoglie proprio nell’utero. E questo, che scorre per l’utero, a far crescere l’uovo, come gli embrioni dei vivipari si accrescono per mezzo del cordone ombelicale, poiché quando gli uccelli hanno subito una volta il coito, tutti quasi sempre continuano ad avere uova, ma molto piccole. Per questo alcuni sono soliti dire delle uova sterili che non si producono da sé, ma sono resti di una precedente copula. Ma ciò è falso: si è constatato sufficientemente sia per la gallina sia per l’oca giovani che si sono prodotte uova sterili senza coito. Inoltre le pernici femmine, condotte alla caccia, avendo odorato il maschio e avendo udito la sua voce, quelle non ancora montate si impregnano, quelle montate depongono immediatamente le uova. La causa di questo fenomeno è la stessa di quella che agisce sugli uomini e sui quadrupedi: quando il corpo si trova inturgidito in vista del coito o per qualche cosa che si vede o per un piccolo toccamento emette lo sperma. Ora siffatto tipo di uccelli è per natura propenso al coito e ricco di sperma. Tanto che occorre solo un piccolo impulso quando si trovano in stato di turgore e immediatamente si produce in essi il processo escretivo. Di conseguenza in quelli non montati si formano uova sterili, in quelli montati le uova crescono e giungono rapidamente a compimento[31].

Tra gli animali che sono esternamente ovipari gli uccelli emettono le uova compiute, i pesci incompiute, e che conseguono il loro accrescimento esternamente, come anche si è già detto. Ne è causa il fatto che il genere dei pesci è prolifico; è quindi impossibile che molte uova conseguano internamente la loro compiutezza, per questo sono deposte esternamente. L’emissione è rapida perché l’utero dei pesci esternamente ovipari si trova in corrispondenza dei genitali.

Le uova degli uccelli sono di due colori, quelle di tutti i pesci di un solo colore. Si può vedere la causa dei due colori nella potenzialità di ciascuna delle due parti, del bianco e del giallo. La secrezione ha origine dal sangue e si è già detto spesso che il sangue è materia dei corpi. Una parte dell’uovo, [751b] quella calda, è dunque più vicina alla forma degli esseri in formazione, quella più terrosa invece procura la consistenza del corpo ed è più lontana. Per questo in tutte le uova di due colori l’animale si procura dal bianco il principio generativo (perché il principio animatore si trova nel caldo), e l’alimento dal giallo.

Negli animali di natura più calda dunque la parte dalla quale ha origine il principio e quella da cui si trae l’alimento sono distinte e separate: l’una è il bianco, l’altra è il giallo, ed è sempre più abbondante la parte bianca e pura di quella gialla e terrosa. Invece negli animali meno caldi e più umidi il giallo è più abbondante e più fluido. Ciò accade anche negli uccelli palustri: essi sono effettivamente più umidi e più freddi per natura degli uccelli terrestri, così che anche le loro uova contengono in abbondanza il cosiddetto tuorlo[32] che è meno giallo per la minore separazione dal bianco.

Gli ovipari infine che sono di natura fredda e inoltre piuttosto umidi (e siffatto è il genere dei pesci) non hanno il bianco neppure distinto, sia per la piccolezza delle uova, sia per la quantità della parte fredda e terrosa. Per questo tutte le uova dei pesci diventano di un unico colore e paiono bianche se confrontate col giallo e gialle se confrontate col bianco. Le uova degli uccelli invece, anche quelle sterili, mantengono questa doppia colorazione perché posseggono ciò da cui proviene ciascuna delle due parti, sia donde proviene il principio, sia donde proviene l’alimento, ma esse sono incompiute e abbisognano del maschio. Le uova sterili diventano infatti feconde se in un tempo determinato l’uccello femmina si accoppia col maschio. Non è invece possibile che la causa del doppio colore siano il maschio e la femmina (cioè che il bianco venga dal maschio e il giallo dalla femmina); entrambi i colori hanno origine dalla femmina, l’uno però è freddo l’altro caldo. In tutte le uova in cui è abbondante, la parte calda si separa, in quante invece è scarsa non può; per questo i prodotti del concepimento di siffatti animali sono, come si è detto, di un solo colore. Lo sperma invece compie solo l’azione di coagulare. Per questo il prodotto del concepimento degli uccelli dapprima appare bianco e piccolo, procedendo tutto giallo, perché vi si mescola sempre più sostanza sanguigna, alla fine poi, separandosi la parte calda, il bianco si dispone tutto in cerchio attorno omogeneamente da tutte le parti, come un liquido che bolle. [752a] Il bianco è infatti di natura fluida e ha in sé il calore che anima. Perciò si dispone separatamente in circolo, mentre la parte gialla e terrosa sta all’interno. Anche se si versano molte uova insieme in una sacca o in qualche cosa di simile e le si cuoce a un fuoco che non acceleri l’impulso della parte calda più del processo di separazione interno alle uova, come in un sol uovo, l’insieme di tutte le uova avrà il giallo nel mezzo e il bianco in giro. Si è dunque spiegato perché alcune uova sono di un colore solo, altre di due colori.

2. Nelle uova è distinto il principio del maschio col quale l’uovo aderisce all’utero; l’uovo a due colori diventa dunque asimmetrico e non completamente arrotondato, ma più appuntito da una parte perché il bianco in cui sta il principio deve essere differenziato. Perciò da questa parte l’uovo è più duro che in basso, perché deve avvolgere e proteggere il principio. Per questa ragione la punta dell’uovo esce per ultima: esce per ultima la parte che aderisce, l’uovo aderisce con la parte dove sta il principio e il principio sta nella parte appuntita. Lo stesso è nei semi delle piante, perché il principio del seme è attaccato in alcuni casi al ramo, in altri al guscio, in altri ancora al pericarpo. Questo è chiaro nel caso dei legumi: è attaccato dove è saldata la doppia valva delle fave e di altri semi siffatti, e lì è il principio del seme.

Sull’accrescimento delle uova ci si può chiedere in che modo esso avviene dall’utero. Se infatti gli animali si procurano l’alimento per mezzo del cordone ombelicale, le uova per mezzo di che cosa se lo procurano, dal momento che esse non conseguono l’accrescimento da sé stesse, come le larve? Se vi è qualcosa che permette l’adesione, in che cosa si trasforma, una volta compiuto l’uovo? Non esce insieme con l’uovo, come il cordone ombelicale insieme con l’animale, perché quando l’uovo è compiuto si forma tutt’attorno il guscio. Orbene, quanto è stato detto è correttamente fatto oggetto di una ricerca. Tuttavia non ci si accorge che ciò che diventa guscio è in principio una membrana molle, e compitosi l’uovo diventa duro e secco in modo tanto tempestivo che esce ancora molle (procurerebbe altrimenti sofferenza a deporlo) e appena uscito, raffreddatosi si consolida, perché l’umido evapora velocemente data la sua scarsezza e rimane l’elemento terroso. [752b]

Una parte di questa membrana dapprima assomiglia, nella parte appuntita, a un cordone ombelicale e sporge quando l’uovo è ancora piccolo a guisa di una canna di zampogna. Ciò risulta chiaramente nell’espulsione delle uova piccole: se l’uccello o per essersi bagnato o perché raffreddato per qualche altra ragione espelle il prodotto del concepimento, questo risulta ancora sanguinolento e attraversato da una piccola appendice simile a un cordone ombelicale[33]. Questa, quando l’uovo si ingrandisce, si tende maggiormente e si rimpicciolisce, finché al termine, quando l’uovo è compiuto, costituisce la parte appuntita dell’uovo. Sotto di questo c’è la membrana interna che separa da questo il bianco e il giallo. Compiutosi però l’uovo si libera tutto intero e logicamente il cordone ombelicale non appare più, perché è la punta della stessa estremità dell’uovo.

L’uscita delle uova avviene al contrario di quella degli animali partoriti vivi: per questi avviene per la testa e il principio, mentre l’uscita dell’uovo è come fosse per i piedi. Ma la causa di questo fatto è ciò che si è detto, che cioè esso aderisce per il principio.

La nascita dall’uovo si ha per gli uccelli perché la femmina cova l’uovo e contribuisce a operare la cozione. L’animale si forma da una parte dell’uovo e ricava i mezzi del proprio accrescimento e compimento dalla restante parte, perché la natura dispone insieme nell’uovo sia la materia dell’animale, sia l’alimento sufficiente alla sua crescita. Dal momento che l’uccello non può portare a compimento la prole dentro di sé, produce nell’uovo anche l’alimento. Mentre per gli animali partoriti vivi l’alimento si produce in un’altra parte (il latte nelle mammelle), per gli uccelli la natura lo produce nelle uova. È tuttavia l’opposto di ciò che ritengono gli uomini e afferma Alcmeone di Crotone: il latte non è costituito dal bianco, ma dal giallo, ed è questo l’alimento dei pulcini. Essi invece ritengono che sia il bianco per la rassomiglianza del colore[34].

Il piccolo dunque nasce quando, come si è detto, l’uccello lo cova. Nondimeno anche quando la stagione è temperata o soleggiato il luogo in cui si trovano deposte, sia le uova degli uccelli sia quelle dei quadrupedi ovipari giungono a cozione. Tutti questi depongono le uova al suolo ed esse giungono a cozione per effetto del calore della terra; quanti poi dei quadrupedi ovipari sono soliti covare, lo fanno soprattutto a scopo di difesa.

Le uova dei quadrupedi si producono nello stesso modo [753a] di quelle degli uccelli: sono di guscio duro e di due colori, si formano, come quelle degli uccelli, in corrispondenza del diaframma e presentano internamente ed esternamente gli stessi caratteri di quelle, sì che la stessa dottrina serve a spiegare le cause di tutte. Ma le uova dei quadrupedi, grazie alla loro resistenza, giungono a cozione anche per effetto della stagione, mentre le uova degli uccelli sono più deperibili e abbisognano della madre.

Sembra anche che la natura tenda a provvedere gli animali di un senso di cura per i figli: negli animali inferiori questo è presente solo fino alla produzione della prole, in altri anche fino al suo compimento, in quelli più intelligenti fino al loro allevamento, in quelli poi che partecipano di più della intelligenza, come negli uomini e in alcuni quadrupedi, anche nei riguardi dei figli adulti si ha un rapporto di affinità e di affetto. Negli uccelli questo si ha fino alla nascita e alla prima nutrizione.

Per questo le femmine quando hanno deposto le uova e non le covano, stanno male, come se fossero private di qualche cosa di innato.

Nelle uova gli animali giungono più velocemente a compimento nella stagione soleggiata, perché il tempo concorre in quanto anche la cozione è prerogativa del calore. Sia la terra concorre alla cozione grazie al suo calore, sia l’animale che cova fa la stessa cosa: trasmette il calore che ha in sé. Ma logicamente è durante la stagione calda che le uova si corrompono e si formano le cosiddette sterili: come anche i vini nella stagione calda si inacidiscono per il rimescolamento della feccia (perché è questa la causa del corrompimento), così anche nelle uova avviene per il tuorlo. Essi rappresentano in entrambi i casi l’elemento terroso, perciò il vino è intorbidito per il rimescolamento della feccia, le uova che si corrompono per quello del tuorlo.

È logico che questo accada agli uccelli multipari, perché non è facile conferire a tutte le uova un riscaldamento conveniente, ma in alcune ce n’è difetto, in altre eccesso, e esse sono intorbidite come se andassero in putrefazione. Nondimeno questo accade anche agli uccelli con unghie ricurve che depongono poche uova. Spesso infatti anche quando sono due uno diventa sterile, e pressoché sempre quando sono tre. Essendo infatti questi animali caldi per natura producono un effetto come di bollore nel fluido delle uova. Il giallo e il bianco posseggono nature opposte. [753b] Il giallo si rassoda al freddo, ma riscaldato si liquefa, perciò si liquefa quando subisce una cozione, sia nella terra sia per effetto della cova, ed essendo siffatto diventa alimento per l’animale in formazione. Sottoposto al fuoco e alla cottura non si fa duro perché è di natura terrosa così come la cera. Per questo riscaldandosi maggiormente acquista sierosità dal residuo umido e diventa sieroso.

Il bianco invece sotto l’effetto del freddo non si rassoda, ma si liquefa maggiormente (la causa è stata spiegata prima), mentre sottoposto al calore diventa solido, perciò soggetto alla cozione della riproduzione animale si ispessisce. Da esso prende consistenza l’animale, mentre il giallo diventa alimento e da esso provengono i mezzi per l’accrescimento delle parti che si continuano a formare. Per questo il bianco e il giallo sono tenuti distinti da membrane, in quanto hanno diversa natura. Per i particolari più precisi sul modo in cui essi sono reciprocamente disposti all’inizio del processo riproduttivo e nel corso dello sviluppo dell’animale e anche sulle membrane e sui cordoni ombelicali, si deve osservare quanto è descritto nelle Ricerche[35]. Per la presente indagine basta che risulti chiaramente che, costituitosi per primo il cuore e a partire da esso la grande vena, due cordoni ombelicali si tendono dalla vena: l’uno verso la membrana che avvolge il giallo, l’altro alla membrana simile a corion che avvolge tutt’attorno l’animale, e questo è disposto intorno, sotto la membrana del guscio. Per mezzo di uno di essi l’animale riceve l’alimento dal giallo, il giallo infatti diventa più abbondante perché, riscaldandosi, si fa più liquido. Come per le piante, in effetti occorre che l’alimento, pur avendo consistenza corporea, sia fluido, e sia gli animali che si formano nelle uova sia quelli che si formano in altri animali vivono in un primo tempo la vita di una pianta, perché stando attaccati ricevono da un altro essere il primo accrescimento e l’alimento.

L’altro cordone ombelicale si tende verso il corion avvolgente. Si deve supporre che tra gli animali che nascono dalle uova e il giallo c’è lo stesso rapporto che esiste tra gli embrioni dei vivipari, quando si trovano nella madre, e la madre (poiché infatti gli animali che nascono dalle uova non sono nutriti compiutamente nella madre, ricevono una parte di questa) e il rapporto dei primi con la membrana esterna sanguigna è come quello dei secondi con l’utero.

Nello stesso tempo intorno al giallo e al corion, che è l’analogo [754a] dell’utero, sta il guscio dell’uovo, come se si avvolgesse lo stesso embrione e tutta la madre. Le cose stanno così perché l’embrione deve stare nell’utero e in rapporto con la madre. Ora, mentre nei vivipari l’utero è posto nella madre, negli ovipari al contrario è come se si dicesse che è la madre nell’utero. Perché ciò che si produce dalla madre, cioè l’alimento, è costituito dal giallo. E causa di questo è il fatto che l’alimentazione completa non avviene nella madre.

Nel corso della crescita, prima cade il cordone ombelicale diretto al corion perché da questa parte deve uscire l’animale, successivamente la parte restante di giallo e il cordone teso verso il giallo, perché il nato deve ricevere immediatamente alimento, dato che né poppa dalla madre, né può procurarsi subito da sé l’alimento; perciò il giallo con il cordone ombelicale si dispone all’interno e attorno sta la carne.

Gli animali che nascono esternamente da uova compiute nascono in questo modo sia nel caso degli uccelli sia nel caso dei quadrupedi che depongono uova dal guscio duro. Tutte queste cose sono distinguibili più chiaramente negli animali di maggiori dimensioni, mentre nei più piccoli sono confuse per la minutezza dei corpi.




[1] Nel linguaggio aristotelico il «giallo» corrisponde all’incirca al tuorlo, il «bianco» all’albume.

[2] S’intende del guscio.

[3] Questa opinione, scarsamente fondata, fu rîfiutata da Plinio X,74 ma condivisa da Avicenna e da Alberto Magno (che scrive: «hoc concordat cum experientia, quam nos in ovis experti sumus, et cum ratione»).

[4] Per questa interpretazione cfr. de Generatione Animalium, 739b 6-8.

[5] Neottòs, che significa propriamente «pulcino», vale qui, secondo Schneider, III, 407, seguito da tutti i traduttori, «vitello», cioè tuorlo.

[6] L’osservazione è importante perché costituisce una significativa eccezione alla convinzione aristotelica che le uova siano prodotte normalmente in séguito a copulazione.

[7] Kinòsoura (letteralmente «urina di cane» o «coda di cane») e oùria («sterili», forse anche «sierose»), sono sinonimi, probabilmente dialettali, del termine hypēnémia che designa normalmente in Aristotele le uova sterili. Un’altra variante di questo termine (che vale letteralmente «subventanea») è lo «zefirine» citato qui di séguito: anch’esso si riferisce alla credenza popolare sulla fecondazione degli uccelli mediante i soffi vitali dei venti caldi (Plinio X,80 chiarisce infatti: «Quidam et vento putant ea generari: qua de causa etiam Zephyria appellantur»).

[8] La membrana vitellina.

[9] Le calaze, che si trovano ai poli dell’albume e sono formate da albume più denso, non hanno infatti alcuna funzione generativa.

[10] Seguo l’interpretazione di Schneider: «gallinarum novellarum partus primus ineunte statim vere est».

[11] Con il quale percepisce l’odore del maschio (Schneider: «si afflatur vento a mare veniente, concipit»). Il riferimento alla caccia deriva dal fatto che le femmine venivano usate come richiamo.

[12] Cioè sottoposto a incubazione, covato sì da farlo maturare.

[13] Dell’embrione. La fonte aristotelica per quanto riguarda i metodi di osservazione dello sviluppo dell’uovo di pollo e il principio di comparabilità fra questo e l’embrione dei vivipari è costituita dal cap. 29 del de Natura pueri, un importantissimo trattato pseudoippocratico (e attribuibile forse a Polibo), in cui va ravvisata l’origine dell’embriologia scientifica.

[14] Il «punctum saliens» dell’anatomia antica e rinascimentale. Malpighi scorse i primi battiti del cuore 40 ore dopo l’inizio dell’incubazione. Questa priorità embriologica del cuore rappresentava, per la scienza antica e per Aristotele, uno dei principali argomenti in favore dell’attribuzione a tale organo di un ruolo fisiologico centrale. Sullo sviluppo dell’embrione, cfr. de Gen. An., 739b 33 segg. e II, 6.

[15] Questi chitōnes sono probabilmente l’allantoide e l’amnio. I condotti sono 1) le arterie e vene ombelicali dell’allantoide, e 2) le arterie e vene vitelline che attraverso il cordone ombelicale raggiungono il sacco del tuorlo (la «membrana provvista di fibre sanguigne» che avvolge il giallo).

[16] Chòrion: il nome di questo annesso embrionale è tuttora corion (o sierosa). È probabile che Aristotele non l’abbia nettamente distinto dall’allantoide, che si sviluppa presso il guscio.

[17] Sulla base della corretta osservazione del rapporto fra embrione, cordone ombelicale e tuorlo, Aristotele può così rifiutare l’opinione di Alcmeone (cfr. de Gen. An., 752b 24 segg.) e del de Natura pueri che attribuivano all’albume la funzione nutritiva. L’idea che in esso consiste invece il «principio» dell’embrione viene probabilmente ad Aristotele dal fatto che l’embrione stesso si sviluppa a partire dalla periferia del tuorlo verso la zona occupata dall’albume.

[18] Il cristallino.

[19] Le due «vene» sono sempre, nell’ordine, i vasi vitellini (che vanno al sacco del tuorlo) e quelli ombelicali (che vanno all’allantoide). La membrana che avvolge embrione, amnio, liquido amniotico e sacco del tuorlo è il corion, probabilmente non ben distinto dall’allantoide.

[20] Cioè non la membrana testacea, ma il corion e l’allantoide.

[21] L’amnio e il liquido amniotico.

[22] Appunto la sierosa o corion, con il contiguo allantoide. Di séguito sono citati l’amnio e il sacco del tuorlo. Questo passo è considerato una ripetizione da molti commentatori. In effetti Aristotele è impacciato, nel descrivere strutture che egli ha pur riconosciuto chiaramente, per la mancanza di un linguaggio specializzato che appunto eviti ripetizioni e continui, faticosi chiarimenti.

[23] Chorioeidēs. Si tratta del corion-allantoide; Aristotele dice «simile al corion» forse perché questo termine viene da lui più specificamente usato per gli animali vivipari (cfr. de Gen. An., 739b 30-33). La «membrana più esterna del guscio» non è l’allantoide, come intende Louis, ma la membrana testacea.

[24] L’allantoide assicura in effetti in una prima fase la respirazione dell’embrione, che a questo punto può essere assicurata dall’embrione stesso.

[25] L’osservazione è esatta. La pulsazione è quella delle arterie e vene ombelicali, che raggiungono l’allantoide il quale è dotato, come si è detto, di funzioni respiratorie. Su questo punto Aristotele dipende dall’ippocratico de Natura Pueri. Nel de Gen. An. invece viene negata la respirazione dell’embrione (cfr. 741b 37 segg.).

[26] Cioè un pulcino con quattro zampe e quattro ali (perché i tuorli non erano divisi): cfr. de Gen. An., 770a 18-23.

[27] Kyēmata autòmata. Kýma indica normalmente il prodotto del concepimento. Anche Michele Efesio (131, 3) rileva l’uso qui fatto da Aristotele: «credo importante far notare che chiama kyemata non solo le uova feconde, ma anche quelle sterili».

[28] Ypēnémia kài zephýria. Sembra sicuro che cosa sia indicato con questi nomi: l’uovo deposto senza essere fecondato e che quindi non dà séguito a prole.

[29] Aristotele divide qui gli uccelli in due gruppi fondamentali: quelli pesanti (baréa), che stentano a volare, e quelli dalle unghie ricurve (gampsōnycha). Questa seconda è una determinazione morfologica che indica sostanzialmente i rapaci. Si preferisce mantenerla perché la divisione aristotelica non pretende qui di valere come criterio classificatorio. In mezzo a essi, come genere intermedio, Aristotele pone i colombidi (peristerōdē) che hanno alcune caratteristiche dei primi e alcune dei secondi.

[30] Tutte queste determinazioni sulle uova sterili appaiono essere dedotte teoricamente, sia quelle relative alle dimensioni, sia quelle relative al grado di dolcezza. Lo stesso è tuttavia affermato da Ippocrate (Le arie, le acque e i luoghi  8) a proposito dei cibi cotti.

[31] Il confronto diventa comprensibile se si ricorda che il flusso mestruale e il suo analogo negli uccelli (materia esclusiva delle uova sterili) è il corrispondente dello sperma nelle femmine.

[32] Lékithos, che era evidentemente termine popolare. Aristotele capovolge quanto creduto fino al suo tempo a partire da Alcmeone che cioè l’embrione provenisse dal giallo e il bianco fosse soltanto protezione e nutrimento.

[33] Stòlon omphalōdē. Si tratta della calaza.

[34] Oltre che di Alcmeone questa dottrina era anche di Anassagora (59 B 22 DK) e si ritrova nello pseudoippocratico De natura pueri 29-30. Qui però la corrispondenza non è stabilita su una semplice analogia cromatica, quanto sull’analogia funzionale tra l’embrione del viviparo e l’uovo, e con l’individuazione nell’uovo parzialmente covato della parte corrispondente al cordone ombelicale. L’autore ippocratico, dopo aver consigliato l’esperimento di rompere per venti giorni consecutivi un uovo al giorno della stessa covata, annota che «chi non ha ancora osservato questo si meraviglierà che in un uovo di uccello vi sia un cordone ombelicale». Che Aristotele abbia ben presente questo trattato risulta oltre che da questo anche da molti altri passi.

[35] Cfr. Historia animalium VI,3. Aristotele riprende qui solo una parte di quella descrizione assai più accurata. In particolare, interessandosi dei cordoni ombelicali, tralascia una più precisa descrizione delle membrane. I dati qui ripetuti, seppur semplificati, non sono però in contrasto con quanto detto nella Historia.