Harveypullus
Il Pulcino di William Harvey


12° esercizio - Le rimanenti parti dell'uovo

L'asterisco * indica che la voce è presente nel lessico

[225] EXERCITATIO DUODECIMA.
De reliquis ovi partibus.

12° esercizio
Le rimanenti parti dell'uovo

UBI autem, quando, et quomodo reliquae ovi partes generentur, in historia uteri partim iam diximus; partimque postea, ubi de earum utilitatibus agetur, dicemus.

Dove, quando e come si generano le rimanenti parti dell'uovo l'ho già detto in parte nella descrizione dell'utero, e in parte lo dirò successivamente quando si tratterà circa le loro utilità.

Albumen, inquit Fabricius[1], ovi albus liquor, Plinio; ovi candidum, Celso; ovi albor, Palladio; ovi album et albamentum, Apicio; Graece λευκὸν; ab Aristotele ὠοῦ λεύκωμα; ab Anaxagora, ὄρνιθος γάλα, lac avium dicitur. Estque ovi liquor frigidus, lentus, albus, varius crassitie (nam ad obtusam, acutamque ovi partem liquidius, in aliis partibus crassius visitur); et copia (copiosior enim est ad obtusam ovi partem, minus ad acutam, et adhuc minus in caetera ovi parte) vitellum undique obtegens et cingens.

Fabrizi* dice: «L'albume per Plinio è ovi albus liquor - liquido bianco dell'uovo, ovi candidum per Celso*, ovi albor per Palladio*, ovi album e albamentum per Apicio*. In greco viene detto leukón; da Aristotele øoû leúkøma - bianco dell'uovo; da Anassagora* è detto órnithos gála - latte di gallina, latte degli uccelli. Quello dell'uovo è un liquido freddo, viscoso, bianco, variabile per densità (infatti verso la parte ottusa e acuta dell'uovo è più liquido, nelle altre parti appare più denso); e per quantità (infatti è più abbondante verso la parte ottusa dell'uovo, meno verso quella acuta, e ancora meno nella rimanente parte dell'uovo) ricopre e circonda il tuorlo da tutte le parti.»

Ego vero in ovo gallinaceo non modo varium albumen observavi, sed etiam duplex; utrumque propria membrana involutum: alterum tenuius, liquidius, et eiusdem ferme consistentiae cum humore illo, quem ex uteri plicis manantem, albuminis materiam et nutrimentum diximus; alterum albumen est crassius, et viscosius, pauloque magis ad albedinem vergens; in vetustioribus autem et requietis ovis, post aliquot dierum incubationem, subflavescens. Ut secundum hoc albumen vitellum undique obtegit, ita liquor ille exterior ipsum circumambit. Bina haec albumina distincta esse, vel hinc constat: Si, ablato cortice, membranam utramque proximam penetraveris, videbis alborem liquidum et exteriorem protinus effluere; iisdemque membranis hinc inde in patinam reclinatis, interius tamen et crassius albumen locum et figuram suam globosam servat; utpote membrana propria, tenuique adeo ut visum prorsus effugiat, [226] terminatum; hanc autem si secueris, secundum albumen illico huc illuc sparsum effluit, et figuram rotundam amittit; perinde atque e vesica secta humor in ea servatus prorumpit; et disrupta propria vitelli membrana, liquor croceus egreditur, et globositas pristina subsidit.

In verità in un uovo di gallina non solo ho osservato un albume di diverso colore, ma anche duplice, ciascuno avvolto dalla propria membrana. Uno è più tenue, più liquido e quasi della stessa consistenza di quel liquido che scaturisce dalle pliche dell'utero e che ho detto essere la materia dell'albume e il nutrimento. L'altro è un albume più denso e viscoso, e tendente un po' di più al colore bianco, ma che in uova più vecchie e non fresche dopo un'incubazione di alcuni giorni è giallo pallido. Come questo secondo albume circonda completamente il tuorlo, così lo circonda quel liquido più esterno. Che questi due albumi siano distinti risulta anche da questo: se, dopo aver tolto il guscio, avrai penetrato le due membrane tra loro vicine, vedrai il biancore liquido e più esterno defluire immediatamente, e dopo aver disteso per bene in un piatto queste membrane, tuttavia l'albume più interno e più denso conserva la sua posizione e la sua forma globosa, siccome è delimitato da una membrana propria e a tal punto sottile da quasi sfuggire alla vista. Se taglierai questa membrana, il secondo albume diffusamente sparso defluisce e perde l'aspetto rotondo, così come anche da una vescica tagliata fuoriesce con forza il liquido in essa contenuto. E quando la membrana propria del tuorlo è stata rotta, il liquido color zafferano fuoriesce e la primitiva globosità si appiattisce.

Vitellus, ait Fabricius[2], a vita dicitur, quod eo vivat pullus; dicitur quoque a colore, ovi luteum: Graece, χρυσὸν; Hippocrati, χλωρὸν; Aristoteli, ὠχρὸν, et λέκιθον: Antiqui, ut Suidas ex Menandro, νεοττν, id est, pullum appellarunt; quod existimarent ex ea ovi parte pullum nasci. Est ovi liquor mollissimus, tenuissima membrana obductus, qua abrupta effluit, neque amplius in se constans detineur; in medio ovi consistens; colore modo luteo, modo inter flavum et pallidum medio; perfecte rotundus; magnitudine varius, pro pennatorum magnitudinis varietate, palustria enim plus lutei, terrestria plus albi habere scribit Aristoteles[3]. Hoc eodem auctore, luteum ovorum atque albumen contrariam naturam obtinent; non solum colore, sed etiam potestate. Luteum enim a  frigore densatur; albumen non densatur, sed magis liquescit. Contra ab igni spissatur albumen, luteum non spissatur, sed molle permanet, nisi peruratur. Et elixando, quam assando, plus concrescit, atque siccatur. Et quemadmodum in mundo maiore, terra in centro posita, aqua et aere circundatur; ita pariter vitellus, ovi pars terrestrior, duobus albuminibus, crassiore et tenuiore, ambitur. Imo vero teste Aristotele[4], si quis vitellos atque albumina multa exempta, inque patinam indita commiscuerit, atque elixarit igne molliore remissioreque; lutea tota massa in medium coit orbiculare, alba autem huic circumfunditur. Medici autem plurimi albumen esse partem ovi frigidiorem statuunt. Sed de his posthaec plura.

Fabrizi dice: «Il vitello - o tuorlo - viene denominato dalla vita, in quanto grazie a lui vive il pulcino. Per il colore è anche detto giallo dell'uovo: in greco suona chrysós - oro, per Ippocrate chløròs - verdegiallo, per Aristotele øchròs - giallo - e lékithos - purè di legumi. Gli antichi, come il lessico Suida* che lo trae da Menandro*, lo chiamarono neottós - piccolo di uccello, cioè, pulcino, in quanto pensavano che il pulcino nascesse da quella parte dell'uovo. Il tuorlo è un liquido dell'uovo molto molle avvolto da una membrana assai sottile, rotta la quale, fuoriesce e non rimane più riunito. Si trova al centro dell'uovo, talora è di colore giallo, talora tra il giallognolo e il giallino, perfettamente rotondo, di grandezza variabile a seconda della diversa grandezza dei pennuti. Infatti Aristotele scrive che gli uccelli palustri posseggono più giallo, che quelli terresti hanno più albume.» Ancora da Aristotele: «Il giallo delle uova e l'albume hanno una natura contraria, non solo per il colore, ma anche per il potere. Infatti il giallo viene addensato dal freddo, l'albume non viene addensato, ma diventa più liquido. Invece l'albume viene addensato dal fuoco, il giallo non viene addensato, ma rimane molle, a meno che non venga scottato. E facendolo lesso si condensa e si secca più che facendolo arrostire.» E come nell'universo la terra si trova al centro ed è circondata da acqua e aria, allo stesso modo il tuorlo, la parte più terrestre dell'uovo, è circondato da due albumi, più denso e più tenue. Inoltre, come testimonia Aristotele: «Se qualcuno avrà mischiato dei tuorli e molti albumi estratti e messi in una padella e li avrà fatti cuocere a fuoco piuttosto debole e basso, tutta la massa gialla si coagula in una struttura centrale rotonda, mentre quella bianca le si dispone intorno.» In effetti tantissimi medici ritengono che l'albume è la parte più fredda dell'uovo. Ma a questo riguardo successivamente verranno riferite parecchie cose.

Chalazae i. e. grandines (Italis galladura, Anglis the tredle) binae singulis ovis obtigerunt; altera in obtuso, altera in [227] acuto angulo. Plus earum in albumine reperitur; vitello tamen validius adhaerent, eiusque membranae appenduntur. Corpora sunt longiuscula, concreta magis quam albumen, et albidiora, nodosa, luciditatis cuiusdam non expertia, ut grando, unde illis nomen: constat enim quaelibet chalaza pluribus quasi grandinibus albumine ad invicem iunctis. Earum altera maior est, et longius a vitello versus obtusum ovi cacumen protenditur: altera minor, a vitello inferius versus partem ovi acutam porrigitur[5]. Maior ex duobus vel tribus nodis, quasi grandinis granis globulisve conflatur, qui modico intervallo a se invicem distant; et minor ordine maiori succedit.

Le calaze, cioè le grandini (per gli Italiani galladura, per gli Inglesi the tredle - oggi the tread, il salto, l'accoppiamento del gallo, oppure the treadle, il pedale) sono toccate in sorte due per ciascun uovo, una nel lato ottuso, l'altra in quello acuto. La maggior parte di esse viene trovata nell'albume; tuttavia aderiscono più tenacemente al tuorlo e si attaccano alla sua membrana. La loro struttura è abbastanza lunga, più densa dell'albume, e sono più bianche, nodose, non prive di una certa lucentezza come la grandine, da cui il loro nome. Infatti qualsiasi calaza è costituita da numerosi chicchi come di grandine uniti tra loro dall'albume. Una di esse è maggiore e si estende per un tratto piuttosto lungo dal tuorlo verso il lato ottuso dell'uovo – esatto: verso il lato acuto. L'altra è minore e dal tuorlo si prolunga inferiormente verso il lato acuto dell'uovo – esatto: verso il lato ottuso. La maggiore si compone di due o tre nodi simili a grani o a chicchi di grandine che distano fra loro di un piccolo intervallo, e quella minore avanza con una linea maggiore.

In omnibus omnium avium ovis reperiuntur; foecundis pariter, et subventaneis: idque in utroque eorum cacumine. Unde apparet vulgaris muliercularum error, existimantium grandines esse galli sperma, atque ab ipsis pullum procreari. Atque ipsemet Fabricius[6], licet neget eas ex galli semine constare; multis tamen rationibus contendit, eas immediatam esse materiam, quam gallus faecunditate imbuat, et ex qua pullus corporetur: Idque hoc levi argumento[7], quod in cocto ovo, chalazae in se ipsas ita contrahantur, ut conceptus, sive pulli iam efformati ac geniti similitudinem referant. Verisimile tamen non est, plura futuri foetus rudimenta in eodem ovo requiri: nec unquam quisquam, nisi in obtuso angulo, pulli primordium reperiit. Quinetiam dictae chalazae in ovis per coitum foecundis, nulla sensibili differentia ab iis discrepant, quae in ovis irritis inveniuntur. Hallucinatus itaque est vir clarissimus circa grandinis usum in ovo; idque postea ex dicendis clarius constabit.

Vengono riscontrate in tutte le uova di tutti gli uccelli, sia in quelle feconde che in quelle ventose, e in entrambi i loro apici. Per cui risulta essere un volgare errore delle donnicciole, le quali ritengono che le grandini sono lo sperma del gallo e che il pulcino viene da esse generato. E lo stesso Fabrizi, anche se nega che «esse sono costituite dal seme del gallo», tuttavia con molte considerazioni afferma che «esse sono la materia immediata che il gallo imbeve di fecondità e dalla quale si forma il corpo del pulcino», e ciò lo afferma con una debole motivazione, «in quanto in un uovo cotto le calaze si contraggono in se stesse a tal punto da sembrare a un embrione, ossia a un pulcino già formato e generato». Tuttavia non è verosimile che si rinvengano nello stesso uovo numerosi abbozzi del futuro feto, e mai nessuno ha trovato l'abbozzo del pulcino se non nell'angolo ottuso. Inoltre le cosiddette calaze nelle uova rese feconde attraverso il coito non si diversificano in modo significativo da quelle che si rinvengono nelle uova sterili. Pertanto quell'uomo illustre ha preso un abbaglio circa la funzione della grandine nell'uovo, e poi ciò risulterà più evidente dalle cose che si debbono dire.

Etiam in minimarum avicularum ovis, tenue filum, aut nervulus, chalazae vestigium exhibet. In ovorum struthionis, et Cassoware utroque cacumine, vidi chalazas crassissimas, longissimas, [228] et albissimas, ex pluribus globulis magnitudine invicem cedentibus conflatas.

Anche nelle uova degli uccelli assai piccoli un sottile filo, o filamento, mostra la traccia della calaza. In ambedue gli apici di uova di struzzo e di casuario* ho visto delle calaze assai grosse, assai lunghe e assai bianche, composte da numerosi globuli che si riducevano in grandezza gli uni rispetto agli altri.

Cavitas quaedam exigua in obtusiore ovi parte, intus prope putamen, conspicitur; quae interdum in ipso fastigio sita est; interdum nonnihil ad latus inclinat, subiectae chalazae fere e directo respondens. Figura, ut plurimum, circulari est; in anate autem et ansere exacte circulum non refert. Hanc evidenter tanquam maculam obscuram cernere licet, si posito ex adverso lumine, impositaque transversim manu, in obscuro intuitus fueris. In ovo recentissimo exigua est, oculi humani pupillae magnitudinem referens[8]. Quotidie increscit, prout ovum requietum magis fuerit, et ambiens aer calidior. A prima statim incubationis die valde ampliatur: tanquam, parte aliqua exterioris et liquidioris albuminis exhalante, reliqua contraheretur, et spatium amplius relinqueret: fit enim cavitas isthaec inter testam, membrana succingente ibi loci destitutam, et membranam exteriorem universos ovi liquores amplectentem[9]. Omnibus ovis inest: imo vero in utero adhuc remanente ovo, quamprimum cortice obtegitur, inveni; aiunt harum rerum curiosi, si cavitas haec in summo fastigio fuerit, ex eiusmodi ovo nasciturum marem; foeminam autem, si versus latus deflexerit. Hoc sane compertum est; cavitatem minimam significare ovum iam recens editum; contra vero, requietum esse, si grandiuscula fuerit. Erit autem uberior postea de hac re dicendi locus.

Nella parte ottusa dell'uovo, internamente e in vicinanza del guscio, è visibile una piccola cavità, che talora è situata alla sommità, talora è rivolta un po' di lato, quasi direttamente di fronte alla sottostante calaza. Per lo più è di forma circolare, ma nell'anatra e nell'oca non è esattamente circolare. È possibile vederla distintamente come una macchia scura se guarderai in un posto scuro dopo aver messo un lume di fronte e averci messo una mano di traverso. In un uovo appena deposto è piccola, simile alla grandezza della pupilla di un occhio umano. Ogni giorno aumenta a seconda se l'uovo è rimasto maggiormente a riposo e l'aria ambiente piuttosto calda. Subito a partire dal primo giorno d'incubazione si ingrandisce assai, come se, evaporando una parte dell'albume più esterno e più liquido, l'altra parte si contraesse e lasciasse lo spazio più grande. Infatti questa cavità si forma tra il guscio, che qui è sfornito di membrana avvolgente, e la membrana esterna che avvolge tutti i liquidi dell'uovo. È presente in tutte le uova. Anzi, a dire il vero, l'ho trovata quando l'uovo era ancora nell'utero non appena viene ricoperto dal guscio. I curiosi di queste cose dicono che se questa cavità si fosse trovata nella sommità, da un siffatto uovo sarebbe nato un maschio, invece una femmina se si fosse rivolta verso un lato. Ma quanto segue è stato effettivamente assodato: una cavità assai piccola significa che si tratta di un uovo appena deposto, mentre è vecchio se sarà piuttosto grande. Successivamente verrà il momento di parlare di questo argomento più estesamente.

Circulus albus et perexiguus vitelli tunicae (tanquam cicatricula quaedam inusta) adnascitur: quam ideo Fabricius cicatriculam nominavit; sed parvi fecit, et potius ovi affectionem, quam partem eius aliquam existimavit. Macula haec perpusilla est, lenticulae fere magnitudine, aviculae pupillam referens, alba, plana, et circularis. Omnibus quoque ovis inest; etiam a prima eorum origine in vitellario. Quare fallitur Fabricius; [229] dum putat, hanc maculam esse duntaxat abrupti pedunculi vestigium; quo, in ovario, ipsi racemo appendebatur. Pedunculus enim, ut ipse agnoscit, cavus est, et vitello appropinquans dilatatur, ut ipsum totum ambiat, et tanquam in sacculo contineat; non autem illi (ut pedioli pomorum, aliorumque fructuum) infigitur, ut ita abruptus vestigium sui relinquat. Quod si aliquando in magno vitello, ut Fabricius refert, duplicem maculam conspexeris: causa monstri forsitan fuerit, et duplicati foetus, ut postea dicetur, non autem duplicis pedunculi indicium. Plurimum vero hallucinatur, dum cicatriculam hanc nulli usui inservire credit: est enim praecipua totius ovi pars, cuius gratia reliquae omnes efformantur, et ex qua pullus originem suam ducit. Parisanus quidem perperam hanc esse galli semen contendit.

Sulla tunica del tuorlo spunta un anello bianco e molto piccolo (come una piccola cicatrice marchiata col fuoco), che pertanto Fabrizi ha denominato cicatricola, ma ne tenne poco conto e pensò trattarsi più di una condizione dell'uovo che di una sua qualche componente. Questa macchia è estremamente piccola, quasi grande come una lenticchia*, simile alla pupilla di un uccellino, bianca, piatta e circolare. È anche presente in tutte le uova, anche a partire dalla loro origine iniziale nell'ovaio. Per cui Fabrizi sbaglia quando pensa che questa macchia è solamente il residuo del peduncolo che si è spezzato, attraverso il quale nell'ovaio rimaneva appeso al grappolo. Infatti il peduncolo, come egli stesso ammette, è cavo, e avvicinandosi al tuorlo si dilata al fine di avvolgerlo tutto e di contenerlo come in un sacchetto. Infatti non gli si conficca (come i piccioli delle mele e di altri frutti), in modo che, dopo essere stato così spezzato, lasci una traccia di sé. In quanto, se talora in un grosso tuorlo, come riferisce Fabrizi, vedrai una doppia macchia, forse sarà la causa di una mostruosità e di un feto duplicato, come poi si dirà, ma non il segno di un doppio peduncolo. A dire il vero è parecchio allucinato quando crede che questa cicatricola non serve a nulla: infatti è la parte principale di tutto l'uovo, grazie alla quale tutte le altre cose si formano e dalla quale il pulcino trae la sua origine. Emilio Parisano* afferma erroneamente che essa è il seme del gallo.

 


[1] Pag. 22.

[2] Pag. 23.

[3] Hist. anim. lib. vi. cap. 2.

[4] Ibid.  De gen. anim. lib. iii. cap. I.

[5] Sembra voglia ricalcare l'errore di Fabrizi. – Esatto sarebbe: le calaze si dipartono da ciascun polo della cellula uovo e sono dirette secondo l’asse maggiore del guscio. Si tratta di strutture cordoniformi avvolte su se stesse. Verso il polo ottuso si dirige una sola calaza, mentre dall'altro lato ne esistono due tra loro intimamente ritorte. Originano a livello dello strato calazifero e terminano da ciascun lato nella regione dei legamenti dell'albume.

[6] Pag. 48.

[7] Pag. 57.

[8] Penso che Harvey paragoni le dimensioni della camera d'aria a quelle di una pupilla di un occhio che si trova al buio e che non sta guardando un ambiente abbastanza illuminato.

[9] Si tratta di un errore: tra la cavità e guscio esiste la membrana testacea esterna, per cui la camera d'aria è delimitata da questa membrana e dalla membrana testacea interna a contatto con l'albume.