Harveypullus
Il Pulcino di William Harvey


16° esercizio - La seconda ispezione dell'uovo

L'asterisco * indica che la voce è presente nel lessico

[245] EXERCITATIO DECIMASEXTA.
Secunda ovi inspectio.

16° esercizio
La seconda ispezione dell'uovo

PRAETERITO die secundo, dicti cicatriculae circuli conspectiores atque ampliores fiunt, ad magnitudinem unguis digiti anularis, et interdum medii; quibus tota macula in duas regiones, aliquando tres, easque diversis saepe coloribus obscure distinctas dividitur; oculi figuram plane referens, tum protuberantia aliqua, qualis in cornea tunica visitur; tum magnitudine; tum etiam humore transparente et lucidissimo intus contento; cuius centrum pupillam repraesentat, sed puncto quodam albo [246] in centro existente, tanquam aviculae alicuius ocellus suffusionem sive cataractam (ut vocant) in medio pupillae pateretur: ob quam similitudinem, oculum ovi nominavimus.

Trascorso il secondo giorno, i suddetti cerchi della cicatricola diventano più visibili e più ampi, fino alla grandezza di un'unghia del dito anulare e talora del medio; da essi tutta la macchia viene suddivisa in due aree, talora tre, spesso messe in evidenza in modo poco chiaro da colori diversi. Riproduce completamente la forma dell'occhio, sia per una certa sporgenza, come si osserva nell'involucro della cornea, sia per grandezza, sia anche per il liquido trasparente e brillantissimo contenuto all'interno, il cui centro somiglia alla pupilla, ma con un certo punto bianco che si trova al centro, come se il piccolo occhio di un uccellino soffrisse di un versamento o cataratta (come la chiamano) nel centro della pupilla: per questa somiglianza la cicatricola l'ho chiamata occhio dell'uovo.

Intra hos circulos, inquam, liquor continetur clarissime refulgens, quovis crystallino humore purior; quem si transversim ad lumen intuearis, tota iam macula potius in albumine locata, quam vitelli tunicae, ut prius, impressa conspicitur; et ceu portio quaedam albuminis colliquefacta et clarificata, intra tunicam propriam tenuissimam conclusa apparet. Ideoque liquorem hunc, oculum sive colliquamentum candidum appello: quasi nimirum pars albuminis a calore fusa et colliquata, separatim fulgeret (nisi concussione turbetur), et veluti pars spirituosa magisque cocta, a reliquo albumine tunica propria distingueretur, et inter utrumque liquorem, vitellum scilicet at albumen, posita esset. Differt a reliquo albumine, claritate et transparentia; quemadmodum aqua fontis limpidissima a stagnante turbidiore. Tunica hunc liquorem ambiens, adeo exilis fragilisque est; ut, nisi summa cura adhibeatur, facile dissiliat, fontemque hunc confusione liquorum turbet.

Aggiungo che all'interno di questi cerchi è contenuto un liquido estremamente splendente, più limpido di un qualunque liquido del cristallino, e se tu lo guardassi trasversalmente davanti a un lume, già si vede tutta la macchia posizionata nell'albume anziché conficcata, come prima, nella tunica del tuorlo, e appare come una certa porzione di albume liquefatta e rischiarata, racchiusa all'interno di una tunica propria assai sottile. Pertanto questo liquido lo chiamo occhio o liquido candido, proprio come se una parte di albume fusa e liquefatta dal calore risplendesse separatamente (salvo non venga intorbidita da uno scuotimento), e come se una parte aerea e più cotta venisse tenuta separata dal rimanente albume da una tunica propria, e fosse posizionata tra ambedue i liquidi, cioè, il tuorlo e l'albume. Si differenzia dal rimanente albume per splendore e trasparenza, allo stesso modo di un'acqua di fonte limpidissima da una stagnante più torbida. La tunica che circonda questo liquido è a tal punto sottile e fragile che, se non si presta una grandissima attenzione, facilmente si rompe e intorbida questa fonte con la commistione dei liquidi.

Atque hic anceps animi diu haesitabam, quid de candido hoc colliquamento statuerem; utrum nempe calidum innatum dicerem; an humidum radicale; vel materiam praeparatam futuro foetui; sive alimentum perfecte coctum, quale ros censetur inter humores secundarios? Namque certum erat, ut postea dicetur, in ipsius medio, prima foetus rudimenta iaci, huncque illo nutriri primum, auctum postea in eodem liquore hospitari.

E, dubbioso, a lungo esitavo su cosa dovessi sancire a proposito di questo liquido candido, cioè, se dovevo giudicarlo un caldo innato oppure un umido proveniente dalle radici o una materia preparata per il futuro feto, ossia un alimento perfettamente digerito, come la rugiada viene giudicata tra i liquidi di seconda qualità? E infatti era certo, come poi si dirà, che al suo centro giacciono i primi rudimenti del feto, e che esso ne viene dapprima nutrito e che successivamente, quando è aumentato, viene ospitato nello stesso liquido.

Colliquamentum igitur hoc brevi, eodem nempe die, augetur (quemadmodum in secunda Fabricii figura adumbratur); praesertim interior eius regio; quae, dum expanditur, exteriorem repellit et obliterat. Perinde atque in eorum animalium oculis cernere est, quibus latissimae pupillae contigerunt, noctuque [247] melius vident, quam interdiu (cuius generis sunt bubones, feles, et huiusmodi; quorum pupilla in tenebris atque umbra latissime patet, in luce vero plurimum constringitur): nam si talem oculum e luce subito in tenebras transtuleris, videbis manifesto pupillam ampliari adeo ut reliquam circumcirca regionem, iridem dictam, valde imminuat et propemodum aboleat.

Quindi questo liquido aumenta in un breve volgere di tempo, cioè durante lo stesso giorno (come si adombra nella seconda figura di Fabrizi), soprattutto la sua parte interna, la quale, mentre si espande, sospinge e oblitera quella esterna. È possibile vedere la stessa cosa anche negli occhi di quegli animali ai quali sono toccate in sorte delle larghissime pupille, e di notte vedono meglio che durante il giorno (al cui genere appartengono i gufi, i gatti e siffatti, la cui pupilla nelle tenebre e all'ombra si estende tantissimo, mentre alla luce si restringe moltissimo): infatti se un tale occhio lo sposterai di colpo dalla luce alle tenebre, vedrai chiaramente che la pupilla si amplia a tal punto da ridurre parecchio la rimanente area circostante detta iride, e quasi la abolisce.

In has regiones incidens Parisanus, egregie hallucinatur, dum circulos suos, melinum, album, et gilvum, aliumque denuo album comminiscitur; foetumque ex albo medio puncto (quod revera hactenus in istarum regionum centro apparet) fieri ait, semenque galli esse fabulatur. Porro, ut nobiliore subtilitate superbiret, priusquam, inquit, rubor aliquis in foetus corpore appareat, duae exstant in eo minimae bullulae; initio tamen, rubore earum nulla praedita est: earumque alteram, pro corde; alteram, pro iecore obtrudit. At vero, nec bullula aliqua conspicua est, antequam rubor sanguineus appareat: nec foetus unquam primis statim diebus rubescit; neque ulla earum bullularum nobis hepatis vestigium exhibet; sed ambae binos cordis ventriculos et auriculas referunt; et micando, ut postea dicemus, systole et diastole sibi invicem respondent.

Parisiano, giungendo in queste aree, prende un tremendo abbaglio quando inventa «i suoi cerchi del colore della mela cotogna, bianco e giallastro, e finalmente un altro bianco»; e dice che «il feto si forma dal punto bianco centrale» (in quanto realmente fino a questo momento compare al centro di queste aree), e favoleggia «trattarsi del seme del gallo». Inoltre, per insuperbirsi grazie a una sottigliezza maggiore, dice «prima che nel corpo del feto compaia un certo rossore, in esso sono presenti due piccolissime bollicine, e tuttavia all'inizio nessuna di esse è fornita di rossore», e una di esse la rifila come cuore, l'altra come fegato. Ma in verità nessuna bollicina è grande prima che compaia il rosso del sangue, né mai il feto diventa rosso subito nei primi giorni, né alcuna di quelle bollicine ci mostra un abbozzo del fegato, ma ambedue somigliano ai due ventricoli e ai due atrii del cuore, e come poi dirò, pulsando con la sistole e la diastole, si rispondono a vicenda.

Colliquamentum hoc Aristoteles[1] videtur intellexisse, cum ait: Membrana etiam, fibris distincta sanguineis, iam album liquorem per id tempus, tertio scilicet die, circundat, a meatibus illis venarum oriens.

Sembra che Aristotele abbia capito cos'è questo liquido quando dice: «Anche una membrana adorna di fibre sanguigne già durante questo periodo (cioè il terzo giorno) circonda il liquido bianco che si origina da quelle aperture delle vene».

Neque enim Philosophus, per album liquorem, totum albumen intelligere potuit; quoniam eo tempore, albuminis tunica necdum venis distincta est; sed sola colliquamenti huius tunica, cum venularum ramulis huc illuc sparsis, cernitur. Et propterea dixit, membrana etiam: quasi aliam intelligeret, praeter illas, quas albumen et vitellum ante incubationem ambire dixerat; cum hanc post tertium demum diem a meatibus venarum [248] oriri affirmet. Coiterus etiam colliquamentum hoc videtur agnovisse, cum ait, albuminis quaedam pars ad candorem accedens, quaedam crassior. Dictum enim colliquamentum propria membrana cingitur, et a reliquo albumine separatur et distinguitur, antequam quidpiam sanguinis appareat.

Infatti neppure il Filosofo ha potuto intendere tutto l'albume per liquido bianco, in quanto in quel momento la tunica dell'albume non è ancora adorna di vene, ma si vede la sola tunica di questo liquido con dei rametti di piccole vene sparsi qua e là. E pertanto disse «anche una membrana», quasi volesse intendere un'altra oltre a quelle che aveva detto circondare l'albume e il tuorlo prima dell'incubazione, dal momento che afferma che questa finalmente dopo il terzo giorno origina dalle aperture delle vene. Anche Coiter sembra abbia conosciuto questo liquido, quando dice «una parte dell'albume che si avvicina al candore, un'altra è più densa». Infatti il suddetto liquido viene circondato da una sua membrana e viene separato oltre che distinto dal rimanente albume prima che compaia qualche traccia di sangue.

De summa huius utilitate erga omnium animalium foetus, posthaec erit dicendi locus. Quippe in eo dum natant, ab omni concussione sive contusione, aliisque externis iniuriis immunes sunt; et eodem insuper nutriuntur. Foetum iampridem magnitudine phaseoli, ex utero cervae exemptum, omnibusque suis membris perfectum (adeo ut marem esse, ex genitalibus facile discerneremus) regi nostro serenissimo reginaeque intuendum exhibui. Gratum profecto naturae spectaculum! natabat politus et consummatus foetus in eiusmodi candido, lucidissimo, et crystallino liquore, tanquam in vase vitreo purissimo, qui ovum columbinum magnitudine aequabat et propria tunica pellucida investiebatur.

Dopo queste cose verrà il momento di parlare della sua grandissima utilità nei confronti dei feti di tutti gli animali. Infatti mentre vi nuotano rimangono immuni da qualsiasi scossa o contusione e da altre ingiurie esterne, e oltre a ciò ne vengono nutriti. Già da tempo ho portato da vedere al nostro serenissimo re e alla regina il feto della grandezza di un fagiolo ricavato dall'utero di una cerva e ultimato in tutte le sue parti (tant'è che con facilità dai genitali si vedeva che era un maschio). Uno spettacolo della natura veramente gradito! Il feto elegante e perfetto nuotava in tale liquido candido, brillantissimo e cristallino, come se si trovasse in un pulitissimo vaso di vetro, e per grandezza era pari a un uovo di piccione ed era rivestito da una sua tunica trasparente.

 


[1]Hist. anim. lib. vi. cap. 3.