Harveypullus
Il Pulcino di William Harvey


17° esercizio - La terza ispezione dell'uovo

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[248] EXERCITATIO DECIMASEPTIMA.
Tertia ovi inspectio.

17° esercizio
La terza ispezione dell'uovo

VIDIMUS secundum processum, sive praeparationem ovi ad foetum, quae die tertio observanda venit. Sequitur, ut tertium eius apparatum intueamur; qui post tres dies totidemque noctes considerandus est. De eo Aristoteles[1]: Generationis indicia exstare incipiunt in gallinis post tres dies totidemque noctes (puta, die Lunae mane, si die Veneris praecedenti, in aurora, ova gallinae incubiturae supposita fuerint): estque tertiae figurae, apud Fabricium, facies.

Ho visto il secondo avanzamento, ossia la preparazione dell'uovo per il feto, quella che si rende osservabile al terzo giorno. Ne consegue che riusciamo a vedere il suo terzo allestimento che è da esaminare dopo tre giorni e altrettante notti. Aristotele ne scrive così: «I segni della generazione nelle galline cominciano ad apparire dopo tre giorni e altrettante notti» (supponi il mattino di lunedì se le uova sono state messe sotto a una gallina che stava per covare all'alba del venerdì precedente): in Fabrizi è l'immagine della terza figura.

Quarto itaque die si inspexeris, occurret iam maior metamorphosis, et permutatio admirabilior; quae singulis fere illius diei [249] horis manifestior fit; quo tempore in ovo de vita plantae ad animalis vitam fit transitus. Iam enim colliquamenti limbus linea exili sanguinea purpurascens rutilat: eiusque in centro fere punctum sanguineum saliens emicat; exiguum adeo, ut in sua diastole, ceu minima ignis scintillula, effulgeat; et mox, in systole, visum prorsus effugiat et dispareat. Tantillum nempe est vitae animalis exordium, quod tam inconspicuis initiis molitur plastica vis naturae!

Pertanto se esaminerai al quarto giorno, già si presenterà un cambiamento maggiore e una trasformazione piuttosto sorprendente, che diventa più manifesta quasi a ogni singola ora di quel giorno, in quel momento in cui nell'uovo accade il passaggio dalla vita del germoglio alla vita dell'animale. Già infatti il bordo del liquido risplende per una sottile linea sanguigna color porpora, e quasi al suo centro sporge un punto color sangue che pulsa, tanto piccolo che durante la sua diastole rifulge come una piccolissima scintilla di fuoco, e poi, durante la sistole, quasi sfugge alla vista e scompare. Tanto piccolo è infatti l'inizio della vita di un animale che la forza modellatrice della natura prende l'avvio con degli inizi tanto invisibili.

Observationem hanc, si sub finem tertii diei experiri libuerit, adhibita summa diligentia, et clara magnaque luce, vel radiis solaribus adaptatis, aut perspicilli ope, discernere poteris. Alias autem ita tenuis est et exilis purpurissata linea, punctique salientis adeo imperceptibilis motus, ut plane frustra sis. Quarti vero diei principio evidenter, et sub finem eius evidentissime apparet punctum sanguineum saliens, quod iam movetur, ait Aristoteles, ut animal in candido liquore (quem ego colliquamentum nomino): ab eoque puncto meatus venarum specie duo, sanguine pleni, flexuosi feruntur ad circulum purpurissatum, et tunicam ambientem colliquamentum. Sparsis interea per ipsius colliquamenti spatia plurimis fibrosis propaginibus, quae omnes ab uno principio (ut arborum virgulta ab eodem trunco) profluunt. In huius radicis angulo inflexo, colliquamentique medio, punctum rubrum saliens ponitur, quod in pulsu suo rhytmum et ordinem, ex systole et diastole compositum servat. In diastole quidem, quasi maiorem sanguinis quantitatem imbiberet, ampliatum apparet, atque emicat: in systole vero confestim subsidens, tanquam ictu illo convelleretur, et sanguinem dimitteret, delitescit.

Se verso la fine del terzo giorno si vorrà fare questa osservazione, potrai vedere distintamente usando una grande attenzione e una luce splendente e grande, o dei raggi solari adattati oppure con l'aiuto di una lente. Altrimenti infatti la linea color porpora è talmente tenue ed esile, e il movimento del punto pulsante è talmente impercettibile che ti inganneresti completamente. Ma all'inizio del quarto giorno si manifesta in modo evidente, e verso la fine dello stesso giorno si manifesta in modo assai evidente «un punto sanguigno che palpita, che già si muove - dice Aristotele – come un animale in un liquido candido (che io chiamo colliquamento): e da quel punto due condotti delle vene pieni di sangue si dirigono flessuosi» al cerchio color porpora e alla tunica che avvolge il colliquamento. Nel frattempo si sono sparse, attraverso gli spazi del colliquamento stesso, numerose propaggini fibrose che provengono tutte quante da un unico punto di partenza (come i virgulti degli alberi dallo stesso tronco). Nell'angolo ricurvo di questo ceppo, e al centro del colliquamento, si colloca il punto rosso pulsante, che nella sua pulsazione conserva il ritmo e la sequenza, composta dalla sistole e dalla diastole. In effetti durante la diastole, quasi assorbisse una maggiore quantità di sangue, appare ingrandito ed è evidente, mentre nella sistole si appiattisce diminuendo rapidamente, come se venisse lacerato da quel colpo e scacciasse il sangue.

Punctum hoc Fabricius in tertia sua figura depinxit, et, quod mireris, pro corpore foetus accepit; quasi aut ipsum saliens pulsansve non observasset, aut Aristotelis locum perperam intellexisset, aut eius omnino non meminisset. Mirandum vero magis, [250] eum toto hoc tempore de chalazis suis nihil fuisse solicitum, ex quibus tamen pulli exordia deducit.

Fabrizi ha raffigurato questo punto nella sua terza figura e, cosa di cui ti meraviglieresti, l'ha interpretato come corpo del feto, come se non l'avesse osservato palpitante o pulsante, o l'avesse erroneamente inteso come punto di Aristotele, o non se ne fosse assolutamente ricordato. Ma bisogna maggiormente meravigliarsi che per tutto questo intervallo di tempo non si interessò per nulla delle sue calaze, dalle quali tuttavia fa derivare le origini del pulcino.

Ulysses Aldrovandus[2], eodem fere tempore Bononiae scribens, ait: Apparebat in albumine exiguum velut punctum saliens, estque illud quod Philosophus cor statuit. Ex eo vero evidenter videbam enasci venae trunculum, et ab hoc duos alios ramulos proficisci, qui meatus illi fuerint sanguiferi, quos ad utramque tunicam ambientem vitellum et album protendi ille dixerat. Sum autem omnino eius sententiae, ut eiusmodi vias credam esse venosas, ac pulsatiles, sanguinemque in iis contineri puriorem, principalium membrorum generationi, iecoris nempe, et pulmonis, similiumque idoneum. Non sunt autem ambae venae, neque utraque pulsat: sed altera arteria, altera vena est, ut postea dicemus: simulque, meatus hos foetui vasa umbilicalia fieri, docebimus.

Ulisse Aldrovandi, che quasi nello stesso periodo di tempo scriveva a Bologna, dice: «Nel contesto dell’albume era visibile come un piccolo punto pulsante, ed è ciò che il Filosofo stabilì essere il cuore. In verità, da esso, in modo evidente, vedevo spuntare il piccolo tronco della vena, e da questo dipartirsi due altri piccoli rami, che saranno stati quei dotti sanguigni che egli aveva detto dirigersi alle due tuniche che avvolgono il tuorlo e l’albume. Infatti concordo pienamente con le sue affermazioni dal momento che credo che tali dotti sono venosi, e pulsanti, e che il sangue in essi contenuto è più puro, adatto alla generazione degli organi principali, in particolare del fegato e dei polmoni e di altre strutture simili.» Ma non sono tutte e due delle vene, e nessuna delle due pulsa, ma una è un'arteria, l'altra è una vena, come dirò successivamente, e allo stesso tempo dimostrerò che questi condotti diventano per il feto dei vasi ombelicali.

Volcherus Coiter haec habet: Punctus sive globulus sanguineus, in vitello antea inventus, iam in albumine potius repertus, manifeste pulsabat. Male ait, in vitello antea inventus: punctus enim in vitello inventus, albus, non saliens erat; nec secundo post incubitum die, punctus aut globulus sanguineus saliens apparet. Sed punctus ille (quem in medio circuli, quasi centrum, diximus, et vitello adnexum) evanescit, priusquam punctus, qui ab Aristotele saliens dicitur, discerni queat; vel in rubrum, ut opinor, conversus, pulsat. Nam uterque punctus, in centro colliquamenti, et iuxta radicem venarum inde exorientium situs est: nunquam autem simul apparent, sed in albi locum succedit ruber punctus saliens.

Volcher Coiter scrive quanto segue: «Il punto o globulo sanguigno, prima trovato nel tuorlo, adesso invece rinvenuto nell'albume, pulsava in modo evidente». Sbaglia nel dire «prima trovato nel tuorlo»: infatti il punto trovato nel tuorlo, bianco, non pulsava, né nel secondo giorno dopo l'inizio dell'incubazione il punto o globulo sanguigno appare pulsante. Ma quel punto (che ho detto essere dentro al cerchio, quasi il centro, e unito al tuorlo) svanisce prima che il punto, che da Aristotele viene detto pulsante, possa essere individuato; oppure trasformatosi, come penso, in rosso, pulsa. Infatti ambedue i punti sono situati al centro del colliquamento e vicino alla radice delle vene che da qui nascono; però non compaiono mai contemporaneamente, ma il punto rosso pulsante va a posizionarsi nel punto di quello bianco.

Id quidem Volcherus verissime: Punctus saliens iam in albumine potius reperitur, quam in vitello. Quibus verbis permotus, quaesivi diligenter, numnam punctus ille albus, in sanguineum punctum transmutaretur; quoniam ambo eiusdem pene [251] magnitudinis, et eodem in loco videbantur. Et aliquando quidem inveni rutilantem et purpurissatum circulum extimum, desinentem iuxta horizontem miniatum colliquamento circumdatum; in cuius centro punctus albus, non autem ruber aut saliens reperiebatur: nunquam vero simul utrosque illos punctos conspicatus sum. Magni certe momenti est haec disquisitio: utrum scilicet sanguis insit ante pulsum? et, num punctus ex venis; an venae ex puncto oriundae sint?

Volcher afferma ciò in modo assai veritiero: «Il punto pulsante lo si rinviene già nell'albume anziché nel tuorlo». Spinto da tali parole indagai con diligenza se infatti quel punto bianco si trasformasse nel punto sanguigno, in quanto ambedue sembravano circa della stessa grandezza e nella stessa posizione. E infatti un giorno ho trovato il cerchio più esterno splendente e rosso che andava a finire vicino a un orizzonte color minio circondato dal colliquamento, al cui centro si rinveniva un punto bianco, ma non rosso o pulsante. Infatti non ho mai visto contemporaneamente quei due punti. Certamente questa domanda è di grande importanza, cioè: vi è del sangue prima della pulsazione? E: il punto origina dalle vene oppure le vene originano dal punto?

Quantum mihi observare licuit, videtur sanguis esse ante pulsum: cuius sententiae hanc causam dicam. Die Mercurii, sub vesperam, tria ova gallinae supposui; dieque Saturni paulo ante eandem horam reversus, inveni haec ova frigida, utpote a gallina derelicta: aperto nihilominus eorum uno, pulli exordium reperi; lineam nempe rubram et sanguineam in ambitu; in centro autem, pro puncto saliente, punctum album exsangue. Quo indicio percepi gallinam haud multo prius incubationem deseruisse. Quare vi captam, et in cista conclusam, per integram noctem ibidem detinui; postquam scilicet ova duo reliqua, cum aliis novis illi supposuissem. Quid fit? Postridie, summo mane, ambo ova rediviva erant: apparuitque in centro ipsum punctum micans, albo puncto multo minus; e quo, albo nimirum, scintilla, tanquam e nube prosiliens, in diastole duntaxat comparuit. Adeo ut videretur mihi, ex albo puncto, rubrum punctum emicare; utcunque in illo punctum saliens generari: idque, existente iam sanguine, aut nasci, aut saltem moveri. Imo saepissime comperi, punctum saliens, cum (ceu plane intermortuum) ab omni motu quiesceret; a novo fotu motum denuo et pulsationem recuperasse. Quare in ordine generationis, punctum et sanguinem primum exsistere arbitror; pulsationem vero non nisi postea accedere.

Per quanto mi è stato possibile osservare, sembra che il sangue esista prima della pulsazione, e dirò la seguente causa di questa affermazione. Mercoledì verso sera ho messo a covare tre uova sotto a una gallina, e sabato, tornato poco prima della stessa ora, trovai queste uova fredde, in quanto erano state abbandonate dalla gallina. Tuttavia, dopo averne aperto uno, trovai l'inizio del pulcino, appunto una linea rossa e sanguigna alla periferia, mentre al centro, invece di un punto pulsante, un punto bianco esangue. Da questo segno dedussi che la gallina aveva abbandonato l'incubazione non molto tempo prima. Motivo per cui, catturata con la forza e rinchiusa in una cesta, ve la tenni rinchiusa per tutta la notte, ovviamente dopo averle messo sotto le rimanenti due uova con altre nuove. Cosa accade? L'indomani a mezzogiorno ambedue le uova avevano ripreso a vivere e al centro apparve quello stesso punto brillante molto minore del punto bianco, dal quale, cioè dal bianco, solo durante la diastole fece la sua comparsa una scintilla come se sprizzasse da una nube. Tant'è che mi sembrava che dal punto bianco scaturisse un punto rosso ogni volta che in esso si generava un punto pulsante, e che questo, essendoci già il sangue, o nasceva o perlomeno si muoveva. Anzi, assai frequentemente ho appurato che il punto pulsante, quando era a riposo da qualsiasi movimento (ossia del tutto morto) aveva nuovamente recuperato dal nuovo riscaldamento il movimento e la pulsazione. Per cui nel susseguirsi della generazione ritengo che dapprima esistono il punto e il sangue, mentre la pulsazione interviene solo successivamente.

Hoc certo constat, futuri foetus nihil omnino hoc die apparere, praeter sanguineas lineas, et punctum saliens, venasque illas, [252] quae omnes ab uno trunco (quemadmodum iste a puncto saliente) propagantur, et per totum colliquamentum plurimis fibrarum ramificationibus sparguntur; quae postmodum vasa umbilicalia constituunt: quibus longe lateque disseminatis, foetus demum, prout augetur, ex albumine et vitello sibi alimentum haurit. Harum venarum, earumque propaginum vivum exemplar videas in arborum foliis, quorum fibrae omnes a pedunculo oriuntur, et ab uno trunco per totum folium diffunduntur.

Con certezza risulta quanto segue: in questo giorno i futuri feti sono solamente delle linee sanguigne e un punto che pulsa, e tutte quelle vene che si diramano da un unico tronco (come questo dal punto pulsante) e che si spargono attraverso tutto il colliquamento con numerose ramificazioni delle fibre che successivamente costituiscono i vasi ombelicali; dai quali, disseminati in lungo e in largo, finalmente il feto, man mano che aumenta, attinge per sé l'alimento dall'albume e dal tuorlo. Nelle foglie degli alberi potresti vedere un esempio vivente di queste vene e delle loro diramazioni, tutti i cui filamenti nascono da un peduncolo e da un solo tronco si diffondono attraverso tutta la foglia.

Totum hoc colliquamentum, sanguineis fibris distinctum, ambarum papilionis alarum magnitudinem et formam refert. Estque illa Aristotelis[3] membrana, quae fibras sanguineas habens, eo tempore album liquorem continet, a meatibus illis venarum oriens.

Tutto questo colliquamento suddiviso da fibre sanguigne somiglia alla grandezza e alla forma di ambedue le ali di una farfalla. Ed è quella membrana di Aristotele «che, possedendo delle fibre sanguigne, in quel momento contiene un liquido bianco che nasce da quei condotti venosi».

Sub finem quarti diei, et initium quinti, punctum sanguineum iam adauctum, in vesiculam exiguam et tenuissimam, sanguinem in se continentem, transiisse cernitur; quem singulis contractionibus propellit, factaque diastole recipit denuo.

Verso la fine del quarto giorno e l'inizio del quinto si vede che il punto sanguigno è già aumentato e che si è trasformato in una vescicola piccola e assai sottile che contiene in sé del sangue che spinge con le singole contrazioni, e che accoglie nuovamente durante la diastole.

Hactenus nullum vasorum discrimen deprehendere potui: neque enim arteriae a venis, vel tunica, vel pulsu distinguuntur. Ideoque vasa omnia indiscriminatim venas nominanda censeo; vel, cum Aristotele[4], meatus venales.

Fino a questo momento non sono stato in grado di rilevare alcuna differenza dei vasi: infatti neppure le arterie si distinguono dalle vene o per la struttura della parete o per la pulsazione. E pertanto ritengo che tutti i vasi debbono essere indiscriminatamente chiamati vene, oppure, associandomi ad Aristotele, condotti venosi.

Punctum hoc, ait Aristoteles, movet iam sese, ut animal. Quippe, animal a non animali, motu distinguitur, et sensu. Cum itaque punctum hoc iam primum sese moveat, merito animalis naturam induisse dicimus; et ovum anima vegetativa pridem imbutum, iam motiva, et sensitiva potentia insuper donari; et a planta in animal transiisse; eodemque tempore animam pulli ingredi, quae ex ovo pullum format, eumque postea informat. Quippe ex operationibus, inesse facultates; et ex his, vitae causam et principium, animam, scilicet, idque actu [253] (cum operationes actu sint) Philosophus demonstrative concludit[5].

Aristotele dice: «Questo punto già si muove come un animale». Infatti un animale si distingue da un non animale per il movimento e per la sensibilità. Pertanto siccome questo punto si muove molto presto, giustamente diciamo che ha indossato la natura di un animale, e l'uovo da tempo impregnato dall'anima vegetativa, oltre a ciò già gli viene fatto il dono di una capacità motrice e sensitiva, e da germoglio è passato a essere un animale. Nello stesso tempo inizia l'anima del pulcino che forma il pulcino dall'uovo e successivamente lo plasma. Effettivamente dalle azioni delle forze naturali procedono i poteri e da questi la causa e il principio della vita, cioè l'anima, e il Filosofo conclude dimostrando che ciò avviene per una spinta (dal momento che le operazioni avvengono per una spinta).

Ego vero pluribus experimentis certus sum, non motum solummodo puncto salienti inesse, quod nemo negaverit, sed sensum etiam. Nam ad quemlibet vel minimum tactum, videbis punctum hoc varie commoveri, et quasi irritari (perinde omnino ac sensitiva corpora sensus sui indicia propriis motibus exhibere solent); et ad iteratam saepe iniuriam exstimulari, atque in pulsuum rhytmo et ordine conturbari. Ita nempe in herba, sensili dicta, et zoophytis[6], sensum inesse concludimus; quia cum tanguntur, se contrahunt, quasi aegre ferant.

A dire il vero in base a numerosi esperimenti ho la certezza che nel punto pulsante non si trova solamente il movimento, cosa che nessuno negherebbe, ma anche la sensibilità. Infatti in occasione di qualunque toccamento, anche piccolissimo, vedrai questo punto muoversi in vario modo e quasi eccitarsi (allo stesso modo in generale anche le strutture sensitive sono solite esibire i segni delle proprie sensazioni con dei loro movimenti), e venire eccitato a una violenza spesso ripetuta e venire turbato per quanto riguarda il ritmo e l'ordine delle pulsazioni. Così appunto concludo che in un'erba, detta sensibile, e negli zoofiti è presente una sensibilità, perché quando vengono toccati si contraggono, come se lo sopportassero malvolentieri.

Vidi, inquam, saepissime, aliique, qui una mecum aderant, ab acus, styli, aut digiti contactu, imo vero a calore aut frigore vehementiore admoto, aut cuiuslibet rei molestantis occursu, punctum hoc varia sensus indicia, pulsuum nempe varias permutationes, ictusque validiores, ac frequentiores edidisse. Ut dubitandum non sit, quin punctum hoc, animalis instar, vivat, moveatur, et sentiat.

Aggiungo di aver visto assai frequentemente, e altre persone che erano con me, che dal contatto di un ago, di uno stilo o di un dito, ma persino con l'avvicinamento del caldo o del freddo piuttosto intenso, oppure con lo scontro con una qualunque cosa molesta, questo punto aveva emesso svariati segni di sensibilità, appunto svariati cambiamenti delle pulsazioni e dei battiti più forti e più frequenti. Affinché non si debba dubitare che questo punto vive, si muove ed è dotato di sensibilità come un animale.

Ovo insuper aeri frigidiori diutius exposito, punctum saliens rarius pulsat, et languidius agitatur: admoto autem digito calente, aut alio blando fotu, vires statim vigoremque recuperat. Quinetiam, postquam punctum hoc sensim elanguit, et sanguine plenum a motu omni cessans, nullumque vitae specimen exhibens, morti penitus succubuisse visum est: imposito digito meo tepente, spatio viginti arteriae meae pulsuum, ecce corculum denuo reviviscit, erigitur; et tanquam postliminio ab orco redux, pristinam choream redintegravit. Idque alio quolibet leni calore, ignis nempe aut aquae tepidae, iterum iterumque a me atque aliis factitatum est; ut, pro libito, misellam animam vel morti tradere, vel in lucem revocare, in nostra potestate fuerit.

Inoltre, quando l'uovo è esposto piuttosto a lungo a un'aria piuttosto fredda, il punto pulsante palpita più raramente e si muove in modo più debole; ma, avvicinando un dito caldo o un altro blando calore, subito recupera le forze e il vigore. Inoltre, dopo che questo punto ha pian piano perso vigore, pieno di sangue cessa di compiere ogni movimento, e senza mostrare alcun segno di vita è stato visto soccombere completamente alla morte. Con l'imposizione del mio dito tiepido, nel giro di venti pulsazioni della mia arteria ecco che il cuoricino riprende di nuovo vita e si solleva, e come se fosse di nuovo reduce dall'oltretomba, riprese la danza di prima. Con un qualunque altro lieve calore, cioè fuoco o acqua tiepida, questa cosa è stata ripetutamente e spesso fatta da me e da altri, cosicché per capriccio sarebbe stato in nostro potere o destinare a morte un'anima poveretta oppure richiamarla alla vita.

[254] Quae diximus, quarto a prima incubatione die, sive tertia inspectione, plerumque eveniunt. Plerumque, inquam; non est enim hoc perpetuum, cum magna sit in ovorum maturitate diversitas, aliaque aliis citius perficiantur. Quemadmodum in arboris cuiuscunque fructibus usu venit, quorum alii praecoces et decidui sunt, dum alii crudi et immaturiores ramis tenaciter adhaerent. Adeo, ut quaedam ova quinto die minus provecta sint, quam alia tertio ut plurimum solent. Idque, ut certi aliquid et explorati haberem, in plurimis ovis, per idem tempus incubatis, eodemque die apertis, comperi. Ut neque sexum sequiorem, nec aeris inclementiam, neque incubandi negligentiam, aut aliud quidpiam causari possem, praeter insitam ovi imebcillitatem, calidive innati pauperiem.

Le cose che ho detto per lo più accadono al quarto giorno dall'inizio dell'incubazione, o alla terza ispezione. Dico per lo più. Infatti ciò non è applicabile a tutte, essendo grande la diversità delle uova quando sono mature e alcune giungono a essere ultimate più rapidamente di altre. Allo stesso modo in cui nei frutti di qualsiasi albero accade che alcuni di essi sono precoci e caduchi, mentre altri crudi e più immaturi aderiscono tenacemente ai rami. Tant'è che alcune uova al quinto giorno sono meno avanzate di quanto altre sogliono esserlo per lo più al terzo giorno. E ciò l'ho appurato, al fine di possedere un qualcosa di sicuro e di indagato, in moltissime uova incubate per lo stesso tempo e aperte nello stesso giorno. Affinché non potessi addurre come pretesto né un sesso debole, né l'inclemenza dell'aria, né una trascuratezza di incubazione o qualsiasi altra cosa, eccetto un'insita debolezza dell'uovo o una povertà di calore innato.

Ova hypenemia sive infoecunda, hoc ipso tempore, quasi die critico mutari incipiunt, atque indolem suam ostendere. Nam ut ova foecunda in colliquamentum (quod postea in sanguinem transit) ab insita vi plastica mutantur; ita subventanea ova eodem tempore corrumpuntur et putredinem induunt. Observavi tamen aliquando maculam sive cicatriculam in ovis etiam infoecundis latius explicari; nunquam tamen ad cacumen assurgere, nec circulis ordine dispositis circumscribi. Vidi quoque interdum vitellum alicubi clarescere, et liquefieri, sed inaequaliter; partesque coagulatione quasi temeraria concretas, instar nubium sparsim volitantium, innatare. Et licet ova haec nondum rancida, putrida, et foetida dicantur; sunt tamen ad putredinem prona, et ad eam tandem continuato incubantis calore pertingunt: idque eodem illo loco ducta corruptionis origine, quo ova prolifica generationem auspicantur.

Le uova ventose o infeconde in questo stesso periodo di tempo cominciano a modificarsi come se fosse il giorno decisivo e a mostrare la loro natura. Infatti, come le uova feconde vengono trasformate dall'insita forza plasmatrice nel colliquamento (che poi passa nel sangue), così le uova ventose nello stesso periodo di tempo si guastano e si rivestono di putridume. Tuttavia talora ho osservato che la macchia o cicatricola anche in uova infeconde è più ampia, ma non si trasforma mai in una sporgenza né viene circoscritta da cerchi disposti con ordine. Talora ho visto anche il tuorlo schiarirsi e liquefarsi in qualche punto, ma in modo non omogeneo, e delle parti, rese dense come da una coagulazione impetuosa, galleggiare come nubi che svolazzano qua e là. E benché queste uova non vengano ancora dette rancide, putride e fetide, sono tuttavia propense alla putrefazione e infine vi giungono con il proseguire del calore di colei che cova, portate dall'origine della corruzione in quello stesso luogo in cui le uova prolifiche incominciano con buoni auspici la generazione.

Perfectiora itaque ova, iam sub finem quarti diei, duplicem vel bipartitam habent vesiculam pulsantem, duplici ictu alteram alteri vicissim respondentem; eo nempe modo atque ordine, ut una sese contrahente, altera sanguine distenta, et rutilans appareat; [255] quae mox pariter contracta sanguinem liquido exprimit; momentoque interiecto, prior denuo resurgit, pulsumque repetit. Clareque videas, actionem harum vesicularum, esse contractionem; a qua sanguis impellitur, et in vasa protruditur.

Pertanto le uova più perfezionate già verso la fine del quarto giorno hanno una vescicola pulsante duplice o suddivisa in due parti, che si rispondono a vicenda con una doppia pulsazione, cioè in quel modo e con quella sequenza per cui, mentre una si contrae, l'altra appare gonfia di sangue e splendente, e che, essendosi parimenti subito contratta, chiaramente spreme il sangue; trascorso un attimo, torna a essere di nuovo come prima e ripete la pulsazione. E potresti vedere chiaramente che l'attività di queste vescicole è la contrazione, dalla quale il sangue viene sospinto e fatto entrare nei vasi sanguigni.

Quarta die, inquit Aldrovandus[7], bina videbantur puncta, et quodlibet eorum sese movebat: quae haud dubie cor, et iecur fuerint; quae viscera in ovis triduo incubatis Aristoteles dixit.

Aldrovandi dice: «Il quarto giorno si vedevano due punti e ambedue si muovevano, i quali senza dubbio saranno stati il cuore e il fegato, visceri che Aristotele ha detto essere presenti in uova incubate da tre giorni.»

Philosophus[8] vero id nuspiam dixit: neque ea viscera, ut plurimum, ante decimum diem conspicua sunt. Mirorque Aldrovandum pulsantium punctorum alterum, iecur existimasse: quasi vero hoc unquam ad eum modum agitaretur.

A dire il vero il Filosofo non disse ciò in alcun punto, neppure che quei visceri sono visibili, per lo più, prima del decimo giorno. E mi meraviglio che Aldrovandi abbia giudicato essere il fegato l'altro dei punti pulsanti, come se veramente talora esso si agitasse in quel modo.

Satius fuerit credere, punctorum salientium alterum, adaucto foetu, in auriculas, alterum in ventriculos cordis abire. Enimvero, in adultis, ventriculi cordis ad eum modum ab auriculis implentur, factaque contractione deplentur denuo; quemadmodum in tractatu nostro de motu cordis et sanguinis observavimus[9].

Sarebbe stato più che sufficiente credere che uno dei punti pulsanti, quando il feto si è ingrandito, si trasforma negli atrii del cuore, l'altro nei ventricoli. A dire il vero negli adulti i ventricoli del cuore vengono riempiti in tale modo dagli atrii, e dopo essersi contratti si svuotano nuovamente, così come ho descritto nel mio trattato relativo al movimento del cuore e del sangue.

In provectioribus quoque ovis, aliquando sub finem quarti diei, nescio quid turbidi vesiculas pulsantes adumbrabat, visumque, offusae nubeculae instar, impediebat, quo minus clare puncta salientia intueri potuerim. Clariori tamen luce, perspicillisque adhibitis, collatisque una subsequentium dierum observationibus; constitit esse corporis rudimentum, ceu nebulam ex colliquamenti parte concoctam, vel circa venarum principium concrescens effluvium: ut mox amplius de die quinto dicetur.

Anche in uova più avanzate, talora verso la fine del quarto giorno, non so cosa fosse il torbido che oscurava le vescicole pulsanti e, come una nebbiolina diffusa, impediva la vista, per cui potevo vedere con minore chiarezza i punti pulsanti. Tuttavia con una luce più intensa e usando delle lenti, e riunendo le osservazioni dei giorni successivi, risultò essere un abbozzo del corpo, come una sottile lamina maturata a partire da una parte del colliquamento, ossia un effluvio che si condensava intorno all'inizio delle vene, come tra poco si dirà più estesamente a proposito del quinto giorno.

Aldrovandus quoque id videtur observasse: Quinta die, inquit, non amplius punctum illud, quod cor esse diximus, extra videbatur moveri; sed obtegi ac cooperiri; et duo illi meatus venosi evidentiores conspiciebantur, alter vero maior altero. Fallitur [256] autem vir doctissimus: multo enim post tempore, ubi domicilium fere perfecte fabricatum fuerit, {lar} <Lar> iste familiaris aedes ingreditur, seseque in intima earum penetralia abscondit. Erratque etiam, ubi ait, venarum insita vi, reliquam albuminis portionem quasi in palearem colorem immutari. Reperitur enim iste color in albumine crassiore cuiuscunque ovi requieti, indiesque magis intenditur; prout nempe ovum vetustius fuerit, ut pridem diximus; idque sine ulla venarum opera, portione solum tenuiore exhalante.

Anche Aldrovandi sembra abbia visto ciò, e dice: «Il quinto giorno, quel punto che abbiamo detto essere il cuore, non sembrava battere maggiormente, bensì che si nascondesse e venisse coperto, e quei due dotti venosi apparivano più evidenti, in verità uno più grande dell’altro.» Ma l'uomo assai colto si sbaglia: infatti dopo molto tempo, quando un domicilio è stato fabbricato quasi in modo perfetto, questo Lare di famiglia entra nelle case e si nasconde nelle loro parti intime. E si sbaglia anche quando dice: «Per l’insita forza delle vene la restante parte dell’albume quasi si trasforma in color paglia.» Infatti questo colore lo si rinviene nell'albume più denso di qualsiasi uovo non fresco, e col passare dei giorni aumenta maggiormente, cioè come se l'uovo fosse più vecchio, come dissi in precedenza, e senza nessun intervento delle vene, dal momento che esala solo la parte meno densa.

Crescente autem foetu, ut infra dicemus, surculisque meatuum venalium longe lateque in vitellum et albumina sparsis, colliquantur utriusque liquoris portiones, non quidem, ut Aldrovandus voluit, ab insita venarum vi, sed a sanguinis inibi hospitantis calore. In quamcunque enim utriuslibet liquoris partem dictae venae porriguntur; subito locis conterminis colliquatio apparet; ideoque vitellus eodem tempore quasi duplex conspicitur: quod nempe superior eius pars, quae supra ad obtusum cacumen cavitati iungitur, liquidior iam reddita, ad reliquum vitelli; instar cerae flavae liquefactae, ad eandem frigidam et densam comparatae, appareat: eoque nomine, ut fusa omnia solent, laxiore spatio continetur. Quinetiam pars ista superior, tepore genitali liquefacta, a reliquis liquoribus (sed praesertim albumine) propria tunica tenuissima disterminatur. Quo fit, ut, rupta hac tenui, fragili, atque invisibili membrana, confestim accidat albuminis et vitelli confusio, qua omnia perturbantur. Estque haec saepe causa frustratae generationis (cum liquores isti diversae imo contrariae naturae sint) secundum illud Aristotelis[10], loco saepius citato, Depravantur ova, et fiunt quae urina appellantur, tempore potius calido; idque ratione. Ut enim vina temporibus calidis coacescunt, faece subversa (hoc enim causae est, ut depraventur), sic ova [257] pereunt vitello corrupto: id enim in utrisque terrena portio est. Quamobrem et vinum obturbatur faece permista, et ovum vitello diffuso. Atque huc etiam non immerito retuleris illud eiusdem[11]: Coelo tonante, quae foventur, ova corrumpuntur. Siquidem membrana tenuissima a tanto fragore levi negotio disrumpitur. Ideoque fortassis ova confusa et putrida, cynosura dicuntur, quod nimirum, ut diximus, diebus canicularibus crebrius tonet. Quapropter Columella[12] quoque recte monuit, plerosque ab aestivo solstitio non putare bonam pullationem.

Con l'accrescersi del feto, come dirò più avanti, e con la disseminazione in lungo e in largo nel tuorlo e negli albumi delle ramificazioni dei dotti venosi, le porzioni di ambedue i liquidi si colliquano, ma non, come ha stabilito Aldrovandi, per una forza insita delle vene, ma per il calore del sangue che proprio lì è ospitato. Infatti in qualunque parte di ambedue i liquidi le suddette vene si protendono, subito compare una colliquazione nei punti confinanti, e pertanto il tuorlo nello stesso momento appare quasi doppio, in quanto cioè la sua parte superiore, che superiormente si congiunge alla cavità che si trova verso il lato ottuso, già resa più liquida rispetto al rimanente tuorlo, appare come una cera gialla liquefatta se paragonata a una fredda e densa, e per questo motivo, come sogliono tutte le cose fuse, viene contenuto in uno spazio più ampio. Inoltre questa parte superiore, liquefatta dal tepore generativo, viene separata da una sua tunica assai sottile dai rimanenti liquidi (ma soprattutto dall'albume). Per cui si verifica che, rotta questa tenue, fragile e invisibile membrana, subito avvenga un mescolamento dell'albume e del tuorlo dal quale tutte le cose vengono scompigliate. E spesso è questa la causa della generazione che è stata vanificata (dal momento che questi liquidi sono di natura diversa, anzi, contraria) secondo ciò che scrisse Aristotele nel passo citato piuttosto frequentemente: «Quando la stagione è calda le uova si alterano e si formano preferibilmente quelle dette non fecondate, e ciò avviene per un motivo. Come infatti durante le stagioni calde i vini si inacidiscono per il rimescolamento della feccia (questo infatti rappresenta il motivo per cui si corrompono), così le uova vanno a male per il tuorlo che si è alterato: infatti in entrambi i casi esso rappresenta l’elemento terroso. Motivo per cui si intorbidisce sia il vino per la feccia che viene rimescolata, sia l’uovo per il tuorlo che si è sparso.» E a questo punto potrai giustamente citare anche quella sua frase: «Quando il cielo tuona, le uova che vengono incubate si corrompono.» In effetti una membrana molto sottile viene rotta con un piccolo sforzo da tanto fragore. Pertanto forse le uova rimescolate e guaste vengono dette cinosure, cioè in quanto, come ho detto, durante i giorni della canicola* tuona più frequentemente. Motivo per cui anche Columella* giustamente ha sottolineato che «la maggior parte delle persone a partire dal solstizio d’estate non ritiene che la produzione di pulcini sia buona.»

Hoc certo constat, ova facile quassari, concuti, et disperdi; si quis avibus incubantibus molestus fuerit, quo tempore dicti liquores colliquantur et turgent, membranaeque eos ambientes dilatantur et tenerascunt.

È cosa certa che le uova facilmente vengono scosse, urtate e rovinate. Se qualcuno sarà molesto nei confronti degli uccelli che covano, in quel periodo i suddetti liquidi si colliquano e si gonfiano, e le membrane che li avvolgono si dilatano e si indeboliscono.

 


[1] De Hist. anim. lib. vi. cap. 3.

[2] Ornithol. lib. xiv. pag. 217.

[3] loco citato.

[4] Ibid.

[5] Lib. de anima.

[6] Zoofiti: antica denominazione (Zoophyta) dei Celenterati, organismi ritenuti intermedi fra gli animali e i vegetali sia per la forma ramificata delle colonie sia per la forma dei polipi, vagamente simili a fiori.

[7] Pag. 217.

[8] De gen. anim. lib. iii. cap. 4.

[9] Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus (1628).

[10] De gen. anim. lib. iii. cap. 2.

[11] Lib. viii. cap. 5.

[12] Hist. anim. lib. vi. cap. 3.