Harveypullus
Il Pulcino di William Harvey


24° esercizio - Le uova gemellari

L'asterisco * indica che la voce è presente nel lessico

 [282] EXERCITATIO VIGESIMAQUARTA.
De ovis gemellificis.

24° esercizio
Le uova gemellari

GEMELLIFICA ova sunt, e quibus gemelli prodeunt pulli; eaque, ait Aristoteles[1], binis vitellis praedita sunt; qui in aliquibus tenui albuminis dissepimento separantur, quo minus inter se confusi sint: in aliis nullum est, sed se mutuo contingunt.

Le uova gemellari* sono quelle dalle quali escono dei pulcini gemelli, e Aristotele dice che esse «sono dotate di due tuorli che in alcune uova sono separati da un sottile strato di albume affinché siano meno mescolati tra loro, in altre uova non vi è alcuno strato di albume ma si toccano a vicenda.»

Vidi saepe ova gemellifica, quorum singulos vitellos bina albumina ambiebant, cum membranis communibus, propriisque singillatim obvolventibus. Alia quoque ova vidimus cum binis vitellis quasi connascentibus, quibus utrisque unicum albumen commune circumfundebatur.

Ho visto frequentemente delle uova gemellari i cui singoli tuorli erano circondati da un loro albume, con membrane comuni e proprie che circondavano ciascuna formazione. Ho visto anche altre uova con due tuorli come se fossero tra loro uniti sin dalla nascita, intorno ai quali era presente un solo albume in comune.

Gallinae nonnullae sunt, inquit Aristoteles[2], quae omnia gemellifera pariunt; in quibus, quod evenire vitello diximus, perspectum est. Quaedam enim duodeviginti cum peperisset, exclusit geminos; nisi quae irrita fuerunt. Verum ita fit, ut ex gemellis, alter maior sit, alter minor; postremus autem etiam monstruosus.

Aristotele dice: «Ci sono alcune galline che depongono tutte uova gemellari, nelle quali si è indagato ciò che abbiamo detto accadere al tuorlo. Infatti una gallina, avendone deposte 18, ne fece nascere dei gemelli, eccetto quelle che erano sterili. In realtà accade che uno dei gemelli è più grande, l'altro è più piccolo, e quest'ultimo è anche mostruoso.»

Apud nos interdum gemellifica ova nascuntur, et gemelli quoque aliquando, licet rarissime excluduntur. Ipsemet autem ambos eiusmodi foetus vivos nunquam vidi; quod vel in ovo ipso, vel in exclusione alter pereat. Idque etiam mihi ex Aristotelis verbis fit verisimile, dum alterum maiorem, alterum minorem ait: illum nempe robustiorem, et aetate provectiorem; hunc autem imbecilliorem, magisque ad exitum imparatum; siquidem, ut opinor, bini isti vitelli [283] disparis ortus et maturitatis sunt. Fieri itaque vix potest, quin robustior, et exclusioni iam paratior, si ovum aperiat, ipseque prodeat in lucem, alteri abortum afferat. Si autem ille ovum non ruperit, praesens ipsi periculum (ob defectum aeris) imminet. Adeo alterutri saltem, in exclusione, si non utrique, certa mors impendet.

Talora presso di noi nascono delle uova gemellari e talora nascono anche dei gemelli, anche se assai raramente. Ma io stesso non ho mai visto ambedue siffatti feti vivi, in quanto uno dei due muore o all'interno dell'uovo oppure durante la schiusa. E ciò mi torna verosimile anche in base alle parole di Aristotele quando dice che uno è più grande e l'altro è più piccolo: il primo è appunto più robusto e più avanzato in età, mentre il secondo è più debole e più impreparato a uscire, dal momento che a mio avviso questi due tuorli sono di nascita e maturità diversa. Pertanto difficilmente può accadere che quello più robusto e più pronto alla schiusa, se apre l'uovo e giunge alla luce, arrechi l'aborto all'altro. Infatti se il primo non avrà rotto l'uovo gli incombe un pericolo immediato (per mancanza d'aria). Tant'è che durante la schiusa almeno a uno dei due, se non ad ambedue, incombe una morte sicura.

Fabricius[3] ista Aristotelis verba vel non videns, vel negligens, ait: Quod si interdum ovum duos obtinens vitellos, intra se pullum cum quatuor cruribus, vel alis, duobusque capitibus, et id genus monstra pariat; nunquam tamen duo invicem separati (ut duo dici possint) pulli sunt: sed unus duntaxat corporis truncus est, qui duo capita, quatuor crura, aliaque huiusmodi annexa habet.

Fabrizi, o non vedendo o trascurando queste parole di Aristotele, dice: «In quanto, se talora un uovo con due tuorli genera dentro di sé un pulcino con quattro zampe o ali e due teste, e siffatti mostri, tuttavia non sono mai due pulcini tra loro separati (in modo da poter essere considerati due), ma esiste solamente un tronco del corpo che porta attaccate due teste, quattro zampe e altre cose siffatte.»

Unde constat, eum nunquam vidisse, aut ab expertis audivisse, eiusmodi ova binos pullos parere: ac proinde una mecum credere talia ova raro contingere; neque unquam excludere binos foetus vitales.

Da cui risulta che giammai egli vide o udì da persone esperte che siffatte uova generano due pulcini, e perciò a credere con me che tali uova occorrono raramente e che giammai fanno nascere feti vitali.

Miror autem (visa hac Aristotelis auctoritate) eum dicere, duos invicem distinctos pullos ex ovis eiusmodi nunquam provenire: sed monstrum semper produci. Praesertim cum ipsemet credat foetum e chalazis, tanquam, e materia fabricari; et in gemellifico ovo quatuor chalazas non videre non potuerit.

In effetti mi meraviglio (tenendo conto di questa autorità di Aristotele) che egli dica «giammai da siffatte uova nascono due pulcini tra loro separati», ma si produce sempre un mostro. Soprattutto dal momento che egli stesso crede che il feto viene fabbricato dalle calaze come se fossero materia, e nell'uovo gemellare non avesse potuto non vedere quattro calaze.

Crediderim potius, cum in ovo gemellifico duo vitelli eodem albumine concluduntur, invicemque adeo coniuncti sunt, ut eorum cicatriculae, dum simul aperiuntur, unum oculum (colliquamentum a nobis dictum) constituant; monstrosum foetum procreari posse, cum quatuor pedibus, duobus capitibus, et caetera: quippe nihil video, quod impediat: talemque ex ovo Fabricii prognatum arbitror.

Dal momento che in un uovo gemellare i due tuorli vengono racchiusi dallo stesso albume, e sono talmente uniti uno all'altro che le loro cicatricole, mentre vengono aperti nello stesso momento, costituiscono un solo occhio (da me detto colliquamento), io avrei piuttosto creduto che si può generare un feto mostruoso con quattro piedi, due teste eccetera; effettivamente non vedo nulla che possa impedirlo e ritengo che un tale feto sia stato generato dall'uovo di Fabrizi.

[284] Veruntamen ubi duo vitelli distincti fuerint, duabus tunicis propriis dissepti, et grandinibus suis, albuminibus, caeterisque ad foetus generationem necessariis instructi: cum Aristotele concludendum censeo, tale ovum, ut partes omnes (praeter corticem) duorum ovorum habet, ita et potentias quoque obtinere; ac, nisi infoecundum aut urinum fuerit, duos plerumque foetus producturum, raro autem monstrum singulare.

Tuttavia, a dire il vero, quando due tuorli sono divisi, separati da due tuniche proprie e forniti delle loro calaze, degli albumi e delle altre cose necessarie alla generazione del feto, ritengo che con Aristotele bisogna concludere che un tale uovo, come possiede tutte le parti di due uova (eccetto il guscio), altrettanto deve possederne i poteri, e, salvo sia infecondo o ventoso, per lo più produrrà due feti, ma raramente un solo mostro.

 


[1] Hist. anim. lib. vi. cap. 3.

[2] Ibid.

[3] Pag. 19.