Gallus cauda quadrupedis cum crista Gallinacea
Gallus monstrificus barbatus cornutus ocreatus cauda anguina in cuius extremitate est flocus.
Prope uropygium autem ubi adhaeret corpori habet quoddam tuberosum rotundum colore albido.
Crista palearibusque plumosis. 

Gallo con coda da quadrupede e ciuffo da gallinaceo
Gallo mostruoso, barbuto, cornuto, con gambali di cuoio e coda di serpente alla cui estremità si trova un fiocco.
In prossimità dell'uropigio, dove aderisce al corpo, presenta una sorta di tuberosità rotondeggiante di colore biancastro.
Cresta e bargigli impiumati.

alias

Basilisco

Contenuto nell'Ornithologia  di Ulisse Aldrovandi 
volume II - libro XIV - Bologna - 1600 

alias

Cockatrice

L'etimologia del vocabolo inglese cockatrice, già in uso nel 1382, riconosce questa sequenza: dall'antico francese cocatris, composto da coq = gallo + calcatrix dal latino calcare = pigiare, calpestare, che oggi senza tanti mezzi termini suonerebbe scopare, essendo calx il calcagno, e i galli lo usano per breve tempo quando si accoppiano con le galline, invece i tacchini usano i calcagni per un tempo che talora risulta letale quando calcano e spremono le tacchine. In araldica cockatrice è un  ibrido che ricorda il gallo e il serpente.

Allorché fu pubblicato il secondo volume dell'Ornithologia di Aldrovandi non erano ancora trascorsi molti lustri da quando a Basilea - il cui toponimo dal 1448 si unì al Basilisco, animale fantasioso e terribile - un gallo di undici anni era stato condannato a morte. Venne decapitato e messo al rogo essendosi permesso di andare contro natura: aveva deposto un uovo. Era il 4 agosto del 1474. Anche il suo presunto uovo venne dato alle fiamme.

A Basilea, il basilisco, da solo o in coppia, fa da supporto allo stemma civico caricato del pastorale vescovile. Sul Lungoreno si trova la Drachenbrunnen  - la fontana del drago - o Basiliskenbrunnen, una fontanella pubblica del 1884 che getta acqua in continuazione dalla bocca di un basilisco dotato di cresta semplice e di due bei bargigli da Livornese.

Così, Basilea cremò un gallo ovaiolo, ma già da 5 lustri aveva unito un essere peccaminoso, mostruoso e fantastico al simbolo del potere spirituale.  

Basilisco che fa da supporto allo stemma civico di Basilea
caricato del pastorale vescovile

Stampa del XVI secolo – archivio personale di Ottfried Neubecker

Come si può desumere da un manoscritto del 1448, il basilisco sostituì due atleti – a loro volta preceduti da due angeli – nel compito di reggere lo stemma civico di Basilea. Quindi a partire dal 1448 e per alcuni secoli il basilisco legò il suo nome a quello della città, menzionata per la prima volta come Basilia nel 374 dC da Ammiano Marcellino, quando l’imperatore romano Valentiniano I costruì una piazzaforte sull’ansa del Reno forse a difesa di un ponte. Il pastorale vescovile nero – tutt'oggi emblema civico di Basilea e del Cantone di Basilea Città – pare ricollegarsi alla reliquia del pastorale di San Germano assassinato nel 666 e che fu il primo abate del monastero di Moutier-Grandval - oggi Cantone di Berna, circa 35 km a sudovest di Basilea - abbandonato nel 1534 e poi scomparso in seguito alla Riforma protestante. Il pastorale di san Germano si trova ora nella chiesa parrocchiale di Delémont, capitale del Cantone del Giura, 47 km a nord di Berna.

Basilisco deriva dal greco basilískos, diminutivo di basiléus, letteralmente piccolo re, reuccio. Secondo la tradizione, riportata anche da Plinio il Vecchio, si trattava di un mostro favoloso, riconoscibile per recare una macchia bianca sulla testa a mo’ di diadema, dotato di poteri malefici e terribili.

Considerato il Re di tutti i serpenti e di tutti gli esseri viventi eccetto l’uomo, aveva il potere di uccidere col solo sguardo o addirittura col semplice alito, mentre nel Medio Evo si diffuse la credenza secondo cui bastava essere i primi a scorgerlo per sfuggirne gli effetti letali, anzi, di essere addirittura in grado così di ucciderlo. Presso i cristiani divenne simbolo del peccato.

Altre fonti riferiscono trattarsi di un serpentello il cui capo è ornato da un diadema bianco; secondo altre ha il corpo di un gallo, coda di serpente o di lucertola, ali di drago, becco d'aquila; infine, secondo altre fonti ancora, avrebbe portamento eretto e sembianze umane.

Il basilisco nascerebbe dall’uovo deposto da un gallo di 7 anni, covato dal gallo stesso oppure da un serpente o da un rospo, o avrebbe addirittura come padre un gallo e come madre un rospo, e il suo sangue, come quello dei draghi, sarebbe dotato di straordinarie virtù terapeutiche.

Ben altra cosa sono i Basilischi appartenenti alla famiglia degli Iguanidi: recano sul capo una sorta di stretto elmo e sul dorso un’alta cresta, possono correre sull’acqua raggiungendo i 12 km orari. Il Basilisco comune, Basiliscus basiliscus, vive in America Centrale come le altre specie.  

Basiliscus basiliscus - Iguanidae

Ma, Aldrovandi, credeva al basilisco?

Innanzitutto non credeva che un gallo potesse produrre un vero uovo, confortato dal fatto che nessuno si è mai sognato di asserire che un uomo è in grado di partorire. E Aldrovandi, oltretutto, non credeva che da simili uova di gallo potesse nascere un basilisco.

Ma, del basilisco, ne parla piuttosto a iosa nel secondo volume della sua Ornithologia, riportando da Claudio Eliano come il basilisco, temutissimo dai serpenti, tema invece a tal punto il gallo che coloro che intraprendono un viaggio nelle sconfinate solitudini della Cirenaica ne portano uno al seguito nell'eventualità di dover incappare in quella maledetta bestiaccia: come sente il canto del gallo, viene assalita da un terrore tale da addirittura morire.