Vol. 2° -  XXIII.5.3.

Inbreeding o Inincrocio

Questo metodo consiste nel far riprodurre fra loro animali dotati di un rapporto di parentela, per cui si tratta della riproduzione consanguinea. Si distinguono due forme di consanguineità:

§   closebreeding o consanguineità stretta: riproduzione tra fratelli e sorelle pieni; riproduzione tra padre e figlie; riproduzione tra madre e figli

§   linebreeding o riproduzione per linea: riproduzione fra mezzi fratelli e mezze sorelle; riproduzione fra cugini; riproduzione fra nonni e nipoti e fra nonne e nipoti. Quindi l’inincrocio per linea si verifica quando gli individui vengono accoppiati in modo da mantenere i propri discendenti imparentati strettamente con uno o più ascendenti famosi, ma senza ricorrere a uno stretto inincrocio.

Abbiamo visto che il termine linee pure fu coniato dal botanico danese Johannsen. In allevamenti chiusi si può giungere a un elevato grado di omozigosi e l’allevatore può a volte constatare che i suoi tentativi di selezione diventano sempre più ardui col passare degli anni.

Si arriva a un limite oltre il quale è difficile compiere ulteriori progressi. Giunti a questo stadio, viene talora consigliato di immettere nuovi geni di altra provenienza e di ricominciare, ma, se questo sembra valido in teoria, non si è ancora dimostrata l’effettiva validità di tale metodo per superare i livelli raggiunti.

Dopo la scoperta dei geni, il tabù della consanguineità è stato un po’ sfatato e ridimensionato. L’effetto generale della consanguineità consiste nell’aumento percentuale di coppie geniche omozigoti. In parecchi loci possono essere presenti geni letali e geni che inducono l’insorgenza di gravi difetti. L’omozigosi di tali loci provoca la comparsa di anomalie tali che gli allevatori rimpiangono amaramente di aver fatto accoppiare soggetti troppo strettamente imparentati. Possiamo però affermare che la consanguineità non è di per sé dannosa, lo è solo per il fatto di mettere in evidenza i caratteri negativi dovuti a geni recessivi.

Il closebreeding, anche se ha generato ottimi riproduttori, deve essere usato con cautela, utilizzando animali, soprattutto maschi, di valore eccezionale e che possibilmente si siano già rivelati capaci di assicurare una buona discendenza.

Il linebreeding può essere invece applicato largamente. Quando un allevatore di bovini ha la fortuna di possedere un toro che non solo ha un buon fenotipo ma che, attraverso il controllo dei figli e delle figlie nei confronti delle rispettive madri ha dimostrato di possedere un buon genotipo e di essere esente da geni subletali o letali, potrà impiegarlo con probabilità di successo nella riproduzione consanguinea, dapprima con sorelle piene e con mezze sorelle, e se i risultati saranno buoni potrà essere impiegato anche con le figlie e le nipoti. Comunque, con il linebreeding si deve tendere a costituire una linea facente capo a un buon riproduttore. In seno a una razza è opportuno costituire due o più linee aventi determinate caratteristiche utili.

Così facendo si possono realizzare due grandi vantaggi: anzitutto quello di fissare, nelle singole linee, determinati caratteri che non sempre è possibile fissare in una stessa linea, rendendo così possibile la riproduzione interlineare al duplice scopo di migliorare la discendenza e di riunire in essa le buone caratteristiche delle due linee.

Gli studi più  recenti hanno dimostrato la grande utilità di costituire dapprima numerose linee consanguinee, per procedere poi alla loro ibridazione.

Un caso tipico di comparsa di vigore ibrido negli incroci tra linee della stessa razza fu riscontrato incrociando 2 ceppi di Livorno bianca alla Cornell University:

Schiusa di uova fertili

aumento

4,7%

Giorni per la deposizione del 1° uovo

riduzione

5 giorni

Uova deposte fino a 500 giorni

aumento per gallina

22-25 uova

Peso dell’uovo

aumento

2 grammi

Peso corporeo dell’adulto

aumento

130 grammi

I ceppi usati per questi incroci erano stati allevati in condizioni tali per cui non vi era stata immissione di sangue nuovo da 13 anni. Il vigore ibrido non aumenta automaticamente ad ogni incrocio. Talora si debbono provare decine d’incroci prima di trovare quello utile.

Contrariamente a quanto si crede, i continui accoppiamenti nell’ambito dello stesso ceppo non sempre comportano un veloce inincrocio. L’aumento dell’omozigosi nei ceppi chiusi dipende in gran parte dal numero di maschi usati per ottenere ogni generazione. È stato calcolato da Wright che quando il numero delle femmine è largamente superiore a quello dei maschi, come avviene di solito negli allevamenti di animali domestici, l’eterozigosi si riduce ad ogni generazione dell’1÷8N, in cui N è il numero dei maschi usati. Così, se in una certo gruppo si impiegano 4 maschi per stagione, si aumenta l’omozigosi solo del 3,1% ad ogni generazione. Se si impiegano 10 maschi, il valore si riduce a poco più dell’1,2%. Lenti approcci all’omozigosi condotti in questo modo non danneggiano molto un ceppo, se si ha l’avvertenza di non impiegare gli animali difettosi e di evitare gli accoppiamenti tra soggetti troppo strettamente imparentati.

Il ceppo Cornell S di Livorno bianca è stato riprodotto per molti anni usando ogni anno 8 maschi, di cui 4 erano riproduttori selezionati e altri 4 non lo erano, accoppiando ciascun gallo con circa 13 galline. A partire dal 1940 non si introdusse nuovo sangue nel ceppo e si evitò l’inincrocio troppo stretto. Dopo 30 anni di allevamento chiuso, il grado di inincrocio era di poco superiore al 39%. Ciò nonostante la fecondità e la fertilità del ceppo erano ottime. Negli ultimi 2 anni la fertilità media era superiore al 90% e la schiusa delle uova fecondate pari all’89,7%.

5.3.a. Grado di inincrocio

Misurare la parentela genetica consiste nel valutare in termini statistici e probabilistici la percentuale di geni provenienti da un antenato. Se si accoppiano due individui che siano parenti, vi è una certa probabilità che i prodotti siano omozigoti rispetto a determinati geni. Questa probabilità è misurata dal coefficiente di consanguineità dovuto a Wright (1922).

La formula matematica permette di calcolare il grado di inincrocio, o coefficiente di consanguineità Fx, di un soggetto x di cui si conosce il pedigree:

Fx = S [(½)n + n’ + 1] (1+FA)

n è il numero di generazioni che separano il padre di x da un antenato A comune al padre e alla madre di x

n’ è il numero di generazioni che separano la madre di x e lo stesso antenato comune A

S = sommatoria dei contributi diversi dovuti a ciascun ascendente comune

FA è il coefficiente di consanguineità dell’ascendente comune A, nel caso sia esso stesso inincrociato

La sommatoria S si applica a tutte le catene di generazioni che passano dal padre alla madre di x attraverso un antenato comune, senza passare per più di una volta attraverso lo stesso animale.

Il coefficiente di Wright esprime il grado di parentela tra riproduttore maschio e femmina. Questa parentela, se esiste, dipenderà dalla più o meno lontana presenza di un ascendente comune nell’albero genealogico. Se i due genitori hanno in comune più di un ascendente, è probabile che siano più strettamente imparentati di quando ne hanno uno solo.

Senza dilungarsi in diagrammi e calcoli, si possono ritenere validi i dati seguenti:

o inincrocio di fratellastri: x è inincrociato per il 12,5%

o inincrocio tra fratello e sorella con 2 ascendenti comuni: x è inincrociato per il 25%

o due generazioni di accoppiamenti tra fratello e sorella con 4 ascendenti comuni: x è inincrociato per il 37,5%

o incroci in cui l’ascendente comune è inincrociato: x inincrociato per il 31,2%.

La consanguineità di un soggetto è legata al numero di antenati comuni. Prendiamo l’esempio di un accoppiamento tra fratello e sorella con 2 antenati comuni: se gli antenati non sono essi stessi consanguinei, il tasso di consanguineità è del 25% e il tasso di omozigosi è del 62,5%

Un calcolo dello stesso tipo dimostrerebbe che nel caso di un incrocio tra padre e figlia oppure tra madre e figlio, il tasso di consanguineità è del 25%. Quindi, contrariamente a un’idea molto diffusa, il tasso raggiunto nel primo caso non è più elevato rispetto al secondo.

Da quanto esposto scaturisce una norma fondamentale: la riproduzione consanguinea deve essere praticata basandosi rigorosamente sui meriti dei soggetti, cioè sulle loro caratteristiche positive.

Un’altra norma basilare riguarda il coefficiente o percento di consanguineità: se un maschio viene accoppiato con le sue figlie, i prodotti saranno consanguinei nella proporzione del 25%. Se queste figlie sono di nuovo accoppiate col maschio originale, si avrà un altro grado di consanguineità del 12,5% per un totale del 37,5%. Se il maschio originale dovesse ancora essere usato per fecondare le ultime figlie, si avrebbe un ulteriore aumento del 6,25% per un totale del 43,75%. Ad un così alto livello di consanguineità molto probabilmente andremo incontro a inconvenienti.

Se un maschio viene accoppiato con le nipoti, le figlie avranno un coefficiente del 12,5%; se poi queste pronipoti saranno fecondate da un maschio figlio del maschio originale, il coefficiente aumenterà del 3,125%, per cui il valore effettivo raggiungerà il 15,625%. In generale è consigliabile non raggiungere un alto coefficiente, raramente oltre il 12,5%, e non bisogna fare salti eccessivi ad ogni generazione.

Da ricordare che qualunque sia il sistema adottato, in nessun caso creeremo geni nuovi. Ci limiteremo ad accoppiare due alleli uguali oppure diversi. Per un allevatore che dispone di animali di qualità media, il metodo migliore consiste nel far riprodurre fra loro soggetti non imparentati, ottenendo una selezione non consanguinea. Se invece si ha la fortuna di incappare in un maschio di qualità eccezionali, allora si potrà ricorrere al linebreeding con la sicurezza di ottenere buoni risultati. Il closebreeding è consigliabile per produrre maschi da impiegare in altri allevamenti.

Ma a chi non può fare a meno di strizzarsi il cervello con diagrammi e calcoli, ecco quanto offre l'amico Ingegner Dario Ravarro, che con quanto segue augura a tutti gli Allevatori un proficuo 2010. E spero vivamente che il suo prezioso ed encomiabile contributo produca risultati positivi anche nei lustri a venire.

Parentela e Consanguineità
Dario Ravarro
2010

5.3.b. Effetti generali e rischi dell’inbreeding

Talora il risultato più evidente di uno stretto inincrocio è quello di ridurre il tasso riproduttivo e provocare la comparsa di caratteri letali o comunque dannosi. Se i geni sono omozigoti, è evidente che i soggetti vengono eliminati dalla natura stessa. Si sente dire perciò che l’inincrocio è un metodo per purificare la razza, ma sfortunatamente quando si eliminano geni nocivi si elimina anche una gran quantità di geni positivi che si sono indissolubilmente legati ai nocivi. Alcune delle linee fortemente inincrociate sono mediocri e proprio per questo molte vengono eliminate a causa dell’incapacità riproduttiva.

Si verifica quindi, negli animali che sopravvivono al processo di purificazione, una depressione da inincrocio dei caratteri quantitativi. In altri termini, prestazioni come la schiusa, il numero di uova deposte, la vitalità e il tasso d’accrescimento, risultano ridotti.

Oltre a questi fattori negativi, vi è solitamente una segregazione degli individui in linee distinte, ma con sempre più alta uniformità all’interno delle singole linee, dato che gli individui all’interno di esse tendono ad avere sempre più geni in comune.

Nonostante la frequente depressione da inincrocio, è possibile allevare e mantenere dei ceppi fortemente inincrociati, derivati da tanti accoppiamenti tra fratelli e trisnipoti da poter essere considerati omozigoti per tutti i loci. Tuttavia, nei polli, inincroci continui tra fratelli hanno portato nella maggior parte dei casi all’estinzione delle linee nel giro di 6-8 generazioni, dovuta al calo della capacità riproduttiva.

Se l’inincrocio comporta un aumento dell’uniformità genetica, bisogna stare continuamente all’erta per impedire che si riproducano animali dal vigore ridotto. La minor schiusa delle nidiate è il primo segno che il grado di inincrocio è troppo stretto.

In genere si debbono evitare gli accoppiamenti tra parenti troppo stretti per poter mantenere il grado di inincrocio abbastanza basso. Si deve tenere ben presente che l’inincrocio non crea nuovi geni nocivi, bensì è solo in grado di mettere in evidenza quei geni che si celano nella popolazione.

 sommario 

 avanti