Vol. 2° -  XXVIII.15.1.

Ipofisi: Melanocyte Stimulating Hormone - MSH

La presenza nei mammiferi di una sostanza dotata di attività melanocitostimolante contenuta nella parte intermedia dell’ipofisi fu riconosciuta per la prima volta da Atwell (1919). Già allora le rane venivano impiegate per saggiare l’attività melanocitostimolante degli estratti ipofisari. Nella rana la pelle si scurisce come risultato di una dispersione dei granuli di melanina nel contesto dei melanofori stimolati. Successivamente venne dimostrato che la somministrazione protratta di estratto ipofisario comporta un aumento della quantità totale di melanina presente nella cute degli anfibi.

L’MSH appartiene a una famiglia di ormoni peptidici, come l’ACTH o adrenocorticotropo, l’LH o a-lipotropina, le endorfine, l’encefalina e altri ancora, derivati tutti quanti da una proteina che rappresenta l’antenato comune, la propiomelanocortina.

Negli estratti di ipofisi intermedia sono presenti fondamentalmente due forme distinte di MSH: a-MSH e b-MSH. Si tratta di due piccoli peptidi contenenti la sequenza octapeptidica Met-Glu-His-Phe-Arg-Trp-Gly presente in ACTH e LH, essenziale per l’attività biologica dell’MSH. L’ACTH puro ha un’attività MSH intrinseca, con un grado di attività pari a 1/40 di quella dell’a-MSH su base molare.

L’attività dell’MSH viene abitualmente saggiata in vitro sulla pelle di rana, e si basa sulla dispersione centrifuga dei granuli di melanina nei dendriti dei melanofori del derma, cui consegue uno scurimento della cute. In condizioni ottimali si riesce a mettere in evidenza concentrazioni minime di MSH, dell’ordine di 10-11 M. Questo fatto permette di scoprire lo stato gravidico della donna, durante il quale esiste un aumento dell’attività simil-MSH ematica e perciò urinaria, forse di origine fetale.

In condizioni fisiologiche l’uomo adulto sembra non possegga MSH circolante. Tuttavia è ormai certo che l’a-MSH è presente nel sistema nervoso centrale, specialmente nell’area dell’ipotalamo in connessione con l’ipofisi. Sia nell’uomo che negli animali l’a-MSH può giocare il ruolo di neuropeptide in tutta una serie di funzioni fisiologiche non correlate con la pigmentazione, come l’aumento della motivazione e della capacità di apprendere, lo stato di veglia, la crescita del feto, l’eccitamento sessuale.

a-MSH: viene sintetizzato e secreto dalle cellule opiomelanotropinergiche delle due parti intermedie dell’ipofisi e dai neuroni del sistema nervoso centrale. Nelle specie senza le due parti intermedie, come il pollo, la sintesi di a-MSH si verifica nella neuroipofisi. Il rilascio di a-MSH, sia nei mammiferi che negli anfibi, si trova sotto il controllo di uno specifico inibitore di origine ipotalamica, MIF o MSH-release inhibiting factor. Pare esista anche un fattore di rilascio di origine anch’esso ipotalamico, detto MRF. Tutti questi dati debbono essere attentamente considerati prima di stabilire con sicurezza gli effetti dell’a-MSH sul sistema melanocitario. Inoltre, come puntualizzato da Lerner (1961), il ruolo fisiologico principale di questo ormone può non consistere nel controllo della pigmentazione, nonostante questo fenomeno abbia condotto alla sua scoperta.

L’a-MSH è un acetiltridecapeptide identico alla sequenza 1-13 dell’ACTH. La forma deacetilata è meno potente e probabilmente acetilazione/deacetilazione hanno una funzione regolatrice nel controllo dell’attività dell’ormone.

b-MSH: contiene la stessa sequenza eptapeptidica che funge da messaggero, ma con differenti aminoacidi fiancheggianti. I dati attuali sono a favore del fatto che l’a-MSH rappresenti la forma fisiologicamente rilevante dell’ormone melanotropico e che probabilmente il b-MSH sia un prodotto di degradazione della b-lipotropina che ha 91 residui aminoacidici e lo stesso nucleo peptidico dell’ACTH. Sono stati sintetizzati degli analoghi dell’a-MSH dotati di un’azione da 100 a 1.000 volte maggiore rispetto all’ormone naturale. Una di queste varianti potrebbe essere impiegata per incrementare la pigmentazione cutanea in caso di vitiligo e di altri disordini pigmentari.

Gli eventi biochimici responsabili della dispersione dei melanosomi indotta dall’MSH in seno ai cromatofori dei vertebrati a sangue freddo, sono analoghi a quelli del rilasciamento della muscolatura liscia. Ambedue i processi coinvolgono l’attivazione dell’adenilciclasi di membrana e successivo aumento del cAMP intracellulare, cui fa seguito una sequestrazione di ioni calcio dal citosol alla membrana citoplasmatica. L’assenza del catione bivalente Ca++ può quindi attivare direttamente o indirettamente i melanofilamenti, col risultato di una dispersione dei melanosomi.

La citocalasina B che provoca una scomparsa dei microfilamenti, inibisce in modo reversibile la dispersione dei melanosomi come risposta all’MSH. Il calcio sembra specificamente richiesto per una trasduzione del segnale tra i recettori dell’a-MSH e l’adenilciclasi, ma non per i movimenti dei melanosomi in sé, in quanto la dispersione del pigmento è osservabile anche in un mezzo senza ioni calcio in risposta alla teofillina o al dibutirril cAMP.

Gli eventi successivi che portano a un aumento della melanogenesi sono meno conosciuti, anche se pare che essa risulti da un’attivazione della stessa proteinchinasi cAMP dipendente. L’azione di questa chinasi potrebbe consistere nella fosforilazione di una o più proteine che possono dare inizio alla cosiddetta cascata di eventi che comporta un aumento della tirosinasi intracellulare con incremento della melanogenesi.

Geschwind (1972) ha trovato che l’a-MSH ha un effetto pigmentante sul mantello del topo aguti, mentre non ha alcun effetto significativo sul colore dei peli del topo giallo omozigote per il gene recessivo e, anche se dotato dell’allele Ay. Si può pertanto affermare che l’a-MSH non ha effetti sull’attività tirosinasica e sulla melanogenesi a livello dei melanociti del follicolo pilifero del topo non aguti, per cui la sua azione dovrebbe dipendere dall’espressione del locus aguti.

Si è suggerito che, nonostante i meccanismi intracellulari regolanti la tirosinasi siano attivi, i melanociti possono non necessariamente esprimere i loro recettori a-MSH in modo continuo. Questo potrebbe spiegare perché i melanociti follicolari del criceto siberiano e del topo rispondono all’a-MSH solo durante la crescita del pelo.

Differenze nella risposta all’MSH potrebbero anche spiegare lo scurimento del mantello e l’incremento dell’attività tirosinasica che si verifica nei melanociti follicolari di certi topi durante il periodo della sintesi eumelanica, nei quali l’effetto dell’a-MSH si riduce di pari passo col ridursi della sintesi dell’eumelanina, per essere eventualmente persa durante l’intervallo di tempo in cui i melanociti producono prevalentemente feomelanina. Finché i meccanismi cAMP dipendenti possono regolare la tirosinasi durante il periodo dell’eumelanogenesi, non svolgono alcun effetto sui melanociti formanti feomelanina. Se così fosse, l’incapacità dei melanociti a rispondere all’a-MSH durante la feomelanogenesi potrebbe essere dovuta a una mutata risposta al cAMP piuttosto che a un’espressione del recettore.

Si pensa generalmente che l’a-MSH sia anche in grado di stimolare i melanociti epidermici dell’uomo e che pertanto può rappresentare un ormone pigmentante. Esami microscopici dopo iniezione di a-MSH hanno messo in evidenza che la dispersione dei granuli di melanina nei dendriti precedeva l’avvio di neomelanogenesi per attivazione della tirosinasi. Tuttavia, correlazioni tra pigmentazione e livelli di MSH circolante esistono solo quanto i tassi di ormone sono estremamente elevati come in certi disordini dell’asse adreno-ipofisario.

15.1.a. Somministrazione di MSH all’Uomo e alla cavia

Sia l’MSH che l’ACTH presentano un’identica sequenza di 7 aminoacidi. Poiché è ormai definitivamente acquisito che la specificità delle azioni biologiche è legata alla specifica sequenza degli aminoacidi nelle molecole, le somiglianze strutturali tra MSH e ACTH possono suggerire il perché di un’attività stimolante sulla melanogenesi anche da parte dell’ACTH, che nelle forme di morbo di Addison [1] più frequenti si trova in circolo in quantità esuberante, dato che la sua produzione non è più controbilanciata dal cortisone; l’attività melanocitostimolante è circa 1/100 di quella dell’MSH.

Nonostante queste sottigliezze biochimiche che sanno quasi di pedanteria, alcuni distretti cutanei delle razze bianche si scuriscono durante la gravidanza per un’ipertrofia dell’ipofisi; nel morbo di Addison l’iperpigmentazione scompare o si attenua con la terapia cortisonica sostitutiva. L’imbrunimento delle palpebre che può rapidamente far seguito a uno stress emotivo potrebbe essere dovuto a una brusca liberazione di MSH e di ACTH, in conseguenza della mobilitazione dell’asse ipofiso-surrenale, che fa parte delle primissime fasi della sindrome d’adattamento.

Nell’uomo l’iniezione intramuscolare di un estratto crudo di ipofisi suina è in grado di scurire sia la cute che i nevi.

Ambedue le forme di MSH sono in grado di incrementare il contenuto di melanina nei dendriti della cavia e di far aumentare la quota di melanina libera, specialmente la forma a dell’ormone. In parecchi soggetti sottoposti a trattamento la quota di melanina presente nel corpo cellulare risultava ridotta. Pertanto si dedusse che i granuli erano stati dispersi nei dendriti come accade nei melanofori degli anfibi e che l’apprezzabile aumento della melanina extramelanocitaria starebbe a indicare un corrispondente aumento dell’attività tirosinasica dei melanociti.

Lerner & Snell (1966) hanno potuto dimostrare nell’uomo che, dopo iniezioni di a-MSH racemizzata, si verifica un marcato scurimento della cute di tutto il corpo, valutabile clinicamente. Dai dati emersi nella cavia, si può arguire che nei mammiferi abbiano luogo due processi separati:

§   dispersione dei granuli di melanina, desumibile da un allungamento e da un ingrossamento dei dendriti ripieni di melanina

§   aumento della sintesi melanica, deducibile da un netto incremento della melanina libera nei cheratinociti circostanti.

 sommario 

 avanti 



[1] Il morbo di Addison (Thomas Addison, medico inglese, Longbenton 1793 - Brighton 1860) è caratterizzato da una progressiva ridotta sintesi di cortisone da parte delle ghiandole surrenali, che incappucciano il polo superiore del rene. La causa più frequente è una distruzione dovuta al bacillo tubercolare. John Fitzgerald Kennedy ne soffriva fin da quando era tra i Marines. Si include nel morbo di Addison anche quella forma secondaria a un deficit di produzione di ACTH da parte dell’ipofisi: questa variante non presenta iperpigmentazione cutanea, e il motivo è ovvio.