Lessico


Diogene Cinico
Diogene di Sinope

Diogene nella botte - da un bassorilievo di Villa Albani
disegno contenuto nel II volume dei Monumenti inediti
di Johann Joachim Winckelmann (Stendal 1717-Trieste 1768)

Filosofo cinico greco (Sinope, oggi Sinop in Turchia,  412 ca. - Corinto 323 aC) vissuto ad Atene, dove fu discepolo del filosofo Antistene. La sua figura è divenuta ben presto leggendaria e fiorirono gli aneddoti su di lui per la sua vita stravagante, la sua opposizione alle convenzioni e la sua ricerca di libertà dai legami della vita sociale e dai bisogni materiali; tra l'altro si narrava di un suo incontro con Platone, che lo avrebbe chiamato “Socrate impazzito”, e con Alessandro Magno.

Diogene di Sinope - Raffaello Scuola di Atene 

La Scuola di Atene (1509-10) fa parte del ciclo di affreschi dipinti da Raffaello per la Stanza della Segnatura nei Palazzi Vaticani. L'opera, che raffigura anche Aristotele e Platone insieme ad altri filosofi dell'antichità, appartiene al periodo della maturità artistica del pittore. La grandiosa concezione e il possente impianto prospettico, uniti allo straordinario fascino della rievocazione di uno fra i momenti più alti nella storia della civiltà occidentale, fanno di questo affresco uno dei più celebri capolavori del Rinascimento.

Diogene non è citato da autori suoi contemporanei, né lasciò scritti; i discepoli probabilmente ne conservarono i detti, ma quelli tramandati fino a noi sono in gran parte assai più tardi. L'atteggiamento di Diogene è anarchico e cosmopolitico, anticulturale e contrario a ogni forma di organizzazione civile e politica, volto all'esasperata affermazione dell'autodominio e della virtù come astinenza.

da Veterum illustrium philosophorum etc. imagines (1685)
di Giovanni Pietro Bellori (Roma 1613-1696)

Cinico

da Veterum illustrium philosophorum etc. imagines (1685)
di Giovanni Pietro Bellori (Roma 1613-1696)

Cinico viene dal greco kynikós, canino. La scuola cinica fu fondata da Antistene (Atene ca. 444 - ca. 365 aC) e deriva il suo nome dal fatto che, nel disprezzo di ogni mondanità, i cinici conducevano una vita da cani. Sulla scia del loro maestro, i cinici erano scettici in gnoseologia e criticavano la dottrina platonica delle idee, intendendo la filosofia esclusivamente come etica. Alla felicità – affermavano – conduce non il sapere, ma l'agire pratico; la virtù consiste nell'assenza di bisogni, nella libertà dagli istinti; tutto il resto, ricchezza, onori, salute, libertà politica, famiglia, Stato, patria sono indifferenti e non devono distrarre il singolo dal conseguimento della virtù. La scuola cinica si oppose così a ogni forma di civilizzazione ed esaltò lo stato di natura. Cinici celebri (anche e soprattutto per l'eccentricità e paradossalità del loro comportamento) furono Diogene di Sinope e il suo allievo Cratete di Tebe. Assieme agli altri, essi furono portavoce di un individualismo radicale e non privo di sfumature cosmopolite, preoccupati non tanto di rivendicazioni di carattere sociale quanto di affermare i diritti di un'aristocrazia morale.