Lessico


Elefantiasi

L'elefantiasi è una forma morbosa caratterizzata da ipertrofia della cute e del tessuto cellulare sottocutaneo, associata a edema cronico, infiammazioni croniche e ripetute dei vasi sanguigni e linfatici, erisipela. La causa dell'elefantiasi può essere un impedimento della circolazione linfatica, venosa o un'infezione streptococcica.

Nei Paesi tropicali e subtropicali le filariosi linfatiche interessano più di 90 milioni di individui in tutto il mondo e sono dovute alla localizzazione a livello dei vasi linfatici delle filarie (il nematode Wulchereria bancrofti o Brugia malayi) e a infezioni secondarie dovute a scarsa igiene. Come conseguenza si ha un aumento di massa o di volume di tutte le regioni colpite.

Larva o microfilaria di Wuchereria bancrofti 

Le microfilarie o larve di Wuchereria bancrofti misurano da 244 a 296 μm in lunghezza e da 7,5 a 10 μm in diametro. Le femmine adulte misurano da 8 a 10 cm in lunghezza e da 0,24 a 0,30 mm in diametro. I maschi adulti misurano 4 cm in lunghezza e 0,1 mm in diametro. Le larve sono presenti nel sangue e tramite zanzare (vettore principale è il Culex quinquefasciatus) esse vengono trasmesse dal soggetto malato al soggetto sano; le filarie adulte si localizzano nelle linfoghiandole e nei vasi linfatici, provocando flogosi e ostruzioni dei vasi linfatici e producendo sostanze tossiche che causano notevoli reazioni organiche generali. La diagnosi si formula in base al reperto di microfilarie nel sangue e nelle urine prelevati nelle ore notturne. Il farmaco d'elezione è la dietilcarbamazina per via orale. La cura dell'elefantiasi richiede l'intervento chirurgico. La profilassi viene effettuata mediante somministrazione settimanale di dietilcarbamazina.

Si hanno due sedi di elezione dell' elefantiasi: l'arto inferiore e gli organi genitali esterni. L'arto colpito, per le sfavorevoli condizioni circolatorie, assume forme a colonna o a gamba d'elefante. La localizzazione dell'elefantiasi agli organi genitali esterni, comune piuttosto nei Paesi orientali, si manifesta con ipertrofia di tutti gli elementi dello scroto, soprattutto del connettivo. Il testicolo e il cordone deferente appaiono illesi, mentre il pene quasi scompare in una specie di depressione imbutiforme. La terapia in questo caso è chirurgica.

Negli animali l'elefantiasi, detta anche pachidermia, si riscontra talvolta nei cavalli (pastorali degli arti posteriori) e nei cani vecchi (scroto).

 

Storia della filariosi

Il poeta latino Lucrezio (99-55 a.C.) notò la deturpante ipertrofia dei tessuti molli degli arti inferiori che affliggeva alcune popolazioni nilotiche e la chiamò elephas morbus, cioè, elefantiasi: Est elephas morbus qui propter flumina Nili / gignitur Aegypto in media neque praeterea usquam (De rerum natura VI). La statua del faraone egiziano Mentuhotep II (2000 aC circa) lo ritrae con gli arti ingrossati, pertanto si può ipotizzare che fosse affetto da elefantiasi.

Mentuhotep II della XI dinastia egiziana (ca. 2065-2000 aC)
Cairo - Museo Egizio

Gli autori romani distinguevano una elephantiasis graecorum di natura lebbrosa da una elephantiasis arabum riferita alla filariasi linfatica.

Il primo certo riferimento alla filariasi linfatica risale al XVI secolo. L'esploratore olandese Jan Huygen Linschoten, in una visita a Goa in India, notava che i discendenti di coloro che "avevano ucciso san Tommaso [apostolo] (che una leggenda afferma essere stato il primo evangelizzatore dell' India e ivi martirizzato) erano tutti nati con un arto inferiore, ingrossato dal ginocchio in giù, simile alla zampa di un elefante"; pertanto la filariosi linfatica era conosciuta come la "maledizione di san Tommaso".

Nel 1849, William Prout, nel suo trattato "Sulla natura e sull trattamento delle patologie gastriche e renali (On the Nature and Treatment of Stomach and Renal Diseases)" descrisse per primo la chiluria.

Nel 1863 Jean Nicholas Demarquay descrisse per primo le "microfilarie", trovate nel fluido scrotale di un giovane paziente cubano con idrocele.

Nel 1866 a Salvador nella Bahia (Brasile), Otto Wucherer trovò delle microfilarie nelle urine di un paziente brasiliano con ematuria e chiluria.

Nel 1871 Timothy Lewis, a Calcutta in India, scoprì la presenza di microfilarie nel sangue periferico di un paziente indiano affetto da elefantiasi.

Nel 1876, a Brisbane nel Queensland (Australia), sir Joseph Bancroft, medico e chirurgo inglese (Stretford, Manchester, 1836 - Brisbane 1894), in un ascesso e nel fluido raccolto da un idrocele, scoprì le forme adulte di quella che l'elmintologo Thomas Spencer Cobbold in suo onore chiamò Filaria bancrofti.

Nel 1877 sir Patrick Manson, ad Amoy in Cina, trovò microfilarie della filaria di Bancroft nel sangue di uomini e cani e ne ipotizzò il ciclo vitale e la trasmissione: scoprì forme larvali di filaria di Bancroft in zanzare del genere Culex, alle quali aveva fatto pungere il suo cameriere cinese affetto dalla filariasi. Manson dimostrò che le zanzare acquisivano le microfilarie con il pasto ematico, ma non si spiegava come poi venissero di nuovo trasmesse all'uomo: pensava che le filarie uscissero dalle zanzare, contaminassero le acque potabili e infettassero l'uomo attraverso l'ingestione (come per la dracunculiasi) o per penetrazione della cute (come per le schistosomiasi). La trasmissione con la puntura della zanzara fu ipotizzata dal parassitologo australiano Thomas Bancroft e dimostrata dall'assistente di Manson, George Carmichael Low, che trovò le microfilarie nella proboscide delle zanzare.

Nel 1921 fu creato il genere Wuchereria e vi fu inclusa Wuchereria bancrofti.

Nel 1927 in Indonesia, S.L. Brug, parassitologo olandese, scoprì microfilarie di una nuova specie: "Filaria malayi". Buckley nel 1958 la classificò nel nuovo genere "Brugia", col nome di Brugia malayi.

Nel 1940 in India, Rao e Maplestone scoprirono le forme adulte di Brugia malayi.

Nel 1947 Hewitt scoprì l'attività filaricida della Di-etil-Carbamazina.

Nel 1977 vennero scoperte le forme adulte di quella che era nota come la microfilaria di Timor: la nuova specie fu chiamata Brugia timori.