Lessico


La gallina bionda
delle Crivelle

di Giorgio Scelsi

Mi chiamo Giorgio Scelsi e come socio della COPAGRI di Asti approfitto dell'Associazione per trattare un argomento che, in futuro, potrebbe rivelarsi una fonte economica rilevante per molte aziende agricole dell'Astigiano. Mi riferisco alla razza avicola denominata Bionda di Buttigliera e delle Crivelle.

So che sono stati fatti convegni sulla gallina bionda ed è anche stata costituita un'associazione per la tutela della stessa. Vengono presentate fotografie di esemplari di tale razza un po' dappertutto. Debbo dire che tali fotografie possono andar bene per gente non del mestiere perché si riferiscono a un moderno incrocio anziché alla vera razza bionda che fu sicuramente selezionata nel Medio Evo e che oggi, anno 2008, è estinta.

Dico ciò a ragion veduta perché sono l'unico agricoltore ex avicoltore che ha studiato scientificamente gli ultimi esemplari di tale razza dagli anni '90 al 2000. Però il mio approccio a tale razza risale agli anni '80 del secolo scorso quando, attraversando l'altopiano che da Villanova d'Asti porta a Chieri, notai nelle campagne due differenti razze di galline: una dalla livrea rossa che abitava il territorio sotto il comune di Villanova, l'altra bionda o quasi bionda che pascolava nel territorio del comune di Buttigliera d'Asti e nel territorio del comune di Riva di Chieri.

All'esame visivo compresi subito che si trattava di due razze del ceppo mediterraneo con caratteristiche inequivocabili riconducibili alla razza Livornese, razza che in tempi antichi era stata utilizzata per migliorare il patrimonio avicolo dell'intera Italia.

Poiché a Riva di Chieri avevo dei conoscenti, chiesi a loro notizie su queste due razze. Mi riferirono che questi polli erano stati sempre allevati da tempo immemorabile ognuno nel proprio territorio di origine e che la Bionda di Buttigliera, assai più pregiata della rossa, originatasi nella frazione Crivelle, si era diffusa anche nel comune di Riva di Chieri dando in seguito origine a una sottorazza che differiva dalla razza originale esclusivamente per la taglia inferiore.

Dieci anni dopo, per lavoro, mi trovai in un'azienda agricola della frazione Savi di Villanova e notai che nei cortili razzolavano galline dalla livrea rossa, altre rosse con coda e remiganti nere, altre ancora interamente bionde. Chiesi spiegazione al proprietario e mi fu risposto che quello era il risultato di scambio di galli tra gli allevatori delle due razze per sopraggiunti problemi di consanguineità. Mi fu detto, però, che alla frazione Crivelle di Buttigliera gli allevatori che avevano incrociato meno detenevano una gallina quasi bionda assai più produttiva.

Avuto l'indirizzo di uno di questi allevamenti, nel 1995 mi procurai 240 pulcini e iniziai lo studio della razza bionda. Un moderno studio consiste nell'osservare, trarre deduzioni e applicare quanto la scienza mette a disposizione. Dopo tre mesi dall'acquisto, osservando la livrea dell'intera covata mi trovai di fronte a un 45% di animali con piumaggio rosso o tendente al rosso e remiganti nere, un 15% biondi con coda e remiganti nere, un 30% esclusivamente biondi e un 10% con 5 o 6 colorazioni nel piumaggio.

In base a quanto riferito sugli accoppiamenti, quel 10% mi risultava inspiegabile. La spiegazione l'ho avuta con il successivo esperimento rivolto a determinare l'indice di deposizione della razza delle Crivelle. Codesto esperimento ha permesso di scoprire che tale razza era stata progettata dai nostri antenati vissuti nel Medio Evo esclusivamente per avere un approvvigionamento di uova tutto l'anno, cosa non possibile con le razze locali di allora che erano solamente da carne.

Sono state isolate in un recinto 70 pollastre in deposizione e controllate per cinque mesi dal 1° ottobre al 1° marzo. Dette pollastre produssero singolarmente, in media, 135 uova in 150 giorni. Del tutto assente la febbre da cova.

La mia supposizione di essere in presenza di una razza a duplice attitudine ebbe conferma. Gli antichi agricoltori e allevatori, vissuti prima del 1400, erano riusciti in un primo momento a fissare i caratteri dell'incrocio e a ottenere una razza a sé da uova e ottima carne. Si accorsero, però, che tale razza aveva ereditato dalla Livornese un carattere che, per quei tempi, era deleterio e cioè era indisponibile alla cova e quindi a un'efficiente riproduzione.

Se volevano salvare quella razza così importante per la vita delle loro famiglie dovevano trovare delle chiocce da incroci locali da carne. Così furono costretti a far convivere nelle aie galline da carne con la razza bionda e ben presto, data l'esistenza di un ambiente inadatto alla conservazione della purezza della razza, la bionda delle Crivelle divenne una razza con la livrea instabile.

Per almeno 200 anni si continuò a riprodurre la gallina bionda nel modo suddetto. Intorno al 1600 la riproduzione praticata fino ad allora cambiò perché nelle aie dell'altopiano apparve il tacchino importato dal nuovo mondo. Essendo la femmina del tacchino un'ottima chioccia di grande taglia rispetto alle galline fino ad allora usate per covare, si preferì tale volatile per la riproduzione della bionda e dalle aie scomparvero le antiche galline da cova. Si raddoppiò, così, la produzione di pulcini biondi con effetti benefici sull'economia famigliare, anche perché da quel tempo in poi i contadini ebbero modo di diversificare la loro alimentazione con l'impiego di ottime carni di tacchino. E così, essendosi ricreato un ambiente adatto alla stabilità della razza bionda, cominciarono a ricomparire nei cortili galli e galline interamente biondi.

Tale piumaggio è rimasto abbastanza stabile fino agli anni '80 del secolo scorso, a detta dei commercianti di galline che frequentavano quelle campagne per acquistare le galline bionde a fine carriera da inviare al grande mercato di Modena dove erano molto apprezzate.

Negli anni '80, con la diffusione delle incubatrici elettriche famigliari, gli agricoltori dell'altopiano astigiano si adeguarono facendo praticamente scomparire quell'ottimo tacchino nostrano così ricercato dai buongustai. Avendo in dotazione macchine da cova pensarono di incrementare i loro introiti allargando la vendita dei pulcini in tutto il Piemonte, come ho potuto in seguito verificare.

Perciò, avendo la necessità di grandi quantitativi di uova da incubare, dimenticarono la pratica della selezione della Razza Bionda. Qualsiasi gallina sia rossa che bionda e incrociata andava bene purché producesse delle uova. Venivano incubate uova di tutti i pesi, da 30 a 70 grammi, e così facendo si è distrutto, per il desiderio di denaro, quanto gli antichi abitanti del territorio avevano creato con grandi difficoltà.

Oggi ci troviamo in quelle zone solamente di fronte a un incrocio purtroppo consanguineo, di taglia ridotta, difficile da conservare. Dallo studio della razza bionda è emersa un'interessante particolarità: la covata di pulcini che avevo acquistato alla frazione Crivelle di Buttigliera risultò composta per il 70% di maschi e per il 30% di femmine.

L'anno successivo dalle uova di codesta covata incubate in due mesi diversi, una schiusa ad aprile e una a maggio, vi fu di nuovo una percentuale di 70% maschi e 30% femmine. E la stessa cosa è accaduta anche l'anno successivo sempre con due covate. La cosa è alquanto singolare considerando che dalla cova delle normali razze avicole nascono 50% maschi e altrettante femmine.

Se quanto ho descritto si fosse verificato anche in tempi remoti, la produzione di galletti doveva essere così rilevante che i nostri antichi allevatori potrebbero aver trovato una fonte di reddito nel vendere i maschi in soprannumero nelle zone dove era tradizionalmente praticato l'allevamento del cappone per le feste natalizie. E così, probabilmente, nacque la famosa fiera del cappone biondo di San Damiano d'Asti.

Risulta dagli esperimenti eseguiti la possibilità di ricostituire, in tempi ragionevoli, nuclei di vera razza bionda a duplice attitudine, seguendo le moderne tecniche selettive. Sarebbe, pertanto, opportuno che tutti i soggetti interessati (Regione, Provincia, Allevatori) si facessero carico, ognuno per le proprie competenze, della ricostruzione della gallina bionda astigiana.

I caratteri della razza storicamente segnalati sono:

- livrea uniforme bionda sia nei maschi che nelle femmine

- tarsi e pelle gialli

- carni chiare tenerissime ma consistenti

- orecchioni bianchi

- cresta e bargigli nei maschi enormemente sviluppati, nelle femmine cresta piegata da un lato come nella Livornese

- uova dal peso medio di 55 grammi con guscio di colore da crema a marrone chiaro.

Orecchie da mercante

Supplemento
alla Gallina Bionda delle Crivelle

di Giorgio Scelsi

2 giugno 2009

Prima di pubblicare l’articolo sull’estinzione della antica razza di galline denominata “ BIONDA delle CRIVELLE”nella primavera del 2008 avevo percorso in lungo e in largo tutto il territorio di origine della gallina bionda senza trovare almeno qualche esemplare con i caratteri della storica razza. Non riuscivo a capire come in tredici anni dal 1995 ( anno in cui avevo visitato minuziosamente tutto il territorio di origine di detta gallina riscontrando nei cortili delle aziende agricole una numerosa popolazione con gli storici caratteri della razza), neppure un esemplare si era salvato.

Le spiegazioni di alcuni agricoltori da me contattati non convincevano. Secondo qualche allevatore, improvvisamente la razza si era ridotta di taglia senza motivo apparente. Per avere informazioni più dettagliate, mi proposero di visitare la Fiera della gallina bionda che si tiene sempre ogni anno il 21 agosto a Buttigliera d’Asti, organizzata dall’Associazione per la tutela di codesta gallina.

Il giorno 21 agosto 2008 mi sono recato a Buttigliera e ho contattato alcuni espositori iscritti all'dell’Associazione. Ho contestato a questi signori che le galline e i galli in esposizione non avevano nulla a che vedere con l’originale razza delle CRIVELLE. Messi alle strette con argomentazioni scientifiche, ammettevano che gli animali che presentavano erano il risultato di moderni incroci appositamente creati per le loro esigenze commerciali. Sono così riuscito a conoscere nei dettagli come fu pensata , per calcoli errati, la distruzione della millenaria razza BIONDA delle CRIVELLE. A questa distruzione hanno concorso, forse inconsapevolmente, anche le istituzioni sanitarie.

Ora vengo a esporre quanto mi è stato raccontato. Negli ultimissimi anni del secolo scorso le Aziende Sanitarie Locali, competenti per territorio, vietarono la vendita dei pulcini nelle aziende agricole. Bisognava adeguarsi alle leggi sanitarie nazionali e comunitarie. Poiché per la vendita a terzi era necessario creare costosissime strutture sotto il diretto controllo della Sanità, gli allevatori furono costretti a rinunciare alla vendita dei pulcini. Era in effetti un danno grave per quegli agricoltori che da sempre basavano parte consistente del loro reddito agricolo sulla vendita continua per tutto l’anno dei pulcini biondi in tutto il Piemonte. A questo problema contemporaneamente se ne aggiunse un altro con la totale sparizione dei “ Poulaier”, cioè commercianti di pollame itineranti che si recavano presso le aziende agricole per acquistare i giovani pollastri e gli animali adulti a fine carriera. E così molti allevatori anziani cessarono l’attività. Quei pochi agricoltori che continuarono ad allevare, visto che la richiesta di giovani polli e galline da parte di albergatori e macellerie superava di molto l’offerta, pensarono di aumentare sensibilmente i prezzi per compensare le perdite subite in seguito al divieto di commercializzare i pulcini. Così facendo incontrarono forti rimostranze da parte dei commercianti compratori che a loro volta, con il naturale ricarico economico, avevano grosse difficoltà a collocare la merce presso l’utilizzatore finale, cioè il consumatore.

Proposero agli allevatori due alternative: ritornare ai prezzi di prima o creare un pollo biondo di taglia ridotta. Parlare di tornare ai prezzi di prima, per gli allevatori suonava come un’eresia, per cui scelsero la seconda alternativa. Contattarono delle associazioni avicole amatoriali che già da tempo avevano selezionato una gallina bionda con coda nera di dimensioni molto ridotte con caratteristiche delle carni simili all’antica razza Bionda locale, e avuti dei riproduttori li incrociarono con i loro animali. Dall’incrocio ottennero gli odierni polli che razzolano nei loro cortili con caratteristiche completamente diverse dalla razza selezionata circa mille anni fa di cui ho presentato le fotografie degli ultimi esemplari vissuti tra il 1995 e il 2000.

Oggi nelle aie di quei luoghi troviamo degli animali di taglia molto ridotta sia nel peso sia nell’aspetto esteriore. In origine i maschi mediamente raggiungevano un peso di 3 chilogrammi con punte di kg. 3 e mezzo e oltre, con portamento maestoso. La cresta poteva raggiungere i 15 cm di altezza e i bargigli non erano da meno. Oggi i maschi raggiungono appena i 2 chilogrammi e visti in mezzo alle galline hanno un aspetto del tutto insignificante poiché superano in peso le femmine di soli cinquecento grammi e cresta e bargigli sono poco sviluppati.

Anche i capponi biondi, tanto celebrati in passato, oggi raggiungono appena i 2,5-2,7 chilogrammi invece dei 4 kg degli animali della razza originaria. In tutto il Mondo si cerca di conservare le biodiversità e di migliorarle, qui invece abbiamo assistito alla distruzione di una delle migliori razze avicole italiane per ignoranza e per una errata valutazione economica.

A onor del vero,  quando ho studiato la gallina bionda, i vecchi allevatori della zona di origine mi dissero che la razza sarebbe scomparsa con la loro dipartita da questo mondo poiché le giovani generazioni non avevano alcun interesse a continuare gli allevamenti. Poiché le prospettive per il futuro della razza erano tragiche e avendo, dagli esperimenti fatti, constatato il valore genetico della gallina bionda, mi sembrò doveroso informare ufficialmente le Istituzioni Agricole Provinciali, offrendomi di tentarne il salvataggio, naturalmente supportato dai fondi pubblici stanziati dalla Comunità Europea per il salvataggio delle razze in via di estinzione. Le Istituzioni Provinciali fecero “orecchie da mercante”.

Buttigliera d'Asti

La più antica raffigurazione dello stemma compare nel primo foglio degli statuti comunali, trascritti nel 1546 dal segretario Giacomo Pasta. Presenta una forma ellittica con un campo di rosso e due croci scorciate, di argento, poste in palo. L'uso di tale stemma fu confermato nel 1614 dai commissari ducali, in seguito all'editto di Carlo Emanuele I sulle armi gentilizie. Agli inizi del Novecento si modificò il colore dello stemma, da rosso a porpora, forse per differenziarlo da quello del Comune di Bra, in tutto simile al blasone buttiglierese. Il 16 novembre 1994, con decreto del presidente della Repubblica, al Comune fu concesso il gonfalone e lo stemma, con le caratteristiche già notate, cioè «di porpora, alle due croci scorciate, di argento, poste una sull'altra».

Buttigliera d'Asti (in piemontese Butijera o Butijera d'Ast) è un comune di 2.338 abitanti della provincia di Asti. Fa parte dell'Unione dei Comuni - Comunità Collinare "Alto Astigiano" e dello "Sportello unico per le attività produttive Nord Astigiano"

Storia

Nel 1263 il comune di Asti aveva conquistato ai duchi di Biandrate il castello di Mercuriolo e creò un insediamento ("villa nova") nel territorio denominato "Butiglaria", presso il castello. L'insediamento ebbe ampie autonomie (attestate da uno statuto datato al 1471) che conservò anche dopo il passaggio sotto i Savoia nel 1559. Dal 1619 divenne feudo di Ernesto di Mansfeld e passò successivamente nella prima metà del Seicento a Matilde di Savoia e a Bernardino Gentile. La proprietà del feudo passò quindi ai conti Baronis, e nel 1725 ai conti Freylino (o Freylin).

Il paese soffrì a partire dal XVI secolo di epidemie, carestie e passaggi di truppe. Dopo la pace di Aquisgrana la situazione migliorò: si sviluppò una rinomata produzione di vasi in terracotta (vasi terracei) e l'agricoltura, con produzione di cereali e di vino.

A partire dagli inizi del XX secolo la popolazione diminuì per l'emigrazione verso Torino (nel 1901 erano recensiti 2.959 abitanti). Il territorio fa parte della zona di produzione del Barbera d'Asti, vino DOC.

Monumenti

Chiesa parrocchiale di San Biagio, costruita nel XV secolo in stile gotico, presenta ai lati del portale le statue di san Biagio e di san Bernardo, patrono del paese. L'interno a tre navate, con pilastri rivestiti in marmo e affreschi moderni sulle volte. L'altare maggiore del 1796 ospita un crocifisso in legno di Carlo Plura; si conserva inoltre un dipinto di Vittorio Amedeo Rapous che proviene dalla cappella di Santa Elisabetta e raffigura la santa. Nella chiesa venne cresimato San Giovanni Bosco. L'organo, proveniente dalla chiesa di Santa Teresa di Torino, fu acquistato nel 1836.

Accanto alla chiesa sorge il campanile, terminato nel 1789, su disegno dell'architetto Mario Ludovico Quarini, che raggiunge un'altezza di oltre 52 m.
Palazzo Freylino, costruito intorno alla metà del XVII secolo per volere del conte Amedeo Baronis, fu venduto insieme al feudo nel 1771 al conte Lorenzo Freylino, che vi installò un giardino botanico. Il palazzo fu ereditato da Maurizio Pangella nel 1820, ma il giardino non più curato andò in rovina e scomparve.

Altre chiese sono:

Cappella di San Martino, di origini romaniche e appartenuta all'ordine di Malta, oggi cappella del cimitero.
Cappella di San Bernardo da Chiaravalle presso il laghetto del Furnas (che prende il nome da una fornace di mattoni qui attiva nel XV secolo).
Cappella di Santa Elisabetta, costruita nel 1702 come oratorio per la confraternita delle Umiliate di Santa Elisabetta (costituita nel 1646) e dal 2002 sede della Biblioteca Comunale.
Cappella di Sant'Antonio da Padova costruita nelle forme attuali intorno al 1744.
Chiesa di San Michele Arcangelo, opera di Bernardo Antonio Vittone del 1758 e sede della Confraternita del Santissimo.Nome di Gesù.
Cappella di San Giuseppe del 1624, ricostruita nel 1828.
Chiesa di San Rocco
La Madonnina.

Altri palazzi:

Palazzo Lombard della fine del XVII secolo.
Palazzo Biglione, del XVII-XVIII secolo.
Palazzo Cillio di Mombello, sede dei cappellani di un beneficio ecclesiastico.
Cascina Bergandino nella frazione Serra, villa di campagna con annessa cappella di Santo Stefano del XVIII secolo.
Cascine Colombaro, masseria del XVIII secolo dell'ordine dei Carmelitani di Asti.
Palazzo Melyna del XVIII-XIX secolo.

Frazioni

Crivelle: prende il nome dalla famiglia dei Crivelli, proprietari terrieri nel XVI-XVII secolo. Vi sorgono la cappella di Santa Maria di Celle (attestata nel 1282 come Sancte Marie de Celer), la cappella di San Bartolomeo degli inizi del XIX secolo e la parrocchiale dei Santi Vito, Modesta e Crescenzia, costruita nel 1914 a opera dell'ingegnere Antonio Vandone.

Serra: insediamento attestato già nel 1034 e sorge su un terreno ricco di fossili: nel XIX secolo il geologo Bartolomeo Gastaldi vi scoprì resti di elefante.

Associazioni

Banda comunale
Coro polifonico comunale Santa Cecilia
Comitato festeggiamenti Serra-Crivelle
Associazione sportivo culturale Buttiglierese
Associazione ippica Don Bosco
Oratorio di San Giuseppe

Esistono inoltre sedi locali dell'Associazione volontari ospedalieri e della fidas (donatori di sangue) e un Gruppo Alpini.

Il comune conserva inoltre l'archivio della "Società operaia di Buttigliera d'Asti", attiva nel periodo 1869-1929.

Manifestazioni

Fiera tradizionale dell'Alto Astigiano "Le contrade del Freisa" (1° maggio)
Festa patronale di San Bernardo (20 agosto)
Festa dell'aglio, del tacchino e della gallina bionda (21 agosto).

Festa dell'aglio, del tacchino
e della gallina bionda

2002