Lessico


Medea

Medea – 1868
particolare di un dipinto di Henri Klagmann (1842-1871)
Nancy - Musée des Beaux-Arts

In greco Mëdeia, in latino Medea. Celebre maga, figlia di Eeta - re della Colchide e fratello di Circe - e di una ninfa oceanina. S’innamorò di Giasone, quando l’eroe si recò in Colchide con gli Argonauti, e lo aiutò a conquistare il vello d’oro, fuggendo poi con lui. Poiché il re Pelia, che aveva usurpato il regno di Iolco a Giasone promettendo di restituirglielo se l’eroe gli avesse portato il prezioso vello, non mantenne la promessa, Medea si vendicò sottoponendolo a una morte crudele: indusse le figlie del vecchio re a sgozzarlo e a bollirne le membra. Acasto, figlio di Pelia, succeduto al padre, costrinse alla fuga Medea e Giasone, che si rifugiarono a Corinto.

Dopo dieci anni Giasone s’innamorò di Glauce, la bella figlia del re Creonte, e per sposarla ripudiò la maga. Costei, pazza di gelosia, causò la morte della fanciulla tra atroci spasimi e trucidò i propri figlioletti, Mermero e Fere, avuti da Giasone. Per sottrarsi alla vendetta del marito, la maga fuggì ad Atene su un carro tirato da due draghi alati. Sposò il vecchio re Egeo, da cui ebbe Medo, e tentò invano di uccidere Teseo, figlio di Egeo, ma il re, compresa la sua malvagità, la cacciò dalla reggia e dal paese. Medea si recò nella Colchide e di lei non si seppe più nulla. Aveva portato con sé il figlioletto Medo, da cui discese il popolo dei Medi.

Medea

Medea
di Evelyn De Morgan (1850-1919)

Medea è una figura della mitologia greca. Figlia di Eeta, re della Colchide, e di Idia. Era inoltre nipote di Elio (secondo altre fonti di Apollo) e della maga Circe, e come quest'ultima era dotata di poteri magici. È uno dei personaggi più celebri e controversi della mitologia greca. Il suo nome in greco significa "astuzie, scaltrezze", infatti la tradizione la descrive come una maga dotata di poteri addirittura divini.

Quando Giasone arriva in Colchide insieme agli Argonauti alla ricerca del Vello d'oro, lei se ne innamora perdutamente. E pur di aiutarlo a raggiungere il suo scopo giunge a uccidere il fratello Absirto, spargendone i poveri resti dietro di sé dopo essersi imbarcata sulla nave Argo insieme a Giasone, divenuto suo sposo. Il padre, trovandosi costretto a raccogliere le membra del figlio, non riesce a raggiungere la spedizione, e gli Argonauti tornano a Corinto con il Vello d'Oro.

Dopo dieci anni, però, Creonte, re della città, vuole dare sua figlia Glauce in sposa a Giasone, dando così a quest'ultimo la possibilità di successione al trono. Giasone accetta, abbandonando così sua moglie Medea. Vista l'indifferenza di Giasone di fronte alla disperazione della donna, Medea medita una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, manda in dono un mantello alla giovane Glauce, la quale, non sapendo che il dono è pieno di veleno, lo indossa per poi morirne fra dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch'egli il mantello e muore.

Ma la vendetta di Medea non finisce qui. Secondo la tragedia di Euripide, per assicurarsi che Giasone non abbia discendenza, uccide i figli avuti con lui e ne divora le carni: il dolore per la perdita porta Giasone al suicidio. La maggior parte degli storici greci del tempo di Euripide, tuttavia ricorda che i figli di Medea, che ella non riuscì a portare con sé, furono uccisi dagli abitanti di Corinto per vendetta.

Fuggita ad Atene a bordo del carro del Sole, Medea sposa Egeo, dal quale ha un figlio: Medo. A lui Medea vuole lasciare il trono di Atene, finché Teseo non giunge in città. Egeo ignora che Teseo sia suo figlio, e Medea, che vede ostacolati i suoi piani per Medo, suggerisce al marito di uccidere il nuovo venuto durante un banchetto. Ma all'ultimo istante Egeo riconosce suo figlio, e Medea è costretta a fuggire di nuovo. Torna nella Colchide, dove si ricongiunge e si riappacifica con il padre Eeta.

La Medea di Ovidio

Ovidio tratta del mito di Medea in due distinte opere: le Heroides e le Metamorfosi. Nel primo testo è la donna a parlare cercando di commuovere il marito, ma il racconto si interrompe prima del compimento della tragedia e il suo completamento è possibile al lettore solo attraverso la memoria letteraria. La Medea delle Metamorfosi è ben diversa: essa oscilla tra ratio e furor, mens e cupido, riprendendo, almeno in parte, la giovane tormentata dai rimorsi di Apollonio Rodio, divisa tra il padre e Giasone. Medea si dilania tra incertezza, paura, commozione e compassione.

La metamorfosi avviene in modo repentino ed è possibile rintracciarla attraverso il confronto tra la scena dell'incontro con Giasone nel bosco sacro e il ringiovanimento del padre dell'amato:se nel primo caso appare come un medico antico, nel secondo utilizza esplicitamente la parola "arte" (vv.171-179) mostrandosi come una vera strega.

Anche Ovidio riprende la scena del carro, presente già in Seneca ed Euripide, ma se in questi due casi l'episodio è inserito alla fine del racconto, Ovidio lo colloca a metà della narrazione: in tal modo Medea perde le sue qualità umane e il mondo reale cede il posto a quello fantastico. All'inizio delle Metamorfosi, Medea è la protagonista assoluta, ma pian piano cessa di essere un'eroina in cui il lettore può identificarsi e diviene un personaggio che appare e sparisce come per magia. La tragicità del finale non è sfruttata al massimo: infatti Medea è divenuta una vera strega e quindi non soffre dell'infanticidio commesso né potrebbe soffrire di un'ipotetica punizione.

La Medea di Draconzio

Nella parte introduttiva Draconzio (Blossius Aemilius Dracontius, poeta e oratore cristiano della tarda latinità del sec. V) afferma di voler fondere tutti i motivi tipici del mito di Medea; lo fa invocando la Musa Melpomene e la Musa Calliope. Medea e Giasone appaiono tutti mossi dal destino e dalla volontà degli dei, legati come sono agli scontri tra Venere e Diana. Infatti la dea della caccia sentendosi tradita per il matrimonio della sua sacerdotessa scaglia una maledizione contro di lei, da cui si snoderà la morte del marito e dei figli. All'inizio Medea è descritta come una "virgo cruenta" , ma viene definita maga solo a verso 343. Caratteristica di questo racconto è che è la donna a rubare il vello d'oro donandolo poi a Giasone, che appare per tutta la narrazione una figura passiva. Anche quando entra in scena Glauce l'eroe è semplice oggetto del desiderio, che la giovane otterrà anche a costo di rompere il legame matrimoniale che lo vincola. Entrambe le donne trasgrediscono così le norme morali:da un lato Medea tradisce la dea Diana, dall'altro Glauce porta al tradimento Giasone. Durante le nozze l'attenzione si concentra sulla coppia mentre Medea prepara la vendetta:sarà lei a donare a Glauce la corona da cui prenderà fuoco l'intero palazzo. Ma il punto culminante della tragedia è il sacrificio che Medea offre a Diana:i suoi figli, così che l'infanticidio non è più condotto per vendetta, ma come richiesta di perdono. Nella scena finale l'autore riprende l'episodio del carro, ma questa volta il volo della donna ha valore semantico e non narrativo: Medea si riunisce a Diana e ritorna la virgo cruenta dell'inizio della narrazione, lasciando a terra tutto ciò che era ancora legato a Giasone.

Letteratura

Gli incanti di Medea - Dramma di Francisco de Rojas Zorilla.
Il Vello d'oro - Tragedia di Franz Grillparze (trilogia: l'ultima parte ha titolo Medea).
Medea - Tragedia di Pierre Corneille.
Medea - Tragedia di Lodovico Dolce.
Medea - Tragedia di Ennio.
Medea - Tragedia di Euripide.
Medea - Tragedia di Friedrich Gatter.
Medea - Tragedia di Richard Glover.
Medea - Tragedia di Ernst Legouvé.
Medea - Tragedia di Bernard de Longepierre.
Medea - Tragedia di Hippolyte Lucas.
Medea - Tragedia di Giovanni Battista Niccolini.
Medea - Tragedia di Ovidio.
Medea - Tragedia di Jean de la Péruse.
Medea - Tragedia di Lucio Anneo Seneca.
La lunga notte di Medea - di Corrado Alvaro
Medea: voci - di Christa Wolf

Musica

Maria Callas nelle vesti di Medea - 1970
film di Pier  Paolo Pasolini (Bologna 1922 - Roma 1975)
Un obbrobrio cinematografico
solo in parte mitigato dalla classe di Maria
Maria Anna Kalogeròpoulos  (New York 1923 - Parigi 1977)

La partecipazione, nel ruolo di protagonista, di Maria Callas, presentata a Pasolini dal produttore del film, Franco Rossellini, venne considerata un evento straordinario, anche perché la famosa cantante lirica, dopo avere interpretato sulle scene dei teatri d'opera di tutto il mondo Medea, l'opera di Luigi Cherubini (Firenze 1760 - Parigi 1842), aveva già ricevuto offerte, sempre rifiutate, per un'interpretazione cinematografica del personaggio. Nacque tra Pasolini e la Callas una grande, affettuosissima amicizia, che continuerà anche dopo la lavorazione del film.

Tra maggio e agosto 1969 Pasolini girò Medea, prevalentemente in Siria e in Turchia. Eera divenuto un regista di punta del cinema italiano e ciò gli procurò critiche di connivenza con il potere, poiché l'industria cinematografica rappresentava uno degli strumenti della omologazione di massa. Nel corso di una trasmissione televisiva a uno studente che gli rivolgeva appunto tali accuse, Pasolini rispose: "Io strumentalizzo la produzione che c'è, la produzione che c'è strumentalizza me, vediamo un po', facciamo questo braccio di ferro, vedremo un po' di chi sarà la vittoria finale."

 www.cinetecadibologna.it

Medea di Cherubini - Atto I - Dei tuoi figli la madre
Maria Callas sta facendo le prove

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Medea di Cherubini - Atto I - Dei tuoi figli la madre
Maria Callas

6,7 MB

Giasone - Opera di Francesco Cavalli.
Giasone e Medea - Opera di Salomon.
Medea - Opera di Paul Bastide.
Medea - Opera di Georg Benda.
Medea - Opera di Marc-Antoine Charpentier.
Medea - Opera di Luigi Carlo Cherubini.
Medea - Opera di Johann Naumann.
Medea - Opera di Giovanni Pacini.
Medea - Cantata di Jean-Philippe Rameau.
Medea - Opera di Vincenzo Tommasini.
Medea e Giasone - Opera di Peter von Winter.

Medea di Euripide

Medea in procinto di uccidere i figli - 1862
Eugène Ferdinand Victor Delacroix (1798-1863)

Medea è il titolo di una tragedia greca messa in scena da Euripide nel 431 aC. La tetralogia tragica di cui faceva parte comprendeva anche le perdute Filottete e Ditti, oltre che il dramma satiresco I mietitori. Le fonti raccontano che Euripide si classificò solo terzo all'agone tragico delle Grandi Dionisie, dietro Sofocle, vincitore, ed Euforione, figlio di Eschilo.

La trama

La scena si svolge a Corinto, dove Medea, suo marito Giasone e i loro due figli vivono tranquillamente. La donna ha aiutato il marito nell'impresa del Vello d'oro, abbandonando così il proprio padre, Eeta. Dopo dieci anni, però, Creonte, re della città, vuole dare sua figlia Glauce in sposa a Giasone, dando così a quest'ultimo la possibilità di successione al trono. Giasone accetta, abbandonando così sua moglie Medea.

Malgrado la disperazione della donna, vista l'indifferenza di Giasone, Medea medita una tremenda vendetta. Fingendosi rassegnata, manda in dono un mantello alla giovane Glauce, la quale, non sapendo che il dono è pieno di veleno, lo indossa per poi morirne fra dolori strazianti. Il padre Creonte, corso in aiuto, tocca anch'egli il mantello, morendo. Ma la vendetta di Medea non finisce qui. Per assicurarsi che Giasone non abbia discendenza, uccide i figli avuti con lui condannandolo all'infelicità perpetua.

L'opera

Gli studiosi concordano nel negare all'opera una derivazione dall'omonima tragedia di Neofrone, riconoscendo a Euripide (ca. 480-406 aC) tutto il merito delle parti innovative del personaggio, che trova le sue origini nelle Argonautiche scritte da Apollonio Rodio (sec III aC), dove viene raccontata l'epopea del Vello d'oro.

L'opera ha molte sfaccettature e svariate interpretazioni, ma di sicuro è l'affermazione della dignità della donna, concetto che stava prendendo forma nell'Atene dell'epoca. Medea è vittima della "paura dell'estraneo", straniera in terra straniera viene vista come un pericolo e, per vendetta, alla fine lo diventa.

La tragedia ha una spiccata presenza umana, lasciando da parte gli dèi, i quali sembrano rimanere muti alle tragiche vicende che vedono svolgersi. Giasone infatti a loro si rivolge, accusandoli di non aver impedito la triste sorte dei suoi figli, ma non riceve risposta.

Per la prima volta nel teatro greco (almeno quello che è arrivato sino a noi) protagonista è la passione di una donna, una passione violenta e feroce che rende Medea una donna debole e forte allo stesso tempo. Forte perché è padrona della sua vita e non si piega davanti a nessuno, ma anche debole perché questo l'ha resa sola, e dietro di sé ha distrutto tutto quello che rappresentava il suo passato. Medea ha un fortissimo orgoglio, che le impedisce di chiedere aiuto o di sottomettersi, tanto da arrivare a superare il senso di maternità: preferisce vedere i suoi nemici morti piuttosto che i suoi figli vivi.

Personaggi

Jason et Médée – 1865
Gustave Moreau (1826-1898) - Musée d’Orsay - Paris

Medea costituisce uno dei personaggi più celebri del mondo classico, per forza drammatica, complessità ed espressività. Tutte le altre figure si muovono attorno a lei, che domina la scena. Se, di solito, la tragedia classica presenta due personaggi in conflitto (per esempio Creonte e Antigone, oppure Oreste e Clitemnestra), ciascuno portatore di un ben preciso ordine di vedute, Medea contiene, dentro di sé, quasi due figure contrastanti: una vorrebbe uccidere i figli, l’altra li vorrebbe risparmiare. La sua è una mente scissa, conflittuale, quasi che Euripide conoscesse la moderna psicologia.

Giasone, al contrario, è quasi sminuito nella tragedia, tanto da ottenere la fama di seduttore che spingerà Dante a collocarlo nell’Inferno. Sembra che per lui l’amore rappresenti soltanto un mezzo per la conquista di qualcosa; come eroe perde tanto in prestigio da scadere al rango di uomo egoista e meschino, che crede di riuscire a giustificare il proprio operato solo per mezzo della sua capacità oratoria. Certo il suo destino sarà molto peggiore di quello della moglie: perde il trono, una compagna e i figli, mentre Medea riuscirà a sposare Egeo e a tornare, da regina, nella sua Colchide.

I personaggi della nutrice e del pedagogo hanno l’importante ruolo di commentare i fatti e ricavarne la morale. È curioso che figure di importanza fondamentale per la trama, quali i figli della coppia e Glauce, siano continuamente presenti (o nei discorsi dei personaggi o persino sulla scena), senza però mai esprimersi direttamente. Euripide intende avvolgerli di un’atmosfera tragica, come per mostrare al pubblico il terribile destino cui vanno incontro.

La divinità ha un ruolo solo marginale nell’opera, e la si incontra solo nelle invocazioni dei personaggi, ma non interviene mai, come in altri casi nelle tragedie euripidee.

Variazioni sul mito

Nel corso dei secoli ci sono stati molti autori che si sono cimentati con il dramma di Euripide, creandone versioni diverse, a seconda del momento culturale in cui sono state scritte. Nella letteratura latina furono scritte molte opere su questo argomento, ma solo una è giunta intera ai nostri giorni, la Medea di Seneca.

Anche Ovidio, fra il 12  e l'8 aC, ne scrive una sua versione, andata però perduta: si dice che abbia avuto molto successo. Interessante notare che anche Valerio Flacco, autore latino lodato da Quintiliano, nella sua opera "Argonautica" (incompiuta) si cimenterà con il personaggio di Medea che però risente di influssi senecani e virgiliani ispirandosi anche alla figure di Didone.

Alcuni frammenti delle tragedie di Ennio riguardano una Medea. Tocca poi a Franz Grillparzer, nel 1821, darne un'altra interpretazione, che pone l'accento più sul fato e le circostanze avverse che spingono la donna ad agire, mentre nel 1949 Corrado Alvaro, nella sua Lunga notte di Medea, pone l'accento sul fatto che Medea è un'estranea in una comunità chiusa, e quindi si sente aggredita e discriminata. Tra le opere scritte recentemente, si ricorda la Medea del 1946 di Jean Anouilh.

Medea di Seneca

Medea è una tragedia di cui è autore Lucio Anneo Seneca. Fu rappresentata fra il 61 ed il 62 dC. L'opera si ispira alla Medea di Euripide e mostra anche l'influenza dell'omonima tragedia perduta di Ovidio. La tragedia presenta l'innovazione tecnica dell'uccisione dei figli da parte della protagonista sulla scena e davanti agli occhi degli spettatori, contrariamente a quanto si usava nel dramma antico, in cui i fatti luttuosi, anziché essere rappresentati, venivano narrati da un nunzio.

Medea

Medea – 1868
by Antonio Frederic Augustus Sands
or Frederick Sandys (1829-1904)

Medea in Greek mythology was the daughter of King Aeëtes of Colchis, niece of Circe, granddaughter of the sun Helios, and later wife to Jason. In Euripides' play Medea, Jason leaves Medea when Creon, King of Corinth offers him his daughter, Creusa. The play tells the story of the jealousy and revenge of a woman betrayed by her husband.

The myths involving Jason also invoke Medea. These have been interpreted by specialists, principally in the past, as part of a class of myths that tell how the Hellenes of the distant heroic age, before the Trojan War, faced the challenges of the pre-Greek "Pelasgian" cultures of mainland Greece, and the Aegean and Anatolia. Jason, Perseus, Theseus, and above all Heracles, are all "liminal" figures, poised on the threshold between the old world of shamans, chthonic earth deities, and the new Bronze Age Greek ways.

Medea figures in the myth of Jason and the Argonauts, a myth known best from a late literary version worked up by Apollonius of Rhodes in the 3rd century B.C. and called the Argonautica. But for all its self-consciousness and researched archaic vocabulary, the late epic was based on very old, scattered materials. Medea is known in most stories as an enchantress and is often depicted as being a priestess of Hecate or a witch. The myth of Jason and Medea is very old, originally written around the time Hesiod wrote the Theogony. It was discussed briefly in the work Little Illiad from the 6th century BC.

Jason and Medea

Medea's role began after Jason arrived from Iolcus to Colchis to claim the Golden Fleece as his own. Medea fell in love with him and promised to help him, but only on the condition that if he succeeded, he would take her with him and marry her. Jason agreed. In a familiar mythic motif, Aeëtes promised to give him the fleece, but only if he could perform certain tasks. First, Jason had to plough a field with fire-breathing oxen that he had to yoke himself. Then, Jason had to sow the teeth of a dragon in the ploughed field (compare the myth of Cadmus). The teeth sprouted into an army of warriors. Jason was forewarned by Medea, however, and knew to throw a rock into the crowd. Unable to determine where the rock had come from, the soldiers attacked and defeated each other. Finally, Aeëtes made Jason fight and kill the sleepless dragon that guarded the fleece. Medea put the beast to sleep with her narcotic herbs. Jason then took the fleece and sailed away with Medea, as he had promised. (Some accounts say that Medea only helped Jason in the first place because Hera had convinced Aphrodite or Eros to cause Medea to fall in love with him.) Medea distracted her father as they fled by killing her brother Absyrtus. In some versions, Medea is said to have dismembered his body and scattered his parts on an island, knowing her father would stop to retrieve them for proper burial; in other versions, it is Absyrtus himself who pursued them, and was killed by Jason. During the flight, Atalanta was seriously wounded, but Medea healed her.

According to some versions, Medea and Jason stopped on her aunt Circe's island so that they could be cleansed after the murder of her brother, relieving her of blame for the deed. On the way back to Thessaly, Medea prophesied that Euphemus, the Argo's helmsman, would one day rule over all Libya. This came true through Battus, a descendant of Euphemus.

The Argo then reached the island of Crete, guarded by the bronze man, Talos (Talus). Talos had one vein which went from his neck to his ankle, bound shut by a single bronze nail. According to Apollodorus, Talos was slain either when Medea drove him mad with drugs, deceived him that she would make him immortal by removing the nail, or was killed by Poeas's arrow (Apollodorus 1.140). In the Argonautica, Medea hypnotized him from the Argo, driving him mad so that he dislodged the nail and died (Argonautica 4.1638). In any case, when the nail was removed, Talos' ichor flowed out, exsanguinating and killing him. After his death, the Argo landed.

While Jason searched for the Golden Fleece, Hera, who was still angry at Pelias, conspired to make him fall in love with Medea, who she hoped would kill Pelias. When Jason and Medea returned to Iolcus, Pelias still refused to give up his throne. Medea conspired to have Pelias' own daughters kill him. She told them she could turn an old ram into a young ram by cutting up the old ram and boiling it (alternatively, she did this with Aeson, Jason's father). During the demonstration, a live, young ram jumped out of the pot. Excited, the girls cut their father into pieces and threw them into a pot. Having killed Pelias, Jason and Medea fled to Corinth.

Many endings

In Corinth, Jason left Medea for the king's daughter, Glauce. Medea took her revenge by sending Glauce a dress and tiara covered in poison. This resulted in the deaths of both the princess and the king, Creon, when he went to save her. Then Medea stabbed to death the two sons she bore Jason. Afterward, she left Corinth and flew to Athens in a golden chariot driven by dragons sent by her grandfather Helios, god of the sun.

The tragic situation of Medea, abandoned in Corinth by Jason, was the subject matter transformed by Euripides in his tragedy Medea, first performed in 431 BCE. In this telling, Medea resorted to filicide before her flight to Athens. Euripides was revolutionary in his retelling of Medea's myth because he was the first one to show that she hadn't killed her children because she was mad or a barbarian, but because she was extremely distressed and furious at Jason for leaving her to marry a princess. Fueled by a need for revenge, she sent Glauce a poisoned dress and crown that burned her to death. Creon found her corpse and clutched it in mourning, crying, "Let me die as well." The dress was poisoned so as to kill anyone who touched the girl. It killed him as well. After some hesitation and self-debate, Medea then killed her two sons, Mermeros and Pheres, to hurt Jason.

Fleeing from Jason, Medea made her way to Athens where she healed Heracles (the former Argonaut) for the murder of Iphitus. In return, Heracles gave her a place to stay in Thebes until the Thebans drove her out in anger, despite Heracles' protests.

She then fled to Athens where she met and married Aegeus. They had one son, Medus, although Hesiod makes Medus the son of Jason. Her domestic bliss was once again shattered by the arrival of Aegeus' long-lost son, Theseus. Determined to preserve her own son's inheritance, Medea convinced her husband that Theseus was a threat and that he should be disposed of. As Medea handed Theseus a cup of poison, Aegeus recognized the young man's sword as his own, which he had left behind many years previous for his newborn son, to be given to him when he came of age. Knocking the cup from Medea's hand, Aegeus embraced Theseus as his own.

Medea then returned to Colchis and, finding that Aeëtes had been deposed by his brother, promptly killed her uncle, and restored the kingdom to her father. Herodotus reports another version, in which Medea and her son Medus fled from Athens to the Iranian plateau and lived among the Aryans, who then changed their name to the Medes.

Confusion sometimes occurs among readers of Greek mythology over whether there were two Medeas and/or what order events in her story occur. Supposedly Medea lived her whole life in Colchis until the Argonauts arrived and she fled to Greece with them. Yet Theseus (who is often listed among the Argonauts) supposedly drove Medea out of Thebes during his first heroic quest. Medea could not have been in Thebes until after the Quest for the Golden Fleece, yet, if Theseus was an Argonaut, the Quest could not have occurred until after Theseus drove Medea out of Thebes. This could be considered a continuity error which might naturally arise from dozens or hundreds of different poets telling different stories using the same characters, or it could be explained away as there being two different witches named Medea. Furthermore, Theseus is not listed as an Argonaut in some versions of the story.

Music

Francesco Cavalli Giasone (opera, 1649)
Antonio Caldara Medea in Corinto (cantata for alto, 2 violins and basso continuo, 1711)
Marc-Antoine Charpentier Médée (tragédie en musique,1693)
Georg Anton Benda composed the melodrama Medea in 1775 on a text by Friedrich Wilhelm Gotter.
Luigi Cherubini composed the opera Médée in 1797 and it is Cherubini's best-known work, but better known by its Italian title, Medea.
Darius Milhaud composed the opera Médée in 1939 to a text by Madeleine Milhaud (his wife and cousin).
American composer Samuel Barber wrote his Medea ballet (later re-named The Cave of the Heart) in 1947 for Martha Graham and derived from that Medea's Meditation & Dance of Vengeance Op. 23a in 1955. The musical Blast! uses an arrangement of Barber's Medea as their end to Act I.
Star of Indiana — the drum and bugle corps that Blast! formed out of — used Parados, Kantikos Agonias, and Dance of Vengeance in their 1993 production (with Bartok's Allegro from Music for Strings, Percussion and Celeste), between Kantikos and Vengeance.
In 1993 Chamber Made produced an opera Medea composed by Gordon Kerry, with text by Justin Macdonnell after Seneca.
Michael John LaChiusa scored "Marie Christine," a Broadway musical with heavy opera influence based on the story of Medea. The production premiered at the Vivian Beaumont Theater in December 1999 for a limited run under Lincoln Center Theatre. LaChuisa's score and book were nominated for a Tony Award in 2000, as was a tour-de-force performance by three-time Tony winner Audra McDonald.
Vienna Teng included a song entitled "My Medea" on her 2004 album Warm Strangers.
Khoma feature the song "Medea" on their 2006 album The Second Wave.
The Sex Gang Children named their 1993 album Medea.
In 1991, the world premiere was held in the Teatro Arriaga, Bilbao of the opera Medea by Mikis Theodorakis. This was the first in Theodorakis' trilogy of lyrical tragedies, the others being Electra and Antigone.

Cinema and television

In the 1963 film Jason and the Argonauts, Medea was portrayed by Nancy Kovack.
In the 2000 Hallmark presentation Jason and the Argonauts, Medea was portrayed by Jolene Blalock.
In 1970, the Italian director Pier Paolo Pasolini directed a film adaptation of Medea featuring the opera singer Maria Callas in the title role.
In 1987, director Lars von Trier filmed his pre-Dogma 95 Medea for Danish television, using a preexisting script by film maker Carl Theodor Dreyer. Cast included Udo Kier, Kirsten Olesen, Henning Jensen, Mette Munk Plum.
In 2007, director Tonino De Bernardi filmed a modern version of the myth, set in Paris and starring Isabelle Huppert as Medea, called Médée Miracle. The character of Medea lives in Paris with Jason, who leaves her.