Lessico


San Pellegrino delle Alpi

São Pelegrino - Igreja de São Pelegrino
Caxias do Sul - Rio Grande do Sul - Brasil
Obra de Aldo Locatelli na década de 1950-1960

Figura leggendaria che ha il suo centro di culto in Garfagnana, e precisamente a San Pellegrino in Alpe, frazione con 113 abitanti del comune di Castiglione di Garfagnana in provincia di Lucca, 28 km a NE del capoluogo, a 1524 m su una dorsale tra le valli dei torrenti Castiglione e Sillico, centro di villeggiatura estiva e di sport invernali.

Le più antiche menzioni della omonima chiesa e dell’annesso ospedale risalgono al XII secolo. La Vita di San Pellegrino, priva di valore storico, presenta Pellegrino come un giovane principe scozzese (o irlandese) che, rifiutata la corona e recatosi in pellegrinaggio nei luoghi santi, si sarebbe poi stabilito sul confine dell’Appennino modenese-lucchese a condurre vita eremitica. Morì nel 643. Festa il 1° agosto, la cui conferma è dovuta alle ricerche di Adriano Guarnieri – Ufficio Stampa Arcidiocesi di Bologna – ricerche effettuate in un annuario ecclesiastico della Diocesi di Bologna – Bologna perlustrata - il cui autore fu probabilmente Masini e che forse risale al 1666.

A San Pellegrino in Alpe si trova il Museo Etnografico Provinciale Don Luigi Pellegrini. Ha sede nei locali dell'Ospizio di San Pellegrino, di antichissima origine (VII sec.), e conserva oggetti di uso rurale e domestico della Garfagnana e dell'Appennino modenese e reggiano (la località è proprio al confine con l'Emilia). Ricostruzione della casa contadina e testimonianze sulla tessitura, la filatura, il ricamo, i mestieri e il lavoro agricolo negli ultimi due secoli.

San Pellegrino venne in contatto con San Viviano che è il santo patrono del Parco delle Alpi Apuane, nel cui sito di legge quanto segue: "San Viviano si crede sia un Lombardo del Reggiano o del Modenese che con la moglie avrebbe passato l'Appennino Tosco-Emiliano per sottrarsi, pare, a una persecuzione, forse personale, contro di lui e la sua famiglia. Sulle Alpi di Castiglione si sarebbe incontrato con un altro asceta notissimo nella regione, l'eremita San Pellegrino, dal quale avrebbe avuto cordiale ospitalità. Proseguendo la peregrinazione lungo la cresta tortuosa dell'Appennino, raggiunse le Alpi Apuane, ricche di marmo e, sempre accompagnato dalla moglie, si fermò alle falde del Monte Tambura, dove trovò lavoro come garzone presso un colono di Castagnora, casale sotto le cave dei Prunelli." (www.parcapuane.it)

La festa di San Viviano venne fissata il 22 maggio. Oggi la ricorrenza cade nella seconda domenica del mese di giugno, ma il Parco delle Apuane festeggia il Beato Viviano - come Santo patrono - nel giorno più antico della sua ricorrenza: il 22 maggio.

San Pellegrino in Alpe

Il luogo conteso

La plurisecolare contesa di San Pellegrino tra Modena e la Garfagnana, ha visto diversi storiografi occuparsi del caso. Primo tra questi Ludovico Antonio Muratori, sostenitore della tesi che San Pellegrino fosse posto entro i confini modenesi e non quelli della Garfagnana, poiché tanto risultava non solo da un rogito di confinazione del 1222, ma anche dalla relazione della “missione modenese” del 1216 e da un patto scambievole tra le comunità di Lucca e Modena del 1281. Di parere opposto il Vacchi che citò documenti pubblici del 1284, 1286 e 1288 su cui era citato Hospitalis et Ecclesiae S. Pelegrini in Garfagnana, pertanto territorio Toscano. Pollacci infine, nel 1939, sostenne e documentò che “la terra di San Pellegrino mai è stata sottoposta a Signore che non fosse modenese”.

Attualmente si può ancora riscontrare la sopravvivenza dell’isola amministrativa modenese di San Pellegrino e la giurisdizione religiosa della Diocesi di Massa nell’ambito del territorio lucchese di Castiglione di Garfagnana. Come sostiene Franco Mantovi “Né vale la contestazione, ricorrente ad ogni rilevazione censimentale, che il Comune di Castiglione di Garfagnana continua, con tenacia, a formulare relativamente ai sei ettari di territorio che riguardano la Piazza, il Santuario, cinque nuclei familiari ed altre estensioni; la zona storica, o meglio il suo nucleo fondamentale, resta e rimarrà, fino a provvedimenti più ampli e qualificati, isola amministrativa di Frassinoro modenese; altrimenti che senso avrebbe la storia?”

Si perpetua, dunque, in vetta al nostro Appennino la condizione più unica che rara di due Santi Eremiti che riposano con la testa in Emilia e i piedi in Toscana.

La vita di San Pellegrino nella leggenda

La leggenda di San Pellegrino si trova in un Codice (1061) presente nella Biblioteca Statale di Lucca. Il titolo non coevo del Codice, di cui la leggenda costituisce una parte, è: “Liber choralis pro officio et missa sancti Peregrini”.

Nella Scozia regnavano Romano e sua moglie Plantula i quali continuamente invocavano Dio di poter avere un erede del trono. Il Signore accolse le preghiere e li esaudì:”avrete un figlio e gli imporrete il nome di Pellegrino”. Nacque così quella creatura che, durante l’amministrazione del battesimo, allorché il sacerdote recitò il Pater e il Credo, rispose Amen, suscitando grande stupore nel battezzante, il quale dichiarò: “se questo fanciullo vivrà, sarà qualcosa di grande”.

Appena quindicenne Pellegrino rimase orfano e a chi voleva innalzarlo al trono chiese loro “quanto durerà la corona che mi date?” “fino alla morte” fu la risposta, a cui egli replicò “veggo che questa corona è caduca, voglio quindi scambiarla coll’immortale”.

Parti così alla volta della Terra Santa e visitò tutti i luoghi dove Gesù Cristo fu annunziato, nacque, ricevette il battesimo, morì e fu sepolto. Combatté per la prima volta il diavolo apparso sotto l’aspetto del Crocefisso, venne poi percosso e incatenato per cinque giorni e cinque notti senza cibo e senza bevande per essersi rifiutato di offrire, in una moschea, incenso a Maometto.

Quando i sacerdoti saraceni, timorosi dei suoi prodigi vollero offrirgli onori e denaro, Pellegrino spregiò tali cose come sterco, cosicché meravigliato, il Sultano supplicò Pellegrino di pregare per lui. In seguito una voce dal cielo l’ammonì: “Va in Italia, che ivi sarà la tua vittoria e la tua quiete”. Salì cosi sulla prima nave, sulla quale si trovava anche il demonio che convinse gli altri passeggeri a gettarlo in mare.

Così andò, ma Pellegrino, dopo aver invocato Dio, si lasciò trasportare dalle acque e in sette giorni fece tanto viaggio quanto n’avrebbe fatto un nocchiero in quaranta. Arrivò ad Ancona e dopo aver fatto tappa a Roma, Bari e sul monte Gargano, un Angelo gli disse “Andrai nella selva tenebrosa e fa ivi la via sicura perché coloro che passano di là vengono uccisi dai demoni. Segui la stella”. Si trattava di quell’immensa selva, nel versante modenese dell’Appennino, a cui Pellegrino, dopo dodici anni di lotte con i demoni, darà il nome di Romanesca, perché sia ai romei che agli altri viandanti ormai era sicuro il passaggio per essa.

Mangiava e beveva una volta al giorno: suo cibo erano erbe e radici, che gli portava una leoparda, e beveva la rugiada del cielo. Dopo molti anni Pellegrino usci dalla caverna in cui abitava e, guardando attorno, in un luogo detto Termae Salonis vide un sito adatto alla penitenza, dove trovò un albero vuoto. Arrivato a 97 anni, 9 mesi e 23 giorni d’età, il Santo scrisse in una corteccia dell’albero il corso della sua vita e pregò il Signore che si degnasse esaudire chiunque avesse memoria di lui, specialmente contro le nevi, la grandine e la peste. Messosi in ginocchio, levate le braccia al cielo ringraziò Iddio e morì.

Lupi, orsi e uccelli rispettarono la salma del beato, rimasta presso l’albero che l’aveva ospitato, fino a quando Iddio mandò un Angelo, per indicare il luogo preciso dove si trovava Pellegrino, a una pia matrona del Frignano di nome Adelgarda moglie di Pietro.

Questi si recarono sul posto e con l’aiuto delle bestie che custodivano il Santo, lo seppellirono non prima però di aver raccolto la pergamena che aveva ancora stretta nelle mani. Questa pergamena venne prontamente portata al vescovo di Modena Geminiano, il quale si recò subito dal vescovo di Ravenna Severo mettendolo al corrente di tutto.

Severo convocò tutti i vescovi in numero di ventisette invitandoli a rendere onore all’uomo di Dio. Sul luogo dove fu sepolto Pellegrino era però già cominciata una violenta contesa: i lombardi sollevarono il corpo del Santo per trasportarlo verso la loro pianura, ma i toscani si fecero loro addosso per togliere il corpo dicendo: “Questo Santo è nostro perché è morto entro i nostri confini”. I vescovi intervennero per evitare la lite e proposero che s’attaccassero al corpo due bestie non domate e che esso rimanesse poi là dove venisse condotto.

Due di tali torelli, uno lombardo e uno toscano, furono attaccati al feretro, e ricevuta la benedizione, cominciarono a muoversi da soli con tale mansuetudine da parere domati e, arrivati al confine fra la Toscana e la Lombardia, al luogo detto Termae Salonis, si fermarono, ne più si mossero. Ciò vedendo, i vescovi glorificarono Iddio nel suo Santo e in quel luogo cominciarono a edificare una Basilica in onore di San  Pellegrino, la cui canonizzazione e traslazione con la dedica della Basilica avvenne il 1° Agosto 643.

Illustri personaggi sono rimasti affascinati da questa leggenda sulla storia della vita del Santo, che i Bollandisti intitolano acta fabulosa e che, come del resto asseriva Mons. Mercati, sembra però non avere alcun valore storico.

A San Pellegrino si recarono, tra gli altri, nel 1216 il piccolo Arrigo, figlio di Federico II, nel XIV secolo Lodovico il Bovaro e Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, Lodovico Ariosto durante il suo commissariato in Garfagnana, Michelangelo Buonarroti nel 1592 e la regina Cristina di Svezia nel 1658. Salirono inoltre a San Pellegrino Lodovico Antonio Muratori nel 1716, Lazzaro Spallanzani tra il 1760 e il 1790 e, più recentemente Giovanni Pascoli. Forse vi si recò anche il Pontefice Alessandro III (ce lo testimonia però il dubbioso Codice 1061) che “memore dell’ospitalità ricevuta”, concesse in perpetuo a coloro che veramente pentiti e confessatisi visitassero la chiesa di San Pellegrino il 1° di Agosto, la stessa plenaria indulgenza largita ai visitatori della basilica di San Marco nel dì dell’Ascensione. Volle inoltre il Pontefice che il luogo di San Pellegrino e i frati di esso e quanto fosse loro dato, stessero sotto l’immediata cura e protezione del beato Pietro Apostolo come appare nei privilegi apostolici da vari Pontefici concessi a detti frati.

Può essere che anche questi importanti romei, andandosene da San Pellegrino, cantassero:

Addio valle romita,
addio beata terra,
speme nel cor si serra
di rivederti ancor.
Tu nel cammin fugace
di questa nostra vita,
deh! Ci conforta e aita,
o Santo Pellegrin.

Aldo Magnoni
Stefano Corti

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