Lessico


San Petronio

Petronio (... – Bologna, 450) è stato un vescovo romano che guidò la Diocesi di Bologna dal 431 al 450 circa e la cui festa si celebra il 4 ottobre. Petronio è attestato in forma documentata come ottavo vescovo di Bologna nell'Elenco Renano, un'antica lista dei vescovi bolognesi pervenutoci in copia trecentesca ma da considerarsi assolutamente attendibile. In base a considerazioni storiche, il suo episcopato va collocato tra il 431 e il 449 (o 450).

La reale esistenza del personaggio è suffragata da due testimonianze a lui coeve: Eucherio di Lione lo cita in una lettera come esempio di persona che aveva abbandonato una posizione sociale molto elevata per entrare nell'ordine sacerdotale; Gennadio di Marsiglia descrive Petronio, vescovo di Bologna, uomo di santa vita ed esercitato fin dall'adolescenza negli studi dei monaci, e ricorda sotto il suo nome il trattato De ordinatione episcopi pieno di ratione (razionalità) e di humanitate (cultura), forse da attribuire all'omonimo genitore, un Petronio che si sapeva uomo erudito e che svolgeva il ruolo di prefetto del pretorio in Gallia (402-408).

Da questo si possono dedurre poche considerazioni biografiche: Petronio doveva appartenere a una famiglia senatoria (non si può escludere un legame con Bologna dove una gens Petronia è conosciuta nel II sec. dC); crebbe nella Gallia romana e in gioventù coltivò studi monastici, verosimilmente nell'ambito del monastero di Lerins (anticamente Lerina, oggi Isola di Saint-Honorat, sede di uno dei più antichi monasteri europei, facente parte delle Isole di Lérins presso la Costa Azzurra, di fronte a Cannes); lasciò le prospettive di carriera politica e amministrativa che gli potevano competere per appartenenza sociale e intraprese la via del sacerdozio che lo condusse alla dignità episcopale, forse attraverso una permanenza a Milano in contatto con Ambrogio (Bologna era allora diocesi suffraganea di Milano).

Nessuna altra menzione di Petronio esiste fino al rinvenimento delle spoglie del Santo, avvenuto in un momento difficile per Bologna: il 4 ottobre 1141 i monaci benedettini di Santo Stefano e il vescovo Enrico effettuarono una ricognizione nel monastero e rinvennero anche la tomba di Petronio, nella quale, oltre ai resti del vescovo, trovarono reliquie di notevole importanza.

Nella seconda metà del secolo XII fu subito redatta in ambito benedettino una Vita in latino che contiene queste vicende biografiche, da considerarsi totalmente leggendarie e che tuttavia sono alla base della devozione e dell'iconografia petroniana: Petronio, di origine greca, era cognato dell'imperatore Teodosio II, nonché esattore delle pubbliche imposte per l'impero; fu inviato a Roma presso il pontefice Celestino I in occasione della disputa su un'eresia; trovandosi a Roma ambasciatori bolognesi per chiedere al Papa un nuovo vescovo, Celestino scelse Petronio, secondo un suggerimento avuto in sogno da San Pietro; Petronio arriva a Bologna e la trova in condizioni disastrate; avvia una campagna di ricostruzione della città e in particolare del complesso di Santo Stefano (Sancta Hierusalem); effettua un viaggio a Costantinopoli da cui ritorna portando numerose reliquie; viene sepolto nella Sancta Hierusalem da lui edificata.

San Petronio in estasi di Ubaldo Gandolfi
(San Matteo della Decima 1728 - Ravenna 1781)

Nella Vita scritta in volgare alla fine del Duecento si aggiungono altri elementi narrativi fondamentali, strettamente legati con le vicende politiche bolognesi del tempo: Petronio, quando era già vescovo di Bologna, avrebbe compiuto un viaggio a Gerusalemme dove avrebbe recuperato molte reliquie; nel viaggio di ritorno, passando da Costantinopoli, avrebbe ottenuto da Teodosio II numerosi benefici per la sua città: l'ampliamento del circuito murario, la garanzia della perpetua autonomia civica, la protezione imperiale contro ogni forma di tirannia straniera, la concessione dello Studio, ovvero della Università. In questa seconda Vita è evidente la progressiva politicizzazione del Santo che è ormai assurto al ruolo di ricostruttore della città, di vindice della sua libertà e di promotore dello Studio, la più importante prerogativa della Bologna medievale.

Il libero Comune di Bologna decise di elevare Petronio al ruolo di principale patrono della città (in sostituzione di San Pietro, che incarnava il potere temporale dei papi). Successivamente decise di innalzare in Piazza Maggiore la grande basilica a lui intitolata (1390). Qui fu traslato il capo del Santo per volere di Papa Benedetto XIV Prospero Lambertini, che accettò la richiesta dei canonici di San Petronio. Solo nel 2000 anche il resto del corpo del patrono è stato traslato in San Petronio.

La ricostruzione della città nella sua consistenza fisica oltre che spirituale è ben simboleggiata dalle croci che Petronio avrebbe posto ai margini della nuova città murata in funzione apotropaica: le quattro croci a lui attribuite sono tuttora conservate, nei rifacimenti successivi, nella basilica di San Petronio. Nell'iconografia tradizionale Petronio viene raffigurato in vesti episcopali e con un'età matura, seguendo l'immagine del vescovo con barba bianca e di aspetto saggio e paterno (San Biagio, San Nicola ecc.): viene contraddistinto dalla presenza di un modellino della città di Bologna in mano, ai suoi piedi o sorretto da angeli.

San Petronio - sepolcro di San Domenico
Basilica di San Domenico
Opera giovanile di Michelangelo Buonarroti
(Caprese 1475 - Roma 1564)

Le raffigurazioni artistiche di Petronio sono essenzialmente limitate alla città di Bologna; le più note sono: una statuetta in marmo opera giovanile di Michelangelo Buonarroti nel sepolcro di San Domenico (Basilica di San Domenico); una tempera su tavola di Simone dei Crocifissi (sec. XIV) nel Museo di San Petronio; il ciclo ad affresco di Giovanni da Modena (inizi del sec. XV) con Storie della sua vita nella cappella Bolognini della Basilica di San Petronio.

Il 4 ottobre 2001 la statua di San Petronio, realizzata dallo scultore Gabriele Brunelli per l'Arte dei Drappieri nel 1683, è stata ricollocata in piazza di Porta Ravegnana, davanti alle due torri: era stata rimossa da questa collocazione originaria nel 1871 e a lungo custodita nella basilica di piazza Maggiore.

Saint Petronius

Saint Petronius (Italian: San Petronio) (died ca. 450 AD) was bishop of Bologna during the fifth century. He is a patron saint of the city. Born of a noble Roman family, he became a convert to Christianity and subsequently a priest. As bishop of Bologna, he built the Church of Santo Stefano. The only certain historical information we possess concerning him is derived from a letter written by Bishop Eucherius of Lyon (died 450-455) to Valerianus (in P. L., L, 711 sqq.) and from Gennadius' De viris illustribus, XLI (ed. Czapla, Münster, 1898, p. 94).

Eucherius writes that the holy Bishop Petronius was then renowned in Italy for his virtues. From Gennadius we receive more detailed information: Petronius belonged to a noble family whose members occupied high positions at the imperial Court at Milan and in the provincial administrations at the end of the fourth and the beginning of the fifth centuries. His father (also named Petronius) was probably praefectus praetorius, since a Petronius filled this office in Gaul in 402-408. Eucherius seems to suggest (P. L., L, 719) that the future bishop also held an important secular position.

Even in his youth Petronius devoted himself to the practices of asceticism, and seems to have visited the Holy Places in Jerusalem, perhaps on a pilgrimage. About 432 he was elected and consecrated Bishop of Bologna, where he erected a church to Saint Stephen (Santo Stefano), the building scheme of which was in imitation of the shrines on Golgotha and over the Holy Sepulchre in Jerusalem. The buildings belong approximately to the period when Pope Leo I had basilicas erected in Rome and Galla Placidia in Ravenna. Petronius is believed to have written a work on the life of the Egyptian monks (Vitae patrum Ægypti monachorum); the author of this work, however, is Rufinus of Aquileia.

The treatise De ordinatione episcopi, bearing the name of Petronius as author, is by the elder Petronius, who was a man of eloquence and wide acquaintance with the secular sciences. Morin has published a sermon entitled "In die ordinationis vel Natale episcopi" (Revue bénédictine, 1897, 3 sq.), which Gennadius ascribes to Bishop Petronius of Verona, whom Czalpa holds is Petronius of Bologna, but this assignment is not certain.

According to Gennadius, Petronius died during the reign of Emperor Theodosius II and Valentinian III, i. e., before 450. In the twelfth century appeared a legendary life of the saint, whose relics were discovered in 1141. Shortly afterwards a church was erected in his honour at Bologna; a second, planned on a large seal, was begun in 1390. The feast of St. Petronius is celebrated on 4 October. In iconography, he is depicted as a bishop holding a model of Bologna in his hand.

Basilica di San Petronio

La basilica di San Petronio è la chiesa più famosa e maestosa di Bologna, dove domina Piazza Maggiore. La sue imponenti dimensioni (132 metri di lunghezza e 60 di larghezza, con un'altezza della volta di 45 metri, mentre sulla facciata tocca i 51 metri) ne fanno la quinta chiesa più grande del mondo. Può contenere circa 28.000 fedeli. Dedicata al santo patrono della città (che ne fu vescovo nel V secolo), la sua costruzione risale al 1390, quando il comune diede incarico a Antonio Di Vincenzo dei lavori di edificazione di una grande chiesa in stile gotico, che nelle prime intenzioni pare volesse surclassare - per dimensioni - l'Antica basilica di San Pietro in Vaticano a Roma. La basilica godette fin da subito di grande prestigio, tanto che fu scelta dallo spagnolo Carlo V per l'incoronazione a imperatore da parte di Clemente VII nel 1530.

I lavori si prolungarono a lungo nei secoli: dopo la realizzazione della prima versione della facciata, nel 1393 furono iniziati i lavori per le cappelle laterali, lavori che furono conclusi solo nel 1479. Le decorazioni della navata centrale sono ad opera di Girolamo Rainaldi che si occupò della loro realizzazione fra il 1646 e il 1658. L'abbellimento della facciata con i nuovi portali minori a corollario del portone centrale di Jacopo della Quercia accompagnò anche il rivestimento della facciata. La basilica di San Petronio affascinò Giosuè Carducci (Valdicastello 1835 - Bologna 1907) che le dedicò la poesia Nella piazza di San Petronio:

Surge nel chiaro inverno la fosca turrita Bologna,
e il colle sopra bianco di neve ride.
È l'ora soave che il sol morituro saluta
le torri e 'l tempio, divo Petronio, tuo;
le torri i cui merli tant'ala di secolo lambe,
e del solenne tempio la solitaria cima.
Il cielo in freddo fulgore adamàntino brilla;
e l'aër come velo d'argento giace
su 'l fòro, lieve sfumando a torno le moli
che levò cupe il braccio clipeato de gli avi.
Su gli alti fastigi s'indugia il sole guardando
con un sorriso languido di vïola,
che ne la bigia pietra nel fosco vermiglio mattone
par che risvegli l'anima de i secoli,
e un desio mesto pe 'l rigido aëre sveglia
di rossi maggi, di calde aulenti sere,
quando le donne gentili danzavano in piazza
e co' i re vinti i consoli tornavano.
Tale la musa ride fuggente al verso in cui trema
un desiderio vano de la bellezza antica.

Ma i lavori furono più volte fermati e ripresi: numerosi architetti (fra questi Baldassarre Peruzzi, Jacopo Barozzi Da Vignola, Andrea Palladio, Alberto Alberti) sono stati chiamati a proporre soluzioni artistiche senza mai trovare una soluzione definitiva. A tutt'oggi la facciata risulta ancora incompleta. La basilica fu trasferita alla diocesi solo nel 1929 e non fu consacrata fino al 1954; solo dal 2000 conserva le reliquie del santo patrono, fino ad allora conservate nella basilica di Santo Stefano. Al suo interno si segnalano una Madonna e Santi di Lorenzo Costa il Giovane, una Pietà di Amico Aspertini e soprattutto il San Rocco del Parmigianino.

Navata centrale e altare

Notevoli sono il gioco di colori degli intonaci e le vetrate policrome. Di rilievo anche il coro ligneo quattrocentesco di Agostino de' Marchi, i due organi monumentali (quello a destra, risalente al 1475, è il più antico fra i grandi organi giunti fino a noi ed è il primo a registri indipendenti, realizzato da Lorenzo di Giacomo da Prato; quello di sinistra venne aggiunto alle fine del XVI secolo). Di interesse anche il ciborio dell'altare maggiore eretto nel 1547 dal Vignola.

La quarta cappella sul fianco sinistro, cappella Bolognini, decorata all'inizio del Quattrocento, ha una ricca transenna marmorea in stile gotico; sull'altare troviamo un ricchissimo polittico ligneo gotico dorato e policromato, con ventisette figure intagliate e altre dipinte. Le pareti sono, nella loro totalità, affrescate da Giovanni da Modena: a destra il viaggio dei Magi; in quella di fronte episodi della vita di San Petronio. A sinistra il complesso del giudizio universale presenta una raffigurazione di tipo dantesco, diviso in tre fasce; in alto il paradiso, luogo dei santi, con l'incoronazione della Madonna e Cristo in una forma mandorlata (Deisis), in basso troviamo l'arcangelo Michele e l'inferno diviso in bolge, con una gigantesca figura di Lucifero e Maometto sdraiato. Nella chiesa è possibile ammirare anche la Meridiana di Giandomenico Cassini, costruita nel 1655 su progetto dell'astronomo Giovanni Domenico Cassini: i suoi 66,8 m di lunghezza ne fanno la più lunga linea meridiana al mondo. La chiesa ospita le spoglie di Elisa Bonaparte, sorella di Napoleone.  San Petronio contiene due degli organi più storicamente importanti d'Italia. Uno fu costruito da Lorenzo da Prato nel 1475; l'altro fu di Malamini nel 1596. Il primo è, di fatto, il più antico organo al mondo.

Basilica di San Petronio

L'atto di nascita della basilica di San Petronio risale a un decreto del 1388, ma i lavori iniziarono dopo due anni. Il 26 febbraio 1390 il Comune incaricò della costruzione il murator Antonio di Vincenzo (cui si deve anche il progetto del Palazzo della Mercanzia) e il 7 giugno venne posata la prima pietra. Il progetto era quello di una grande basilica gotica. La costruzione della chiesa iniziò dalla facciata prospiciente la piazza principale della città, per annunciare fin da subito la presenza del grande tempio. Poi i lavori procedettero lentamente, per secoli. Nel 1393 furono costruite le due prime cappelle per parte, ma solo nel 1479 si cominciarono le ultime. Quanto alle volte gotiche della navata centrale, furono costruite nel 1646–1658, in piena età barocca, da Girolamo Rainaldi.

Rimase irrisolto il problema della facciata. Essa era abbellita dal basamento marmoreo di Antonio di Vincenzo, su cui erano stati costruiti il portale maggiore di Jacopo della Quercia (1426-1438) e i due portali minori. Il rivestimento completo della parete, iniziato nel 1538 su disegno di Domenico da Varignana, si arenò tra molte polemiche. Architetti famosissimi si sono occupati della facciata. Ci sono disegni e progetti di Baldassarre Peruzzi, Giacomo Ranuzzi, Jacopo Barozzi da Vignola, Giulio Romano, Domenico Tibaldi, Francesco Morandi detto il Terribilia, Andrea Palladio, Alberto Alberti. Eppure dopo secoli è ancora lì, incompiuto rivestimento esterno in marmo tutt' ora visibile. Ormai facciata definitiva.

L' impresa della costruzione del tempio civico di San Petronio fu ricca di significati simbolici non solo religiosi. Dando una sede imponente e prestigiosa al culto petroniano si volle affermare tangibilmente l' orgoglio civico della comunità attraverso un'impresa celebrativa e propiziatoria, che fissasse nella maniera più degna quegli ideali di autodeterminazione e di decoro municipale che almeno da due secoli erano simboleggiati dalla figura del santo patrono.

La grande basilica di San Petronio appartenne lungamente al Comune, che nei secoli ne fece molteplici usi e non solo per fini religiosi: luogo di cerimonie, ritrovo pubblico, tribunale. Solo dal 1929, a seguito dei Patti Lateranensi, la proprietà è stata trasferita alla Diocesi. Anche per questo motivo la chiesa, peraltro mai del tutto compiuta, fu consacrata solo nel 1954 dal cardinale Lercaro. La basilica di San Petronio richiamò più volte l' attenzione di Giosuè Carducci, che le dedicò la lirica Nella piazza di San Petronio.

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Vignette del Quattrocento

Le violente proteste nel mondo islamico
per le vignette pubblicate in Danimarca
e il Maometto di San Petronio del XV secolo:
la rappresentazione del Profeta nel mondo islamico e in Europa.

Ormai più di un anno fa il mondo islamico fu sconvolto da un’ondata di proteste causate dalla pubblicazione su alcuni giornali europei di vignette ritenute offensive nei confronti di Maometto. Le prime caricature del Profeta sono comparse sul giornale conservatore danese Jyllands-Posten il 30 settembre del 2005. Il mondo islamico si infiammò nei primi mesi del 2006. Le ambasciate danesi di Indonesia, Somalia e Giordania subirono attacchi e contestazioni, ambasciatori e rappresentanti delle istituzioni di molti Paesi Arabi richiesero scuse ufficiali da parte del governo danese. L’Europa si divise tra chi riaffermava il valore della libertà d’espressione, chi richiedeva una maggiore attenzione in un momento di così grandi tensioni. Ambasciatori e Ministri europei si dimisero (in Svezia il ministro degli esteri Leila Freivals, dopo aver ammesso di aver ostacolato la pubblicazione delle vignette), e altri gettarono benzina sul fuoco mostrando in diretta una t-shirt raffigurante una di queste vignette (il nostro Roberto Calderoli, nella puntata di DopoTg del 15 febbraio, gli scontri dei giorni successivi a Bendasi, in Libia, causarono undici morti).

Le vignette furono il casus belli per le ennesime proteste nei confronti dell’Occidente, ma smossero in modo così forte le coscienze anche perché andavano a toccare un punto molto complesso della cultura e della religione islamica. Si tratta della questione della raffigurazione della divinità e più in generale della raffigurazione, tramite scultura o pittura, di figure animali o umane: l’aniconismo. Proprio in base a questo principio, l’arte islamica è tradizionalmente basata sull’astrazione, la stilizzazione, l’arabesco, le composizioni geometriche, uno stile che privilegia la decorazione alla rappresentazione. I motivi di questa tendenza sono vari e complessi e non riconducibili esclusivamente a una ragione religiosa.

Alcuni testi fondamentali della religione islamica si occupano della rappresentazione. Il Corano non ne parla, vi si trovano solo dei riferimenti all’idolatria. Ma sono famosi alcuni passi degli Hadith, testi in cui si raccolgano parole e detti di Maometto. In particolar modo nella quarantottesima sura del libro degli abiti di Abu Daud si legge “Gli angeli non entreranno in una casa ove ci sia una figura o un cane” (versetto 4152) oppure "Coloro che saranno più severamente puniti il Giorno del Giudizio sono l'assassino di un Profeta [...] e un artefice di immagini o figure". Probabilmente si tratta di testi risalenti all’VIII secolo, che riflettono la crescente preoccupazione nei confronti dell’idolatria. Sono decenni in cui questo problema viene affrontato anche in ambito cristiano e l’iconoclastia si diffonde in tutto l’Impero Bizantino. Alcuni islamisti individuano nell’aniconismo islamico una risposta allo strabordare delle raffigurazioni umane e divine all’interno degli edifici di culto cristiani. Un diverso atteggiamento nei confronti della rappresentazione che può essere interpretato anche teologicamente. L’islamista Daniele Mascitelli rileva infatti come laddove il cristianesimo abbonda nella raffigurazione di Gesù Cristo in quanto 'incarnazione' di Dio sulla terra e suo 'verbo', nell'islam il 'verbo' di Dio, e sua 'incarnazione', è il Corano materialmente raffigurabile nella scrittura delle sue parole, e non nella rappresentazione in immagini dei fatti in esso narrati. Da ciò deriverebbe, inoltre, la particolare perizia con cui vengono scritti i manoscritti e i testi religiosi. Ma le considerazioni di Mascitelli esulano dall’ambito prettamente teologico-religioso, per considerare l’importanza nella scelta di non raffigurare uomini e animali, del gusto e della mentalità medievale, tesa al trascendete, all’escatologico, più che alla realtà sensibile e immanente.

Non essendo comunque presente nei testi sacri un chiaro divieto nei confronti della rappresentazione, nel corso della storia e ancora oggi non sono mancate occasioni in cui, nella complessità di una secolare storia artistica, questa regola è stata trasgredita (una interessante rassegna di immagini del Profeta in questo sito http://nordish.net). Califfi e principi vivevano in sontuosi palazzi in cui dipinti o mosaici raffiguravano corpi umani. Un esempio in tempi più recenti è l’Egitto dei decenni di passaggio tra il XIX e il XX secolo. In quel periodo una fatwa dell’imam dell’importantissima università sannita di Al Ahar, si espresse a favore della libertà creativa, escludendo comunque la rappresentazione dei profeti e di Dio.

In Europa invece, le vignette danesi, non sono state ovviamente il primo caso di raffigurazione di Maometto. Nell’agosto del 2002 si diffuse un preoccupato allarme di attentati terroristici nei confronti della cattedrale bolognese di San Petronio. I principali quotidiani riportarono la notizia di cinque Magrebini arrestati nella basilica. Alcune frasi registrate nel video che essi stessi stavano girando hanno allarmato gli inquirenti. Dopo poche settimane i presunti terroristi sono stati scarcerati e completamente scagionati. Le frasi che fecero pensare alla preparazione di un attentato terroristico erano riferite a un famoso affresco presente in San Petronio. Una raffigurazione di Maometto all’Inferno.

L’affresco decora una delle pareti della Cappella dei Re Magi, inserendosi in un apocalittica tardo-gotica rappresentazione dell’Inferno. Una visione di chiara ispirazione dantesca. Sono celeberrimi i versi del canto XXVIII della Commedia, con cui Dante colloca Maometto tra i seminatori di scismi e discordia:

"Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com'io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infin dove si trulla.
Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e 'l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia.
Mentre che tutto in lui veder m'attacco,
guardommi, e con le man s'aperse il petto,
dicendo: «Or vedi com'io mi dilacco!
vedi come storpiato è Maometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto.
E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così."

(Inferno, Canto XXVIII, vv. 22-36)

Cappella Bolognini in San Petronio

Nell’affresco di San Petronio Maometto è rappresentato come un vecchio dalla barba bianca, completamente nudo e legato, torturato da un demone, circondato da altri peccatori tra i quali si riconoscono gli scismatici (Datan e Abiron), i sacrileghi, gli incantatori (Pitonessa), gli eretici (Ario). La stampa nazionale ha sempre riportato una veduta d’insieme dell’affresco, portando il lettore a identificare Maometto con la figura dominante sulla parete. Un mostruoso essere dalle sembianze animali, peloso e intento a triturare due uomini con le sue bocche, con due facce di cui una all’altezza della vita. Maometto occupa una piccola porzione dell’affresco in alto a sinistra rispetto a questa figura, chiaramente ispirata al Lucifero della Commedia.

La Cappella dei Re Magi di San Petronio, che ospita l’affresco in questione, è la più antica di tutta la basilica. Fu commissionata da un’importante famiglia di mercanti di seta, la famiglia Bolognini. Una cappella ricchissima, in cui agli affreschi parietali, si aggiungono transenne in marmo, l’importante polittico ligneo decorato con la storia dei Re Magi, vetrate policrome. Una delle cappelle più belle e importanti della basilica, la cui costruzione iniziò nell’ultimo decennio del Trecento. L’autore dell’affresco, Giovanni da Modena, conosciuto anche come Giovanni di Pietro Faloppi, lavorò all’interno della fabbrica di San Petronio tra il 1408 e il 1420. Dell’artista sono giunte fino a noi poche informazioni. Fu attivo fino al 1455, a partire proprio dal 1408 quando Bartolomeo Bolognini commissionò l’affresco che, oltre all’Inferno, contiene una visione dell’Aldilà basata sulla lezione dantesca.

Sei secoli più tardi questo affresco si trova al centro di ipotetici attentati, di attacchi da parte di imam e, in modo ancora più preoccupante, l’affresco di Giovanni da Modena è obiettivo di assurde soluzioni di riappacificazione in un momento storico tanto complesso. Divenuto per alcuni capro espiatorio delle difficili tensioni nei confronti dell’Islam. Francesco Cossiga, infatti, nel maggio del 2002, scrisse una discussa lettera all’arcivescovo di Bologna, il Cardinal Biffi. Il senatore a vita richiese espressamente che l’affresco fosse rimosso e trasportato in uno spazio laico, dedicato alla contemplazione artistica e non religiosa. Una soluzione che si mostra inutile quanto irrispettosa della storia e della natura dell’affresco. Un’opera interessantissima, che nella sua ricchezza e nell’horror vacui tipico del gotico internazionale, trasmette la sensibilità e la religiosità dei committenti e della società del Tardo Medioevo. È difficile immaginare come questo Maometto dipinto sei secoli fa, testimone del suo tempo, possa offendere la sensibilità di uomini che vivono oggi.

Tommaso Martini
Periodico registrato il 30 gennaio 2007 presso il Tribunale di Rovereto con n.268
Editore Tommaso Martini Direttore responsabile Edoardo Semmola

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The Basilica of San Petronio

The Basilica of San Petronio is the main church of Bologna, the old città d'arte in the Emilia Romagna region of Italy; however, it is not the metropolitan cathedral of the city, which is the Cathedral of Saint Peter. It dominates the Piazza Maggiore. It is the fifth largest church in the world, stretching for 132 meters in length and 60 in width, while the vault reaches 45 meters inside and 51 meters in the facade. It can contain about 28,000 persons. It is dedicated to the patron saint of the city, Saint Petronius, who was the bishop of Bologna in the fifth century. Following a council decree of 1388, the first stone of construction was laid June 7, 1390, when the town council entrusted Antonio di Vincenzo with raising a Gothic cathedral.

Works lasted for several centuries: after the completion of the first version of the facade, in 1393 the first pair of side chapels were begun. The series were completed only in 1479, however. In 1514 Arduino degli Arriguzzi proposed a revised plan in the form of a Latin cross with the intent to outdo even Saint Peter's Basilica of Rome, the greatest church of the Western Christian world even in its ancient version. By tradition Pope Pius IV halted such a majestic project.

In spite of this setback the basilica continued to enjoy the great prestige it engendered from the very beginning: pope Clement VII chose it for the coronation of Charles V in 1530. Jacopo Barozzi da Vignola was chief architect of the fabbrica; his is the design of the ciborium over the altar. The vaulting and decoration of the central nave is by Girolamo Rainaldi, who completed it in 1646-1658. The facing of the main facade, however, remains unfinished: many architects (notably Baldassarre Peruzzi, Vignola, Andrea Palladio and Alberto Alberti) were commissioned to propose solutions for it, but a definitive one was never found. Jacopo della Quercia of Siena enriched the main doorway with sculptures and two new small flanking doorways, with subjects taken from the Old Testament, forming a traditional prelude to the new dispensation that is represented by the basilica itself. The heroic nudes of Adam and other figures in the rectangular bas-relief panels were an inspiration to artists of the Renaissance.

The construction of the basilica was a project of the comune of Bologna, not of the bishops: the property was a symbol of communal power that was not transferred from the city to the diocese until 1929; the basilica was finally consecrated in 1954. It has been the seat of the relics of Bologna's patron saint only since 2000; until then they were preserved in the Santo Stefano church of Bologna. The interior is notable for a Madonna with Saints by Lorenzo Costa the Younger and a Pietà by Amico Aspertini. Also the colours of the walls and the stained glass windows are noteworthy. The choir was made in 15th century by Agostino de' Marchi, while the ciborium is a work by Vignola.

Bologna was a principal center of Baroque music in Italy. The musical organization had been officially instituted by Pope Eugenius IV in 1436; the first regularly paid instrumentalists were added in the late sixteenth century, and in the seventeenth century San Petronio was renowned for its sacred instrumental and choral music, with its two great organs, completed in 1476 and 1596, both still in remarkably original condition; the library remains a rich archival repository. Three successive maestri di capella marked the great age of music at San Petronio: Maurizio Cazzati (1657-71), Giovanni Paolo Colonna (1674-95) and Giacomo Antonio Perti (1696-1756).

The church hosts also a sundial in the form of a meridian line inlaid in the paving of the left aisle in 1655; it was calculated and designed by the famous astronomer Giovanni Domenico Cassini, who was teaching astronomy at the University: at 66.8 meters it is the longest sundial in the world, following measurements that were for the time uniquely precise; Cassini and Domenico Guglielmini published an illustrated account of how the meridian was accomplished in 1695. Elisa Bonaparte, Napoleone Bonaparte's sister, is buried here.

Renaissance fresco in San Petronio Basilica
depicting Mohammed being tortured in Hell

In 2006, plans by Muslim terrorists to destroy the Basilica were thwarted by Italian police. The terrorists claimed that a 15th-century fresco inside was insulting to Islam. The fresco, painted by Giovanni da Modena, represents a scene from Dante Alighieri's Inferno, and depicts Muhammad in Hell being devoured by demons.