Conrad Gessner

Historiae animalium liber III qui est de Avium natura - 1555

De Gallo Gallinaceo

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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[399] ¶ Ad caducos: Galli testiculos contritos cum aqua ieiuno dabis bibere. abstineant autem a vino diebus decem, caducis remedium est. Debebunt autem testiculi sicci servari, ut cum fuerint necessarii, continuo sumantur, Sextus et Constantinus. Ad comitiales[1]: Gallinacei testes ex aqua et lacte quidam bibendos censent, antecedente quinque dierum abstinentia vini, ob id inveteratos, Plinius[2]. Galli gallinacei testiculos in pulverem tritos ex aqua et lacte ieiuno propinato, idque diebus quinque facito, vino autem abstinendum est, Trallianus hoc se ex Gallia accepisse scribens. Serapion pro epilepticis probat medicamen confectum e testibus galli gallinacei: Caelius Aurelianus, improbans ipse ut videtur.

¶ Per gli epilettici: Darai da bere a digiuno con dell’acqua dei testicoli di gallo tritati. Ma rappresenta un rimedio per gli epilettici se essi si astengono per dieci giorni dal vino. E i testicoli dovranno essere conservati essiccati, affinché quando ce ne sarà bisogno possano essere assunti senza interruzione, Sesto Placito Papiriense e Costantino Africano. Per gli epilettici: Alcuni sono dell’avviso che i testicoli di gallo vanno bevuti con acqua e latte, cui deve precedere un’astinenza dal vino di cinque giorni, e per questo sono fatti invecchiare, Plinio. Dà da bere a digiuno con acqua e latte i testicoli di gallo ridotti in polvere. E ripetilo per cinque giorni, ma bisogna astenersi dal vino, Alessandro di Tralles che scrive di aver ricevuto questa informazione dalla Gallia. Serapione per gli epilettici loda un farmaco preparato con testicoli di gallo: mentre Celio Aureliano a quanto pare lo disapprova.

¶ Gallinaceum fimum omnia quae columbinum, sed inefficacius, praestat, Dioscor. minus calidum est columbino, Galenus. Et rursus, Caeterum ut in aliis omnibus animalium partibus aut excrementis plurimum refert, montanisne locis, an in pratis, paludibus, lacubus et aedibus versentur. Semper enim quae exercentur, iis quae non exercentur sunt sicciora: et quae cibis utuntur calidioribus siccioribusque iis quae humidis frigidisque. Itaque ut columbarum stercus semper imbecillius expertus sum quae in domibus degunt quam nomadum et montanarum: sic gallinarum quoque inveni multo infirmius earum quae conclusae servantur et furfuribus aluntur, non paulo autem valentius earum quae in agris, atriis aut foris pascuntur. Stercoris gallinacei pulli drachmae duae dissolutae in multa aqua calida, et potae, vomitum movent, Arnoldus de Villan. Stercus galli cum succo prasii datum, mox vomitum proritat, Idem. Certo educit per vomitum. quare contra venena propinatur, Ferdinand. Ponzettus. Idem {Gaynerius} <Guainerius>. scribit, sed misceri iubet, cum lini urticaeve semine in aqua decocto, aut aqua et butyro, etc. Ad felis morsum galli stercus liquidum cum adipe gallinaceo subigito et imponito, Aetius. Idem ex aceto impositum morsibus canis rabidi, salutare traditur, Kiranides. Gallinaceum fimum privatim contra venena fungorum bibitur ex aceto aut vino, (vel oxymelite, Rasis,) Dioscor. Nicander contra idem venenum commendat πάτον στρουθοῖο κατοικάδος (ὀπτόν.) Galenus etiam adversus strangulationem a devoratis fungis gallinarum domesticarum fimum cum oxymelite bibi consulit, in Euporistis 1.131. nimirum  ut vomitus subsequatur. Cum medicum quendam in Mysia gallinaceo utentem stercore conspexissem, in eis qui ab esu fungorum suffocabantur: et ipse quoque sum usus in quibusdam urbem inhabitantibus, qui et ipsi fungos esitarant, ipsum videlicet ad l{a}evorem contritum tribus quatuorve oxycrati aut oxymelitis inspergens cyathis. et palam adiuti sunt, idque celeriter. nam qui praefocabantur, paulo post vomebant pituitosum humorem omnino crassissimum, et exinde plane liberati sunt symptomate, Galenus lib. 10. de simplicibus. Vide etiam inferius inter remedia ex candida parte huius fimi.

¶ Lo sterco di pollo offre tutto ciò che offre quello di colombo, ma è meno efficace, Dioscoride. È meno caldo di quello di colombo, Galeno. E ancora: Del resto, come per tutte le rimanenti parti degli animali o i loro escrementi, è estremamente importante se vivono in località di montagna, o nei prati, nelle paludi, nei laghi e nelle abitazioni. Infatti quelli che fanno esercizio fisico sono più asciutti di quelli che non lo fanno: e così pure quelli che si servono di cibi più caldi e asciutti di quelli che si nutrono di cibi più umidi e freddi. Pertanto, così come ho esperienza del fatto che lo sterco dei colombi che vivono nelle colombaie è sempre meno efficace rispetto a quello dei soggetti randagi e di montagna: altrettanto ho riscontrato che quello delle galline è molto meno efficace se esse vengono tenute rinchiuse e nutrite con crusca, ed è molto migliore quello delle galline che vanno a pascolare nei campi, sotto i portici o nelle piazze dei mercati. Due dracme [6,42 g] di sterco di pollame sciolte in molta acqua calda, e bevute, provocano il vomito, Arnaldo da Villanova. Lo sterco di gallo, somministrato con succo di marrubio, provoca immediatamente il vomito, sempre Arnoldo. Senza dubbio fa espellere grazie al vomito. Per tale motivo viene dato da bere contro i veleni, Ferdinando Ponzetto. Antonio Guainerio scrive la stessa cosa, ma prescrive di mescolarlo con seme di lino o di ortica fatto cuocere in acqua, o in acqua e burro, etc. Contro il morso di gatto impasta sterco liquido di gallo con grasso di pollo e metticelo sopra, Ezio di Amida. Si tramanda che lo stesso sterco preparato con aceto e applicato sulle morsicature di un cane rabbioso, risulta curativo, Kiranide. Lo sterco di pollo viene bevuto con aceto o con vino specialmente contro i veleni dei funghi (oppure con ossimele, Razi), Dioscoride. Nicandro di Colofone contro lo stesso tipo di veleno consiglia páton strouthoîo katoikádos (optón), cioè, escremento di passera domestica – di gallina – (abbrustolito). Anche Galeno – Oribasio - contro il soffocamento dall’aver mangiato funghi - sindrome muscarinica - prescrive di bere sterco di galline domestiche con ossimele, in Euporista I,131. Ovviamente, affinché ne derivi il vomito. Dal momento che avevo visto in Misia un medico che si serviva di sterco di pollo in coloro che andavano incontro a soffocamento per aver mangiato funghi: anch’io me ne sono servito per alcuni abitanti di Roma che avevano pure mangiato funghi, e precisamente, dopo averlo ridotto in polvere fino a renderlo quasi impalpabile, cospargendolo con tre o quattro ciati [150-200 ml] di acqua e aceto oppure di ossimele. E ne hanno tratto giovamento in modo palese, e rapidamente. Infatti coloro che stavano soffocando, poco dopo vomitavano un liquido simile a catarro e veramente denso, e da quel momento si sono liberati completamente dalla sintomatologia, Galeno nel libro X del De simplicium medicamentorum temperamentis et facultatibus. Vedi anche più avanti, tra i rimedi ricavati dalla parte bianca di questo sterco

¶ Gallinarum fimum recens illitum alopecias celerrime explet, Plinius[3]. Gallinaceorum stercus cum oleo utroque (non explicat quibusnam) permixtum, alopeciis utile est, Marcellus. Cum aceto alopeciis impositum prodest, Rasis et Kiranides. Si prius fricetur locus cum panno et cepe donec rubeat, Rasis. Aridum quoque tritum cum nitro et arido (vox corrupta) unguento alopeciam inspissat, Kiranid. Recens adpositum podagris, plurimum iuvat, Marcellus et Plinius[4]. Perniones quae nascuntur in manibus impositum sanat, et omnes morsus, Constantinus. Est qui gallinae perducat stercore corpus, Serenus inter carbonis (carbunculi) remedia. De usu huius stercoris ad fistulam curandam, scripsimus in Rubeta G. {Phlegmonas} <Phlegmones> quae nascuntur in naribus impositum sanat, Aesculapius. Furunculo medicando: Praetereaque fimum, ex gallo quod legeris albo | Imbribus ex acidis fidens appone dolenti, Serenus. Vide etiam infra inter remedia ex rufa parte huius fimi. Fimum gallinaceum cum oleo et nitro clavos pedum sanat, Plinius[5]. Marcellus pulli gallinacei fimum rubrum clavellis frequenter illinendum consulit. Fimum gallinaceum recens inunctum, contusiones ex calciamentis sanat. aufert etiam myrmecia{s}[6], Kiranides. Si fiat ex eo cataplasma cum melle, id illitum crustam ignis Persici rumpit, Rasis.

¶ Lo sterco fresco di gallina quando viene spalmato fa guarire con estrema rapidità le alopecie, Plinio. Lo sterco di pollo mescolato ad ambedue i tipi di olio (non precisa quali), è utile per le alopecie, Marcello Empirico. Giova nelle alopecie applicato con aceto, Razi e Kiranide. Se con un pezzo di stoffa e con della cipolla l’area viene prima strofinata fino a farla arrossare, Razi. Anche essiccato e polverizzato con salnitro e con un unguento secco (vocabolo corrotto) rende l’alopecia meno glabra, Kiranide. Applicato fresco ai tofi gottosi è di estrema utilità, Marcello Empirico e Plinio. Applicato, fa guarire i geloni che insorgono alle mani e ogni tipo di morsicatura, Costantino Africano. C’è qualcuno che si cosparge il corpo con sterco di gallina, Sereno Sammonico tra i rimedi del carbone (del carbonchio). Sull’impiego di questo sterco per la terapia di una fistola ho scritto nel capitolo della rubeta – rana velenosa, paragrafo G. Applicato, fa guarire le suppurazioni che si sviluppano a livello delle narici, Esculapio. Per medicare un foruncolo: E inoltre applica fiducioso sull’ammalato lo sterco che avrai raccolto da un gallo bianco e sciolto in acqua acida, Sereno Sammonico. Vedi anche più avanti tra i rimedi ricavati dalla porzione rossastra di questo sterco. Lo sterco di pollo con olio e salnitro fa guarire le callosità ai piedi, Plinio. Marcello Empirico prescrive di applicare ripetutamente sui calli dello sterco rosso di pollo. L’applicazione di sterco fresco di pollo fa guarire le contusioni dovute alle calzature. Fa scomparire anche le verruche prive di peduncolo – o sessili, Kiranide. Qualora se ne prepari un cataplasma con del miele, la sua applicazione fa rompere la crosta del fuoco persiano, Razi.

¶ Mactatae recens gallinae ventrem una cum stercore involvito melle, et iumento adhuc calentem in fauces immittito, Pelagonius adversus tussim iumenti e faucibus vel gutture provenientem.

¶ Amalgama con del miele le interiora  insieme allo sterco di una gallina appena uccisa, e introducile in bocca ancora calde a un animale da tiro, Pelagonio contro la tosse di un animale da tiro dovuta alle fauci o alla gola.

¶ Gallinaceum fimum contra coli cruciatus ex aceto aut vino bibitur, Dioscor. cum aqua calida et melle, Rasis. Medicus quidam Mysus hoc fimum bibendum dabat iis qui diutino coli dolore fuissent vexati ex oenomelite: vel si id non aderat, ex aceto, aut vino aqua diluto, Galenus lib. 10. de simplic. Et rursus in opere de compos. sec. loc. ex Asclepiade: Gallinarum interanea omnia exempta, et in vas fictile coniecta assato, ac trita reponito. usus vero tempore cochlearium unum et dimidium, et seminis dauci Cretici tusi et cribrati tantundem, ex aquae mulsae calidae cyathis tribus exhibeto. In libro quodam Germanico manuscripto albam tantum huius fimi partem adverus colicum affectum e vini cochleario, salubriter bibi legimus.

Lo sterco di pollo viene bevuto con aceto o con vino contro i dolori del colon, Dioscoride. Con acqua calda e miele, Razi. Un medico della Misia a coloro che erano continuamente tormentati da un dolore al colon dava da bere questo sterco con vino mielato o, se non ce n’era, con aceto oppure con vino diluito con acqua, Galeno libro X del De simplicium medicamentorum temperamentis et facultatibus. E ancora, nel trattato De compositione medicamentorum secundum locos, traendolo da Asclepiade il Giovane: Dopo aver tolto tutti gli intestini delle galline e averli messi in un vaso di terracotta, falli friggere, e dopo averli tritati mettili da parte. A tempo opportuno ne userai un cucchiaio e mezzo e altrettanto di seme di carota di Creta pestato e setacciato e darai da bere con tre ciati [circa 150 ml] di acqua calda mielata. In un libro manoscritto tedesco ho letto che contro la colite per poter guarire si deve bere con un cucchiaio di vino solo la parte bianca di questi escrementi.

¶ Stercus gallinae suffitum secundas educit, Arnoldus Villanov.

¶ Lo sterco affumicato di gallina fa espellere la placenta, Arnaldo da Villanova.

¶ Ad iumentorum remedia: Si equus pennam vorarit, primo uratur in umbilico, deinde in os eius stercus bovis tepidum inseratur: tum fiat phlebotomia. demum omnia interiora gallinae sanae in os eius immittes. Et si ne ita quidem liberatur, minue diligenter ipsum, Rusius[7]. Equo ex pituita per nares laboranti, fimum gallinaceum in nares inflabis, Obscurus. Si equa marem non patitur, gallinaceo fimo cum resina terebinthina trito, naturalia eius linuntur. ea res accendit libidinem, Anatolius. Sunt qui ad ulcera iumentorum utantur fimo gallinac. arido trito cribratoque, inspergentes mane, et vesperi succum sambuci immittentes per dies aliquot: ubi ulcera primum abluerint vino in quo sambuci folia decocta sint cum modico sale.

Per preparare dei rimedi per gli animali da tiro: Se un cavallo ha inghiottito una penna, per prima cosa lo si cauterizzi in sede ombelicale, quindi gli si metta in bocca dello sterco tiepido di bovino: quindi gli si faccia un salasso. Infine gli metterai in bocca tutte le interiora di una gallina sana. E se anche in questo modo non ne viene liberato, taglialo per bene a pezzetti: Lorenzo Rusio. A un cavallo che sta soffrendo di catarro nasale gli insufflerai attraverso le narici dello sterco di pollo, uno sconosciuto. Se una cavalla non vuole accoppiarsi col maschio, la sua zona genitale viene spalmata con sterco di pollo pestato con resina di terebinto. Questo trattamento risveglia la libidine, Anatolio. Vi sono alcuni che contro le ulcere degli animali da tiro usano sterco secco di pollo pestato e setacciato facendo delle aspersioni al mattino e alla sera per alcuni giorni, aggiungendovi del succo di sambuco: dopo aver prima lavato le ulcere con vino in cui sono state cotte foglie di sambuco con poco sale.


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[1] Gli epilettici venivano chiamati comitiales perché nell'antica Roma venivano sciolti i comizi se uno dei partecipanti avesse subito un attacco di epilessia, in quanto ciò rappresentava un segno di cattivo augurio. – Epilessia deriva dal greco epilëpsía – a sua volta dal verbo epilambánein = prendere, assalire – e in prima istanza significa arresto.

[2] Naturalis historia XXX,92: Quidam pectus eius [vulturis] bibendum censent in cerrino calice, aut testes gallinacei ex aqua et lacte, antecedente V dierum abstinentia vini; ob id inveterant.

[3] Naturalis historia XXIX,109: Pellium viperinarum cinis alopecias celerrime explet, item gallinarum fimum recens inlitum.

[4] Naturalis historia XXX,76: Podagras lenit oesypum cum lacte mulieris et cerussa, fimum pecudum, quod liquidum reddunt, pulmones pecudum, fel arietis cum sebo, mures dissecti inpositi, sanguis mustelae cum plantagine inlitus et vivae combustae cinis, ex aceto ac rosaceo si pinna inlinatur vel si cera et rosaceum admisceatur, fel caninum ita, ne manu attingatur, sed pinna inlinatur, fimum gallinarum, vermium terrenorum cinis cum melle ita, ut tertio die solvantur.

[5] Naturalis historia XXX,81: Verrucarum omnia genera urina canis recens cum suo luto inlita, fimi canini cinis cum cera, fimum ovium, sanguis recens murinus inlitus vel ipse mus divolsus, irenacei [= erinacei] fel, caput lacertae vel sanguis vel cinis totius, membrana senectutis anguium, fimum gallinae cum oleo ac nitro.

[6] Celso De medicina V,28,14: Myrmecia autem vocantur humiliora thymio durioraque, quae radices altius exigunt maioremque dolorem movent: infra lata, super autem tenuia, minus sanguinis mittunt; magnitudine vix umquam lupini modum excedunt.

[7] Liber Marescalciae Equorum. - Vedi maniscalco.