Vol. 1° -  VIII.5.5.

Influenze sull’Oriente attraverso la radice verbale Ka

Il potere di Internet e della posta elettronica mi ha permesso in due giorni - dico due - di venire a capo di ciò che da cinque mesi inutilmente attendevo circa alcuni quesiti linguistici indonesiani.

Gli autori del miracolo sono Marie Sexton e Ralph Sanderson - Indonesian Unit, Asian Collections, National Library of Australia - i quali hanno spulciato in una vasta bibliografia, che evito di citare in quanto è senz’altro credibile e ovviamente disponibile su richiesta.

I differenti vocaboli usati in Asia per designare il pollo starebbero ad indicare una sua presenza in questo continente fin da tempi remoti, senza che si sia verificato il processo di eliminazione di vocaboli sovrapposti o aggiunti. In India, oltre ai derivati di kukuta, ci si serve anche di pil, nonché di murghi [1] , tant’è che in Persiano il pollo è detto sia khurùs che morgh.

Khangi in indostano significa pollo e dà origine al cinese kung-ki o, più semplicemente, ki, oppure kai, oppure hei, anch’essi con lo stesso significato. Il Mandarino adottò la forma gung-gi, o semplicemente gi oppure ci. In Siam abbiamo kai. A Canton troviamo kei tsei, ma anche kai. In Tagàlog [2] il pollo è detto ke-kak oppure ke.

Fig. VIII. 32 - In Viet Nam il pollo è detto Ga
Francobollo vietnamita, forse del 1978.

Murghi = Murgha: parola indostana che indica un pollo grande oppure il pavone; si trasforma nel Mandarino mu-gi o gi oppure ci, col significato di pollo. In Tailandia troviamo gai o quai, in Viet Nam gia o ga.

I Cinesi per designare un uccello dispongono delle suddette radici che risalgono al periodo della Dinastia Chou (1122-249 aC).

A Giava il pollo è detto bakikuk, parola di origine giavanese che significa ayam alas - cioè, pollo della giungla - della specie Gallus bangkiwa (sic!). Le fonti etimologiche non hanno fornito un significato a bangkiwa e mi sorge il dubbio che bankiva - come lo scriviamo noi - non significhi solamente bastardo come già accennato in precedenza, ma sia in qualche modo la trasformazione di bakikuk. Infatti il Gallus gallus bankiva è il Gallo Rosso di Giava, che abbiamo già proposto di chiamare Gallus gallus javanicus.

In Malesia kakak significa pigolio; mengakak, che è lo schiamazzo delle galline, viene accorciato in manuk o manok per indicare il pollo, perdendo il significato canoro.

Ma attenti, Manok è diventato il polinesiano moa. Moa è il pollo, moa to’a è il gallo, moa ’uha è la gallina [3] . Può essere interessante riportare in quante lingue dell’Arcipelago Malese ricorre manuk.

Ricorrenza di Manuk
in varie lingue dell’Arcipelago Malese
studio di Alfred Russel Wallace, 1890

Lingua

Pollo

Bouton

manu

Menado

manu

Bolang-hitam

mano

Sanguir e Sian

manu

Salibabo

manu

Sula

manu

Gani

manik

Liang

mano

Morella

manu

Batumerah

mano

Lariki

mano

Saparua

mano hena

Awaiya

manulùma

Camarian

manu

Teluti

manuo

Gah

manok

Wahai

malok

Matabello

manok

Teor

manok

Baju

mano

 

 sommario 

 avanti 



[1] Gallus gallus murghi è la sottospecie indiana del Gallo Rosso della giungla.

[2] Il Tagàlog è una lingua imparentata con quella indonesiana, attualmente promossa al rango di lingua ufficiale delle Filippine. È particolarmente ricca di prefissi, infissi e suffissi ed è scritta in caratteri latini. I Tagàlog costituiscono un gruppo etnico delle Filippine stanziato nelle regioni centro-occidentali dell'isola di Luzon e in alcune parti della costa occidentale dell'isola di Mindanao ed è il secondo gruppo etnico più importante dal punto di vista numerico.

[3] Moa è un termine usato dai Maori per indicare un grosso uccello; infatti il Moa è null’altro che l’estinto Dinornis maximus. Un termine similare, per indicare un uccello, è rappresentato da moho, usato dai Maori della parte settentrionale della Nuova Zelanda per un Rallide, il Notornis mantelli, una gallinona d’acqua, mentre i Maori del sud usano il termine takahe.