Lessico


Cicoria
Cichorium intybus

  

Dal greco kichórion. Cichorium intybus: erbacea perenne della famiglia Composite (Asteracee) spontanea nei luoghi erbosi incolti e asciutti dell'Europa, dell'Asia temperata e dell'Africa settentrionale. È una pianta laticifera dalla radice a fittone con caule eretto assai ramificato e lungo fino a 1 m, un po' ruvido, che porta foglie, tomentose sulla pagina dorsale, di forma assai variabile: quelle basali a rosetta, piuttosto grandi, picciolate, dentate o frastagliate, le caulinari sessili, lanceolate, intere. Ha capolini in parte ascellari e in parte terminali di un bell'azzurro, ligulati, dalla breve durata e frutti ad achenio.

Le radici e le foglie, fresche o in decotto, hanno proprietà amaro-stomachiche, diuretiche e antitiroidee. Tutte le parti della pianta contengono un latice amaro più o meno presente anche nelle varie entità coltivate come insalate, fra le quali le più importanti sono la cicoria da foglia, la cicoria belga e la cicoria da radice, indistintamente chiamate anche col nome di radicchi. La cicoria è una pianta rustica, poco esigente in quanto a clima e terreno; le numerose varietà da foglia prediligono i terreni freschi e asciutti, profondamente lavorati e ben concimati: si ottengono getti colorati a seconda delle varietà (cicoria trevigiana, rossa di Verona, variegata di Castelfranco, ecc.).

Per la cicoria belga, a foglie serrate con apice color giallo paglierino, occorre tener conto di alcune esigenze ortensi a essa particolari, e così pure per la cicoria da radice, coltivata per le radici, di color bianco e di sapore amarognolo, fusiformi, che generalmente si consumano cotte. Mediante torrefazione esse forniscono un prodotto usato come succedaneo del caffè, detto del pari cicoria, che come tale è colpito da imposta di fabbricazione.

Cicoria comune

foto Elio Corti - 2007

La Cicoria comune (nome scientifico Cichorium intybus L., 1753) è una pianta erbacea perenne con vivaci fiori di colore celeste, appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Per il nome generico (Cichorium) di questa pianta è difficile trovare un'etimologia. Probabilmente si tratta di un antico nome arabo che potrebbe suonare come Chikouryeh. Sembra (secondo altri testi) che derivi da un nome egizio Kichorion, o forse anche dall'accostamento di due termini Kio (= io) e chorion (= campo); gli antichi greci ad esempio chiamavano questa pianta kichòrë; ma anche kichòria oppure kichòreia. Potrebbe essere quindi che gli arabi abbiano preso dai greci il nome, ma non è certo.

La difficoltà nel trovare l'origine del nome di questa pianta sta nel fatto che è conosciuta fin dai primissimi tempi della storia umana. Viene citata ad esempio nel Papiro di Ebers (ca. 1550 aC) e Plinio stesso nei sui scritti citava questa pianta in quanto conosciuta nell'antico Egitto; il medico greco Galeno la consigliava contro le malattie del fegato; senza contare tutti i riferimenti in epoca romana.

Il nome specifico (intybus) deriva dal latino a sua volta derivato dal greco éntybon oppure íntybos col quale si indicava un'erba simile alla cicoria (ora chiamata genericamente “erba scariola” da escarius, commestibile). Il binomio scientifico è stato definitivamente fissato dal botanico e naturalista svedese Carl von Linné (1707-1778) nella pubblicazione Species Plantarum del 1753; prima ancora però, questa pianta veniva chiamata variamente: Intubum sylvestre oppure Intubum sylvestris; solo con poco prima di Linneo s'incominciò a usare costantemente il nome proprio di Cichorium. Gli inglesi chiamano questa pianta Chicory, i francesi la chiamano Endive witloof ma anche Chicorée e i tedeschi Wurzelzichorie oppure Cichoriensalat ma anche Wegwarte.

La famiglia delle Asteraceae è la famiglia vegetale più numerosa, organizzata in quasi 1000 generi per un totale di circa 20.000 specie. Nelle classificazioni più vecchie la famiglia delle Asteraceae viene chiamata anche Compositae. Il genere di questa pianta (Cichorium) comprende una decina di specie di cui quattro sono proprie della flora italiana. Queste piante appartengono alla sottofamiglia delle Liguliflorae (capolini con solo fiori ligulati) e alla tribù delle Cichorioideae: piante per lo più laticifere con fiori ligulati perfettamente circolari e foglie sparse.

Questa specie è molto polimorfa e non è stata ancora studiata a fondo. Ad esempio nel meridione (e quindi con climi caldi) si presenta in diverse varianti (che secondo Pignatti rientrano nelle variabilità individuali; infatti da alcuni testi queste varianti sono considerate sinonimi della specie principale).

La “Cicoria comune” raggiunge un'altezza massima di 1,5 m (minimo 20 cm). Il ciclo biologico è perenne, ma a volte anche annuale; nel primo anno spunta una rosetta basale di foglie, mentre il fusto fiorale compare solamente al secondo anno di vita della pianta. La forma biologica della specie è emicriptofita scaposa (H scap): ossia è una pianta perennante con gemme poste al livello del suolo con fusto allungato e poco foglioso. Parte ipogea: la parte interrata consiste in un rizoma ingrossato che termina in una radice a fittone affusolato (a forma conica), di colore bruno scuro; il rizoma è inoltre ricco di vasi latticiferi amari. Parte epigea: la parte aerea si presenta eretta (a volte anche prostrata oppure ad andamento zigzagante) con una ramosità divaricata; la sua superficie è ricoperta da peli setolosi rivolti verso il basso e l'interno è cavo.

Foglie basali: le foglie basali formano una rosetta e sono oblanceolate e pennatifide a margini roncinati (raramente interi); i segmenti sono più o meno triangolari. Foglie cauline: le foglie cauline sono più piccole di quelle basali, ma hanno sempre la forma lanceolata con il margine dentato - lobato (o raramente intero), comunque progressivamente intero verso l'alto; sono sessili (e anche amplessicauli, ma sempre verso l'alto) e a disposizione alterna lungo il fusto. Le foglie nascono in autunno, durano durante l'inverno, ma si seccano subito alla fioritura successiva, per questo è facile trovare piante con rami a soli fiori. La pagina fogliare può essere glabra (per le piante coltivate oppure per quelle che si trovano in luoghi erbosi) o molto pelosa (in quelle spontanee soprattutto in climi secchi e aridi). Il colore delle foglie è verde scuro, sulle nervature possono essere soffuse di rosso. Dimensioni delle foglie: larghezza 3 -5 cm; lunghezza 10 – 25 cm.

L'infiorescenza è formata da diversi fiori riuniti in capolini (quasi sessili oppure peduncolati – si tratta di un aspetto dimorfico della pianta) disposti all'ascella delle foglie. La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo sorregge un involucro cilindrico formato da più squame che fanno da protezione al ricettacolo sul quale s'inseriscono i fiori di tipo ligulato; l'altro tipo di fiori, quelli tubulosi, normalmente presenti nelle Asteraceae, in questa specie sono assenti.

Le squame (o brattee) in totale sono da 10 a 15 disposte in due serie e cigliate; quelle esterne sono brevi, ovali e patenti (in tutto sono 5 brattee), mentre quelle interne (da 8 a 10 brattee) sono lunghe il doppio di forma oblungo – lanceolate, erette ed conniventi. La forma delle squame è lanceolato – ovale oppure lanceolato – lineari con margini scariosi e apice ottuso. Il ricettacolo è piatto, nudo o leggermente peloso, ma comunque butterato. I capolini (numerosi da 8 a 25, eventualmente riuniti a gruppi di 2 - 3) in questa pianta sono fotosensibili, quindi si chiudono e schiudono con la luce del sole (e naturalmente col brutto tempo). Dimensione dei capolini: larghezza 2 – 3 cm; dimensione dei peduncoli: 0 – 2 mm, oppure 12 – 85 mm (vedi sopra); dimensione dell'involucro: larghezza 3 mm; lunghezza 11 mm. Dimensione delle squame esterne: 5 mm. Fioritura: questi fiori raggiungono l'antesi tra luglio e ottobre. Impollinazione: impollinazione tramite api (i fiori sono comunque anche autofertili).

Il frutto è un achenio ovoidale angoloso (quasi prismatico a 3 – 5 spigoli) e allungato, glabro a superficie liscia e terminante con una coroncina di squame; è circondato dal ricettacolo indurito (in questo caso persistente) e abbracciato dalle brattee dell'involucro (anche queste persistenti). Il frutto è sormontato all'apice da un breve pappo persistente composto da 40 – 50 brevissime (0,2 – 0,5 mm) setole disposte in 1 - 2 serie. Dimensione del frutto: lunghezza 2 -3 mm.

Geoelemento: il tipo corologico (area di origine) è Cosmop. (Cosmopolita), ossia relativo a tutte le zone del mondo; ma è anche definito Paleotemp. (Paleotemperato), relativo alle zone temperate dell'Eurasia e America del nord e quindi può essere definito anche Eurasiat.. Diffusione: è comune in tutta l'Italia (meno frequente sul versante centrale del Tirreno e al sud); nel resto del mondo la si trova in tutti i continenti. Habitat: questa pianta si può trovare ovunque; margini di sentieri, campi coltivati, terreni incolti, zone a macerie e ambienti ruderali, praterie ma anche aree antropizzate; inoltre essendo una pianta coltivata la si trova negli orti e colture industriali. Il substrato può essere sia calcareo che siliceo, il pH del terreno è basico con valori nutrizionali medi in ambiente secco. Diffusione altitudinale: dal piano fino a 1200m s.l.m.; è presente quindi nel piano vegetazionale collinare e montano.

Sostanze presenti: nelle radici sono presenti delle sostanze amare, ma anche zuccheri (contiene tre tipi di zucchero: destrosio, levulosio e Pentosipentoso), colina, inulina, potassio (poco), calcio e ferro, è presente inoltre acido dicaffeiltartarico (e altri derivati dell'acido caffeico). Proprietà curative: in generale la cicoria stimola le funzioni, tramite depurazione e disintossicamento, dell'intestino, del fegato e dei reni grazie alle sostanze presenti nelle radici che hanno tra l'altro proprietà digestive, ipoglicemizzanti, lassative (ha proprietà purgative), colagoge (facilita la secrezione biliare verso l'intestino) e cardiotonica (regola la frequenza cardiaca). Dai fiori si possono estrarre dei liquidi utili per curare alcuni tipi di oftalmie. La polpa della radice può essere utile per alcune infiammazioni (proprietà antiflogistica). Parti usate: per scopi medicinali si raccoglie la radice durante tutta l'estate e le foglie prima della fioritura. Modalità d'uso: in genere si usano dei decotti oppure si formano degli sciroppi; dalle foglie macerate opportunamente si può ottenere una crema rinfrescante per il viso (combatte gli arrossamenti). Controindicazioni: sembra (secondo voci tradizionali) che l'uso prolungato della cicoria riduca la funzione della retina. Ma bisogna anche dire che la moderna letteratura scientifica contiene poca o nessuna prova a sostegno o a confutazione di una simile affermazione.

In cucina l'utilizzo più frequente è quello delle foglie nelle insalate (fresche o cotte). Se si fa un uso costante delle foglie fresche si ottengono anche i benefici medicamentosi descritti sopra. Per evitare l'eccessivo gusto amaro le foglie vanno raccolte prima della fioritura o eliminata la parte più interna. La radice della pianta se tostata diventa un ottimo succedaneo del caffè (pratica proposta a quanto pare nel 1600 dal medico e botanico veneto Prospero Alpino (1553-1617); inizialmente però con scopo terapeutico), utilizzo attivato sopratutto in tempi di guerra quando le importazioni del caffè subivano rallentamenti come ad esempio durante il periodo napoleonico in Europa, oppure per altri motivi in India, o ancora nella Germania Orientale del 1976 durante la “crisi del caffè”. Inoltre, sempre la radice, se bollita rappresenta una buona alternativa alimentare per il diabetico (l'inulina viene sopportata meglio dell'amido).

Anche se oggi questo alimento è messo in secondo piano, non dimentichiamoci che in passato era molto più utilizzato come ad esempio “pane e cicoria ripassata”. È grazie al popolo romano che, tra tutte le erbe spontanee, la cicoria è quella che maggiormente viene ricordata anche da chi in campagna non ci va mai. Anticamente esisteva il personaggio del cicoriao, che come mestiere raccoglieva nei campi questa pianta e poi la rivendeva nei mercati rionali. Attualmente la maggioranza dei piatti preparati con la cicoria rientrano nella categoria dei piatti tipici regionali; a questo proposito citiamo uno per tutti: il Martuoffolo, piatto tipico del Sannio e dell'Irpinia a base di cicoria e patate.

La cicoria selvatica ha dato origine a molte varietà orticole (generalmente di cultivar antocianiche); qui di seguito sono elencate alcune:

Radicchio Rosso di Treviso
Radicchio Variegato di Castelfranco
Rosa di Chioggia o Cicoria variegata di Chioggia
Catalogna (cicoria) o Cicoria asparago
Cicoria brindisina
Radicchio di Bruxelles o Cicora di Bruxelles o Cicoria di Witloof
Cicoria “barba di cappuccino”
Biondissima di Trieste

Dalle foglie si ricavano coloranti blu. Dalle radici viene ricavato del biocarburante in quanto l'amido inulina facilmente può essere convertito in alcol. I fiori inoltre contengono degli acceleratori dell'attività batterica utili nella fermentazione dei “compost”. Recentemente dalla radice di cicoria è stato estratto uno sciroppo (come per le barbabietole), ma anche è stata usata (la radice) come dolcificante nel settore alimentare. La radice di cicoria viene usata anche nella produzione della birra: alcuni produttori la usano torrefatta per migliorare il sapore delle loro birre. Nell'industria dell'allevamento spesso nel foraggio vengono immesse delle quantità di cicoria in quanto si è riscontrata una sua capacità di eliminare i parassiti interni degli animali.

La coltivazione della cicoria non è molto impegnativa, si tratta di una specie abbastanza rustica e quindi resistente sia alle basse che alla alte temperature. Si deve vangare bene il terreno (abbastanza in profondità) e quindi aggiungere del letame e concime minerale. La semina va fatta a seconda della varietà (evitare i mesi più freddi) e durante la crescita è bene spolverare le giovani piantine con nitrato di calcio. Se si vogliono ottenere dei cespi compatti e croccanti allora si deve attivare la tecnica della forzatura; le radici giovani vanno tagliate e messe in cassoni al coperto sotto del terriccio umido. Dopo un mese compaiono le foglie bianche dal delicato gusto chiamato anche “Radicchio o Cicora di Bruxelles”. Se si vuole accelerare la crescita bisogna riscaldare i cassoni. La cicoria può essere attaccata in superficie da afidi e lumache; in profondità dalle larve di maggiolini e dai grillotalpa. Un altro possibile pericolo per queste piante è il marciume (da funghi tipo Botrytis o Peronospora) che può essere bloccato sia evitando habitat caldo-umidi che trattando le piante con prodotti a base di zolfo.

Chicory

Common chicory (Cichorium intybus) is a bushy perennial herb with blue, lavender, or occasionally white flowers. It grows as a wild plant on roadsides in its native Europe, and in North America and Australia, where it has become naturalized. Common chicory is also known as blue sailors, succory, and coffeeweed. It is also called cornflower, although that name is more properly applied to Centaurea cyanus. The cultivated forms are grown for their leaves (var. foliosum), or for the roots (var. sativum), which are baked, ground, and used as a coffee substitute and additive. Common names for varieties of var. foliosum include endive, radicchio, Belgian endive, French endive, red endive, sugarloaf or witloof. Chicory is also the common name in the US (and in France) for curly endive (Cichorium endivia). There is considerable confusion between Cichorium endivia and Cichorium intybus.

Chicory may be grown for its leaves, eaten raw as a salad. It is generally divided into three types of which there are many varieties:

Radicchio usually has variegated red or red and green leaves. Some only refer to the white-veined red leaved type as radicchio. Also known as red endive and red chicory. It has a bitter and spicy taste, which mellows when it is grilled or roasted. It can also be used to add color and zest to salads.

Sugarloaf looks rather like cos lettuce, with tightly packed leaves.

Belgian endive is also known as French endive, witlof in the Netherlands, witlo(o)f in the USA, chicory in the UK, as witlof in Australia, endive in France, and chicon in parts of Northern France and in Wallonia. It has a small head of cream-coloured, bitter leaves. It is grown completely underground or indoors in the absence of sunlight in order to prevent the leaves from turning green and opening up (etiolation). The plant has to be kept just below the soil surface as it grows, only showing the very tip of the leaves. It is often sold wrapped in blue paper to protect it from light and so preserve its pale colour and delicate flavour. The smooth, creamy white leaves may be served stuffed, baked, boiled, cut and cooked in a milk sauce, or simply cut raw. Slightly bitter, the whiter the leaf, the less bitter the taste. The harder inner part of the stem, at the bottom of the head, should be cut out before cooking to prevent bitterness. Belgium exports chicon/witloof to over 40 different countries. The technique for growing blanched endives was accidentally discovered in the 1850s in the Josaphat valley in Schaerbeek, Belgium. Endive is cultivated for culinary use by cutting the leaves from the growing plant, then keeping the living stem and root in a dark place. A new bud develops but without sunlight it is white and lacks the bitterness of the sun-exposed foliage. Today France is the largest producer of endives. Although leaf chicory is often called "endive", true endive (Cichorium endivia) is a different species in the genus.

Root chicory (Cichorium intybus var. sativum) has been in cultivation in Europe as a coffee substitute for a long time. The roots are baked, ground, and used as a coffee substitute and additive, especially in the Mediterranean region (where the plant is native), although its use as a coffee additive is also very popular in India, parts of Southeast Asia and the American South, particularly in New Orleans.

Around 1970 it was found that the root contains up to 20% inulin, a polysaccharide similar to starch. Since then, new strains have been created, giving root chicory an inulin content comparable to that of sugar beet (around 600 dt/ha). Inulin is mainly found in the plant family Asteraceae as a storage carbohydrate (for example Jerusalem artichoke, dahlia etc.). It is used as a sweetener in the food industry (with a sweetening power 30% higher than that of sucrose) and is sometimes added to yogurts as a prebiotic. Inulin can be converted to fructose and glucose through hydrolysis. Inulin is also gaining popularity as a source of soluble dietary fibre. Chicory, with sugar beet and rye was used as an ingredient of the East German Mischkaffee (mixed coffee), introduced during the "coffee crisis" of 1976-9. Some beer brewers use roasted chicory to add flavor to their stouts.

Chicory (especially the flower) was used as a treatment in Germany, and is recorded in many books as an ancient German treatment for everyday ailments. It is variously used as a tonic and appetite stimulant, and as a treatment for gallstones, gastro-enteritis, sinus problems and cuts and bruises. (Howard M. 1987) According to traditional folklore, long-term use of chicory as a coffee substitute may damage human retinal tissue, with dimming of vision over time and other long term effects. Modern scientific literature contains little or no evidence to support or refute this claim.

Root chicory contains volatile oils similar to those found in plants in the related genus Tanacetum which includes Tansy, and is likewise effective at eliminating intestinal worms. All parts of the plant contain these volatile oils, with the majority of the toxic components concentrated in the plant's root. Chicory is well known for its toxicity to internal parasites. Studies indicate that ingestion of chicory by farm animals results in reduction of worm burdens, which has prompted its widespread use as a forage supplement. There are only a few major companies active in research, development, and production of chicory varieties and selections. Most of them are in New Zealand.

The chicory plant is one of the earliest cited in recorded literature. Horace mentions it in reference to his own diet, which he describes as very simple: "Me pascunt olivae, me cichorea, me malvae" ("As for me, olives, endives, and mallows provide sustenance"). Lord Monboddo describes the plant in 1779 as the "chicoree", which the French cultivate as a pot herb. In the Napoleonic Era in France, chicory frequently appeared as either an adulterant in coffee or a coffee substitute; this practice also became common in the United States and the United Kingdom, e.g., in England during the Second World War and in Camp Coffee, a coffee and chicory essence which has been on sale since 1885. In the United States chicory root has long been used as a substitute for coffee in prisons. Chicory is an ingredient in typical Roman recipes, generally fried with garlic and red pepper, with its bitter and spicy taste, often together with meat or potatoes. FAO reports that in 2005, China and the USA were the top producers of lettuce and chicory. Chicory is also mentioned in certain sericulture (silk-growing) texts. It is said that the primary caretaker of the silkworms, the "silkworm mother" should not eat or even touch it. The chicory flower is often seen as inspiration for the Romantic concept of the Blue Flower. It was also believed to be able to open locked doors, according to European folklore.

Chicorée sauvage

C'est une plante herbacée robuste, plus ou moins pubescente, vivace, de 40 cm à 1 m de haut, très commune dans les prés, les champs incultes et au bord des chemins. Originaire d'Europe, d'Asie et d'Afrique du Nord. Elle est naturalisée en Amérique du Nord. Très rameuse, elle présente des feuilles basales profondément découpées (roncinées), des feuilles intermédiaires entières lancéolées, embrassant la tige, et des feuilles supérieures réduites à des bractées. Les inflorescences sont des capitules formées de fleurs ligulées, bleues. Ils s'étalent par temps ensoleillé et se rapprochent la nuit ou par temps couvert. Les fruits (akènes) sont surmontés d'une couronne de poils (pappus). La racine est pivotante. Toutes les parties de la plante sont amères. Elle est à l'origine de la Barbe de capucin, des chicorées à café et des endives ou chicons, des chicorées italiennes (de Trévise, raddichio...).

Utilisation alimentaire - Celles de la chicorée cultivée: les jeunes feuilles en salades, les feuilles cuites en légume et les racines torréfiées de chicorée à café pour fabriquer un succédané de café plus digeste, en particulier mélangé au lait. Il y a 50 ans, dans les campagnes françaises, le "café" était souvent de la chicorée ou un mélange chicorée café.

La barbe de capucin est une salade d'hiver obtenue par la mise en forçage de racines de chicorée sauvage disposées dans des couches de fumier, à l'obscurité, dans une cave par exemple. Ce forçage provoque la pousse de feuilles étiolées, longues et étroites. Les variétés sélectionnées à cet usage ont une longue racine droite. Cette culture s'était beaucoup développée aux environs de Paris au milieu du XIXe siècle, en particulier à Montreuil.