Lessico


Furetto
Mustela putorius furo

splendida foto di Malene Thyssen
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per ingrandire

Carnivoro mustelide - Mustela putorius furo - molto affine alla puzzola, di cui rappresenta una sottospecie, probabilmente originario del Nord Africa e della Spagna e successivamente addomesticato e introdotto, per esempio in Sicilia e in Sardegna, soprattutto come ausiliario nella caccia al coniglio selvatico; successivamente si è rinselvatichito. Il colore della pelliccia varia dal bruno al maculato e al bianco.

Furetto deriverebbe, secondo l’etimologico italiano, dal latino parlato *furitum, da fur = ladro, perché ruba conigli; non è chiaro se la voce italiana continui la voce latina o ci sia giunta tramite il francese furet (1265). L’etimologico francese dice che furet viene dal latino fur, furis, ladro; dal latino volgare furittus, diminutivo di fur.

Furo, furonis, solo in Isidoro significa furetto, la cui etimologia ci è fornita appunto da Isidoro, Etymologiae  XII,2: "Furo a furvo dictus; unde et fur. Tenebrosos enim et occultos cuniculos effodit, et eicit praedam quam invenerit."

L’antico e classico nome latino per il furetto è viverra, ae, come per esempio in Plinio NH VIII, 217.

Il furetto è noto sin dai tempi più antichi. Aristotele ne parlava chiamandolo íktis, genitivo íktidos, che significa anche martora, donnola, faina (HA VI,37-580b: Cacciano i topi anche le volpi, e ne fanno strage soprattutto i furetti selvatici, ma non possono aver ragione della loro fecondità e rapidità riproduttiva.)

L’imperatore Augusto fece importare nelle Baleari dei furetti (che Plinio chiamò appunto viverra) allo scopo di combattere i conigli che infestavano quelle isole. Quegli animali simili a martore che gli antichi re persiani utilizzavano nella caccia col falcone erano con ogni probabilità dei furetti.

Mustela domestica
acquarello di Ulisse Aldrovandi

Plinio
Naturalis historia VIII, 217-218

Et leporum plura sunt genera. In Alpibus candidi, quibus hibernis mensibus pro cibatu nivem credunt esse; certe liquescente ea rutilescunt annis omnibus, et est alioqui animal intolerandi rigoris alumnum. Leporum generis sunt et quos Hispania cuniculos appellat, fecunditatis innumerae famemque Baliarum insulis populatis messibus adferentis. — (Fetus ventri exectos vel uberibus ablatos, non repurgatis interaneis, gratissimo in cibatu habent; laurices vocant) — Certum est Baliaricos adversus proventum eorum auxilium militare a Divo Augusto petisse. Magna propter venatum eum viverris gratia est; iniciunt eas in specus, qui sunt multifores in terra — unde et nomen animali —, atque ita eiectos superne capiunt. Archelaus auctor est, quot sint corporis cavernae ad excrementa lepori, totidem annos esse aetatis; varius certe numerus reperitur. Idem utramque vim singulis inesse ac sine mare aeque gignere.

Anche delle lepri numerose sono le specie. Sulle Alpi sono bianche, e si crede che nei mesi invernali si nutrano di neve; certo, quando la neve si scioglie, tutti gli anni il loro pelo diventa rossastro, ed è del resto un animale che cresce tra il freddo intollerabile. Fanno parte della specie delle lepri anche quegli esemplari che in Spagna sono chiamati conigli, dotati di una inesauribile fecondità e che provocano carestia nelle isole Baleari perché devastano le messi.. Gli abitanti di questi luoghi considerano fra i cibi preferiti i loro piccoli, estratti dal ventre materno o portati via mentre poppano, senza pulirne gli intestini; e li chiamano laurices [parola forse di origine spagnola]. È noto che gli abitanti delle Baleari chiesero al divino Augusto un aiuto militare contro il riprodursi di questi animali. Grande è il favore di cui godono i furetti per questo tipo di caccia; li introducono nelle tane, che sono in terra e presentano molti fori - da questo deriva il nome dell’animale [etimologia popolare: coniglio da cuniculus] -, e così prendono i conigli quando il furetto li costringe ad affiorare. Archelao afferma che la lepre ha tanti anni di vita quanti sono gli orifizi del suo corpo che servono ad espellere gli escrementi, poiché si trovano in numero vario. Lo stesso autore sostiene che i singoli esemplari presentano entrambi gli organi sessuali e riescono a riprodursi senza il maschio.

traduzione tratta dall’edizione di Einaudi, 1983