Lessico


Lomello

Basilica di Santa Maria Maggiore - XI secolo
e il Battistero di San Giovanni ad Fontes - VII / VIII secolo

Centro in provincia di Pavia, 33 km a WSW del capoluogo, a 96 m slm nella Lomellina, sulla destra del torrente Agogna che nasce dal versante meridionale del monte Mottarone, tra i laghi Maggiore e d'Orta. Comune di 22,24 kmq con 2404 abitanti. Produzione di cereali, ortaggi e foraggi; allevamento bovino e suino; pioppicoltura; industrie alimentare, tessile e dell'abbigliamento.

Di origine romana (Laumellum), ebbe una certa importanza in età medievale. Nell'autunno del 590 Teodolinda si sposò qui con Agilulfo. Fu capoluogo di contea franca e nel 1355 entrò a far parte dei domini dei Visconti. Al sec. VI risale il battistero di San Giovanni ad Fontes, in mattoni, di tipo paleocristiano. La chiesa di Santa Maria Maggiore (sec. XI) è il più importante edificio preromanico dell'Italia settentrionale: la navata centrale mostra già la suddivisione dello spazio in campate, mentre nelle navate laterali compare per la prima volta il sistema delle volte a crociera.

Lomello

Lomello (Lümé in dialetto) è un comune di 2.406 abitanti della provincia di Pavia. Si trova nella Lomellina centrale, alla destra dell'Agogna.

Storia

Laumellum fu un importante centro romano, forse preceduto da un insediamento preromano. I vecchi eruditi, basandosi su una supposta etimologia (Laumellum da Laevum mellum), lo attribuivano ai Levi, fondatori di Pavia insieme ai Marici. Alla fondazione potrebbero aver contribuito anche i Libìci, insediati nel Vercellese. Si tratta comunque di popolazioni Liguri piuttosto che celtiche. In epoca romana Laumellum fu noto soprattutto perché vi transitava la strada che da Piacenza, per Pavia, portava a Torino e ai passi alpini nelle Alpi Cozie. Il luogo è nominato in parecchi itineraria, che indicano la distanza di 22 miglia da Pavia; l'Itinerarium Burdigalense precisa che si tratta di una mansio, cioè di un luogo di sosta, non di una semplice mutatio (cambio di cavalli). In questo punto l'importante arteria superava il fiume Agogna. Lomello è anche citato da Ammiano Marcellino (XV.8.18), sempre a motivo dell'importante strada che vi passava: il futuro imperatore Giuliano viene accompagnato dall'augusto Costanzo II fino a un locum duabus columnis insignem, qui Laumellum interiacet et Ticinum (un luogo celebre per due colonne, che si trova tra Lomello e Pavia), e da qui, seguendo la nota strada, Giuliano prosegue per Torino.

In epoca longobarda il luogo diviene ancora più importante, trovandosi sulla strada che da Pavia, ora capitale del Regno, porta verso la Francia. Qui avvenne nel novembre del 590 il matrimonio tra la regina Teodolinda e il duca di Torino Agilulfo. Nella successiva epoca franca, nell'847, Lomello divenne sede di Comitato (contea). I suoi conti, nel 1001, divennero Conti Palatini e poi anche Conti di Pavia. La città ben presto si ribellò alla loro autorità, costringendo i Conti Palatini ad asserragliarsi nei loro domini ereditari, difesi da potenti castelli: il loro staterello assunse allora una ben precisa identità, prendendo nome di Lomellina.

Pavia, diventata ormai un potente Comune, negli anni 1140-1146 sferrò l'attacco finale contro i Conti Palatini, espugnando Lomello e costringendoli a stabilirsi in città. L'imperatore Federico I, se da un lato confermò a Pavia la supremazia sulla zona, dall'altro assicurò ai Conti Palatini la signoria su una serie di località, che appartennero poi ai vari rami in cui si divise nei secoli seguenti l'antica casata. Tra questi però non c'era Lomello, che rimase sotto il diretto dominio pavese, e poi dei Visconti; sotto di loro Lomello fu sede di podesteria, la residenza del podestà e il territorio sottoposto alla sua giurisdizione.

Nel 1450 Francesco Sforza concede Lomello e Dorno in feudo ad Antonio Crivelli di Milano. Ai marchesi Crivelli il feudo resterà fino all'abolizione del feudalesimo (1797). Nel 1707 Lomello, con tutta la Lomellina, viene annesso ai domini dei Savoia. Nel corso del XVIII secolo al comune di Lomello è annesso il territorio di Cascina Grua, che costituiva in precedenza un comune autonomo nel feudo di Lomello.

Luoghi notevoli

I resti della Basilica di Santa Maria Maggiore

Il centro conserva resti delle antiche mura e insigni monumenti medievali, quali il complesso religioso formato dalla Basilica di Santa Maria Maggiore, notevole costruzione del primo periodo romanico lombardo (XI secolo) e dal Battistero San Giovanni ad Fontes (VIII secolo), un antichissimo edificio longobardo a forma ottagonale, con i resti dell'originale fonte battesimale. Nella tradizione popolare lomellina, la basilica viene chiamata la "chiesa del diavolo": la leggenda racconta che la costruzione fu distrutta dal Maligno e da lui stesso riedificata in una sola notte di lavoro febbrile, ma, a causa del sorgere del sole, fu lasciata incompleta. Ecco perché oggi si vedrebbe la facciata parzialmente crollata e le prime due campate senza il tetto.

Il castello del XV secolo oggi sede del Municipio

Pregevoli anche la chiesa romanica di San Michele (XII secolo), con un tiburio ottagonale, e il castello (XV secolo), che conserva affreschi cinquecenteschi di pregevole fattura e due mosaici romani ritrovati, con numerosi altri reperti archeologici, nel sottosuolo del paese.

L'origine del nome

L'etimologia del nome sembra far riferimento da un lato alla popolazione dei Levi, antichi abitatori del borgo, e dall'altro al radicale Mel o Millum, che potrebbe riferirsi, con il suo significato di cinto o collare, a un'antica cerchia di mura che cingeva l'abitato.

Il toponimo Laumellum appare citato per la prima volta da Tolomeo nel II secolo, chiaramente indicato anche nella Tabula Peutingeriana (413 Kb!), era dunque centro già ben noto in età romana e occupava una posizione strategica, politica ed economica di rilievo nella regione, denominata allora Cottuta (Strabone, Geografia, libro V cap. II) e Alliana (Plinio, Storia Naturale, libro XIX cap. II) e che solo più tardi dal suo più importante borgo prenderà il nome, divenendo Laumellina.

www.infolomellina.net

Le origini

Lomello, posto al centro della Lomellina, alla quale ha dato il nome, è un paese, a prima vista, simile a tanti altri della pianura padana occidentale, ma dotato di un patrimonio storico e artistico di grande importanza. Il suo nome latino "Laumellum" impegnò in passato, e tuttora impegna gli studiosi che si occupano del significato e dell'intima origine degli antichi toponimi, cioè nomi di luogo.
Gli antichi Liguri, stanziati nella Padania, dall'XI sec. aC, si dividevano in vari gruppi, con un unico aspetto, ma con diverso grado di evoluzione; essi occupavano, almeno da principio, le regioni attuali di Piemonte e Liguria, la Toscana fino all'Arno, la Lombardia fino al Garda, e parte dell'Appennino tosco-emiliano.

Fra le popolazioni liguri si trovano i "Laevi", che predominarono nel nostro territorio presumibilmente sino al V sec. aC. In questo periodo ebbero rapporti con gli Etruschi, come dimostra un vecchio ritrovamento in Lomello (purtroppo non databile), costituito da tre vasi di impasto grigio buccheroide. Inoltre, alcuni ritrovamenti in Lomellina orientale, di data recente, sembrano confermare la presenza etrusca nel territorio. Occorre tener presente che nell'antichità i contatti fra i vari popoli erano molto frequenti e gli scambi di prodotti veramente cospicui, nonostante la relativa lentezza dei trasporti.

Nel V secolo aC, forse anche prima, appaiono, sulla scena dell'Italia settentrionale e quindi della Lomellina, dei popoli nuovi, abitanti tutto attorno alla cerchia delle Alpi. Sono i Galli, o Celti, o Gàlati (in greco: Kèltoi, Gàlatai). Gli scrittori classici, da Ecatéo (500 aC) a Eròdoto (450 aC), li distinguevano dalle popolazioni vicine, per il loro aspetto, costumi, lingua e organizzazione politica. Essi parlarono di costoro come di uomini forti, belli, eccitabili, che ostentavano il modo di agire e di vestire. Furono raffigurati con capelli ondulati, biondi, con folti baffi e con il "torque", cioè una collana a giro collo che si chiudeva sul davanti a incastro. Agli inizi del IV sec. aC i Galli invasero l'Italia, partendo dalla loro patria a nord delle Alpi. Suddivisi in tribù, occuparono tutta l'Italia settentrionale. Polibio (200-120 aC) scrive: "nella regione vicina alle sorgenti del Po, si stabilirono i Lai e i Lebéci, al di là di essi gli Insubri, la massima popolazione celtica; più oltre, lungo il fiume Po, i Cenòmani...". In conseguenza di questa invasione, gli Etruschi perdono la loro influenza nella Transpadania (regione a nord del Po, comprendente la Lomellina).

I Celti sconfiggono presso Chiusi gli Etruschi nel 390 aC; nel 387 aC l'esercito romano sul fiume Allia e marciano su Roma, incendiano la città e assediano il Campidoglio. Brenno, loro capo, in Roma vinta pronuncia il suo famoso: "guai ai vinti!". I Galli parlavano una lingua che si può associare al gruppo linguistico indoeuropeo, grazie alla testimonianza di nomi propri e topònimi, tramandati da poche iscrizioni in alfabeto latino.

Dal punto di vista archeologico, vi è una stretta relazione fra alcuni gruppi di culture, ma non si può parlare di una cultura celtica uniforme. Le necròpoli galliche in Italia sono state identificate e studiate. La più notevole testimonianza relativa ai Galli e che tanto si diffuse nell'Italia settentrionale, è quella offerta dall'arte di La Tène. Da essa ne esce un disegno preciso di una età eroica con l'esaltazione del coraggio sui campi di battaglia, una illimitata ospitalità nelle case e un coraggioso comportamento tenuto in ogni occasione.

L'arte di La Tène rappresenta uno stile artistico tra i più efficaci dell'antichità. Esso è ardito e curvilineo, sia lineare che plastico, con un'affascinante confusione tra il naturalistico e l'astratto e uno speciale gusto di equilibrio, senza simmetria. Tale arte si esprime comunemente in opere di bronzo, armi, finimenti per cavalli, vasellame per mangiare e per bere. Questi popoli, animati dal coraggio, dall'impeto e dalla fantasia, prima con un intenso commercio con Etruschi e Liguri, poi con ondate successive, occupano la pianura padana, sovrapponendosi ai Liguri, o sottomettendoli, o, come alcuni sostengono, convivendo più o meno pacificamente con essi. Un dato comunque è certo: dopo la discesa dei Celti, i reperti archeologia della loro civiltà aumentano notevolmente nel nostro territorio. Sono ritrovamenti isolati, ripostigli, ma soprattutto necròpoli. Queste ultime, come già detto, sono state studiate e classificate in Lombardia e specialmente in Lomellina, dove, forse più che altrove, portano l'impronta della civiltà di La Tène. A partire dal IV sec. aC i corredi funerari appartengono decisamente a quella civiltà.

A poco più di due chilometri da Lomello, nell'inverno 1950/1951, presso la cascina San Giovanni Doria, sul terrazzo sinistro dell'Agogna, fu scoperta casualmente una importante necròpoli celtica che sembra essere stata in uso dall'inizio del III sec. aC. Essa non è stata sistematicamente esplorata, ma la presenza dell'olla piriforme, una delle forme ceramiche più antiche del La Tène padano e tra le poche introdotte dai gruppi gallici transalpini, ci fa pensare che la necropoli si sia sviluppata in quel secolo. Le altre forme documentate risalgono al II secolo aC. Questa necropoli appartiene al gruppo di quelle lomelline e sembra esaurirsi alla fine del II sec. aC, forse in seguito allo spostamento della popolazione.

Durante i lavori di sterro, condotti a scopo agricolo, molti reperti andarono distrutti. Rimasero: olle, olle piriformi, ciotole, vasi a trottola, anforette, fibule in ferro. Gli oggetti ritrovati furono portati al Museo civico di Vigevano e all'Antiquarium di Gropello Cairoli.

Un altro importante ritrovamento che documenta la fase più tarda del periodo La Tène è costituito dalla necropoli denominata "alle Brelle" (parte terminale dell'attuale via Caldera). Giuseppe Ponte, archeologo e studioso, ci dà testimonianza della scoperta in uno scritto riportato negli atti della società di archeologia dal titolo: "Antichità Lomelline". "Alle Brelle" le prime scoperte furono fatte, sin dal 1881, dal sig. Giuseppe Volpi. I braccianti trovarono parecchie bellissime olpi (un tipo di brocca) di terra giallastra che vennero purtroppo infrante. Ciò saputo, egli ordinava che tutti gli oggetti rinvenuti fossero a lui consegnati.

Con scavi ordinati furono dissotterrate circa 60 tombe in uno spazio relativamente ristretto. Il loculo sepolcrale era formato da un recinto quadrato di mattoni e ricoperto da un tabellone. All'interno un cinerario che conteneva ossa perfettamente combuste. Gli altri oggetti, unitamente a qualche bronzo e ad alcuni vasi, disposti intorno all'urna, formavano l'ordinario corredo di ogni tomba. Moltissimi i fittili (terrecotte). Molti ricordano i prodotti rinomati delle fabbriche di Arezzo. Altri hanno forme più arcaiche, più remote. Olle, tondi, ciotole, 27 coppe cinerarie, pochi vetri. Si nota però in tutti, ma specialmente nelle ciotole, un perfezionamento lento e graduale che indica la lunga storia di questa necropoli. Una patera dipinta con vernice rosso corallo, con delfini in rilievo sull'esterno, porta la marca "GELLI", nota fra le fabbriche aretine. Vari medaglioni di terra. Una figurina femminile alata dalla lunga chioma fluente sulle spalle nude, come tutta la persona; stringe una idria (vaso a piede basso, corpo ovoidale e collo con labbro espanso) con la destra, mentre sostiene con l'altra il manico di una situla (recipiente metallico di forma cilindrica o troncoconica, a pareti diritte, convesse o anche concave). Il suo atteggiamento e i suoi attributi appartengono al cielo mitico della Gallia preromana, nei cui sepolcreti è frequente. Altre figurine femminili e maschili e di animali domestici, di ottima fattura. Pochi gli oggetti di ferro conservati, tra cui anche un gladio, mancante dell'elsa. Molte le monete che vanno da Augusto a Gioviano. I corredi della necròpoli non sono stati mantenuti distinti, ma, come nelle altre necròpoli della Lomellina, si è constatata una graduale evoluzione: da quelli assegnabili al tardo periodo La Tène a quelli tipicamente romani. Il vaso a trottola a spalla arrotondata, in seguito sostituito da quello con spalla a spigolo vivo, sembra indicare che la necròpoli sia stata frequentata dal II secolo aC al I secolo dC.

Parlando dell'ultimo periodo della necròpoli abbiamo già accennato alla presenza romana. Le popolazioni della Lomellina si sottomettono, come del resto il gruppo celtico dominante degli Insubri, ai Romani dopo la sconfitta di Clastidium (Casteggio) (222 aC), ma, dopo pochi anni, sono pronte a schierarsi coi Cartaginesi, calati nella pianura padana al comando di Annibale (218 aC).

La prima battaglia campale, ricordata dalle fonti come battaglia del Ticino, si svolse probabilmente nei dintorni di Lomello.Pare infatti che il generale romano Publio Cornelio Scipione seguisse una vecchia pista che conduceva verso le Alpi, senza allontanarsi molto dalla sponda sinistra del Po. Con la "lex pompeia" dell'anno 89 aC le comunità transpadane sono sottomesse ai Romani e divengono colonie latine. Nel 49 aC ricevono la cittadinanza romana da Cesare.

Lomello romana assume importanza e notorietà per la costruzione della strada che collegava la pianura del Po con la Gallia Transalpina. Prima di tale costruzione il nome di Lomello viene ricordato unicamente da Claudio Tolomeo, geografo del II sec. dC, che nella sua grande opera "Esposizione geografica", così ricorda: "... in Insubria sono dei Lebéci: Vercelli e Lomello".

www.comune.lomello.pv.it

I Longobardi a Lomello

Nel 568 dC scendono in Italia i Langobardi con a capo Alboino e occupano la pianura padana. Dopo il breve regno di Cleph (573-574) si hanno 10 anni di interregno con il governo di 35 duchi. Viene infine eletto Autari (584-590) che estende a sud il dominio Langobardo e che muore il 5 settembre del 590, lasciando vedova Theudelinda. Qui due avvenimenti hanno come scena Lomello. Il matrimonio della regina Theudelinda con Agilulfo e la prigionia della figlia, la regina Gundiperga in una torre della fortezza di Lomello. Gundiperga aveva sposato Arioaldo duca di Torino che divenne re dei Longobardi e, alla morte di questi (636), Rotari, nuovo re dei Longobardi. Gundiperga morirà dopo il 652.

Il primo è ricordato dal monaco Paolo Warnefrid, detto Paolo Diacono, per l'ordine religioso ricevuto, storico dei Langobardi. Scrisse la "Historia Langobardorum" quando il regno dei Langobardi era finito. Nel terzo libro della predetta opera egli scrive: "Morto Authari, alla regina Theudelinda, molto amata dal popolo, i Langobardi permisero di conservare la dignità regia, suggerendole di scegliersi per marito chi avesse voluto, tra tutti i Langobardi, purché fosse in grado di reggere con utilità il regno. Ella consigliatasi con i più saggi, scelse il duca di Torino Agilulf, e come sposo e come re dei Langobardi. Infatti costui era un uomo valoroso e ardito, adatto a governare, sia per l'aspetto, sia per l'animo. Subito la regina lo convocò, anzi gli andò incontro verso "Laumellum oppidum". Quando fu arrivato, la regina dopo qualche convenevole, fece portare del vino. Bevve per prima, offrendo poi ad Agilulf quello che restava nella coppa. Accettata la coppa dalla regina, Agilulf rispettosamente le baciò la mano, ma la regina, arrossendo e sorridendo, gli disse che non doveva baciarle la mano, bensì il volto. E subito facendosi baciare, lo informò sia delle nozze, sia del titolo regio. Che più? Le nozze furono celebrate con grande letizia; e Agilulf, che era parente di Authari, salì al trono all'inizio del mese di novembre; poi nel maggio successivo, dall'Assemblea dei Langobardi, tenutasi presso Milano, fu proclamato re". Un fugace cenno a questi avvenimenti è contenuto nella "Origo gentis Langobardorum", nel senso che sarebbe stato Agilulfo a voler diventare re e che, a questo scopo, avrebbe sposato Theudelinda.

Alcuni storici mettono in dubbio che il matrimonio si sia celebrato in Lomello, ma non abbiamo alcun motivo per dubitare della esattezza del racconto di Paolo Diacono. Se il luogo non fosse stato Lomello, Paolo, così prodigo di particolari in tutto il suo racconto, avrebbe reso noto il luogo dove erano avvenute le nozze. Dall'episodio, grazioso e poetico, traspare una inquietudine, una certa fretta per il matrimonio, tali da far ritenere che esso potesse porre fine a un periodo di incertezze politiche. I notabili Langobardi, aderenti all'eresia ariana, non erano certo dalla parte della regina, che era cattolica. Si aggiunga che Lomello era un "oppidum", cioè un luogo fortificato, dove due personaggi di tale spicco potevano stare tranquilli, al riparo da colpi di mano e da manifestazioni ostili, quali avrebbero potuto verificarsi nella capitale Pavia, controllata dal partito avverso. A Lomello infatti esistevano una fortezza e un palazzo reale; e la strada romana era ancora praticabile e i confortevoli posti di sosta funzionavano ancora bene.

Il secondo avvenimento della storia langobarda riguardante Lomello è la prigionia intorno al 629 dC "in Laumello castro in unam turrem", di Gundiperga figlia di Theudelinda accusata d'infedeltà da Arioaldo che la sospettò di sostenere la rivolta di Tasone, duca del Friuli, poi riconosciuta innocente. Di lei e delle sue vicende parleremo nella parte dedicata ai personaggi illustri di Lomello.

www.comune.lomello.pv.it

Lomello

Lomello is a comune (municipality) in the Province of Pavia in the Italian region Lombardy, located about 50 km southwest of Milan and about 30 km west of Pavia, on the right bank of the Agogna. It gives its name to the surrounding area, the Lomellina. The ruins of the Basilica of Santa Maria Maggiore.Lomello borders the following municipalities: Ferrera Erbognone, Galliavola, Mede, Ottobiano, San Giorgio di Lomellina, Semiana, Velezzo Lomellina, Villa Biscossi.

History

Mentioned by Tolomeus for the first time, still in Roman times «Laumellum» was a well-known important «mansio» on the way of Via Francigena, the main arterial road connecting Pavia with Turin along the way of the Galliae. The archaeological excavations made by the Universities of Pavia and of London during the latest years, brought to light inscriptions, cemeteries of the Imperial period, as well as ruins of fortifications and an entrance door in the boundary wall. During the Longobard domination (569-774) Lomello began to know a considerable prosperity. This was the place where Queen Theodolinda, widow of Autari, met Agilulfo, Duke of Turin, in 590. Queen Gundeberga, daughter of Theodolinda and wife of Arioaldo, after being charged with the betrayal her husband. was imprisoned in a tower in 629 and released after three years, thanks to the first «Judgement of God» ever celebrated in Italy. In the Carolingian period, it was the place of a comitatus and in 1024 the fortress of Lomello was elected to the residence of the Palatine Counts while, in the same years, the basilica of Santa Maria Maggiore was built as a mark of wealth and power. In 1360 Lomello underwent first the domination of the Viscontis and, from 1450 to 1535, that of the Storzas. Francesco Sforza assigned the County of Lomello to the Crivellis, who held it continuously until 1760.

Remains of the Lombard-Romanesque
Basilica of Santa Maria Maggiore (11th century)

Built between 1025 and 1040 on the ruins of a Longobard building, it is one of the most important monuments of the Romanic-Lombard art. Il is on the plan of a Latin cross with a nave and two aisles. The nave has a wooden coffer ceiling. The left aisle is shorter than the right one and il is not rectilinear: this is an architectural solution used in the Romanic basilicas lo represent the tragedy of the Calvary. Through a little staircase behind the high altar you can go down lo the crypt, where columns and capitals remind of the ruins of the pre-existent church.

Baptistery of San Giovanni ad fontes (5th-7th century)

It is one of the most ancient Lombard baptisteries. The most recent studies date the lowest part back lo the fifth century, and the highest one lo the eighth. Il is on the plan of a cross with four little semi-circular apses alternated by some rectangular ones in the arms of the cross. Around the baptistery there are the ruins of Roman graves. The ancient hexagonal baptismal basin inside presents some hints of the original decoration and a cross with the inscription «piscina» (pool) on the perimeter low walls. The basin was used for the baptismal rite by aspersion that substituted the rite by immersion, abandoned in Italy from the sixth century on. Besides there are the fragments of a funeral stele, while in an apse you can see the ruins of the original floor.

Romanesque church of San Michele (12th century)

It is a real treasure of the Romanic-Lombard architecture as it is witnessed, in spite of the Baroque faQade, by a tile in the wall of the right aisle upon which there is the year of its foundation,1121, Thanks to careful repairs, the inside was brought again to its original shape on the plan of a Latin cross with a nave and two aisles. on its walls you can see the hints of Medieval frescoes.

The Castle (15th century)

Situated on a hillock in the middle of the village, its origin dates back to the eleventh century, when the Palatine Counts extended their domain over the whole region. Almost entirely re-built by Antonio Crivelli from 1450 on, it was completed by his successors and particularly by Alessandro who, after the death of his wife, took up the ecclesiastical career, becoming a Cardinal in 1565. He was the client of the frescoes that you can see even nowadays in the internal halls and that represent an almanac with the Winds and the Zodiac in their vault, the monthly labours in their lunette. In the second hall you can admire the «Paradise of Dante» and some episodes from S. Catherine's life. The entrance tower with the hints of the draw-bridge and of the ditch are surely of the Sforza period. Now it is the town hall and on its first floor in the halls of the Civic Library you can admire the ruins of a mosaic once belonging to a Roman «villa» and representing geometrical decorations, magical symbols and the head of a Gorgon. In the hall of the Town Council there are works by the painter Silvio Santagostino (1884-1971) from Mortara, who better than anyone else, could fix the colours of the ground of Lomellina, its natural features and the faces of its people.