Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti - revisione di Roberto Ricciardi

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Quis obsecro [185] tam vecors, tam communis sensus expers, ut sic cogitet Gallos perpetuo Romani nominis hostes nomen sibi, vel accipere, vel retinere voluisse, quod hostium contumelia imposuisset? Quod si tamen quis ita sentiat, ego eum non testiculis profecto, sed cerebro carere dixerim. Neminem interim latere existimo, Gallos Europae populos a candore dictos a Gala, quae vox lac Latinis dicitur. Nam montes, et rigor Caeli ab ea parte Solis ardorem excludunt, ut eorum corpora non {colerentur} <colorentur>[1].

Orsù, chi è tanto sciocco, tanto privo di buon senso da immaginare che i Galli, da sempre nemici del popolo romano, abbiano voluto o accettare o conservare un nome che un insulto da parte dei nemici aveva loro attribuito? Se tuttavia qualcuno la pensa così, mi permetterò di affermare che senz'altro non gli mancano i testicoli, ma il cervello. Comunque ritengo che nessuno è all’oscuro del fatto che le popolazioni europee dei Galli prendono il nome dal candore, da gála, vocabolo che in latino è detto lac - latte. Infatti le montagne e il clima rigido tengono lontano da quelle zone il calore del sole, cosicché i loro corpi non possono abbronzarsi.

Persarum milites Cares Gallos nuncupabant[2], ob conos, quibus galeas ornatas habebant, eaque de causa {Artoxerses} <Artaxerses> hominem e Caria, qui {Cirum} <Cyrum> iaculo vulnerasse creditus est, eo cohonestavit praemio, ut Gallum aureum in lancea praefixum ante aciem ferret. Verum Athenaeus[3] Gallos scribit in Perside primum ortos, ideoque fortasse cognomentum id Persae acceperint, vel ab Alectryone, quem eis primum imperasse paulo ante diximus[4]: Unde et Aristophanes, ut eius est mos omnes illudere, Gallum ait Persis olim praefuisse, atque hinc cristatos adhuc gerere cassides: verba Aristophanis alias citabo.

I soldati persiani chiamavano galli i Carii a causa dei cimieri di cui i loro elmi erano adorni, e per tale motivo Artaserse II onorò un uomo della Caria, ritenuto di aver ferito Ciro il Giovane con un giavellotto, con una ricompensa tale da permettergli di portare in prima fila dello schieramento un gallo in oro conficcato in cima a un’asta. Invece Ateneo scrive che i galli sono nati prima di tutto in Perside, e che forse per questo i Persiani hanno preso tale soprannome, oppure da Alettrione, che poco prima abbiamo detto esserne stato il primo capo: laonde anche Aristofane, come è suo costume beffarsi di tutti, afferma che un tempo fu a capo dei Persiani un gallo, e che per questo portano ancora gli elmi muniti di pennacchio: citerò le parole di Aristofane in un altro momento.

Gallus item quidam Centaurus fuit, a quo secundum Pincernam regium eximie amatum fuisse author est {Nicander}[5] <Aelianus>. Nunquid autem Centaurus idem fuerit cum Centoarato, de quo sic meminit Aelianus[6]: Antiochi equus, ut dominum suum ulcisceretur, Gallo nomine Centoarati, qui Antiochum in pugna interfecerat, necem intulit, difficile est iudicare. Est etiam Gallus Imperatoris nomen, cui Constantius magni Constantini filius Caesaris dignitatem concessit. Sed cum comperisset, hunc regnum adfectare, ad tyrannidem proruere, nihil non moliri, quo voti compos fieret, omni conatu eius anteverso, caput ei praecidi curavit: deinde Galli fratrem, porcum illum foetidum, Iulianum corona Cesarea cohonestavit, ut narrat Constanti<n>us Manasses[7]. Alii vero Gallum illum longe antiquiorem faciunt, et simul cum Volusiano Decio in imperio successisse scribunt, imperioque biennium et menses octo potitum fuisse.

Vi fu ugualmente un gallo di nome Centauro, dal quale, stando a Nicandro Eliano, un servitore coppiere del re venne amato in modo straordinario. D’altra parte è difficile giudicare se il Centauro corrispondesse a Centoarate, del quale Eliano ha così fatto menzione: il cavallo di Antioco I Sotere, per vendicare il suo padrone, uccise un Gallo - un Galata - di nome Centoarate che aveva ucciso Antioco in battaglia. Gallo Costanzo è anche l’appellativo di un imperatore, al quale Costanzo II, figlio di Costantino il Grande, concesse la dignità di Cesare. Ma quando venne a sapere che egli cercava di ottenere la supremazia e che si gettava a capofitto nella tirannia, che non c’era nulla che non tramasse per vedere realizzate le sue aspirazioni, avuto il sopravvento su ogni suo tentativo, provvide che gli venisse recisa la testa: quindi onorò con la corona di Cesare il fratello di Gallo, quel fetido maiale di Giuliano l’Apostata, come narra Costantino Manasse. A dire il vero altri ritengono che quel Gallo fosse molto più antico - Treboniano - e scrivono che subentrò nell’impero insieme a Volusiano Decio[?] e che si impossessò dell’impero per due anni e otto mesi.

Quidam cognomento Milo Gallus dicebatur, qui Caroli Calvi temporibus floruit, et ad eum ipsum quae de sobrietate carmina conscripsit, misit. Condidit et Sancti Amandi{s} vitam, cuius caenobii ipse Antistes fuit anno post partum salutiferum 880. Est et Gallus Sancti Confessoris nomen, ut refert Beda[8], cuius vita plena virtutibus conscripta habeatur. Erat autem beati martiris Ignatii diaconus, qui episcopus factus viam magistri pius imitator sequutus, pro commendato grege, Christi amato<r> occubuit. Fuit et Gallus alius Columbani abbatis discipulus. Hic et Hildeboldus diaconus pisciculos, quos de flumine reticulo traxerant in solitudine assaturi, ignem concinnabant, cum interim ursus mirae magnitudinis <qui> propius accedens diaconum quidem terruisset, iubente Gallo, ut ligna igni inferret, obedivit, ut Marcus Marulus Spalatensis[9] memoriae prodidit. Quod sane hic referendum duximus, ut qui praepositis suis reniti audent, tali exemplo magis confundantur, quando, et sylvestres ferae iussa sanctorum revereantur, et observent.

Un tale, che si distinse ai tempi di Carlo il Calvo, di nome si chiamava Milone Gallo e proprio a lui dedicò i versi sulla sobrietà che aveva composto. Compose anche una vita di Sant’Amando, del cui convento fu egli stesso superiore nell’anno 880[?] dopo il parto salvifico - di Maria. Come riferisce Beda, Gallo è anche il nome di un santo confessore, la cui biografia sarebbe ricolma di atti virtuosi. Infatti - Erone - era diacono di Sant’Ignazio martire, e dopo essere diventato vescovo seguì da coscienzioso imitatore la via tracciata dal maestro, ed essendo amante di Cristo morì per il gregge a lui affidato. E un altro Gallo fu discepolo dell’abate Colombano. Lui e il diacono Ildeboldo preparavano il fuoco in un luogo solitario per arrostire i pesciolini che con una reticella avevano tratto fuori dal fiume; in quel mentre un orso di straordinaria grandezza, che nel farsi più vicino aveva terrorizzato il diacono, obbedì a Gallo che gli ordinava di aggiungere legna al fuoco, come Marco Marulo da Spalato ha affidato alla memoria. L’abbiamo riferito proprio a questo punto, affinché coloro che osano opporsi ai loro superiori vengano maggiormente turbati da un tale avvenimento, dal momento che anche gli animali selvatici rispettano gli ordini dei santi e vi si attengono.

Hermolaus[10] iubas, et capillos Graecis alectoridas dici asserit. Et mola matricis Sylvatico[11] Gallus matricis dicitur, forte ob similitudinem. Nam et Amatus Lusitanus[12] meminit cuiusdam mulieris, quae geminos utero gestans quinto mense abortivit, et tertia a primo abortu die frustum quoddam carnis emisit, Galli cristae cum rostro Gallinaceo simile.

Ermolao Barbaro asserisce che le criniere e le capigliature sono dette dai Greci alectorídas. Anche la mola uterina - mola materna - viene detta da Matteo Silvatico gallo uterino - gallo materno -, forse a causa di una rassomiglianza. Infatti anche Amato Lusitano - alias João Rodriguez do Castelo Branco - ha fatto menzione di una donna la quale, mentre portava in utero dei gemelli, abortì al quinto mese, e che tre giorni dopo il primo aborto emise un pezzo di carne simile alla cresta di un gallo con un becco da pollo.

Piscis quidam ad oceanum Germanicum Gobiis congener, Germanis ut audio Seehan [13], id est, Gallus marinus dicitur. Verum et bina alia aquatilia animantia eiusdem nominis reperio, piscem nempe alium, et quoddam genus e crustaceis. Piscis enim Plinio[14] Z<a>eus dictus, et Faber, Hispanis, et Monspeliensibus, teste doctissimo Rondoletio, Gal appellatur, Santonibus, et Baionensibus Iau, id est, Gallus a dorsi {pennis} <pinnis> surrectis, quemadmodum Gallorum Gallinaceorum cristae erigi solent. Romani hodie citulam dicunt et piscem Sancti Petri, quia iubente Christo D. Petrus hunc piscem ceperit, et in eius ore numisma pro tributo repererit: unde digitorum impressorum vestigia in medio corpore relicta fuerint. Recentioribus item Graecis χρυσόφρυς dicitur, aiuntque D. Christophorum, dum Christum humeris gestans mare traijceret, piscem hunc apprehendisse et impressa digitorum vestigia reliquisse. Est autem piscis iste ex sententia Rondoletii {χαλκείς} <χαλκίς> Athenaei[15] a Chalcide dissidens, ut Deo dante suo loco aliquando docebimus. Donavit mihi nuperrime hunc piscem exiccatum admodum Rever. P. Ambr. Morandus Bonon. sacrae Theol. doctor eximius, Congreg. S. Salvatoris Gener. mihique amicissimus. Praetera Gallum marinum idem Rondoletius, et Petrus Bellonius vocari asserunt illud animal crustaceum, quod, Aristoteles ἄρκτον[16], Latini similiter ursum ab actionibus, et moribus, quos exercet, appellant: ut nonnulli existimant: alii vero a figura ita dici volunt, nimirum, quod exterior forficis pars Galli Gallinacei figuram referat[17].

Come corre voce, un pesce dello stesso genere dei ghiozzi che si trova nei pressi dell’Oceano Germanico – il Mare del Nord, viene detto dai Tedeschi Seehahn, cioè, gallo marino. Nondimeno trovo anche altri due animali acquatici dello stesso nome, e precisamente uno è un pesce, e - l’altro - un certo genere di crostacei. Dunque, il pesce detto da Plinio zaeus, e anche fabbro, come testimonia il dottissimo Guillaume Rondelet dagli Spagnoli e dagli abitanti di Montpellier viene chiamato gal, e dai Santoni e dagli abitanti di Bayonne iau, cioè gallo, dalla pinna dorsale – anteriore - sollevata così come sono solite ergersi le creste dei galli. Oggi i Romani chiamano citula anche il Pesce di San Pietro, perché per ordine di Cristo San Pietro avrebbe catturato questo pesce e nella sua bocca avrebbe trovato come tributo una moneta: laonde nella parte centrale del corpo sarebbero stati lasciati i segni della pressione delle dita. E inoltre dai Greci moderni è detto chrysóphrys - orata, e sostengono che San Cristoforo, mentre attraversava il mare portando sulle spalle Cristo, afferrò questo pesce e vi lasciò impressi i segni delle dita. Secondo l’opinione di Rondelet questo pesce è la sardina di Ateneo che non corrisponde alla calcide - chalcis, pesce - come prima o poi, Dio permettendo, dimostreremo al momento opportuno. Molto recentemente il reverendissimo Padre Ambrogio Morando [Morandi?] da Bologna, esimio dottore in teologia, Generale della Congregazione del Santo Salvatore e mio grande amico, mi ha fatto dono di questo pesce essiccato. Inoltre gli stessi Guillaume Rondelet e Pierre Belon affermano che si chiama gallo marino quell’animale crostaceo che Aristotele chiama árkton - orso, e i Latini in modo simile chiamano orso dal modo di muoversi e di comportarsi: come alcuni ritengono: altri invece sostengono che è così chiamato dalla forma, in quanto appunto l'estremità della chela ricorda l’aspetto di un gallo.

Hesychius, et Varinus[18] Upupam ἀλεκτρυόνα vocarunt, haud dubio ob cristam, quam in capite gerit, ob quam etiam a Liguribus Gallus Martii dicitur, eo quod illo mense apud ipsos primum appareat.

Esichio e Guarino chiamarono l’upupa alektryóna - gallo, senza dubbio per il ciuffo che porta sulla testa, a causa del quale anche dai Liguri è detta gallo di marzo, perché in tale mese compare presso di loro per la prima volta.


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[1] Questa etimologia è del tutto infondata: gallus, Gallia, derivano da una radice che ha i suoi esiti linguistici nell’irlandese gall- ‘straniero’, nel cimbrico gall- (idem), nel gallico gallus, Gallia.

[2] Plutarco, Artaxerses 10,3. - [10] Dinon then affirms that, after the death of Artagerses, Cyrus, furiously attacking the guard of Artaxerxes, wounded the king's horse, and so dismounted him, and when Teribazus had quickly lifted him up upon another, and said to him, "O king, remember this day, which is not one to be forgotten," Cyrus, again spurring up his horse, struck down Artaxerxes. But at the third assault the king being enraged, and saying to those near him that death was more eligible, made up to Cyrus, who furiously and blindly rushed in the face of the weapons opposed to him. So the king struck him with a javelin, as likewise did those that were about him. And thus Cyrus falls, as some say, by the hand of the king; as others by the dart of a Carian, to whom Artaxerxes for a reward of his achievement gave the privilege of carrying ever after a golden cock upon his spear before the first ranks of the army in all expeditions. For the Persians call the men of Caria cocks, because of the crests with which they adorn their helmets. (translated by John Dryden)

[3] Deipnosophistaí XIV,70,655a - Si tratta di un'ennesima dimostrazione di come le citazioni propinate da Aldrovandi siano aleatorie e capaci di costringere a dichiarare che quanto affermato da Ateneo non esiste. Infatti Lind così si esprime: No such reference appears in Athenaeus so far as I can discover, although the rooster is called the Persian bird in 9. 374d. Aristophanes is the more likely source. (Lind, 1963) § Aldrovandi ha tratto la citazione da Gessner cambiando natos in ortos, amputando però Menodoto di Samo, che è indispensabile se vogliamo localizzare la Perside in Ateneo, salvo conoscere Ateneo a memoria. Vediamo prima Gessner e poi Ateneo. Ci accorgeremo che Lind ha pienamente ragione. § Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 381: Gallinaceos (alektryónas, pro toto genere) aiunt in Perside primum natos, atque inde alio deportatos esse, Menodotus Samius apud Athenaeum. § Ateneo Deipnosophistaí XIV,70,655a: Μηνόδοτος δ'ὁ Σάμιος ἐν τῷ περὶ τῶν κατὰ τὸ ἱερὸν τῆς Σαμίας Ἥρας φησίν· 'οἱ ταοὶ ἱεροί εἰσι τῆς Ἥρας. καὶ μήποτε πρώτιστοι καὶ ἐγένοντο καὶ ἐτράφησαν ἐν Σάμῳ καὶ ἐντεῦθεν εἰς τοὺς ἔξω τόπους διεδόθησαν, ὡς καὶ οἱ ἀλεκτρυόνες ἐν τῇ Περσίδι καὶ αἱ καλούμεναι μελεαγρίδες ἐν τῇ Αἰτωλίᾳ.' - Menodoto di Samo nel trattato relativo alle cose che riguardano il tempio di Era di Samo dice: "I pavoni sono consacrati a Era. E forse i primi fra tutti ebbero origine e furono allevati in Samo e da qui si diffusero all'estero, come anche i galli in Perside e le cosiddette meleagridi in Etolia." (traduzione di Elio Corti, 2007) - Menodotus the Samian also, in his treatise On the Treasures in the Temple of the Samian Hera, says: "The peacocks are sacred to Hera; and perhaps Samos may be the place where they were first produced and reared, and from thence it was that they were scattered abroad over foreign countries, in the same way as cocks were originally produced in Persia, and the birds called guinea-fowl (μελεαγρίδες) in Aetolia." (translated by C.D.Yonge, 1854)

[4] A pagina 184.

[5] The reference to Nicander is a false one since there is no mention of Gallus in the latest edition of his Theriaca and Alexipharmaca by A. S. F. Gow and A. F. Scholfield (Cambridge University Press, 1953); both stories of Gallus and Centoarates are in Aelian. (Lind, 1963) - Infatti non è Nicandro, bensì Eliano, La natura degli animali XII 37, la fonte del gallo di nome Centauro: Un gallo di nome Centauro si innamorò del coppiere di un re (il re era Nicomede di Bitinia). Questa storia ci è stata tramandata da Filone. (traduzione di Francesco Maspero) – La causa dell’errata citazione attribuita a Nicandro è Gessner, ma la causa prima è Lodovico Ricchieri, come possiamo desumere da Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 385: Auctor Nicander est, Secundum, qui pincerna regius fuit in Bithynia, a gallo amatum eximie cui nomen foret Centaurus, Caelius.

[6] La natura degli animali, VI,44. - Cfr. Plinio, Naturalis historia VIII,158: Phylarchus refert Centaretum e Galatis, in proelio occiso Antiocho, potitum equo eius conscendisse ovantem, at illum indignatione accensum domitis frenis, ne regi posset, praecipitem in abrupta isse exanimatumque una.

[7] Constantius [Constantinus] Manasses (c. A.D. 1143-80), Byzantine historian. The first edition of his Annales (ed. by J. Leunclavius) was published at Basle in 1573. The same author’s Historiae were edited by I. Bekker in the Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae at Bonn in 1837. As the Synopsis of History (Compendium Chronicum), they also appear in Patrologia Graeca, Vol. 127 (J. P. Migne, 1857), chapter 49 (ed. by J. Leunclavius). (Patrologia Graeca is hereafter cited as P. G.). (Lind, 1963)

[8] Martyrologium. (Aldrovandi) - Per motivi pratici - e per non creare eccessiva confusione - si emenda solo parzialmente il testo di Aldrovandi: amator invece di amato. Sta di fatto che il testo di Aldrovandi dà vita a un nuovo santo: San Gallo, ex diacono di Sant'Ignazio vescovo di Antiochia. Questo novello San Gallo, anch'egli vescovo di Antiochia, non è mai esistito. Per la discussione relativa a questa trovata di Ulisse si rimanda alla voce Erone del lessico. Ecco il testo di Beda - inspiegabilmente amputato da Aldrovandi - tratto dal Martyrologium e contenuto in Patrologia Latina curata da Jacques-Paul Migne (Parigi, 1850, pag. 1074, vol. 94): B. XVII Calend. Novemb. – Depositio sancti Galli confessoris, cujus vita plena virtutibus conscripta habetur. Apud Lugdunum beati Antiochi episcopi. Apud Viennam sancti Theodati episcopi, item Heronis, qui post beatum Ignatium Antiochenam rexit Ecclesiam. Erat enim hic beati martyris Ignatii diaconus; qui episcopus factus, viam magistri pius imitator sequitur, et pro commendato grege amator Christi occubuit.

[9] Marco Marulo of Spalato in Dalmatia (A.D. 1450-1524) was the chief Renaissance humanist of the region; his Slavic name is Marulić He wrote much on religion in Latin; his De Institutione Bene Beateque Vivendi was published in 1506 and edited by D. Agricola at Basle in 1513. The De Obedientia Servanda does not appear as a separate title in the British Museum Catalogue of Printed Books. (Lind, 1963) - Probabilmente il IV libro del De Institutione Bene Beateque Vivendi parla proprio dell’obbedienza.

[10] Hermolaus Barbarus (A.D. 1454-93), patriarch of Aquileia and a friend of Pico della Mirandola, boasted that he had corrected five thousand errors in the text of Pliny, whose text he edited in 1489, with subsequent editions in 1497, 1511, 1518, 1525, 1536, 1669, 1778. He wrote Castigationes Plinianas (Rome, 1492; Cremona, 1497; Rome? 1500? and Basle, 1534). He also edited Aristotle and Dioscorides, among other authors. (Lind, 1963)

[11] Matthaeus Silvaticus Opus Pandectarum Medicinae (Mantua, 1474, 1475; Venice, 1480, 1488, 1498, 1499, 1511; Turin, 1526; Leyden, 1534, 1541). The many editions indicate the popularity of this work and others cited by Aldrovandi. (Lind, 1963)

[12] L. 1 curat. med. (Aldrovandi) - Amatus Lusitanus: a pseudonym for João Rodriguez do Castello [Castelo] Branco, who wrote Curationum Medicinalium Centuria Secunda, Venice, 1552; idem, Centuriae Quatuor, etc., Basle, 1556; various editions: Venice, 1557; Leyden, 1564, 1570; Bordeaux, 1620; Venice, 1653; Index Dioscoridis, Antwerp, 1536; In Dioscoridis de medica materia libros quinque enarrationes, Strassburg, 1554; Venice, 1557; Leyden, 1558. See footnote below on P. A. Matthiolus’ edition of Dioscorides and its accompanying attack on Amatus Lusitanus. (Lind, 1963)

[13] Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555), pag. 404: Piscis quidam ad Oceanum Germanicum, gobiis congener, ex pictura conijcio, vulgo Seehan, id est gallus marinus vocitatur. - Gessner dà la sua interpretazione del perché il ghiozzo è detto gallo di mare, Seehahn: perché si presenta screziato – ex pictura conijcio  come è screziato il mantello di piume di certi polli. In questo caso accade l'esatto contrario di quanto avviene per il pollo dal piumaggio barrato. Nel caso del Seehan citato da Gessner il pesce, il ghiozzo (Gobius niger), diventa un gallo di mare screziato, speckled  o mottled in inglese. Nel caso della variante crele del piumaggio barrato del pollo, è invece il pollo a diventare un pesce, cioè il pollo sgombro, in quanto il termine crele fa proprio riferimento a un pesce, e precisamente allo sgombro comune - Scomber scombrus - che ha diversi sinonimi: scombro, lacerto, maccarello. Paragonando i due sgombri conosciuti – l'altro è lo sgombro spagnolo (Scomberomorus maculatus), che è maculato e non barrato - è proprio il maccarello a essere dotato della barratura trasversale migliore, e maccarello in tedesco suona in modo del tutto simile a crele, almeno nella grafia: Makrele. – Per ulteriori dati e per l'iconografia si veda Summa Gallicana III,4,6 al paragrafo Crele; III,1,5.8 al paragrafo Screziato/Speckled; III,4,5 al paragrafo Pomellato/Mottled.

[14] Pliny IX,68. The fish is also called John Dory. (Lind, 1963)

[15] VII,137,328cdf. - In questo passo di Ateneo chalkídes sono le sardine, mentre l’orata (chrysóphrys) è stata menzionata prima. La parola chalkeís riportata da Aldrovandi non è attestata. - Guillaume Rondelet, mentioned below, was a French physician and naturalist (1507-66); he set up the anatomical theater at Montpellier in 1556. He wrote a large work on fish: De piscibus marinis (Lyons, 1554); Universae acquatilium historiae pars altera (Lyons, 1556); Opera Omnia Medica (ed. by J. Crocquer, Geneva, 1628). (Lind, 1963)

[16] Árktos in greco denota in prima istanza l'orso, ma in Aristotele Historia animalium 5,17,10 viene così chiamata una sorta di granchio di mare.

[17] Conrad Gessner ci fa sapere, grazie a Pierre Belon, che dovrebbe trattarsi del granchio di Eraclea. Ecco il testo di Historia Animalium III (1555), pag. 404: Cancer Heracleoticus vulgo apud Italos gallus marinus, gallo de mare, nominatur, quod eius chelae cristam galli referant, Pet. Bellonius. –  Ma solo grazie a Rondelet possiamo sapere che il granchio di Eraclea di Belon corrisponde in effetti a quel granchio che Aristotele chiamava orso, ἄρκτος, però Belon non lo dice assolutamente. Se non bastasse, il granchio di Eraclea di Rondelet non ha quasi nulla da spartire con l'omonimo di Belon che invece è il sosia del granchio orso di Rondelet a sua volta sosia del granchio orso di Aristotele (quasi certamente la Calappa granulata, sottordine Brachyura). Aldrovandi ha fatto di ogni erba un fascio, oppure ha scandagliato a fondo la problematica. È più verosimile che abbia preso un ennesimo granchio, facendo dire a Belon ciò che mai scrisse: che cioè il suo granchio gallo di mare, o granchio di Eraclea, corrispondeva al granchio orso di Aristotele. – Se non credete alle mie considerazioni, che una volta di più squalificano Aldrovandi, date uno sguardo ai testi originali di Belon e Rondelet riportati alla voce Granchio di Eraclea del lessico.

[18] Hesychius’ lexicographical work is edited by M. Schmidt (Jena, 1858-61), in two volumes; by Kurt Latte, new edition, I (1953) at Copenhagen. Varinus (Favorinus, Phavorinus), bishop of Nocera Camelana [Corti: today Nocera Umbra (PG), the old Nuceria Camellaria], published his Greek lexicon at Rome, 1523. Its Greek title can be translated thus: The Large and Very Helpful Lexicon Which Garinos Phavorinus Kamers... Collected from Many Different Books and Set Down Alphabetically; at the Press of Zacharios Kalliergos. There is an edition by J. Camerarius (Basle, 1538-41), and another by A. Bortoli, (Venice, 1712).