Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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[276] {Felis}[1] <Feles> et Gallus - {Felis} <Feles[2]>, comprehenso Gallo, cum rationabili ipsum causa devorare vellet{:}<,> accusabat ipsum, dicendo molestum esse hominibus, quoniam nocte clamaret, neque somno frui permitteret. Eo vero respondente ad illorum utilitatem id se facere, ut ad consueta opera excitarentur{. Rursus felis} <, rursus feles> causam afferebat, quod impius esset erga naturam, cum matre[3], ac sororibus coeundo. Eo autem et hoc ad utilitatem dominorum facere dicente, cum multa hinc ipsis ova pariantur, {felis} <feles> praefatus, sed si tu multis abundas evidentibus responsionibus, ego tamen ieiunus non perstabo, ipsum devoravit. Affabulatio[4]<. Fabula> significat pravam naturam peccare volentem, si non verisimili cum praetextu facere id possit, aperte tamen malignari.

Il gatto e il gallo - Un gatto – una donnola? una faina? - dopo aver catturato un gallo, siccome per ovvi motivi voleva divorarlo, lo accusava dicendo che era molesto per gli esseri umani, in quanto schiamazzava durante la notte e non permetteva loro di godere del sonno. Ma lui rispondeva che lo faceva nel loro interesse, affinché venissero incitati allo svolgimento delle abituali occupazioni, il gatto adduceva un altro motivo, che si comportava con empietà nei confronti della natura dal momento che si accoppiava con la madre e le sorelle. Ma siccome diceva che faceva anche questo per il tornaconto dei padroni, in quanto ne consegue che depongono per loro molte uova, il gatto lo prevenne dicendo: ma se tu possiedi in abbondanza tante risposte evidenti, io tuttavia non me ne starò digiuno; e lo divorò. Morale. La favola significa che quando un’indole malvagia desidera peccare, se non può farlo con un pretesto verosimile, allora agisce malvagiamente in modo palese.

{Gallus} <Galli> et Perdix - Gallos quidam habens domi, emptam et Perdicem cum illis pasci dimisit, qui cum illam verberarent, ac expellerent, illa tristabatur valde {existimas} <existimans> ut alienigenam haec se pati a Gallis. Cum vero paulo post et illos videret pugnare, et seipsos caedere, moerore soluta, ait: sed ego posthac non tristabor <videns et ipsos pugnare inter se. Affabulatio.> {Apologus} <Fabula> significat, prudentes facile ferre ab alienis iniurias, cum ipsos videant nec a suis abstinere.

I galli e la pernice - Un tale che aveva a casa sua dei galli mandò a pascolare con essi anche una pernice che aveva comprato, e siccome essi la percuotevano e la scacciavano, lei si rattristava parecchio, ritenendo che doveva soffrire queste cose dai galli in quanto era forestiera. Ma poco dopo vedendo che essi combattevano anche tra loro, e che si uccidevano, dissipata la tristezza, disse: ma io d’ora in poi non mi rattristerò vedendo che anche loro combattono fra loro. Morale. La favola significa che le persone assennate sopportano facilmente le ingiurie recate da estranei quando si accorgono che non si trattengono neanche dal recarle ai loro simili.

Galli duo pugnantes - Duobus Gallis pugnantibus de Gallinis faeminis, alter alterum in fugam vertit, ac victus in locum obscurum profectus delituit: sed qui vicit, in altum elevatus, stansque super alto pariete magna voce clamavit, et statim advolans Aquila eum rapuit. At qui in tenebris delitescebat, ex illo intrepide Gallinas conscendit. <Affabulatio.> Fabula docet, dominum superbis opponi, dare autem humilibus gratiam.

Due galli che combattono - Mentre due galli combattevano a causa delle galline loro mogli, uno mise in fuga l’altro, e quello che era stato sconfitto, recatosi in un luogo scuro, si nascose: ma quello che aveva vinto, posatosi in alto, e stando ritto sopra a un muro elevato si mise a gridare a gran voce, e subito un’aquila avventandosi in volo lo rapì. Ma quello che se ne stava nascosto nelle tenebre, uscito dal suo nascondiglio montò le galline in modo spavaldo. Morale. La favola insegna che il sovrano si contrappone ai superbi, e che concede la benevolenza agli umili.

Gallus verrens stercorarium offendit gemmam, cuius cum usum ignoraret, secum loquebatur, si hanc gemmam aurifex quispiam reperisset, nihil ei gratius accidere potuisset. Ego granum hordei pluris facio. Morale significat multos, dum de magnis iudicant, velut minima, et inutilia spernunt. Apologum eundem leges hoc tetrasticho comprehensum.

Dum rigido fodit ore fimum, dum quaeritat escam,

Dum stupet inventa iaspide Gallus, ait:

Res vili pretiosa loco, nitidique decoris

Hac in sorde manens, nil mihi messis habet.

Un gallo mentre ruspava del letame urtò una gemma, e dal momento che ne ignorava l’uso diceva tra sé e sé: se qualche orafo trovasse questa gemma nulla di più gradito potrebbe accadergli. Io apprezzo di più un grano di orzo. La morale significa che molti quando danno un giudizio sulle cose importanti le disprezzano come se fossero del tutto insignificanti e inutili. Potrai leggere la stessa storiella contenuta in questi quattro versi:

Mentre scava col rigido becco il letame, mentre va alla ricerca affannosa del cibo,

mentre rimane stupito per il ritrovamento di un diaspro, un gallo dice:

Una cosa preziosa e di splendida bellezza in un posto spregevole

rimanendo in questa sporcizia per me non rappresenta assolutamente un raccolto.

Gallina et Hirundo - Gallina serpentis ovis inventis diligenter calefacta {excludit} <excudit>. Hirundo autem cum eam vidisset, ait, o demens, quid haec nutris? Quae cum excreverint, a te prima iniuriam auspicabuntur. Significat apologus implacabilem esse pravitatem, licet afficiatur maximis beneficiis.

La gallina e la rondine - Una gallina avendo trovato delle uova di serpente, dopo averle riscaldate con diligenza le fece schiudere. Ma una rondine, avendola vista, disse: o demente, perché le allevi? Un volta che saranno cresciute sarai tu la prima alla quale esse inizieranno a recare danno. La favola significa che la cattiveria è implacabile, anche se riceve dei grandissimi benefici.

Gallina aurea ova pariens - Gallinam quis habens ova aurea parientem, ratus intra ipsam auri massam inesse, occisam aliis Gallinis similem reperit. Hic multum sperans invenire divitiarum, et exiguis illis privatus est. Monet apologus, oportere contentum esse praesentibus, et fugere inexplebilitatem. De hac fabula tale carmen {Gabriae}[5] <Babrii> exstat authoris Graeci.

Ἔτικτε χρυσοῦν ὠὸν ὄρνις εἰσάπαξ,

Καὶ τις πλανηθείς χρυσεραστὴς / χρυσεοαστὴς[6] τὴν φρένα,

Ἔκτεινε ταύτην χρυσὸν ὡς λαβεῖν θέλων.

Ἐλπίς δὲ, μεῖζον δῶρον ὠλέκει τύχης. id est.

Ovum aureum Gallina semel peperit,

Quidamque avarus deceptus animo

Eam occidit aurum accepturus.

Sed spes perdidit maius fortunae donum.

<Affabulatio. In eos qui spe lucri in damnum ex pusillanimitate incidunt.>

La gallina che depone uova d'oro - Un tale che aveva una gallina che faceva delle uova d’oro, convinto che al suo interno ci fosse un mucchio d’oro, dopo averla uccisa scoprì che era uguale alle altre galline. Costui, speranzoso di trovare una grande quantità di ricchezze si privò anche di quelle piccole. La favola insegna che bisogna accontentarsi delle cose presenti e rifuggire dall’insaziabilità. Su questa favola esiste la seguente composizione dell’autore greco Babrio:

Étikte chrysoûn øòn órnis eisápax,

Kaì tis planëtheís chryserastës / chryseoastës tèn phréna,

Ékteine taútën chrysòn høs labeîn théløn.

Elpís dè, meîzon dôron ølékei týchës. cioè:

Una gallina depose una sola volta un uovo d’oro.

E un avaro ingannato nei suoi ragionamenti

la uccise per poter prendere l’oro.

Ma la speranza distrusse il più grande dono della fortuna.

Morale. È rivolta a coloro che nella speranza di lucro cadono in un danno dovuto alla meschinità.

<Mulier et Gallina> - Mulier quaedam <vidua> Gallinam habebat, singulis diebus ovum sibi parientem, rata vero si plus Gallinae hordei proiiceret, bis parituram die, hoc fecit. Sed Gallina pinguefacta ne semel quidem die parere potuit. Fabula innuit eos, qui ob avaritiam plurium sunt appetentes, et quae adsunt, amittere.

La donna e la gallina - Una donna vedova aveva una gallina che le faceva un uovo tutti i giorni, ma convinta che se avesse dato più orzo alla gallina essa avrebbe deposto due volte al giorno, così fece. Ma la gallina diventata grassa non riuscì a deporre nemmeno una volta al giorno. La favola indica coloro che a causa dell’avarizia desiderano troppo e lasciano perdere ciò che sta davanti agli occhi.

USUS IN MEDICINA.

USO IN MEDICINA

Tantam equidem hoc Gallinaceum genus ad medicinae usum hominibus utilitatem praebet, ut nullus propemodum corporis cum internus, tum externus sit affectus, qui praeterquam quod, teste Rase, (qui centum annos medicinam fecit, omniaque ex diuturna experientia nobis scripta prodidit) nullus alius cibus est, qui in aegritudine alat, et non oneret[7], excepto eo, qui ab his avibus petitur, hinc sua non hauriat remedia. Unde nimirum sapienter, etsi alioqui superstitiose veteres Aesculapio suo Gallinas immolabant tanquam salubritatis indicium.

Questo genere di gallinacei offre davvero tanta utilità agli esseri umani per l’uso che se ne fa in medicina che non esiste quasi nessuna malattia del corpo sia interna che esterna che non ne tragga rimedio, a parte il fatto che non esiste nessun altro cibo in grado di sostentare durante una malattia e che non appesantisce, come afferma Razi (che si dedicò alla medicina per un secolo [± 860 – 932 dC] e che ci ha tramandato per iscritto tutto ciò che derivava dalla sua diuturna esperienza), se non quello che viene ottenuto da questi volatili. Per cui in modo davvero sapiente, anche se per altri versi superstizioso, gli antichi immolavano al loro Esculapio le galline come riconoscimento per la buona salute.


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[1] Si può presumere che Aldrovandi abbia dedotto tutte queste favole dall'edizione di Aldo Manuzio del 1505 in cui, tra le altre cose, spiccano la vita di Esopo scritta dal poligrafo bizantino Massimo Planude (Nicomedia ca. 1260 - Costantinopoli 1310), numerose favole di Esopo (Vita et Fabellae Aesopi cum interpretatione latina) nonché 43 composizioni di Babrio che viene sistematicamente propinato come Gabrius non solo in latino, ma anche in greco dove suona Gábrios (Gabriae fabellae tres & quadraginata ex trimetris iambis, praeter ultimam ex Scazonte). § Il lessico Suida invece riporta Bábrios, tant'è che Conrad Gessner in Historia animalium III (1555) a pagina 382 riporta una citazione tratta dal lessico Suida e attribuita a Babrio, e questo poeta in Gessner non suona Gabrius bensì nel corretto Babrius: Suidas: qui et haec Babrii verba citat, Ἀλεκτορίδων ἤν μάχη Ταναγραίων, οἷς φασιν εἶναι θυμὸν ὥσπερ ἀνθρόποις. et hoc proverbium, Ἀλεκτρυόνα καὶ ἀθλητὴν ταναγραῖον. celebrantur autem (inquit) tanquam generosi. § Difficile arguire da dove Aldo Manuzio abbia dedotto Gábrios. § L'edizione aldina entrata gratuitamente in mio possesso, grazie all'inesauribile Gallica, purtroppo è assai scompaginata. Tuttavia non mi è stato possibile reperire solamente la favola di Esopo che inizia con Gallus verrens stercorarium e la composizione di Babrio che inizia col verso Dum rigido fodit ore fimum, dum quaeritat escam. § Il testo di Aldrovandi è stato emendato in base a questa edizione aldina del 1505.

[2] Nel testo greco troviamo aílouros che pare significhi solamente gatto, feles in latino, ma feles ha anche altri significati, e proprio per questo, visto che ad aggredire i polli sono sì i gatti, come posso confermare in base alla mia esperienza, ma anche altri animali, propongo gli altri significati latini di feles: donnola e faina. Anche costoro nella mia esperienza sono degli avidi e insulsi aggressori dei polli, con ecatombi - forse solo grazie alla faina - che rispecchiano assai da vicino quelle perpetrate dall'uomo quando si scatena in eccidi di altri suoi consimili. E l'uomo per ora rimane insuperato.

[3] L'edizione aldina ha matri, che è errato.

[4] Il testo greco per affabulatio ha epimýthion, che significa aggiunta alla favola, morale.

[5] Lind traduce così: Concerning this fable the following poem is extant by a Greek author named Gabria: "Once a hen laid a golden egg, and a certain miser, deceived in his mind, killed the hen to obtain her gold. But his hope destroyed the greater gift of fortune." (1963) – Nella nota a fondo pagina specifica: Gabria: This is Babrius, Fabulae Aesopeae (ed. by O. Crusius, Leipzig, Teubner, 1897), fable 123. § Si vede che Lind non ha voluto contraddire e umiliare Aldrovandi.

[6] Ambedue i vocaboli sono irreperibili nei comuni lessici, ma più di tanto non mi è stato possibile interpretare il greco sia di Aldrovandi che di Aldo Manuzio.

[7] Bisognerebbe disporre del testo di Razi per verificare se vi sono state impiegate le identiche parole di Plinio Naturalis historia XXIX,48: Cibo quot modis iuvent [ova], notum est, cum transmeent faucium tumorem calfactuque obiter foveant. Nullus est alius cibus, qui in aegritudine alat neque oneret simulque vim potus et cibi habeat. § Plinio sta parlando di uova e non del pollo nella sua totalità, e lo stesso sta facendo Gessner, che cita appunto le parole non come dovute a Razi bensì a Plinio: Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 436: Pars II. De ovorum salubritate simpliciter. Cibos quot modis iuvent ova, notum est. Nullus est alius cibus qui in aegritudine alat neque oneret, simulque vim potus (quidam legunt vini usum) et cibi habeat, Plin. § Questo passo di Gessner viene citato pari pari da Aldrovandi a pagina 298 a proposito delle uova e Ulisse adduce ovviamente Plinio, non Razi.