Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Ferunt enim id sacrificii genus ideo institutum, quod earum caro sit [277] levissimae digestionis, ac perinde languentibus commoda, tum vero eo maxime, quoniam nulla fere in iis particula sit, (nec excrementa excipio) ex qua suam medicus non agnoscat utilitatem.

Infatti riferiscono che questo tipo di sacrificio è stato istituito in quanto la loro carne - delle galline - è di facilissima digestione, e pertanto utile agli ammalati, ma soprattutto in quanto in essa non ci sarebbe quasi nessuna particella (io intendo neppure scarti) di cui un medico non riconosca la sua utilità.

Quod iam astruere aggredior, a morbis universalibus exorsus. Plurima praeterea remedia ab ovis accipiuntur, quae, quod de Gallinaceis tantum intelliguntur, non ab re, im<m>o necessarium fuit hic pertractare. Hippocrates[1] medicorum omnium coryphaeus febrientem ovorum trium, aut quatuor candidum, id est, albumen bibere iubet in aquae congio concussum: idque valde frigefacere, atque aegrum ad alvum exonerandam conturbare pollicetur. Quod si verum est, ut certe credendum est, utpote ab Hippocratico oraculo pr<a>efectum, et a Brasavolo ante aliquot annos expertum, qui reperisse se ait, qui ex sorbili ovo ter, quaterve excernerent, frustra tam pretiosis remediis medici nostri temporis utentur. Quod si vero victum convenientem praescribere medicus velit, unde quaeso meliorem utilioremque hausturus? Galenus[2] in febri, quae {sincopem} <syncopen> coniu<n>ctam habet, ova (ovorum vitellos) ante quartam diem exhibuit, et post ea etiam carnem. Sed haec sit Gallinarum castratarum[3], etsi Galenus, caeterique veteres earum non meminerint. Harum enim caro candidior, melior, et friabilior est, et facile, et cito coquitur, teneraque est, ac grata palato.

Per cui adesso comincio a fare le mie affermazioni partendo dalle malattie sistemiche. Inoltre si ricavano moltissimi rimedi dalle uova, delle quali, siccome si intendono come tali solo quelle di gallina, per validi motivi è assolutamente necessario parlare approfonditamente in questo capitolo dedicato al pollo.. Ippocrate, corifeo di tutti i medici, consiglia a colui che ha la febbre di bere il bianco, cioè l’albume, di tre o quattro uova sbattuto in un congio di acqua [3,27 litri]: e ciò fa diminuire parecchio la temperatura ed egli garantisce che crea scompiglio nel malato in modo da svuotare l’intestino. Se ciò è vero, come certamente bisogna credere, dal momento che è stato stabilito dall’oracolo ippocratico, e alcuni anni fa è stato sperimentato da Antonio Brasavola, il quale dice di aver trovato persone che evacuavano l’intestino tre o quattro volte dopo aver bevuto un uovo, i medici contemporanei ricorrono inutilmente a farmaci tanto costosi. Per cui se un medico volesse veramente prescrivere un’alimentazione adatta, di grazia, da dove potrà attingerne una migliore e più utile? Galeno, nella febbre che si associa a svenimento, ha dato da mangiare delle uova (tuorli d’uovo) prima che fossero trascorsi quattro giorni, e dopo le uova anche carne. Ma questa deve essere di galline castrate, anche se Galeno e altri antichi non ne abbiano fatta menzione. Infatti la loro carne è più bianca, migliore, e più friabile, e viene digerita facilmente e in fretta, ed è tenera e gradita al palato.

Sed hic minime praeterire volo, nec debeo Gelu[4] illud praestantissimum cum expresso Gallinacei pulli succo in Gallia usitatissimum, ut audio, pro febrientibus, et aliis ad vires restaurandas. Carnem pulli, et pedes vituli, aut vervecis discoques, donec caro incipiat dissolvi, tum percolabis, et exprimes succum, cui adijcies bonam partem sacchari, ac pollinis cin<n>amomi: purificabis cum albuminibus, et testis ovorum, colabis denuo, addesque crocum, aut aliud quippiam pro colore, quem desideras, viride, rubrum etc. Si acidum placuerit aceti aliquid, vel rob, id est, defrutum aliquod eius saporis, ut de ribes, aut berberis addi potest.

Ma a questo punto non voglio né debbo assolutamente tralasciare quell’eccellente ghiaccio con succo ottenuto spremendo un pollo, molto usato in Francia, come sento dire, per coloro che hanno la febbre e per altre persone al fine di ripristinare le energie. Farai cuocere a lungo carne di pollo e zampe di vitello oppure di montone castrato fintanto che la carne comincia a dissolversi e quindi la filtrerai e ne spremerai il succo, al quale aggiungerai una buona quantità di zucchero e di polvere di cannella: lo purificherai con albumi e gusci d’uovo, lo colerai una seconda volta e vi aggiungerai dello zafferano o qualcos’altro di verde, di rosso, etc., a seconda del colore che desideri. Se piacerà acido si può aggiungere un po’ d’aceto, oppure di rob, cioè, un succo dello stesso sapore, come quello ottenuto dal ribes, o dal crespino.

Perpetuo omnibus hectica[5] febre laborantibus, inquit Trallianus[6], Gallorum testes commodi sunt, cum abunde nutrire, et vires augere possint, ubi probe concocti fuerint. Quapropter id alimentum semper exhibendum est, ubi vires non ad extremum collapsae fuerint. In Epiala[7] febri, in qua exteriora calent, frigent interiora, iis cibis commode uteris, qui {haemitritaeo} <hemitritaeae>[8] phlegmaticae conveniunt. Gallus antiquus post longam cum altero demicationem occidatur, coquaturque cum hordeo, passulis enucleatis, pulegio, hyssopo, thymo, et violis, tempereturque cum oxymelite acri. Propinato quantum uno haustu sorbere potest aeger.[9] Vel pro eadem febri, cum a simplici pituita dependet praesertim in homine frigidae naturae, senescentem Gallum praedicto modo defatigatum parato ad hunc modum. {Chamomaeli} <Chamaemeli>[10] sesqui manipulum, ficuum aridarum, passularum enucleatarum, singulorum manipulum, hordei ab uno cortice exuti pugillos tres, coquito sufficienter, et colato. Cum libra[11] huius iuris misceto adipis Anatis recentis uncias tres, aceti albi e pulegio unciam, salis parum. Bulliant iterum donec permisceatur. Dato calidum quantum uno haustu sorberi possit. Efficacissimum est ad crassos humores, et lentos febrem generantes. Idem cum Capo, et pullo efficere possis, sed {inefficatius} <inefficacius>. Eiusmodi sorbitio ex adipe Anatis dici potest. Brudus Lusitanus in opere suo de victu febricitantium[12] haec recenset remedia, multaque alia cum pullis, et Gallinis coquenda praecipit febribus diversis salubria, ut cucurbitam, pruna, uvam acerbam, quae brevitatis gratia hic sponte praeterimus[13]. Sed postquam in iuris Gallinacei, cuius tam frequens apud nostrates medicos usus est, mentionem incidimus, in iuniorum gratiam paulo altius, fusiusque de eo dicendum nobis videtur.

A tutti coloro che sono perennemente affetti da febbre continua, dice Alessandro di Tralles, tornano utili i testicoli dei galli, dal momento che sono in grado di nutrire parecchio e di accrescere parecchio le energie se sono stati cotti in modo appropriato. Per cui è necessario che tale cibo venga  sempre dato se le forze non si sono esaurite fino all’estremo. Nella febbre con brividi, in cui le parti esterne scottano e quelle interne sono gelate, potrai opportunamente servirti di quei cibi che sono adatti alla febbre semiterzana causata dalla flemma. Si uccida un gallo vecchio dopo un lungo combattimento con un altro gallo, e lo si faccia cuocere con orzo, uva passa piccola cui sono stati tolti i vinaccioli, pulegio - Mentha pulegium, mentuccia -, issopo, timo e viole, e venga miscelato con ossimele forte - miscuglio di aceto e miele. Se ne somministri tanto quanto il malato può inghiottire in un solo sorso. Oppure, per la stessa febbre, quando dipende da un semplice raffreddore, soprattutto in una persona freddolosa per natura, devi preparare nel modo seguente un vecchio gallo che è stato stremato nel modo anzidetto. Una manciata e mezza di camomilla, una manciata ciascuno di fichi secchi, di uvetta passa senza semi, tre pugni di orzo spogliato di una sola glumetta, fa cuocere a sufficienza e fa colare. Mescola con una libbra [327,45 g] di questo brodo tre once [circa 82 g] di grasso d’anatra fresco, un’oncia [27,28 g] di aceto bianco aromatizzato al pulegio, poco sale. Debbono bollire di nuovo finché non si sono mescolati bene. Somministralo caldo nella quantità che si può ingoiare con una sola sorsata. È molto efficace contro gli umori ottusi e indolenti che causano la febbre. La stessa cosa la puoi fare con un cappone e con un pollo, ma è meno efficace. Siffatta pozione può essere chiamata al grasso d’anatra. Manuel Brudo nel suo trattato sul cibo dei febbricitanti passa in rassegna questi rimedi e prescrive molte altre cose utili in diversi tipi di febbre che vanno cotte coi polli e con le galline, come la zucca, le prugne, l’uva acerba, che adesso per motivi di brevità deliberatamente tralasciamo. Ma dal momento che ci siamo trovati ad accennare al brodo di pollo di cui è tanto frequente l’impiego da parte dei nostri medici, mi sembra opportuno parlarne un po’ più approfonditamente ed estesamente a beneficio di quelli più giovani.

Sciant itaque tyronum ingenia ius Galli iunioris, et Gallinae, diversa omnino, ac plene contraria a iure Galli veteris vi pollere. Iunioris enim Galli, Gallinaeve ius, maxime si et ipsa iuvenis fuerit, vitiosos humores temperat quidem, at non educit, et in ardoribus stomachi, authore Dioscoride, etsi ea verba Ruellius vel neglexit, vel illegitima iudicavit (leguntur enim in antiquissimo codice, teste Marcello, et a Serapione etiam referuntur[14]) simpliciter paratum datur: atque ita Plinius intelligendus est, dum Gallinaceorum decoct<or>um[15] <ius> acria molire, id est, mordaces humores temperare dixit. Nam, ut diximus id Gallinarum, earumque iuniorum iuri magis convenit, gallinaceorum, nisi plane iuvenes fuerint, minus et minime quidem veterum. Nam et Averroes ait[16]. Ius Gallinae iuvenis, et pinguis temperat complexiones, et est optima medicina leprosis. Porro, si Galeno[17] credimus, ius Galli veteris alvum ducit, Gallinarum astringit, et quod magis admirandum videtur, caro Gallinae veteris.

Pertanto le menti dei principianti sappiano che il brodo di un gallo piuttosto giovane e di una gallina sono dotati di un potere diverso e completamente opposto a quello del brodo di un gallo vecchio. Infatti il brodo di un gallo piuttosto giovane o di una gallina, soprattutto se anch’essa sarà giovane, tiene a freno i fluidi corrotti, ma non li fa espellere, e preparato in modo semplice viene somministrato nei bruciori di stomaco, come afferma Dioscoride, anche se Jean Ruel o ha tralasciato queste parole o le ha giudicate non autentiche (infatti le si può leggere in un antichissimo codice, come riferisce Marcellus Virgilius alias Marcello Virgilio Adriani, e vengono riferite anche da Serapione): e così deve essere inteso Plinio quando disse che il brodo di polli stracotti elimina le acidità, cioè calma gli umori pungenti. Infatti, come ho detto,  ciò si addice di più al brodo di gallina, e di gallina piuttosto giovane, di meno a quello di gallo, salvo che sia proprio giovane, per nulla a quello di gallo vecchio. Infatti anche Averroè dice: Il brodo di gallina giovane e grassa regola la costituzione individuale, ed è un’ottima medicina per i lebbrosi. Inoltre, se crediamo a Galeno, il brodo di gallo vecchio fa liberare l’intestino, quello delle galline fa da astringente, e ciò che sembra essere ancor più straordinario, la carne di gallina vecchia.

Ius vero Galli veteris ad multa in actu practico commendatur. Lavat enim, abstergit, aperit, flatus dissipat, provocat, alvum solvit, atque melancholiam purgat, ut Serapio testatur, sed Antonius Musa Brasavolus[18], cum id experiretur verum esse non reperisse se scribit. Lenit enim, inquit, et ea educit, quae in ventriculo, et intestinis continentur.

In verità all’atto pratico il brodo di gallo vecchio viene raccomandato per molte malattie. Infatti purifica, deterge, fa da aperitivo, elimina la flatulenza, provoca la fuoriuscita dei gas intestinali, fa liberare l’intestino e rimuove la bile nera, come testimonia Serapione, ma Antonio Musa Brasavola, dal momento che l’avrebbe sperimentato, scrive di non aver riscontrato che ciò corrisponda al vero. In effetti ha proprietà lenitive, dice, e provoca la fuoriuscita di ciò che è contenuto nello stomaco e nell’intestino.


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[1] De morbis liber 3. (Aldrovandi)

[2] Methodus medendi liber 12. (Aldrovandi)

[3] Mai sentito dire che si castrassero anche le galline, nonostante sia possibile. Che Aldrovandi volesse intendere carne di cappone? Questa seconda ipotesi è alquanto verosimile se ammettiamo che Ulisse abbia letto frettolosamente un passo di Gessner tratto da Sylvius - Jacques Dubois - e che viene citato quando Gessner parla dei criteri in base ai quali scegliere la carne dei gallinacei. Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 391: Gallinas albas nigris aliqui suaviores esse tradunt, Chrysippus apud Athenaeum. Gallorum et gallinarum caro alimenti est inter aves optimi. quia facile in sanguinem vertitur, et parum excrementosa est. Caro autem gallinarum est melior quam gallorum, nisi sint castrati. nigrarum quoque et quae nondum peperunt caro est melior et levior. Veterum autem, praecipue gallorum, caro nitrosa est et salsa, cibo inepta, Sylvius. § Magari a Bologna, per la festa di San Pellegrino, si castravano, oltre ai galli, anche le galline, ma Aldrovandi, quando a pagina 294 parlerà della castrazione di massa del 1° agosto, non accenna minimamente a galline evirate. § Tutto questo sproloquio contro Aldrovandi deve essermi perdonato. Non si è mai finito d’imparare! C’era chi castrava le galline! Lo scopro attraverso la citazione completa di Gessner a pagina 433, il quale aveva il vizio di citare sistematicamente le fonti: forse l’eviratore di galline era il medico Michele Savonarola, nonno del famosissimo Girolamo: Febrientibus magis conveniunt gallinae castratae, quanquam veteres castrationis earum non meminerunt. ego castratas domi alo, quarum caro albior, melior et friabilior est. Facile et cito coquuntur, et tenerae fiunt et gratae palato, Mich. Savonarola. E a pagina 434 Gessner ripete: Febrientibus magis conveniunt gallinae castratae, Savonarola. § Le galline castrate furono decantate anche dal medico e poeta Giovanni Battista Fiera. Si veda a pagina 294: Sic humens Gallina vices huic cedet honoras | Vel nigra, vel partus sit licet indocilis.

[4] Aldrovandi non riferisce la fonte, ma si tratta di Gessner, il quale a sua volta molto verosimilmente ha tratto la ricetta da Balthasar Staindl - ex libro Germanico Baltasaris Stendelii - in quanto nel testo di Gessner la ricetta del Gelu si trova inframmezzata ad altre ricette di Stendelius. - Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 389: Gelu cum expresso succo carnis gallinacei pulli, in Gallia usitatum pro febrientibus et aliis ad vires restaurandas. Carnem pulli et pedes vituli aut vervecis discoques donec caro incipiat dissolvi, tum percolabis et exprimes succum, cui adijcies bonam partem sacchari ac pollinis cinnamomi: purificabis cum albuminibus et testis ovorum, colabis denuo, addesque crocum, aut aliud quippiam pro colore quem desyderas [desideras], viride, rubrum, etc. si acidum placuerit, aceti aliquid, vel , id est defrutum aliquod eius saporis, ut de ribes aut berberis addi potest.

[5] Febbre continua, dal greco hektikós = che ha un’abitudine, abituale, da cui hektikòs pyretós = febbre continua che porta alla consunzione.

[6] Liber 12 cap. 5. (Aldrovandi) - Con ogni verosimiglianza si tratta del Libri duodecim de re medica.

[7] Febbre con brividi: da ëpialéø = ho la febbre; ëpíalos = febbre con brividi. Per l’ubicazione di questa febbre rispetto alle altre antiche e fantasmagoriche febbri può essere utile dare uno sguardo al Lignum febrium.

[8] Febbre semiterzana, cioè di due giorni e mezzo, da hëmitritaîos pyretós: Ippocrate, Galeno. (Lorenzo Rocci) § Hëmitritaîos  è un aggettivo e non un sostantivo, per cui il termine latino haemitritaeo usato come sostantivo dovrebbe essere errato, visto che oltretutto è seguito da un aggettivo al femminile: phlegmaticae. § L’origine di questo termine semigreco - cui è sottinteso pyretós - è ovviamente Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 394: In febri hepiala, in qua exteriora calent et frigent interiora, iis cibis utere qui hemitritaeo phlegmaticae conveniunt. § Io non ho letto il relativo testo dei due medici greci, ma propenderei per una febbre che dura un giorno e mezzo. Il significato di febbre terzana e quartana, caratteristiche della malaria, non è che queste febbri durano rispettivamente tre e quattro giorni, ma che compaiono ogni terzo giorno (un giorno di febbre, uno di apiressia, uno di febbre) oppure ogni quarto giorno (febbre, due giorni di apiressia, febbre). Nel XXI secolo non ho mai sentito parlare di febbre semiterzana. Nel mio frondosissimo e antico Lignum febrium - appeso a una parete della scala – la sequenza, a partire dal tronco febris, è la seguente:– putrida - intermittens_discretaperiodica che si triforca nei rami quartana, quotidiana, terciana. Dal ramo terciana si stacca il ramoscello hemitriteus che si intreccia a formare un’aureola con una febbre quotidiana che si stacca da un’altra suddivisione del ramo putrida. L’hepiala è il rametto terminale di questa seconda quotidiana. Avete ragione! Per capirci qualcosa, date uno sguardo all’intricatissimo Lignum febrium.

[9] La fonte è Manuel Brudo, come puntualizza Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 394: [...] tempereturque cum oxymelite acri. propinato quantum uno haustu sorbere possit aeger, Brudus Lusitanus.

[10] Camomilla, dal greco chamaímëlon, melo terrestre, mela nana, per l'affinità dell'odore con certe mele. - Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 394: Chamaemeli manipulum sesqui: ficuum aridarum, passularum enucleatarum, singulorum manipulum: hordei ab uno cortice exuti manipulos tres, coquito sufficienter et colato.

[11] Vedi: Pesi e misure.

[12] De ratione victus in singulis febribus secundum Hippocratem, in genere sigillatim libri III (Venetiis: per Ioannem Rubeum, 1559)

[13] È una bugia: Aldrovandi non dice nulla degli altri rimedi di Brudus Lusitanus non per non essere prolisso, ma perché non ne dice nulla Gessner dal quale Aldrovandi ha tratto la frase e al quale ha dovuto giocoforza adeguarsi. - Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 394: Idem Brudus passim in opere suo de victu febricitantium, diversa remedia cum gallinis aut pullis coquenda praecipit, febribus diversis salubria, ut cucurbitam, pruna, uvam acerbam etc. quae propter prolixitatem omittimus.

[14] Nella prima edizione della traduzione latina - senza testo greco a fronte - di Jean Ruel del De materia medica di Dioscoride (1516) viene tralasciata una frase che è stata oggetto di contestazione circa la sua autenticità, difesa invece a spada tratta da Marcellus Virgilius. Questa frase riguarda l’impiego del brodo di gallo giovane. Nell’edizione del 1549 della traduzione di Ruel l’editore parigino – o la vedova dell’editore - Arnold Birkman, grazie alla collaborazione di Jacobus Goupylus, include la frase greca facendola precedere da un asterisco per metterne in evidenza la sospetta non autenticità, e ovviamente manca la rispettiva traduzione latina di Ruel, in quanto era morto nel 1537. Parte del testo di Aldrovandi sembra tratto dal commento a Dioscoride di Pierandrea Mattioli che si affidava alla traduzione di Ruel. Pertanto Mattioli tralasciò di inserire la frase nel testo di Dioscoride in latino (in quanto Ruel non la tradusse dal greco) e nel commento a II,43 Gallinae, et Galli dice: “Codices Graeci typis expressi hoc in loco habent δὲ ξωμὀς τοῦ νόοσακος μάλιστα δίδοται ἐπικράσεως χάριν φαυλοτήτων, καὶ ἐπὶ τῶν στόμαχον πυρουμένων λιτῶς σκευασθείς. hoc est ad sensum: Ius galli iunioris maxime datur ad contemperandos humores vitiosos, et in ardoribus stomachi simpliciter paratum. Verba illa Ruellius, cuius interpretationem alioquin sequimur, vel neglexit, vel illegitima iudicavit. Nos vero huc ea afferenda duximus, non solum quod in vulgatis codicibus, ac antiquissimo (teste Marcello) legantur; sed quia etiam a Serapione referuntur. Quibus etiam subscribere videtur verborum series, et communis rei usus.” (Commentarii in libros sex Pedacii Dioscoridis Anazarbei De Materia Medica, 1554, pag. 186) § Si può aggiungere che nell’edizione del 1499 del solo testo greco del De materia medica di Dioscoride curata da Aldo Manuzio la frase greca incriminata manca ed è stata scritta, sembra a mano, a bordo pagina.

[15] Naturalis historia XXX,68: Alvum ciet gallinaceorum discoctorum ius et acria mollit, ciet et hirundinum fimum adiecto melle subditum. § L’errore della citazione, come è ovvio, proviene da Gessner. Un conto è preparare uno stracotto, una carne stracotta, e usare questa carne, oppure preparare un consommé – che è un brodo ristretto, ottenuto facendo ridurre con lunga bollitura a fuoco lento del comune brodo di bue, di pollame o di pesce – un conto è invece preparare un brodo facendo stracuocere il pollo, come sta affermando Plinio. Ecco il testo del colpevole, Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 393: Alvum cit et gallinaceorum decoctum ius, et acria mollit, Plinius.

[16] Gessner riporta il singolare: complexionem. Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 393: Ius gallinae iuvenis et pinguis temperat complexionem, et est optima medicina leprosis, Averrois.

[17] Ad Pisonem, et de simpl. (Aldrovandi) § La referenza esatta e completa a Galeno – senza Pisone, cui fu dedicata la Teriaca - la dobbiamo a Pierandrea Mattioli Commentarii in libros sex Pedacii Dioscoridis Anazarbei De Materia Medica, 1554, pag. 186: Tametsi Gallinarum ius simplex (ut Galeno proditum est libro XI. simplicium medicamentorum) retinendi vim habeat; gallorum tamen veterum cum sale diutius decoctorum, subducendi facultatem obtinet. § Mattioli non puntualizza, come fa Aldrovandi, l’ottimo potere astringente intestinale da parte della carne di gallina vecchia, che così viene ad agire in senso opposto al brodo – fatto con carne – del suo coetaneo maschio. § Oppure, se non vogliamo leggere la Teriaca dedicata da Galeno a Pisone, dobbiamo credere a quanto afferma Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 390: Gallorum veterum caro astringit, ius solvit. (vide infra in G.) gallinarum vero ius astringit, Galenus in opere de simplicibus, et ad Pisonem.

[18] Quest’affermazione di Brasavola è contenuta nel suo In libros de ratione victus in morbis acutis Hippocratis et Galeni commentaria et annotationes (Venetijs, apud Hieronymum Scotum, 1546) come si può desumere dalla citazione di  Conrad Gessner Historia Animalium III (1555), pag. 393: Sed plura de his iuribus scripsi in Commentariis nostris in librum de ratione victus in morb. acut. Antonius Musa Brassav. Et rursus, Ius e vetere gallo atram bilem educere, ut Serapio scribit, cum experirer verum esse non reperi. Lenit enim et ea solum educit quae in ventriculo et intestinis continentur. Senam quandoque miscui, et atram bilem eduxit: alias turbit, pro pituita detrahendas: alias myrobalanos citrinos pro bile flava.