Vol. 1° -  VIII.15.3.

Qualcuno rompe le uova nel paniere

La parola fine deve tardare ancora un po’ e quanto voglia tardare, per ora, nessuno lo sa: sembra di trovarci di fronte a una di quelle gravidanze protratte che solo la nostra pazienza è in grado di condurre a termine.

Un giorno o l’altro la verità assumerà timide sembianze, sufficienti però a soddisfare chi è dotato di un minimo di buon senso.

Chi è la pietra dello scandalo di turno?

Si tratta di Termer che, come abbiamo visto, nel 1951 riuscì a dimostrare che nel Nuovo Mondo non c’erano polli prima di Colombo.

Sembra un assioma alla Darwin: tutti i polli domestici discendono dal Gallo Rosso della giungla.

Ma il danno arrecato da Termer è ben maggiore di quello inferto da Darwin, in quanto i dati biologici sono più facili da analizzare e da controbattere rispetto a quelli linguistici, e la tesi di Termer è proprio ai dati linguistici che vuole contrapporsi. Questi soggiacciono a inesattezze di vocabolario, frequente bagaglio di gente che parla e riparla senza aver visto ciò che descrive, oppure paludata di grossolano spirito d’osservazione che fa d’ogni erba un fascio, ignara o noncurante del fatto che spetta ai posteri l’arrampicarsi sui muri per giungere a una conclusione che garantisca una minima parvenza di verità.

Pertanto, eccoci di nuovo alla linguistica. Sembra strano come questa scienza, basata su vocaboli scritti o profferiti, venga di quando in quando a turbare il cammino della biologia. Termer sentenzia che tutti i gallos e le gallinas del Nuovo Mondo citati dagli storiografi ispanici altro non sono che tacchini e tacchine. Si tratta di una conseguenza molto ovvia e più che logica che richiama le dimostrazioni dei teoremi di geometria, i quali immancabilmente finiscono con un bel C.V.D., come volevasi dimostrare: dato che il pollo fu portato da Colombo, i gallos e le gallinas possedute dagli Amerindi erano tacchini oppure altri volatili più o meno addomesticati, ma non polli.

Ma non è così che stanno le cose.

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