Vol. 1° -  VIII.16.4.

Le uova vengono ricomposte

Al momento di consegnare il testo all’Editore - fatto che per fortuna non si è mai verificato - ricevo inaspettatamente un documento che per autorevolezza supera di gran lunga la mia presunzione espressa poc’anzi, quando sentenziai di associarmi a Langdon.

La pietra dello scandalo, una pietra preziosa stavolta, preziosa come quelle che maneggia ogni giorno, è l’amico e compagno di scuola Franco Cantamessa. Per amore del bello si dedica da tempo a un affascinante revival di gioielleria sudamericana precolombiana. L’avevo incaricato di porre estrema attenzione alle immagini che gli sarebbero capitate a tiro, per scoprire se nei manufatti precolombiani per caso non comparisse anche lo stramaledetto pollo. Per ora la mia richiesta è inesaudita, ma è oltremodo significativo il testo avuto da Franco e che vi proporrò, preceduto da indispensabili notizie senza le quali non sarebbe possibile avere la certezza di quanto stavo cercando affannosamente da tempo.

In Sudamerica, fra il 300 aC e il 1400 dC, si svilupparono e fiorirono le culture Mochica e Chimú, alle quali Franco è ovviamente interessato essendo quei popoli i suoi più antichi colleghi d’Oltreoceano. Sia i Mochica che i Chimú hanno avuto una storia archeologica continua che prese le mosse intorno al III secolo aC e proseguì, con un vuoto fra il 1000 e il 1250, fino al 1461 quando furono annientati da una massiccia invasione Inca. La data più remota e accertata per la civiltà Mochica risale al 267 aC. La certezza proviene dal radiocarbonio.

Il popolo dei Mochica era organizzato in città-stato di agricoltori e occupava una vasta regione tra i fiumi Marañón [1] e Putumayo [2] . Fra il IV e il IX secolo i Mochica svilupparono una notevole civiltà caratterizzata dal miglioramento delle tecniche agricole - concimazione, irrigazione - e dallo sviluppo della metallurgia di oro e argento. Forse tale civiltà scomparve per l'espansione dei Chimú e delle genti Quechua. La produzione artistica di maggior interesse è costituita dalla ceramica di esclusiva provenienza tombale. Sono stati portati alla luce corredi funerari caratterizzati da enorme ricchezza e varietà di soggetti. La ceramica è stata divisa dagli studiosi in numerosi stili e sottostili; quello del periodo dei Maestri Artigiani costituisce il momento artistico più elevato.

Il regno Chimú fiorì tra il XIV e il XV secolo su un'estesa area della costa settentrionale del Perù, là dove nei secoli precedenti si era sviluppata la civiltà Mochica. Questo regno, da cui certamente gli Inca trassero non pochi spunti per l'organizzazione del loro impero, sfruttò tutte le oasi costiere fluviali mediante opere di irrigazione artificiale e portò la propria signoria sino ai confini della Costa Centrale, sul cui limite costruì l'imponente fortezza di Paramonga che difendeva il Chimú per tutte le vie di terra e di mare. Il nome Chimú è stato dato anche allo stile ceramico fiorito nel regno, come pure ai tessuti e alla superba oreficeria. Le ceramiche ripetono le forme Mochica, ma sono meno raffinate e sono uniformemente dipinte in nero, mentre i gioielli in oro associano smeraldi, turchesi, talora anche perle. Queste ultime testimoniano lontani rapporti col mondo caribico. Molte opere di oreficeria provengono dal tesoro di Lambayeque e sono conservate al Museo Nacional de Antropología y Arquelogía di Lima. Secondo la leggenda il regno fu fondato dal mitico Ñaymlap, quivi giunto col suo seguito su una flottiglia di zattere. I Chimú, dopo una strenua resistenza, verso il 1470 furono sottomessi dal futuro decimo Inca, Túpac Yupanqui, salito al trono nel 1471.

Eccoci al punto cruciale. Il testo è tratto da Gli imperi del deserto nel Perù precolombiano, opera di von Hagen nato nel 1908 a St. Louis, esploratore, etnografo, archeologo e naturalista, che con questo trattato ha aperto nuove prospettive alla cronologia storica rivelando la funzione precorritrice della civiltà Mochica-Chimú.

«I tessuti di piume: l’arte della tessitura con le piume costituisce un altro sviluppo, un’altra variante barocca della tessitura vera e propria. Beninteso, la sua presenza in Perù non è né unica né insolita, in quanto molte popolazioni assolutamente senza alcun contatto fra loro - Polinesiani, Maya e Aztechi - la conobbero a fondo. La cosa straordinaria è che in Perù se ne siano conservati molto bene tanti esemplari. Il metodo e la tecnica della tessitura con le piume (l’espressione più adatta per definirla è mosaico di piume) erano questi: i ciuffi di piume venivano disposti in base a uno schema; poi venivano cuciti su una stoffa usata per la tessitura, oppure venivano conficcati nella trama dalla parte del cannello e assicurati strettamente in modo da far parte del tessuto. Ornamenti del capo, diademi di piume che coprivano le spalle e scendevano fino alla cintola, indumenti simili al poncho e costumi erano fatti alla maniera di mosaici di piume; i danzatori indossavano vesti del genere, perfino delle ali e copricapi foggiati a testa di uccelli. Anche se questi ultimi non sono stati rinvenuti nelle tombe, senza dubbio gli Yuncas ne continuarono la tradizione fin verso la fine del Settecento, dato che gli artisti nativi ingaggiati dal vescovo Martínez de Compañón descrivono proprio queste danze e questi  costumi. La Danza dei Pájaros, una delle tante, viene raffigurata con i danzatori bardati di piume d'uccello, cosa che li fa assomigliare al personaggio di Papagena del Flauto magico di Mozart.

«Né i Mochica né i Chimú possedevano uccelliere come quelle che avevano i Messicani nel 1450, alle quali erano adibiti 300 Indiani per nutrire e avere cura degli uccelli che, senza essere  uccisi, fornivano le loro penne agli amanteca Aztechi, cioè ai tessitori specializzati. Essi non ne avevano bisogno, in quanto sul mare agitato c'era a portata di mano una miriade di uccelli; anche il pollo domestico, come il tacchino e l’anatra muschiata, poteva fornire la sua parte di piume senza essere ucciso. I pappagalli volavano in fitti stormi su e giù sulle loro valli, venivano intrappolati o abbattuti con le cerbottane, allo scopo di usarne le piume nella tessitura. C'erano inoltre piume provenienti da uccelli che non si trovano direttamente nei loro imperi del deserto. Per questo motivo alcuni autori hanno postulato la presenza di vasti traffici commerciali  con le tribù andine e dell'Amazzoni superiore.»

Vediamo cosa dice al proposito la controparte.

Cristina Dunin-Borkowski, nella sua tesi di laurea dedicata a confutare l’Araucana, riferisce le conclusioni cui è pervenuto O’Neil: «Inoltre, John O’Neil, che lavorò più di vent’anni con uccelli peruviani, ha realizzato uno studio sui tessuti di piume dei Chimú. Egli revisionò un'ingente collezione di tali tessuti in differenti musei degli USA. Nel redigere la lista degli uccelli dai quali le piume provenivano, scrive:

“Non abbiamo neppure trovato evidenza alcuna di piume di gallina, e, ammesso che le avessimo trovate, questo fatto avrebbe indicato che il tessuto era senza alcun dubbio di epoca coloniale.” (O’Neil, 1984:147

Ai tempi del poeta latino Orazio - nato a Venosa nel 65 aC, da me prediletto per le verità che mi ha insegnato - viveva anche il filosofo stoico Crispino. Costui scrisse assai in versi e in prosa, ma secondo Orazio le cassette di Crispino contenevano sì dei grandi volumi, vuoti tuttavia di contenuto. Crispino doveva essere anche un tipo poco garbato e bislacco, che a quei tempi veniva espresso con l’aggettivo lippus, cioè cisposo. Cisposo è colui che al mattino si sveglia con gli occhi incollati dalla cispa, quella secrezione giallastra che trae origine dal sebo palpebrale.

La prima satira di Orazio non è eccessivamente lunga, 121 versi in totale, al contrario di questo nostro peregrinare alla ricerca di una certezza del pollo precolombiano nelle Americhe. Se Orazio temeva di tediare i lettori, io dovrei essere molto più preoccupato di lui, per cui chiudo definitivamente il tema con l’affermazione di von Hagen che abbiamo appena letto, nonché con le parole del mio poeta:

Iam satis est.
Ne me Crispini scrinia lippi compilasse putes,
verbum non amplius addam.

E adesso basta.
Affinché tu non creda che io abbia fatto man bassa
degli scritti del cisposo Crispino,
non aggiungerò una parola di più.


Possiamo imparare quattro cose dal Gallo:
Combattere
Alzarsi di buonora
Mangiare insieme a tutta la famiglia.
Proteggere la propria Sposa quando è nei guai

Chanakya

Chandragupta, in greco Sandracottos, fu imperatore indiano verso il 322-298 aC oppure verso il 313-289. Eliminò i prefetti e le guarnigioni macedoni lasciate da Alessandro Magno nella regione dell’Indo e successivamente fondò l’impero Maurya. Regnò per 24 anni ed ebbe come consigliere Chanakya, tradizionalmente identificato con Kautylia, cui si attribuisce l’Arthasastra, il principale trattato politico dell'India.


 sommario 

 avanti 



[1] Rio Marañón: fiume di circa 1.800 km del Perù che rappresenta uno dei due rami sorgentiferi del Rio delle Amazzoni. Nasce dal Nevado Yerupaja (6.634 m) nella Cordigliera Occidentale delle Ande, e scorre dapprima verso NNW incidendo una profonda valle, quindi verso E attraverso la pianura amazzonica dove riceve da destra il Rio Huallaga; circa 100 km a SSW di Iquitos si unisce al Rio Ucayali a formare il Rio delle Amazzoni.

[2] Rio Putumayo: lungo anch’esso 1.800 km, è affluente del Rio delle Amazzoni. Nasce nella Colombia sud-occidentale dal massiccio de los Pastos (Cordigliera Centrale) e scorre verso SE segnando il confine colombiano con l'Ecuador e il Perù; entrato in territorio brasiliano - dove assume anche il nome di Rio Içá - confluisce da sinistra nel Rio delle Amazzoni presso Santo Antônio do Içá. È in gran parte navigabile.