Lessico


Gallina lanigera o Silky

Gallina lanigera di Ulisse Aldrovandi

Rispetto a quella del Sultano, un po’ più ricca sembra la storia della Silky, portatrice di altre peculiari mutazioni genetiche oltre alla pentadattilia. Prima di parlare della Silky, diamo uno sguardo alla vita di Marco Polo.

Marco Polo
Venezia 1254 - 1324

Ritratto di Marco Polo
riproduzione da un dipinto del XVI secolo
della Galleria di Monsignor Badia - Roma

 

Figlio di Niccolò, facoltoso mercante che con il fratello Matteo svolgeva frequenti traffici commerciali con l'Oriente, partì nel novembre 1271 con il padre e lo zio alla volta della Cina, allora detta Catai, dove i fratelli Polo avevano già soggiornato; ora tornavano alla corte del Gran Khan Qubilai - o Kublai - anche per recargli doni e lettere da parte di Papa Gregorio IX. I tre veneziani giunsero nel 1275 a Cambaluc (l'attuale Pechino) dopo un lungo viaggio durato trenta mesi attraverso l'Anatolia, la Mesopotamia, l'altopiano dell'Iran, il Pamir, il Turkestan Orientale, il deserto del Gobi e infine le province cinesi di Gansu, Shaanxi, Shanxi e Hebei. Ricevuti a corte con grandi onori, essi entrarono ben presto nelle grazie del Gran Khan, il quale permise loro di osservare la vita del suo popolo in ogni particolare ma soprattutto apprezzò le doti di intelligenza e di coraggio del giovane Marco.

La banconota raffigurante Marco Polo
emessa dal 1982 al 1988

Nei 17 anni che seguirono, Marco Polo, come incaricato di fiducia dell'imperatore, ebbe modo di visitare gran parte dell'Oriente e studiarne la geografia, la storia e i costumi. Imparati i principali idiomi parlati nell'immenso impero del Catai, svolse importanti missioni diplomatiche e commerciali per conto del Gran Khan, che lo portarono a viaggiare in parecchie province cinesi, tra le quali la provincia del Fujian che solo nel 1276 Qubilai sottrasse all’impero dei Sung[1], spingendosi fino al Tibet; e poi ancora lo Yunnan, nella Cina meridionale, la Birmania e le regioni indocinesi dell'Annam e della Cocincina. Agli inizi del 1292 il Gran Khan permise ai Polo di tornare in patria.

Marco Polo e Kublai Khan
miniatura da un'edizione del Milione

Marco e Niccolò Polo davanti a Kublai Khan

Nella miniatura, tratta da un manoscritto francese del '400, Kublai Khan offre il suo sigillo d'oro a Marco Polo e al padre Niccolò.

Il viaggio di andata e ritorno di Marco Polo

Rientrato a Venezia nel 1295, dopo 24 anni di assenza, Marco riprese la sua attività di mercante: scarse e incerte sono le notizie relative a questo periodo della sua vita. Fatto prigioniero dai Genovesi, probabilmente durante la battaglia di Curzola (1298), nel corso della prigionia dettò a Rustichello da Pisa Il Milione, l'opera cui è legata la sua fama di esploratore e di scrittore.

Marco Polo vide le galline nere e pelose nel Reame di Fugiu[2] - la provincia del Fujian con capoluogo Fuzhou, Regione dell’Est, confinante a ovest con la provincia dello Jiangxi - e precisamente ebbe modo di osservarle nella città di Quenlinfu, l’attuale Jian'ou (prefettura di Nanping, contea di Jian'ou) ma il cui toponimo è molto più variabile del vento: Chien-ou-hsien-ch'eng, Chien-ou, Chien-ning, Kienowhsien, Kienow, Kienningfu, Chien-ou-hsien, Kienning, Zhicheng. Noi continueremo a chiamare Kien-ning Fu questa città con circa 17.000 abitanti a 131 metri sul livello del mare e le cui coordinate sono: 27° latitudine  nord e 118 ° longitudine est, tralasciandone i decimali per non peccare troppo in meticolosità che stiamo elargendo in modo a dir poco nauseante.

Localizzazione di Kien-ning Fu secondo Franklin P. Metcalf in uno studio dal titolo Travelers and explorers in Fukien before 1700 (1934). In questa cartina Metcalf mette in evidenza che secondo George Phillips (Notices of Southern Mangi in Proceedings of the Royal Geographical Society of London, Vol. 18, No. 2 (1873 - 1874), pp. 168-174) Marco Polo fece un percorso riconoscibile dalla linea continua, secondo il colonnello Henry Yule da quella tratteggiata. Robinson & McCaughey in The chemical and mineralogical examination of some Chinese tea soils (The journal of industrial and engineering chemistry, Nov. 1910) specificavano che Kien-ning fu si trova circa 100 miglia a nord di Fuzhou, alla giunzione dei fiumi Min Jiang e Sing ki.

Marco Polo così narra a proposito della città di Quenlinfu:

“E havvi belle donne, e havvi galline che non hanno penne, ma peli come gatte, e tutte nere, e fanno uova come le nostre, e sono molto buone da mangiare.”

(cxxxiv Del reame di Fugiu - Il Milione, versione toscana della Crusca)

  

Il sito www.e2121.com afferma che il pollo dalla pelle e dalle ossa nere, con cinque dita e piume setose, quindi la Silky, è originario della Cina, e precisamente della contea di Taihe, a est dei monti Wuyi Shan, provincia dello Jiangxi (sottomessa dai Mongoli nel 1280), dove viene allevato da più di 2000 anni.

Le confinanti province cinesi di Fujian e Jiangxi si trovano comprese all’incirca fra il 30° e il 24° parallelo nord, e la provincia di Fujian, dalla quale Marco Polo si imbarcò per far ritorno a Venezia, si affaccia sul Pacifico. Quindi, vista la strettissima vicinanza geografica delle due province, reputo che l’attuale pollo di Taihe sia lo stesso pollo osservato da Marco Polo, già allevato in queste aree più di 1200 anni prima che egli visitasse tali contrade.

Taihe - prefettura di Ji'an, contea di Taihe, provincia di Jiangxi - dista circa 173 km in linea d'aria da Jian'ou alias Kien-ning Fu nel Fujian.

L'affermazione del sito www.e2121.com - che cioè il pollo con pelle e ossa nere e piume setose è originario della Cina e vi è allevato da più di 2000 anni - non è affatto un'invenzione, come vedremo dalla documentazione del Professor Ning Yang (Professor of Poultry Genetics and Breeding, China Agricultural University, Beijing).

In Cina questo pollo ha fama di taumaturgo e viene addirittura chiamato Fenice bianca, quasi fosse in grado di assicurare l'immortalità. La Fenice in cinese suona Fenghuang: Feng è il termine per il maschio, simbolo di felicità e di buon governo, ma nella mitologia cinese la fenice è composta sia dal maschio che dalla femmina, detta Huang.

Subhuti Dharmananda (Director of Institute for Traditional Medicine - Portland, Oregon, usa) nell'ottobre 2005 pubblicava nel web un articolo intitolato Wu Chi Pai Feng Wan (letteralmente: Pollo nero, pillole della Fenice bianca) in cui ci racconta l'origine mitologica del pollo dalle ossa nere. Si dice che il celestiale Lu Dongbing – o Lu Dongbin, uno degli Otto Immortali della religione cinese nato nel 798 dC - confezionò pillole dell'immortalità sul Picco Naso della Tigre, noto anche come Picco delle Due Dita, che si trova a Taihe sui Monti Wuyi Shan. Il giorno in cui le pillole dell'immortalità erano state approntate con esito positivo, Lu Dongbing invitò gli altri esseri celestiali alla festa celebrativa. Mentre gli esseri celestiali stavano bevendo vino, una coppia di polli selvatici volò dalla foresta nello stagno dove venivano confezionate le pillole dell'immortalità e le mangiò. I due polli – senz'altro un gallo e una gallina - furono trasformati in una coppia di Fenice bianca.

Se Marco Polo è la prima fonte europea relativa alla Silky, a livello mondiale il primato spetta alla letteratura cinese, che per ovvi  motivi linguistici ci risulta difficilmente accessibile. Ogni tanto accade un miracolo: le porte della Cina sulla storia della Silky si sono improvvisamente spalancate grazie alla tenacia e alla dedizione del Professor Ning Yang, affiancato dalla sua allieva Katie Zheng. Solo chi come il sottoscritto si dedica ogni tanto a spulciare testi antichi può immaginare quanta fatica sia costata la loro ricerca storica che cercherò di sintetizzare da un punto di vista genetico.

1 – La prima menzione cinese della Silky risale al periodo compreso tra il 265 e il 420 dC, Dinastia Jin. Il pollo aveva barba e favoriti, le sue piume sembravano lana, aveva cinque dita, ma le zampe erano gialle. Quindi era indubbiamente omozigote per il gene h (hookless, assenza di uncini alle barbule) ma non possedeva ancora il gene Fm della fibromelanosi.

2 – Le ossa nere, dovute alla fibromelanosi, compaiono grazie al poeta Fu Du (618-907 dC, Dinastia Tang). Il periodo del poeta Fu Du concorda con quello della Fenice bianca di Lu Dongbing e si può supporre che anche il pollo fibromelanotico di Fu Du avesse le piume setose, anche se non vengono da lui citate.

Ecco in dettaglio quanto ho ricevuto il 18 dicembre 2006 da Ning Yang.

Dear Dr Corti,

Silky fowl, also named "white phoenix" in China, is famous at home and abroad and is thought as nutritional and healthy product. In the prescription of Chinese medicine, the silky fowl is specially bred and supplied, and has claimed to have remarkable effects on nourishing the liver and kidney, invigorating the vital energy and blood, nourishing the refined materials in the viscera and clearing away pathogenic heat. Thus, there are many unambiguous records related with silky fowl from ancient China. However, digging into ancient books is time consuming and exhausting. With the help of my Ph.D. student, Katie Zheng, we have found the following records in ancient literatures of China. The ancient Chinese has an old fashion of expression with many rare words and more concise sentence structure. We managed to show you some information as follows.

1 - Time: A.D. 265-420, Jin Dynasty
Book: Chinese name <<GuangZhi>>, meaning "The cyclopedia in Jin dynasty"
Author: Yi-Gong Guo
The content related to silky fowl: The chicken is bearded, with five toes, yellow shank and fluff feathers, and the line with larger bodily form named "Shu" a placename, and the smaller named "Jing" another placename. The chicken with white feather and yellow shank caw long and loudly.

2 - Time: A.D. 618-907, Tang Dynasty
Poem: Chinese name << Cui Zong Wen Shu Ji Shan >>, meaning "Fu Du commands his eldest son to build a chicken cage"
Poet: Fu Du
The content related to silky fowl: The black-bone chicken is a good medicine for treatment of my rheumatism. You'd better save eggs for hatching in spring, thus you can get more chickens and more eggs for food in autumn.

3 – Time: A.D. 976-984, Song Dynasty
Book: Chinese name << Tai Ping Yu Lan >>, meaning "The cyclopedia in Song dynasty"
Editor:Fang Li, Mu Li, Xuan Xu, et al.
The content related to silky fowl: HouHong Xia had used the white feather silky with black bone to cure the disease of splanchnic system at Jiang Ling County, also named Jing.

4 – Time: A.D.1037-1101, Song Dynasty
Book:Chinese name << Wu Lei Xiang Gan Zhi >>; meaning "The connection between the natural things"
Author: Dong-Po Su
The content related with the silky fowl: The color of silkies' tongue is closely related to bone color, but not to the color of meat.
Note: Some historians and litterateur thought the book was written by a monk named ZanNing Shi (A.D. 919-1001), who was older than Dong-Po Su.

5 - Time: A.D. 1126-1193, Song Dynasty
Author: Cheng-Da Fan
Book: Chinese name <<Gui Hai Yu Heng Zhi – Zhi Qin>>, meaning "The book that introduce the custom, special local products and folks in south of Guangxi Province – Poultry chapter"
The content related to silky fowl: The plumage of chicken was silky. Quill and fluff are all upright. Silky fowl are sedate, adapted well to domestication, and distributed in south of China.

6 - Time: 1174 - 1189, Song Dynasty
Author: Qu-Fei Zhou
Book: Chinese name <<Ling Wai Dai Da>>,meaning "General situation of GuangXi province"
The content related to silky fowl: Quill and fluff are all upright in both males and females. This chicken breed is distributed in south of China.

In conclusion, as the name of silky fowl mainly emphasize the characteristics of silky and fluff feather, we think the earliest record on the silky fowl is << Gui Hai Yu Heng Zhi – Zhi Qin>> written by Cheng-Da Fan from A.D. 1126 to A.D. 1193. Dong-Po Su mentioned only a similar color of skin, meat, bone and tough, but not the typical feature of the plumage of the silky fowl.

I hope these information can be of help to your work.
With regards,

Ning Yang, Ph.D.
Professor of Poultry Genetics and Breeding
China Agricultural University
Beijing 100094, China
Tel: +86-10-6273-1351
E-mail: nyang@cau.edu.cn

L’osservazione di Marco Polo sulla Silky a piumaggio nero viene riferita da Aldrovandi a pag. 193 del II volume della sua Ornithologia - senza peraltro segnalarne l’inconfondibile fonte - ed egli aggiunge al contempo una seconda osservazione che è quasi contemporanea, quella del missionario francescano Odorico da Pordenone, il quale ebbe modo di vedere la varietà a piumaggio bianco della Silky nella stessa provincia in cui Marco Polo vide quella nera, cioè nel Fujian, e precisamente nella città di Fuzhou (o Foochow, Fu-chou, Fuchow) che ne è il capoluogo e che Aldrovandi denomina Fuch. Odorico soggiornò nella città di Quanzhou (o Chuanchow), situata 150 km a sudovest di Fuzhou, per cui possiamo essere certi che nella sua peregrinazione toccò il Fujian. Credo valga la pena dedicare un attimo alla biografia di questo avventuroso missionario.

Chiudiamo la biografia di Marco Polo con la sua statua di Hangzhou o Hangkow. Marco Polo visitando questa città la la chiamò “Quinsai” e la descrisse nel suo libro come una delle città più grandi e più belle del mondo. Allo stesso modo la descrissero Odorico da Pordenone (1330) e l'arabo Ibn Battuta (XIV sec.). Il missionario Matteo Ricci, che la visitò nel 1583, riporterà per primo il famoso detto cinese: «In Cielo c'è il Paradiso, sulla terra ci sono Hangkow e Suchow». 

Statua di Marco Polo a Hangkow o Hangzhou

Hangzhou - Città della Cina sudorientale, capoluogo della provincia di Zhejiang, circa 170 km a sudovest di Shanghai. Porto alla foce del fiume Qiantang, sul golfo di Hangzhou, sorge all'estremità meridionale del Gran Canale. Le industrie principali sono quelle tessili (seta e cotone), chimiche, siderurgiche (acciaio), meccaniche (macchine utensili) e alimentari. Nei pressi della città si trova lo Xi Hu (lago Occidentale), noto per le bellezze naturali e per i numerosi templi e monasteri antichi. La città venne fortificata nel 606, quando ricevette il nome attuale. Fu capitale delle Cinque Dinastie (907-960) e prosperò come porto per il commercio della seta. Sotto la dinastia Sung (1127-1279) fu un celebre centro culturale e venne eletta capitale. Marco Polo, che vi giunse alla fine del XIII secolo, descrisse Hangzhou come la più bella città del mondo. Nel XIV secolo l'importanza della città declinò a causa dell'insabbiamento del porto. I ribelli Taiping distrussero gran parte della vecchia città nel 1861. Fra il 1937 e il 1945 Hangzhou fu occupata dai giapponesi. Negli anni Cinquanta vennero ricostruiti gli impianti industriali.  Abitanti: 1.780.000 (2000).

Odorico da Pordenone

Formella dell'arca in cui è sepolto Odorico

Nato a Villanova, frazione di Pordenone, fra il 1265 e il 1270/74 - morto a Udine nel 1331. Forse membro della famiglia Mattiussi o Mattheussi, entrò a far parte dell’ordine dei frati minori francescani in giovane età. Dopo una prima escursione nel Mediterraneo orientale nel 1296, nel 1318 partì da Venezia per l'Estremo Oriente dove, svolgendo intensa attività missionaria, rimase fino al 1328. Nel viaggio di andata passò per Trebisonda, Erzurum, Tabriz, Baghdad, Ormus, l'isola di Salsette (dove si estende Bombay, 1321), Ceylon, le Nicobare, Sumatra, Giava, il Borneo, il regno di Champa[3], Guangzhou[4] (o Canton, 1324), Quanzhou  e Fuzhou nel Fujian, Hangzhou[5], giungendo infine a Pechino (1325), dove sostò tre anni.

A Pechino guidò l'attività di una delle chiese che il vescovo francescano Giovanni da Montecorvino (insediato a Pechino nel 1307) e i confratelli inviati dal papa Niccolò IV vi avevano fondato.

Intrapresa nel 1327-1328 la via del ritorno in Occidente per procurare altri missionari, attraversò pare le province di Shanxi (cap. Taiyuan), Shaanxi (cap. Xi’an o Sian), Sichuan (cap. Chengdu) e il Tibet, della cui capitale, Lhasa, primo tra gli Europei diede una dettagliata descrizione.

Raggiunta quindi la Persia, si imbarcò per Venezia dove giunse nella primavera del 1330. Fu accolto dalla comunità dei frati minori francescani e a Padova nel maggio 1330 dettava al confratello Guglielmo da Solagna il resoconto dei suoi viaggi.

I manoscritti con la relazione di Odorico apparvero nel 1330 col titolo di Itinerarium Fratris Odorici de Foro Julii, Ordinis Fratrum Minorum, de mirabilibus Orientalium Tartarum. Dopo le descrizioni di viaggio fornite da Marco Polo e che Odorico sostanzialmente completa, costituiscono per noi la più preziosa fonte di informazioni storiche e geografiche sull'Asia del sec. XIV.

Una nuova stesura fu fatta da Guglielmo di Solagna nel 1331, quando vi annotò la morte di Odorico. La prima edizione a stampa, a cura dell’umanista Pontico Virunio, vide la luce a Pesaro nel 1513 col titolo di Odorichus de rebus incognitis. Noi attingeremo le notizie dal Memoriale Toscano, non anteriore al 1480 (Edizioni dell’Orso, 1990), che è una volgarizzazione in italiano del testo latino e che è un riassunto, ma non un rimaneggiamento dell’originale. Odorico fu beatificato nel 1755 da Benedetto XIV. I suoi resti sono stati collocati nella chiesa udinese della Madonna del Carmelo.


A pagina 339 del II volume della sua Ornithologia Aldrovandi dedica un breve capitolo al piumaggio setoso - De gallina lanigera Cap. XIV - e ne fornisce anche l’iconografia desunta da una mappa cosmografica. Ripete sostanzialmente  le stesse cose dette nel brano precedente che si trova a pagina 193. Però possiamo acquisire tre nuovi dati:  

1) I galli di Fuzhou - e verosimilmente anche le loro consorti candide come la neve - sono di enormi dimensioni.

2) Secondo Lind (1963) la fonte relativa alle galline nere di Kien-ning Fu di pagina 339 di Aldrovandi potrebbe essere rappresentata - anche se in via puramente ipotetica -  dal Servita Paulus Venetus, al secolo Pietro Sarpi. Marco Polo non viene neppure ipotizzato da Lind, come risulta invece chiaramente dal testo del Milione, un testo che evidentemente Lind non conosce.

3) Le galline nere depongono ottime uova, ma non si accenna affatto alla prelibatezza della loro carne, come accade invece a pagina 193.  


Prima di passare al testo di Aldrovandi relativo alla gallina lanigera, se ci resta un po’ di pazienza da dedicare a una terza biografia ci renderemo perfettamente conto che Paulus Venetus non si recò mai in Cina, e che pertanto - ammesso ma non concesso - avrebbe riportato nella sua Aggionta all’istoria degli Uscochi di Minuccio Minucci arcivescovo di Zara continuata sin all'anno 1613 non una sua personale osservazione sulle galline pelose (come ipotizzato da Lind), bensì quella di Marco Polo. Ecco come si esprime Lind nella nota a pie' pagina della sua traduzione di Aldrovandi: "M. Paulus Venetus: Paolo, Servita Pietro Sarpi. The reference may be to his Aggionta all’Historia degli Uscochi di M. Minucci...continuata sin' all'anno MDCXIII (1617?), although in some earlier form read by Aldrovandi before 1600. This is a mere conjecture." (Aldrovandi on Chickens, 1963, pag. 399)

Pietro Sarpi
alias Paulus Venetus

Teologo, storico e uomo politico (Venezia 1552-1623). Nato da umili genitori e presto orfano di padre, entrò giovanissimo (1565) nell'ordine dei Servi di Maria. Il grande amore per lo studio lo portò a laurearsi all’Università di Padova nel 1579, a interessarsi di storia e di diritto, di matematica e di astronomia, di biologia e di fisica[6].

Il prestigio derivatogli da questa cultura eccezionale e precoce gli valse una rapida affermazione. Al centro di discussioni teologiche a Venezia e a Mantova, fu nominato dal duca Guglielmo Gonzaga suo teologo e dal vescovo della città lettore di teologia alla cattedrale.

Dopo l'ordinazione sacerdotale lo si trova a Milano, dove conobbe il cardinale Carlo Borromeo e poté comprendere quanto cupo e sterile rigore producesse una rigida applicazione delle norme disciplinari e dottrinarie del Concilio di Trento e gli fu lanciata la prima accusa di eresia.

Eletto procuratore generale del suo ordine nel 1585, a Roma, nonostante l'amicizia del cardinale Bellarmino e il favore di papa Sisto V, si rese conto del complicato e non limpido gioco politico e diplomatico nel quale era invischiata la Curia romana. Qui ancora fu colpito da una seconda accusa di eresia per la sua indipendenza di giudizio.

Ritornò a Venezia nel 1589 e riprese gli studi prediletti, tenendo nel contempo una ricca corrispondenza con studiosi, interrogando viaggiatori e mercanti che allora rappresentavano una ricca fonte di notizie sui Paesi da loro visitati.

Uno strascico dei suoi dissidi con Roma fu l'attentato subito nell'autunno del 1607: alcuni fanatici o prezzolati lo aggredirono lasciandolo a terra ferito. Non si seppe mai chi fossero gli autori, ma Sarpi vi riconobbe lo stylus Curiae. Nel febbraio 1609 riuscì a evitare un altro attentato e a un terzo sfuggì anche per l'intervento del Senato veneziano. Nel 1621-22 fra' Paolo manifesta i segni di un progressivo decadimento fisico e morirà nel 1623.  


Ecco il testo di Aldrovandi di pag. 339 relativo al capitolo XIV, De gallina lanigera:

Gallinae huius lanigerae icon desumpta est ex carta quadam cosmographica. Fuch civitas est maxima versus Orientem, in qua maximi Galli nascuntur. Gallinae sunt albae instar nivis, non pennis, sed lanis, ut testatur Odoricus e Foro Iulii, tectae, ut pecus. Item M. Paulus Venetus scribit in civitate Quelinfu in regno Mangi nomine, Gallinas inveniri, quae loco pennarum pilos habeant, ut ca<t>i, nigri scilicet coloris, et ova optima parient.

L’immagine di questa gallina lanosa è stata desunta da una tavola cosmografica. In Oriente si trova la grandissima città di Fuch - Fuzhou, nella quale crescono dei galli grandissimi. Le galline sono bianche come la neve, ricoperte non di penne ma di lana come le pecore, come testimonia Odorico del Friuli[7]. Parimenti il veneto Marco Polo scrive che nella città di Quelinfu - Quenlinfu, Kien-ning Fu - nel regno di Mangi si trovano delle galline che invece delle penne hanno dei peli come i gatti, di colore nero, e che depongono ottime uova.

Come abbiamo già visto, Marco Polo nel Milione recita: E havvi belle donne, e havvi galline che non hanno penne, ma peli come gatte, e tutte nere, e fanno uova come le nostre, e sono molto buone da mangiare. (cxxxiv Del reame di Fugiu - versione toscana della Crusca).

Aldrovandi anche a pagina 193 riferisce questa stessa notizia - desunta chiaramente da Marco Polo - senza tuttavia degnarsi di fornirne la fonte. Invece, nella citazione di pagina 339 - così come accade nel testo di Gessner e nelle versioni francesi del Milione - manca la carne buona di queste galline pelose, come viene invece specificato da Aldrovandi a pagina 193 (bonam edentibus carnem praestantes), una caratteristica gastronomica presente invece nella versione italiana del Milione, e la referenza che adesso Aldrovandi ci fornisce è del tutto incompleta (Item M. Paulus Venetus scribit...), diversamente da Gessner che specifica il libro II cap. 68 (In civitate Quelinfu, in regno Mangi nomine, inveniuntur gallinae, quae loco pennarum pilos habent, ut catti, nigri scilicet coloris, sed ova pariunt optima, M. Paulus Venetus 2. 68. - Historia animalium III pag. 466).

La quasi perfetta specularità del presente brano di Aldrovandi con quello di Gessner fa presumere che per il testo di pagina 193 Aldrovandi abbia rielaborato una notizia di cui non conosceva la fonte (assai più rispondente alla versione toscana della Crusca), mentre adesso, in questa citazione, sorge il sospetto che Aldrovandi non sapesse assolutamente chi fosse questo M. Paulus Venetus di Gessner, tralasciando pertanto libro II cap. 68, tanto da indurre Lind a supporre che l'autore fosse Pietro Sarpi alias Paulus Venetus.

Ma se Lind avesse conosciuto il Milione e avesse avuto a disposizione il testo di Gessner, non si sarebbe certo avventurato in una congettura causata dalla consueta aleatorietà dei dati forniti dal nostro Ulisse.

Infatti, nel 1555, quando Gessner faceva la citazione delle galline nere e pelose riprese da Aldrovandi, Pietro Sarpi aveva solo 3 anni d'età, essendo nato a Venezia nel 1552. Oltre che per i suddetti lampanti motivi cronologici circa Gessner/Sarpi, posso assicurare Lind che nell'opera di Sarpi relativa agli Uscochi le galline di Marco Polo non compaiono assolutamente, e ho potuto assodarlo grazie all'editore Laterza di Bari che ha messo a disposizione nel web il testo di Paulus Venetus curato da Gaetano & Luisa Cozzi e stampato a Palermo nel 1965.

Gessner non riporta Marco Polo – o Marcus Paulus - nel suo Nomenclator insignium scriptorum (1555). Sotto il nome di Marcus Paulus Venetus compare invece nella bibliografia di Historia animalium I (1551) e la sua citazione bibliografica recante il numero 209 viene inclusa nei Libri recentiorum mediocri aut etiam egregio stilo Latine editi: 209. Marci Pauli Veneti de regionibus Orientis libri 3. - Nel 1532 l'opera di Marco Polo si intitolava De regionibus Orientalibus libri III, edita in latino a Basilea da Simon Grynaeus e contenuta in Novus orbis regionum ac insularum veteribus incognitarum. Questo Marco Polo venne ripubblicato da Georg Schulz nel 1671 sempre con il titolo De regionibus orientalibus libri III che costituisce un terzo del frontespizio della pubblicazione di Schulz la cui sintesi è la seguente: Marci Pauli Veneti historici fidelissimi juxta ac praestantissimi De regionibus Orientalibus libri III. Cum codice manuscripto Bibliothecae Electoralis Brandenburgicae collati ... Accedit, propter cognationem materiae, Haithoni Armeni historia Orientalis: quae & de Tartaris inscribitur; itemque A. Mulleri Greiffenhagii, de Chataja, cujus praedictorum auctorum uterque mentionem facit, disquisitio; inque ipsum Marcum Paulum Venetum praefatio, & locupletissimi indices. Coloniae Brandenburgicae [Berlino], ex officina G. Schulzii, 1671. – Non solo nel testo latino di Marco Polo consultato da Gessner, ma anche in una traduzione francese dal latino del 1556 le galline nere e pelose si trovano nel libro II cap. 68 (Description géographique des provinces & villes plus fameuses de l'Inde Orientale ... Par Marc Paule gentilhomme Venetien, et nouvellement reduict en vulgaire François, Paris, Iehan Longis, 1556) e lo stesso dicasi per un'altra edizione francese del 1888 contenuta in Deux voyages en Asie au XIIIe siècle par Guillaume de Rubruquis et Marco Polo (éd. par Eugène Muller, Paris, librairie Ch. Delagrave, 1888). - Quindi la referenza di Gessner è esatta, anche se la numerazione è diversa da quella de Il Milione della versione toscana della Crusca dove il testo italiano, come ripetutamente detto, suona così: E havvi belle donne, e havvi galline che non hanno penne, ma peli come gatte, e tutte nere, e fanno uova come le nostre, e sono molto buone da mangiare. (cxxxiv Del reame di Fugiu)

Silky Bianca

Ed ecco il testo di Odorico, che effettivamente parla di polli giganti:

“Partendomi di questa terra [dall’odierna Quanzhou] venni verso oriente a una città che si chiama Fozo, che gira ben trenta miglia: Quivi sono i maggiori galli del mondo, e le galline bianche come neve: ma non ànno penne, ma lana a modo di pecore.” (Memoriale Toscano, 33)

Probabilmente si trattava di polli dalla mole corporea effettivamente imponente, ma io sono quasi dell’avviso che Odorico stia ingigantendo tutto quanto cade sotto i suoi occhi meravigliati. Infatti a Teschola (l’odierna Canton o Guangzhou), dove fece tappa prima di raggiungere Quanzhou, tutto è enorme e abbondante e bello:

“All’India Superiore passamo navicando verso oriente per lo mare Oceano molte giornate, e pervenimo alla nobile provincia di Mançi, la quale è chiamata l’India di sopra. Nella quale provincia à dumila grandi cittadi, tra le quali Travigi e Vicenza non sarebbono nominate per cittadi; ed è tanta moltitudine di gente in quella India che sarebbe appo noi incredibile.

“In questa è gran copia di pane e vino e pesci e d’ogni vettuvaglia, come in alcuna terra del mondo. È gl’uomini artefici e mercatanti, e per nulla povertà che abbia alcuno di loro non adimanda limosina insino che possa aiutarsi colle loro mani. E gl’uomini di questo paese sono assai belli del corpo, ma sono palidi, avendo barba a modo di gatto; le femmine sono le più belle del mondo.

“In questa provincia la prima città che io trovai si chiama Teschola, la quale è maggiore che tre volte Vinegia, e di lunge dal mare una giornata, posta sopra un fiume. Questa città à tanto navilio che è incredibile cosa, che intra tutta Italia non n’à tanto.

“In questa terra sono le più belle e le maggiori oche del mondo, maggiori che le nostre ben per due, e bianche come latte: e ànno un osso sopra del capo, come un uovo e vermiglio; e sotto la gola pende una pelle bene per uno sommesso[8]. E àssi l’una cotta per uno grosso[9], e come dell’oche, così dell’<anitre>; e galline vi sono sì grande che è cosa maravigliosa. In questa cittade s’à per meno d’uno viniziano ben trecento libbre di gengiovo[10] fresco. In questa contrada sono i maggiori serpenti che abbia il mondo, e piglianne e mangianne[11]: e non è convito da bene dove questo non è. Quivi à abbondanza d’ogni vettovaglia.” (Memoriale Toscano, 31)

Concludiamo questo excursus storico relativo al piumaggio setoso - o lanoso che dir si voglia - riportando quanto riferito nel I volume circa l’esperienza di Cristoforo Colombo. Durante le peregrinazioni del quarto viaggio - quello del 1502 - Colombo giunse nella terra di Cariai: “Llegué á tierra de Cariai...” in Costa Rica; il luogo dell’approdo è forse l’isola di Uva di fronte a Limón; nella terra di Cariai vide alcuni polli molto grandi, gallinas, forniti di piume lanose. Il testo è tratto da Cristóbal Colon: Los cuatro viajes; Testamento, Consuelo Varela, Alianza Editorial, Madrid 1984, pag.291:

De muchas maneras de animalias se uvo, mas todas mueren de barro; gallinas muy grandes y la pluma como lana vide hartas; leones, cierbos, corços y otro tanto y assí aves.

Trovammo molte altre sorte di animali, che tutti muoiono a causa di bubboni purulenti; vidi molte galline assai grandi dalle piume come di lana, leoni e cervi e caprioli e molti animali ancora, e così uccelli.

 

Marco Polo non arrivò mai a Pechino
Forse si fermò sulle rive del Mar Nero

Lo afferma l'archeologo Dr Daniele Petrella

Agosto 2011

«Marco Polo non arrivò mai fino a Pechino, si fermò molto prima»: è la tesi del Dr Daniele Petrella, archeologo dell'Università di Napoli e direttore di una missione archeologica italiana in Giappone, intervistato sul nuovo numero del mensile Focus Storia (n° 58 - agosto 2011). La nuova ipotesi sul viaggio del veneziano più celebre del mondo è che Polo non sarebbe mai arrivato a Pechino, ma si sarebbe fermato molto prima, forse sulle rive del Mar Nero, dove sarebbe venuto in contatto con viaggiatori persiani, raccogliendo da varie fonti di seconda mano le notizie riportate nel suo Milione. «Non ci sono in realtà elementi per stabilire una verità definitiva - afferma Petrella. Fino a questo momento i principali indizi che Marco non sia arrivato fino a Pechino si sono basati sullo studio del testo del Milione. Da archeologi, noi siamo andati alla ricerca del dato materiale, cioè di prove concrete di quel viaggio. E proprio quanto è emerso nel corso della nostra missione archeologica mi fa dubitare di quei racconti.»

In dubbio, in particolare, uno dei principali eventi storici descritti nel Milione: il tentativo di Kublai Khan di invadere il Giappone. «I tentativi di sbarco furono due, nel 1274 e nel 1281 - dice l'archeologo. Marco Polo li confonde, mischiando circostanze riguardanti la prima spedizione e altre della seconda. Racconta che gli uomini di Kublai Khan tornarono dal Giappone descrivendo un Paese ricchissimo, con i tetti dei palazzi ricoperti d'oro. Si riferisce probabilmente alla spedizione dei delegati mongoli che fu la premessa al primo tentativo d'invasione - precisa lo studioso, descrive poi la flotta che salpò dalla Corea e il tifone che la affondò prima di raggiungere le coste giapponesi, che però è del 1281. Com'è possibile che un testimone diretto faccia confusione tra fatti separati da sette anni?».

Inoltre, Marco Polo «è assai sintetico nel descrivere la flotta mongola. Eppure doveva essere alquanto imponente, visto che alcune fonti parlano addirittura di 4.500 navi. Uno schieramento che avrebbe colpito qualsiasi osservatore. Invece gli unici dati riportati sono le dimensioni delle imbarcazioni. Inoltre Marco Polo dice che gli alberi delle navi erano cinque. Invece erano tre, più un quarto albero mobile. Descrive le imbarcazioni come vascelli da guerra, invece erano navi mercantili, senza remi. E non accenna - conclude Petrella - alla bussola, di invenzione cinese.»

http://www.ilgazzettino.it/

Dottor Daniele Petrella
Archeologo terrestre e subacqueo

Si laurea in Lingue e Civiltà Orientali con indirizzo Archeologico (2003) presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Tesi di laurea in Archeologia e Storia dell'Arte del Giappone. Si addottora in Archeologia (Rapporti tra Oriente e Occidente) presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" (2010). Tesi dal titolo "Archeologia Navale in Giappone: studio per la ricostruzione delle navi di Kublai Khan". Nel 2006 consegue il brevetto nel corso di "Archeologia e Scienze Subacquee" della International Academy of Underwater Sciences and Techniques. Dal 2001 al 2005 collabora con la Cattedra di Archeologia e Storia dell'Arte Giapponese presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale". Nel 2008 tiene due seminari sull'archeologia navale in estremo oriente all'Università delle Scienze Navali e Nautiche di Tokyo. È socio fondatore dell'Associazione Nazionale Archeologi (2005) di cui oggi riveste la carica di Direttore Nazionale (dal 2007). È socio dell'AIStuGia (Associazione Italiana per gli Studi sul Giappone). È socio fondatore dell'Associazione Culturale Orientalia Parthenopea. - Conoscenze linguistiche: giapponese moderno e antico, cinese antico, inglese. - Dal 2003 al 2008 lavora come archeologo terrestre e subacqueo con le soprintendenze di Napoli e Pompei e del Lazio e per alcune delle principali ditte di scavo archeologico italiane e irlandesi. Nel 2004 entra a far parte della Missione Archeologica Italiana in Oman e, nel 2005, in Nepal. Dal 2006 al 2008 lavora in Giappone negli scavi subacquei volti alla ricerca della flotta affondata di Kublai Khan. Nel 2009 organizza e diventa il Direttore della prima Missione Archeologica italo-giapponese in territorio nipponico ufficializzata dal Ministero per gli Affari Esteri.

http://www.archeologiattiva.com/Responsabili-gruppi.html

Marco Polo never went to China
and picked up tales of the Orient
from other travellers

Dr Daniele Petrella - University of Naples

August 2011

Marco Polo, one of history’s greatest explorers, may in fact have been a conman, it was claimed yesterday. Far from being a trader who spent years in China and the Far East, he probably never went further east than the Black Sea, according to a team of archaeologists. They suspect the Venetian adventurer picked up stories about the mysterious lands of the Orient from fellow traders around the Black Sea who related tales of China, Japan and the Mongol Empire in the 13th century. He then put the stories together in a book which purports to be his account of his travels between 1271 and 1291. It details his relations with Kublai Khan, the Mongol ruler.

But now an Italian team of archaeologists studying in Japan have cast doubts about one of their country's national heroes - although there have been competing claims to him from Croatia, which argues he was born there. Following the research, Dr Daniele Petrella of the University of Naples told in the Italian history magazine Focus Storia (number 58 – August 2011) there were many inconsistencies and inaccuracies in Marco Polo’s description of Kublai Khan’s invasions of Japan in 1274 and 1281. "He confuses the two, mixing up details about the first expedition with those of the second," Dr Petrella said. "In his account of the first invasion, he describes the fleet leaving Korea and being hit by a typhoon before it reached the Japanese coast," said Dr Daniele Petrella of the University of Naples, the leader of the archaeology team. "But that happened in 1281" – is it really possible that a supposed eye witness could confuse events which were seven years apart?'

Polo’s description of the Mongol fleet did not square with the remains of ships the archaeologists excavated in Japan, as he had written of ships with five masts, while those which had been found had only three. "It was during our dig that doubts began to emerge about much of what he wrote," added Dr Petrella. "When he describes Kublai Khan’s fleet he talks about the pitch that was used to make ships’ hulls watertight. He used the word 'chunam', which in Chinese and Mongol means nothing. In fact, it is the Persian word for pitch. It’s also odd that instead of using, as he does in most instances, local names to describe places, he used Persian terms for Mongol and Chinese place names."

The explorer claimed to have worked as an emissary to the court of Kublai Khan, but his name does not crop up in any of the surviving Mongol or Chinese records. The famous travel book was said to have been dictated by Polo to a prisoner fellow named Rustichello from Pisa while he was in jail after returning from his adventures, and to be fair to Polo, it is thought Rustichello embellished many of the stories. But the latest claims back those made in a book by British academic Frances Wood in 1995 entitled Did Marco Polo go to China?.  She argued he never got beyond the Black Sea and that his famed account was a collection of travellers’ tales.

http://www.dailymail.co.uk/news/


[1] Sung: dinastia imperiale cinese (960-1279), denominata fino al 1127 Sung settentrionale; dal 1127 Sung meridionale. Fu fondata da Ch'ao Kuang-yin, generale al servizio della dinastia Chou posteriore che si proclamò imperatore (960) col nome di T'ai-tsu. Sotto i suoi successori la vita politica fu dominata dall'aspra lotta tra il partito conservatore e quello innovatore che sfociò in massicce rivolte popolari. Debole e diviso, l'impero crollò davanti all'offensiva dei Jurcin. Perduta la capitale Pien-liang (1127), la dinastia si trasferì a sud ponendo la propria nuova capitale a Hang-chou. Tuttavia, a partire dal 1210 anche l'impero meridionale divenne oggetto di incursioni da parte dei Mongoli: ripetutamente sconfitti, i Sung meridionali furono definitivamente battuti nel 1279.

[2] Il Reame di Fugiu apparteneva al Regno di Mangi o Terra dei Mangi. Mangi corrisponde alla voce araba “Manzi”, dal cinese man-ci, cioè i barbari del sud. Venivano così indicate dapprima le tribù non cinesi meridionali, poi la Cina meridionale in genere e il regno dei Sung (960-1276).

[3] Regno di Champa: (Huang-wang, Chang-ch'eng) regno indocinese fortemente indianizzato, sorto sul territorio dell'odierno Viet Nam centrale e di parte di quello meridionale, la cui fondazione, secondo le fonti cinesi (da cui è denominato Lin-yi) risale al 192 dC a opera di un certo K'iu-lien o Sri-Mara. Dalla fine del sec. XII al 1220 Champa subì la dominazione dell'impero Khmer, divenendone una provincia (intorno al 1203); seguirono poi nuove invasioni e attacchi vietnamiti interrotti temporaneamente dalla comparsa dei Mongoli che, sotto Qubilai, invasero due volte Champa (1283 e 1287) ma che alla fine dovettero ritirarsi. Nel 1471 Champa cessò in pratica di esistere come Stato e contemporaneamente la popolazione emigrò in massa verso il meridione.

[4] Guangzhou: capoluogo della provincia di Guangdong, confinante a nord con le province di Fujian e di Jiangxi.

[5] Hangzhou: capoluogo della provincia di Zhejiang, confinante a sud con la provincia di Fujian , a est con la provincia di Jiangxi.

[6] Cercò di essere sempre pienamente informato degli sviluppi in ogni campo, compreso quello scientifico. Rilevò, e in parte spiegò, le valvole venose, importanti per la successiva scoperta della circolazione del sangue; fu il primo in Italia a venire a conoscenza dell'invenzione olandese del telescopio e tenne un quaderno di speculazioni scientifiche e filosofiche, molte delle quali sul moto. Incontrò Galileo probabilmente alla fine del 1592 e da allora fino al 1606, quando l'interdetto lo coinvolse interamente, partecipò alle sue principali indagini scientifiche. Discusse con lui e Sagredo in particolare di calamite, avendo letto con grande attenzione il De magnete di Gilbert. Sarpi fu una figura-chiave nei rapporti che Galileo ebbe nel 1609 con il governo veneziano in relazione al telescopio.

[7] Friuli: i Longobardi, che presero possesso del territorio friulano tra il 568 e il 570, posero la loro capitale a Forum Iulii, l'odierna Cividale del Friuli. Fu il nome latino di Cividale a conferire il toponimo alla regione, essendo Cividale un antichissimo centro veneto del periodo pregallico che dal I secolo aC fu sede di una colonia romana, che da Cesare o da Ottaviano prese il nome di Forum Iulii. A conclusione della sua narrazione del viaggio, Odorico si firma Frate Odorico del Friuli.

[8] Sommesso: un mezzo piede, circa 15 cm.

[9] Grosso: moneta veneziana di 2 grammi d’argento, poco dopo detta viniziano, per antonomasia.

[10] Gengiovo è lo zenzero.

[11] È sottinteso che sono gli abitanti a prendere e a mangiare questi enormi serpenti.