Ulisse Aldrovandi

Ornithologiae tomus alter - 1600

Liber Decimusquartus
qui est 
de Pulveratricibus Domesticis

Libro XIV
che tratta delle domestiche amanti della polvere

trascrizione di Fernando Civardi - traduzione di Elio Corti

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Et Heliogabalus, cui nulla fuit vita nisi in voluptatis novae exquisita ratione, saepius ex {Apitii aemulatione} <Apicii imitatione>, ut [295] {Spartanus} <Spartianus[1] – Lampridius>[2] prodit, cristas Gallinaceis viventibus voravit, item camelorum calcanea, Pavonum linguas, et Lusciniarum. Cerebrum etiam coquitur, editurque maxime leviter assum cum pauco sale. Acuit autem privatim intellectum. Laudat eiusmodi cerebella Baptista Fiera medicus, ac poeta, sed adiecto pipere humiditatem obtundendam: ait autem:

Quadruped<i>um praestant oculi, cerebella volucrum:

Uda tamen nimium, ni piper addis erunt.

Ed Eliogabalo, il quale non ebbe altro tipo di vita se non quello di cercare come ottenere un rinnovato piacere, piuttosto spesso per imitare Apicio, come riferisce Elio Lampridio, mangiò le creste di galli vivi, e parimenti gli stinchi dei cammelli, le lingue dei pavoni e degli usignoli. Anche il cervello viene cucinato, e viene soprattutto mangiato lievemente arrostito con poco sale. In verità acuisce in modo particolare la mente. Il medico e poeta Giovanni Battista Fiera loda questi piccoli cervelli, ma con l’aggiunta di pepe per attenuarne l’umidità: infatti dice:

Sono eccellenti gli occhi dei quadrupedi, i cervelli degli uccelli.

Tuttavia questi saranno troppo umidi se non vi aggiungi del pepe.

Iecinora harum avium inter omnia edulia Cardanus celebrat. Rasis vero ex Galeno[3] inter hepat<i>a primatum Anserino tribuit, idque quia humidius, et tenerius, ita etiam sapore suavius esse ait, secundam vero laudem Gallinaceo ascribit. Est tamen, et hoc humidum quod idem Fiera hoc carmine docet, inquiens.

 Colla iecurque calent, sed colla fluentibus hument,

 Gallina, Anser, Anas mollius hepar habent.

Gerolamo Cardano tra a tutte le cose commestibili elogia i fegati di questi volatili. Ma Razi, desumendolo da Galeno, tra i vari fegati attribuisce il primato a quello di oca, e lo fa perché è più umido e più tenero, e dice pertanto che anche come sapore è più squisito, ma la seconda lode la aggiudica a quello di pollo. Tuttavia anche questo è umido, cosa che insegna lo stesso Fiera con questi versi, dicendo:

I colli e il fegato sono pieni di calore, ma i colli sono pieni di umidità,

La gallina, l’oca, l’anatra hanno un fegato più molle.

Id super prunas assatum labentes vires brevi reparat, superbibito pauco vino albo. Ventriculus si coquatur uberrime nutrit, teste Galeno[4], ac inter omnes Gallinae, et Anseris praestantissimus ei censetur: et alibi, si bene memini[5], ita habet: Ventriculi in cibo laudantur, prae intestinis, praesertim altilium Gallinarum, magisque etiam Anserum: sunt enim perquam suaves<:> caeterum crassi,<> durique, eoque ad concoquendum difficiles, sed quibus semel coctis multum alimenti insit. Et Villanovanus nullos animalium ventriculos in cibo laudari asserit, praeter ventriculos Gallinarum, Anserum, et Gruis.

Il fegato, arrostito sulla brace, ripristina in breve le forze che stanno diminuendo, bevendoci sopra poco vino bianco. Come testimonia Galeno, lo stomaco, se lo si digerisce, nutre in modo meraviglioso, e tra tutti giudica come migliore quello di gallina e di oca: e in un altro punto, se ben ricordo, si esprime così: Gli stomaci come cibo vengono lodati prima degli intestini, soprattutto delle galline ingrassate, e ancor più delle oche: infatti sono estremamente gustosi: per il resto sono grassi e duri, e pertanto difficili da digerire, ma una volta cotti vi sarebbe dentro parecchio nutrimento. E Arnaldo da Villanova afferma che nessuno stomaco di animale viene lodato come cibo, eccetto lo stomaco della galline, delle oche e della gru.

Intestina etiam privatim cum aliis quibusdam rebus incocta edebant, ea gigleria, teste Hermolao, vocant, alii gigeria[6] legunt. Inter reliquas partes testes maxime commendantur, Galeno maxime, ac omnibus medicis, potissimum si Galli lacte nutriti essent. Hi enim concoctu facillimi sunt, et amplissimi. Cuius rei mentionem facit Alexander Aphrodisiensis[7]. Uropygium Gallorum, Gallinarum, et Caponum cibum militarem esse Galli existimant. Veteranos enim milites uropygiorum voratores appellant: Certum autem est altilium, et praepinguium gulae mirifice placere: et luxuriosis vulgo exhiberi per iocum solet[8]. Sanguis item Gallinarum non est inferior sanguine suum, sed multo peior leporino. Erant Galeni[9] tempore, qui eum ederent. Nostri dum Gallinas occidunt, eas ex pedibus suspendunt, ut simul collectus ad locum affectum sanguis conglobetur, et postea in cibum cedat.

Mangiavano in modo particolare anche gli intestini fatti cuocere insieme ad alcune altre cose, e li chiamano, come riferisce Ermolao Barbaro, gigleria, altri dicono gigeria – o anche gizeria, frattaglie. Tra le rimanenti parti vengono raccomandati oltremodo i testicoli, soprattutto da Galeno e da tutti i medici, in modo particolare se i galli erano nutriti con latte. Infatti essi sono facilissimi da digerire, e molto grossi. Di questo fa menzione Alessandro di Afrodisia. L’uropigio dei galli, delle galline e dei capponi i Francesi ritengono sia un cibo per soldati. Infatti chiamano mangiatori di uropigio i soldati veterani: in effetti è certo che fa estremamente piacere alla gola quello dei soggetti ingrassati ed estremamente pingui: e ovunque viene abitualmente mostrato per scherzo ai lussuriosi. Parimenti il sangue delle galline non è inferiore al sangue dei maiali, ma è molto peggiore di quello di lepre. Ai tempi di Galeno c’erano alcuni che lo mangiavano. I nostri contemporanei quando uccidono le galline le appendono per i piedi affinché il sangue dopo essersi coagulato nei pressi della ferita assuma una forma sferica, e poi si trasformi in cibo.

Ex capitibus, et inter{r}aneis Caponum, et Gallinarum Platina eiusmodi describit patinam[10]. Gallinarum, atque avium iecuscula, pulmones, pedes, capita et colla bene lavabis. Lota, et elixa in patinam sine iure transferes. Indes anethum, mentam, petroselinum, inspergesque piper, aut cinnamonum, ac statim convivis appones. Iuscula denique harum avium non ingrata sunt.

Bartolomeo Sacchi detto il Platina descrive il seguente pasticcio fatto con le teste e le rigaglie dei capponi e delle galline. Laverai per bene i fegatelli, i polmoni, le zampe, le teste e i colli delle galline e degli uccelli. Dopo averli lavati e lessati li trasferirai senza il brodo in un piatto. Vi aggiungerai dell’aneto, della menta, del prezzemolo e vi cospargerai del pepe o della cannella, e subito li servirai ai convitati. Infine i brodini di questi volatili non sono spiacevoli.

Quinim<m>o apud Aegyptias mulieres ius pinguium Gallinarum nigrarum arte pinguefactum in familiarissimo usu esse legimus in balneis, ut se pinguefaciant. Etenim ipsum totum ex unica Gallina confectum {unaquaeque} <unaquisque> mulier potat, totamque Gallinam in balneo devorat. Alias accipiunt Gallinam nigram probe pinguem ac carnosam, in cuius ventrem iniiciunt avellanarum contusarum, amygdalarum dulcium, pistac{h}iorum, pinearum, pisorum ana drachmas tres: quam hoc pacto paratam in aqua decoquunt, ipsamque percoctam unica die in balneo mulier unica totam depascitur, eiusque ius, in quo etiam Sarcocolla<m> ebulliunt, absorbet, pluribusque diebus hoc mulier pinguefacienda continuat.

Anzi, leggiamo che presso le donne egiziane il brodo delle galline nere grasse reso grasso ad arte è di uso estremamente comune nei bagni pubblici, per poter ingrassare. E infatti ciascuna donna beve tutto quanto il brodo derivato da una sola gallina, e nel bagno si divora tutta quanta la gallina. Oppure prendono una gallina nera bella grassa e in carne, e vi ficcano nella pancia tre dracme ciascuna [circa 10 g] di nocciole pestate, di mandorle dolci, di pistacchi, di pinoli e di piselli: dopo averla preparata in questo modo la fanno cuocere per bene in acqua, e nel giro di un solo giorno una sola donna mentre si trova al bagno se la magia tutta quanta stracotta, e beve il suo brodo, in cui fanno bollire anche della sarcocolla, e la donna che deve diventare obesa continua a farlo per parecchi giorni.

Eodem fere modo aliam Gallinam decoctam comedunt, et ius eius bibunt: sed prius tritici mundi in aqua decocti libram unam comedendam exhibent: quod cum ipsa comederit, Gallinam decapitat[11], coquit, totamque in balneo comedit, et totum insuper ius ebibit. Idem quoque factitant aliae, sed alio modo Gallinam coquendam praeparant. Nam pisa, et triticum ad libram semis in aqua decoctum Gallinae comedendum exhibent, quod ubi totum comederit, decapitatam decoquunt, solamque comedunt, eiusque ius potant illa die, quinquiesque hoc illae factitare solent. Author horum omnium est Prosper Alpinus[12].

Quasi allo stesso modo mangiano un’altra gallina cotta per bene e bevono il suo brodo: ma prima le danno da mangiare una libbra [327,45 g] di grano pulito stracotto in acqua: quando l’ha mangiato taglia la testa alla gallina, la fa cuocere, e se la mangia tutta mentre sta al bagno, e inoltre si beve tutto quanto il brodo. Anche altre donne fanno abitualmente la stessa cosa, ma preparano la gallina da cuocere in un altro modo. Infatti danno da mangiare alla gallina dei piselli e del grano nella quantità di circa mezza libbra e dopo che ha mangiato il tutto la fanno cuocere dopo averla decapitata e la mangiano da sola, e quel giorno bevono il suo brodo, e sono solite fare ciò per cinque volte. Autore di tutte queste cose è Prospero Alpino.

Insuper Antagoras poeta tanti Gallinaceum ius fecit, ut Athenaeus scribat[13], ire noluisse in balneum cum aliquando Gallinam elixaret, ne pueri, absente eo, absorberent iusculum.

Inoltre il poeta Antagora di Rodi ha tanto decantato il brodo di pollo da indurre Ateneo a scrivere che non voleva andare al bagno quando talora faceva cuocere una gallina, affinché i giovani schiavi in sua assenza non bevessero il brodino.

Ut modo de apparatu harum avium cum aliis rebus aliquid dicamus{.}<,> Apicium in primis, et Platinam sequi placuit. Sunt certe apparatus varii. Apicius[14] cum conchiclas quasdam (sic dicta edulia a faba conch{id}e, ut puto[15],) cum faba, et cum pisa descripsisset: aliter, inquit, conchiclam sic facies: Pullum {levas} <lavas>, exossas, concidis minu<t>atim cepam, coriandrum, cerebella enervata, mittis in eundem pullum, liquamine, oleo, et vino ferveat: cum coctus fuerit, concidis minutatim cepam, et coriandrum, colas ibi pisam coctam non conditam, accipies conchiclam pro modo, componis varie: deinde teres piper, cuminum: suffundis ius de suo sibi. Item in mortario ova duo dissolves, temperas, ius de suo sibi suffundis pisae integrae elixae, vel nucleis adornabis, et lento igni fervere facies, et inferes.

Adesso per dire qualcosa circa il modo di preparare questi volatili insieme ad altre notizie, mi è parso opportuno seguire innanzitutto Apicio e il Platina. Esistono certamente diversi modi di prepararli. Apicio descrisse certe favette - o minestre di fave con la buccia - (sono dei cibi così chiamati dalla fava con la sua buccia, mi pare) fatte con la fava e con il pisello, e dice: Farai una favetta in un’altra maniera nel modo seguente: Lavi un pollo, lo disossi, tagli a pezzettini della cipolla, del coriandolo, dei cervelli senza i nervi, li metti dentro allo stesso pollo, deve bollire con salsa di pesce, olio e vino: quando sarà cotto tagli a pezzettini della cipolla e del coriandolo, colandolo vi versi sopra del pisello cotto non condito, prenderai della favetta in proporzione, disponi in modi diversi: quindi triterai del pepe, del cumino: gli versi il suo brodo. Rompi anche due uova in un mortaio, le sbatti, spargi il loro liquido sui piselli interi bolliti, oppure guarnirai con gherigli di noci, e farai cuocere a fuoco lento, e metterai in tavola.


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[1] Elio Sparziano - IV sec. dC - fu uno degli autori dell’Historia Augusta, ma non scrisse la biografia di Eliogabalo, bensì  quelle di Adriano, Elio Vero, Settimio Severo, Pescennio Nigro, Caracalla, Geta e Didio Giuliano (forse  quest’ultima è da attribuire a Giulio Capitolino).

[2] Elagabalus o Heliogabalus (Marcus Aurelius Antoninus) XX,5: Comedit saepius ad imitationem Apicii calcanea camelorum et cristas vivis gallinaceis demptas, linguas pavonum et lusciniarum, quod qui ederet a pestilentia tutus diceretur. § Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 387: Heliogabalus saepe edit ad imitationem Apicii calcanea camelorum, et cristas vivis gallinaceis demptas, linguas pavonum et lusciniarum, quod qui ederet ab epilepsia tutus diceretur, Lampridius.

[3] 2 Aph. 37. (Aldrovandi)

[4] De cibis boni et mali succi. (Aldrovandi-Gessner)

[5] Si tratta di una delle numerosissime citazioni di Aldrovandi adattate e tratte da Conrad Gessner, Historia Animalium III (1555) pag. 391-392: Ventriculus volatilium si concoquatur, uberrime nutrit. Gallinae quidem et anseris [392] praestantissimus est, Galenus in libro de cibis boni et mali succi. Ventriculi in cibo laudantur prae intestinis, praesertim altilium gallinarum, magisque etiam anserum. Sunt enim perquam suaves: caeterum crassi durique, eoque ad concoquendum difficiles: sed quibus semel coctis multum alimenti insit, Galenus si bene memini. Ventriculi animalium non laudantur in cibo, praeter ventriculum gallinarum, aut anserum, aut gruis, Arnoldus Villanov.

[6] Forse si tratta di un vocabolo punico. § Più completa è la citazione di Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 392: Gigeria, intestina gallinarum cum his et ita (forte, cum gallinis ita) cocta, Lucilius lib. 8. Gigeria sunt sive adeo hepetia, (hepatia,) Nonius. Quidam sic citant, Gigeria sine oleo, his vescamur alacriter. Intestina gallinarum cum rebus aliis incocta, veteres gigleria vocabant, Hermolaus.

[7] 2 Prob. 7. (Aldrovandi) § Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 392: Cur gallinaceorum testes, quos lacte saginant, amplissimi et concoctu faciles fiant, causam adfert Alexander Aphrodisiensis in Problematibus 2. 73. interprete Gaza.

[8] Vista la considerazione particolare in cui erano tenuti i Ministri di Dio, all'uropigio venne attribuito il nome di Boccone del Prete. A mio avviso suona invece un po’ irriverente il termine inglese riservato all’uropigio: Parson’s nose, cioè naso del Parroco.

[9] Lib. 3 de Aliment. (Aldrovandi)

[10] De honesta voluptate.

[11] È veramente esilarante, intrigante nonché stressante questo continuo passaggio del verbo dal singolare al plurale, che equivale al passaggio da una sola donna – la divoratrice di tutta la gallina - a più donne, tutte quante preparatrici della gozzoviglia egiziana con un’identica ricetta!

[12] De Medicina Aegyptiorum libri quatuor, Liber 3, cap. 16. (Aldrovandi)

[13] Deipnosophistaí VIII,25,340f. § Nella traduzione inglese del 1854 a cura di C. D. Yonge l'equivalente del latino pueri - οἱ παῖδες viene tradotto con slaves, cioè schiavi, e siccome il latino pueri tanto come il greco  οἱ παῖδες significa anche giovani schiavi, allora ci adeguiamo a Yonge. Insomma, è come quando un nostro giovane inserviente lo chiamiamo ragazzo.

[14] L. 5 artis coquin. (Aldrovandi) § Apicio De re coquinaria V,4,5: Aliter conchiclam sic facies: concidis pullum minutatim, liquamine, oleo et vino ferveat. Concidis cepam, coriandrum minutum, cerebella enervas, mittes in eundem pullum. Cum coctus fuerit, levas et exossas. Concides minutatim cepam et coriandrum, colas ibi pisam coctam non conditam. Accipies conchiclarem, pro modo componis varie. Deinde teres piper, cuminum, suffundis ius de suo sibi. Item in mortario ova duo dissolves, temperas, ius de suo sibi suffundis pisae integrae elixae, vel nucleis adornabis, et lento igni fervere facies et inferes. (www.fh-augsburg.de) - [...]Accipies conchiclarem, pro modo componis varie. [...] (www.thelatinlibrary.com)

[15] Conrad Gessner Historia Animalium III (1555) pag. 387: Apparatus varii. Apicius lib. 5. Artis coquinariae, cum Conchiclas quasdam (sic dicta edulia a faba conchide [conche], ut puto) cum faba et cum pisa descripsisset: Aliter (inquit) conchiclam sic facies: Pullum lavas, exossas, concidis minutatim cepam, coriandrum, cerebella enervata: mittis in eundem pullum: liquamine, oleo et vino ferveat, cum coctus fuerit, concidis minutatim cepam et coriandrum, colas ibi pisam coctam non conditam, accipies conchiclam pro modo, componis varie: deinde teres piper, cuminum: suffundis ius de suo sibi. item in mortario ova duo dissolves, temperas, ius de suo sibi suffundis pisae integrae elixae, vel nucleis adornabis, et lento igni fervere facies, et inferes.